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La Santa Messa (di padre Vincenzo Cuomo)

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 12:15
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05/09/2009 12:09

LA SANTA MESSA

di Don Vincenzo Cuomo - Casa Mariana Editrice

Mi accingo a spiegare ai fedeli il mistero della Santa Messa.

Immaginate che, terminata la Santa Messa, un fedele venga avvicinato da un musulmano che gli chiede: «Che cosa è questa Santa Messa?».

Quanti cattolici sarebbero in grado di dare delle spiegazioni sufficienti?

Dobbiamo prendere atto che tanta gente che va a Messa non è cosciente del mistero che vi è na­scosto.

Perciò avviene che sono molti quelli che vi assistono (come ad uno spettacolo...) pochi quelli che vi partecipano attivamente.

Dico una ... impertinenza! Probabilmente an­che qualche sacro Ministro celebra la Santa Messa senza approfondire il Mistero di cui lui stesso è protagonista. Questo potrebbe spiegare il fatto che qualche Messa dura ... un quarto d'ora!



LA SANTA MESSA MISTERO DELLA PRESENZA DI GESÙ TRA GLI UOMINI

La parola Mistero non vuol dire qualcosa di fantasioso, di astratto, frutto di finzione della mente ma praticamente inconsistente, nulla di concreto e reale! Questo è un tragico errore!

Mistero è un fatto, una realtà sia spirituale sia materiale la cui natura sfugge alla capacità della mente umana.

Altro è sapere che una cosa c'è, altro è com­prendere la natura della cosa. Il non comprendere dipende dal mistero in se stesso e dai nostri limiti.

Chi può mettere in dubbio i nostri limiti sia sul piano fisico sia sul piano spirituale?

Abbiamo la... vista, ma non vediamo i micro­bi, non possiamo fissare il sole perché la sua luce è superiore alla nostra capacità visiva... così vi sono delle realtà spirituali di cui possiamo conoscere la esistenza ma non la natura. Questo vale in modo particolare per le realtà che sono al di sopra o al di fuori della natura che noi conosciamo. Tale è il Mistero della Unità e Trinità di Dio e tutte le altre verità della Fede che noi crediamo perché Dio stesso le ha rivelate.

I fenomeni che riguardano gli Angeli - buoni o cattivi - e la loro natura si chiamano preternaturali, cioè al di fuori o al di là della natura; si chiamano soprannaturali quelli che riguardano Dio stesso e che solo Dio può realizzare.

La Messa entra nel novero dei fenomeni so­prannaturali.

Con la Santa Messa Gesù ha voluto assicurare la sua presenza tra gli uomini sino alla fine del mondo. Diciamo, perciò, che la Santa Messa è Mi­stero di presenza.

In tal modo si realizza nel tempo e nello spa­zio il desiderio di Dio di entrare e rimanere in co­munione di amore con la creatura umana e realizza anche la comunione della creatura umana con Dio. È una iniziativa presa da Gesù stesso alla fine della sua vita tra noi quando aveva 33 anni e in prossimità della sua Passione e Morte. Questo de­siderio Gesù lo ha espresso chiaramente: «Io non vi lascerò orfani... », «Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo». Questo avviene per mezzo del Sacrificio Eucaristico che noi chiamiamo anche «la Santa Messa», Sacrificio del Nuovo Testamen­to o della Nuova Alleanza.

Esso ha avuto inizio nell'ultima Cena in modo incruento (cioè senza effusione esterna di sangue), si è consumato sul Calvario prolungandosi sempre come unico e perfetto Sacrificio nella celebrazione della Santa Messa.

Il Sacrificio eucaristico realizza la Nuova Al­leanza prefigurata dal Sacrificio dell'Antica Al­leanza-Nuovo Testamento-Vecchio Testamento.

Spieghiamo il significato della parola Testa­mento.

La parola Alleanza rende meglio il significato di Testamento. Nella nostra lingua «Testamento» vuol significare un atto giuridico unilaterale col quale chi possiede qualcosa la lascia in eredità ad una persona fisica o morale. Invece nel linguaggio biblico la parola Testamento va presa nel significa­to di «alleanza», di un patto stipulato tra due perso­ne con clausole su cui s'accordano ambedue.

Nel Vecchio Testamento (V.T.) il patto di al­leanza era stipulato e ratificato nel contesto di un'azione sacrificale, di un sacrificio; quindi un atto religioso.



Elementi che costituiscono l'Antica Alleanza (Vecchio Testamento)

I contraenti sono Dio da una parte ed il popolo d'Israele dall'altra.

La Bibbia ci riferisce come si svolse il Patto d'Alleanza, con la mediazione di Mosè. Per una migliore comprensione lo dividiamo in punti:

1) Il popolo viene convocato in assemblea.

2) Viene proclamata la Parola di Dio (le con­dizioni poste da Dio per il patto d'alleanza).

3) Il popolo accetta tutta la Parola di Dio pro­clamata e s'impegna alla fedeltà a Dio come una sposa che s'impegna alla fedeltà coniugale.

4) Viene offerto il sacrificio immolando a Dio le vittime e raccogliendone il sangue in catini.

5) Dio viene rappresentato da un altare e le dodici tribù d'Israele da dodici colonne o stele. Una porzione del sangue fu versata sull'altare (Dio), l'altra parte con rami d'issopo (una pianticel­la simile all'origano) fu aspersa sul popolo. È in quel sangue la ratifica dell'alleanza.

6) Le carni immolate furono arrostite per di­ventare banchetto sacro. Parte di queste carni fu consumata col fuoco. Era la porzione di Dio. Poi ogni israelita ebbe un pezzetto di quel cibo. Era un banchetto nuziale di comunione tra Dio (lo sposo) ed il popolo (la sposa).

A ben riflettere, questi elementi del Vecchio Testamento (V.T.) sono passati nel Nuovo Testa­mento (N.T.) come simboli di future realtà che si sono realizzate nel N. T.

È la struttura della Messa nei suoi elementi es­senziali:

1) Il popolo viene convocato.

2) Liturgia della Parola nella quale Dio fa la sua proposta: il popolo accetta.

3) Liturgia della offerta.

4) Liturgia del Sacrificio.

5) Liturgia della Comunione.

6) Liturgia di «Missione».

Approfondiamo le parti della Messa.



LE SINGOLE PARTI DELLA SANTA MESSA

Esigenza e bisogno di presentarsi a Dio purificati
Tutte le volte che tu entri in chiesa, anche fuori della Santa Messa, tu intendi entrare in collo­quio con Dio, anche se in forma privata e persona­le. Ebbene, vi è qualcosa che t'invita alla purifica­zione: l'acquasantiera.

All'ingresso della chiesa tu trovi (dovresti tro­vare...) l'acqua santa. Essa ti ricorda da una parte l'acqua del Battesimo che ti ha purificato e ti ha dato la vita divina della grazia; dall'altra l'esigenza di purificarti dai tuoi peccati per renderti degno di entrare al cospetto di Dio.

«Lavati! Lavati! Lavati!» - ti suggerisce quell'acqua - che, se sei macchiato di soli peccati veniali e sei pentito, quell'acqua ti purifica. Se in­vece vi è qualche peccato grave o mortale è neces­saria la Confessione altrimenti non puoi fare la Comunione: faresti sacrilegio.

Attenti che ciò non sia un atto burocratico!

A Gerusalemme, sulla spianata del Tempio, vi sono ora due moschee. Tra di esse vi è una grande fontana rotonda con tante cannelle che danno ac­qua. Davanti ad ogni cannella vi è un sedile di pie­tra. Il pio musulmano, prima di entrare nella mo­schea, siede davanti alla cannella, si lava le mani e le braccia, la faccia, i piedi e così.. è pronto per la preghiera. Gesto significativo!

Quando vai a Messa, prima della celebrazione dei divini Misteri, la Chiesa ti invita alla purifica­zione... Riconosciamo i nostri peccati!

È un anticipo di quanto affermiamo prima della Comunione: « O Signore, io non sono de­gno... ».

Questa esigenza di purificazione il Sacerdote celebrante la esprime prima della proclamazione del Vangelo: «Purifica, o Signore, il mio cuore e le mie labbra...»; la esprime ancora prima della ora­zione sulle offerte con il lavabo: «Lavami, o Signo­re, da ogni colpa, purificami da ogni peccato».



LA MESSA MISTERO DI PRESENZA
Presenza di chi?


Del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Presenza del Padre al quale viene offerto il Sa­crificio;

presenza del Figlio che viene offerto in Sacri­ficio;

presenza dello Spirito Santo che con la sua azione onnipotente trasforma il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Gesù e poi trasforma i fedeli formando di essi un cuor solo e un'anima sola (parleremo più diffusamente dell'azione dello Spirito Santo nella Santa Messa);

presenza di Maria che è sempre presente in ogni celebrazione liturgica;

presenza della Chiesa, quella della terra, del Cielo e del Purgatorio.

Ora vogliamo cogliere i diversi aspetti e modi della presenza di Gesù nella Santa Messa.

1

a) L'assemblea liturgica realizza certamente la presenza di Gesù secondo la promessa da Lui fatta: «Dove ci sono due o tre riuniti nel mio Nome io sto in mezzo a loro»;

b) il Sacerdote è sempre «presenza» di Gesù;

c) Gesù è presente come Maestro nella Litur­gia della Parola;

d) Gesù è presente come Agnello immolato alla Consacrazione:

e) Gesù si fa presente come alimento, amico, sposo dell'anima nella Santa Comunione;

f) Gesù, presente nel Cristiano, per mezzo di lui si fa presente nel mondo.



II. Presenza di Gesù nella Liturgia della Parola
In questa parte della Santa Messa che è la Li­turgia della Parola noi siamo ammessi come figli alla presenza del Padre. Noi parliamo a Lui e Lui parla a noi.

Noi parliamo a Lui sia singolarmente sia co­munitariamente, e nell'uno e nell'altro caso siamo uniti a Gesù perché siamo membra del suo Corpo Mistico. Lui prega in noi! Per questo motivo ab­biamo accesso al Padre.

Attenti però che la nostra preghiera sia sempre un colloquio d'amore.

Nella Santa Messa vi è sempre spazio anche per la nostra preghiera privata. Quando il Sacerdote dice: «Preghiamo», dovrebbe lui per primo rac­cogliersi in silenziosa preghiera personale e cosi dare alcuni istanti anche ai fedeli per colloquiare con Dio.

Di qui si passa alla preghiera comunitaria con la quale la Chiesa come tale si rivolge a Dio e cia­scuno fa sua la preghiera dell'Assemblea.

Ci rivolgiamo a Dio per supplicarlo, per lodar­lo, per benedirlo, per implorare misericordia, per impetrare le grazie di cui abbiamo tutti bisogno. Il Padre ci ascolta perché per noi, in noi e con noi prega il suo Figlio Gesù. Il Padre ascolta sempre i suoi figli, anche se talvolta ci esaudisce a modo suo e non a modo nostro, comunque sempre per il no­stro bene.



Dio parla a noi
Nella Liturgia della Parola è Gesù in persona che si fa nostro maestro e ci parla attraverso la proclamazione della Sacra Scrittura.

Noi sappiamo che tutta la Sacra Scrittura è divinamente ispirata, il che significa che i sacri

scrittori - chiamati anche agiografi cioè scrittori di cose sante - sono stati assistiti in modo speciale dallo Spirito Santo in modo tale che essi hanno scritto infallibilmente tutto quello, e solo quello, che lo Spirito Santo voleva che scrivessero. È il contenuto della divina rivelazione. Cosicché qua­lunque idea od opinione che è in contrasto con quanto Dio ci ha rivelato è certamente errata e fal­sa.

Da tenere presente che la Sacra Scrittura non intende essere un trattato di scienza naturale. Alcu­ne espressioni della Bibbia bisogna intenderle co­me il linguaggio del tempo. Ad esempio: «Fermati, o sole» di Giosuè non è una prova che il sole gira intorno alla terra.

La Bibbia è un messaggio di Dio in merito alla nostra salvezza. Proprio perché vi è il pericolo che la Sacra Scrittura possa essere male interpretata, il Signore l'ha data in custodia alla Santa Madre Chiesa che la custodisce e ci dà la interpretazione vera e sicura della Sacra Scrittura. Questa missione della Chiesa si chiama: Magistero Ecclesiastico. Il pericolo sopra accennato c'è: lo afferma san Pietro nella II lettera, cap. 3,16 «nelle lettere di Paolo co­me anche nelle altre Scritture vi sono cose difficili e gli ignoranti e gli instabili travisano per loro propria rovina».

Gesù vi ha provveduto dando nell'ultima Cena a Pietro la missione di «confermare» i fratelli dopo aver assicurato la sua preghiera perché la sua fede non venisse meno (Lc 22,31ss.).

È opportuno sottolineare quanto sopra che ci dà la certezza granitica di quello che crediamo e che le nostre scelte, fatte alla luce della Parola di Dio, sono senz'altro le uniche certe e vere.

Anche il Sacerdote che spiega nella Santa Messa la Parola di Dio deve stare attento a non esporre delle opinioni, ma solo quello che insegna il Magistero della Chiesa.

Davanti a Dio che parla bisogna: ascoltare - accettare - praticare - predicare.

Ascoltare - È Dio che parla, che ha un mes­saggio da trasmetterti. Renditi conto di come devi essere attento unicamente alla Parola. Lascia ogni altro pensiero e preoccupazione.

Accettare - Il mondo e il demonio hanno inte­resse a farti arrivare un messaggio opposto a quello di Dio. Forse hai anche tu delle idee e delle opi­nioni. Confronta tutto con la Parola di Dio e re­spingi quanto non è conforme a quella Parola.

Alla Parola tu rispondi: Credo! Cioè: È così! Accetto tutto! Ho fiducia nella tua Parola!

Praticare - Devi incarnare nella vita quella Pa­rola che deve diventare norma e regola dei tuoi pensieri, dei tuoi affetti, delle tue scelte e delle tue azioni. Questo è l'unico segno vero che tu ami il Signore: «Chi mi ama osserva la mia Parola» dice Gesù.

Predicare - Trasmetterai agli altri la luce rice­vuta perché Gesù ai suoi discepoli ha detto: «Voi siete la luce del mondo». Predicherai se mostrerai in te un modello di vita cristiana. Renditi conto di quante conseguenze pratiche è ricca la Liturgia della Parola!

Se vivrai questi valori tu diventerai presenza di Gesù nel mondo.



III. Liturgia offertoriale

Vi è, dopo la Liturgia della Parola, quella parte della Santa Messa denominata Liturgia offertoria­le, qualificata dalle offerte che si portano all'altare. Il Sacerdote esorta i fedeli a pregare perché «il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio Padre Onnipo­tente». Le offerte sono perciò il Sacrificio del Sacerdote e dei fedeli e precedono il grande e sublime Sacrificio che avviene alla Consacrazione: è il Sa­crificio di Gesù Cristo al Padre, sacrificio di se stesso e del suo Corpo Mistico.

Ora parliamo dell'Offertorio che è il nostro sacrificio, spiegando alcuni punti.



1) L'offertorio equivale a dono.

II dono è sempre espressione dell'amore. Io mi privo di qualche cosa che mi appartiene e mi è ca­ro, mi sacrifico, per manifestare alla persona amata il mio amore.

Se manca l'amore manca la componente es­senziale dell'offerta. Caino e Abele sentivano la necessità di sacrificare qualcosa a Dio. Abele lo fa­ceva con amore ed era gradito a Dio; Caino lo fa­ceva senz'amore e perciò Dio non gradiva il suo sacrificio. Il cuore di Abele era innocente, santo, puro, pieno di amore riconoscente. Non così quello di Caino. Perciò all'offertorio scendiamo in fondo al nostro cuore e scrutiamolo per essere certi di fare cosa gradita a Dio.

Gesù ha dettato una Legge che riguarda l'amore: «Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per la persona amata». E Lui lo ha fat­to!

Noi che cosa offriremo a Dio? Tutto quello che noi siamo come creati da Dio, tutto quello che noi possiamo... tutto è dono di Dio e noi dovrem­mo dare a Dio tutto, anche la vita immolandola a Lui.



2) Dio non vuole che ci togliamo la vita da noi stessi in offerta a Lui.

Nel paganesimo si immolavano alle false di­vinità dei sacrifici umani. Dio nel Deuteronomio (18,10) lo proibisce: «Non ci sia in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia... ».

Offriremo a Lui quello che alimenta la vita e la sostiene: il cibo e la bevanda; il pane, il vino e l'acqua. Riflettiamo però che questi doni sono... doni che Dio ha dato all'uomo: «Dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane... questo vino... ».

È come il bimbo che vuole fare un dono alla mamma. Egli apre il salvadanaio e prende... dai doni che la stessa mamma ha fatto a lui.

Dio ha provveduto a procurare l'alimento ai suoi piccoli della terra comandando alla natura di essere feconda. Cielo e terra sono uniti insieme in misteriosa armonia perché non manchi il cibo e la bevanda agli uomini e al bestiame. Influssi cosmi­ci, minerali, venti e pioggia e il lavoro dell'uomo, delle bestie e delle macchine... ed ecco sulla mensa il pane fragrante, il vino generoso e l'acqua cristal­lina.

È l'«offertorio di Dio a noi» che precede e rende possibile «l'offertorio nostro a Dio». Ricordo di aver contemplato dall'aereo le montagne della Calabria coperte di neve e mi commossi pensando che così Dio provvedeva a procurare ai suoi figli il gran tesoro delle sorgenti.



3) Sono tre le motivazioni del nostro offertorio:

a) Dio;

b) le necessità del culto di Dio;

c) le necessità dei fratelli che versano nel biso­gno.

Nella Chiesa primitiva, al rito dell'offertorio partecipava tutta l'assemblea con la processione of­fertoriale e ognuno portava il proprio dono: i con­tadini i frutti della terra, i pastori i prodotti della pa­storizia, i benestanti altri doni. Tutto veniva depo­sto nelle mani del celebrante che poi selezionava i doni per il sacrificio eucaristico: pane, vino e ac­qua. Vi era il dono:

- per Dio;

- per i bisogni del culto, ivi inclusi i sacri mi­nistri;

- per i fratelli poveri.

Tutto questo oggi viene simboleggiato e rea­lizzato con la raccolta delle offerte. Quella offerta che depongo nel vassoio significa la mia parteci­pazione al sacrificio e dovrebbe essere proporzio­nata alle mie possibilità.

Così io provvedo al sostentamento del Clero che vive in funzione dei bisogni spirituali dei fede­li;

al decoro del culto divino (edificio e suppelletti­li);

alle necessità dei fratelli bisognosi.

L'offertorio si deve poi estendere nella vita quotidiana. Io devo ricordare che mi sono offerto a Dio personalmente e devo zelare la sua gloria; che mi sono offerto alla Chiesa e devo rendermi di­sponibile alle esigenze dell'apostolato, anche a da­re una mano per la pulizia del sacro edificio; ai fratelli bisognosi di aiuto materiale e spirituale, ai poveri, a chi soffre la solitudine... ai fanciulli della Parrocchia...

Alcuni particolari da spiegare:



Le gocce d'acqua unite al vino
Perché? Che cosa significano?


Motivo storico. Ai tempi di Gesù il vino veni­va stemperato con un po' d'acqua.

All'acqua me­scolata al vino si attribuiscono due significati:

1) il vino simboleggia la divinità di Gesù Cri­sto, l'acqua l'umanità;

2) il vino simboleggia Gesù, l'acqua tutti i fe­deli che si uniscono a Lui.

Notare che quelle gocce di acqua mescolate al vino diventano alla Consacrazione il Sangue di Ge­sù. Il Cristiano, unito a Cristo, deve essere e vivere come «un altro Gesù Cristo».



L'incenso nella Liturgia

Secondo le indicazioni della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II l'incenso si può usare in tutte le Messe.

Quale ne è il significato?

L'incenso bruciando si consuma, si eleva, sale in alto. È adorazione alla SS. Trinità, è venerazione per la Madonna, per gli angeli ed i santi, è il rispet­to dovuto ai fedeli - anima e corpo - perché sono il Corpo Mistico di Gesù Cristo. Il loro corpo è tem­pio dello Spirito Santo.

Non possiamo servire Dio se non diventiamo come l'incenso che bruciando si consuma, ma sale. Noi non ci santifichiamo se non accettiamo di con­sumarci per Dio, di bruciare nel fuoco del santo Amore di Dio.




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