È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Novembre: Festa liturgica di Tutti i Santi e dei Nostri cari Defunti

Ultimo Aggiornamento: 23/10/2011 16:10
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
09/11/2010 19:01
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Memorie funerarie dei Pontefici dal tardoantico all'alto medioevo

san Leone Magno (Festa Liturgica 10 novembre)
 e gli epitaffi perduti



di Carlo Carletti
 

Un tratto tipico e senza dubbio "nuovo" che emerge nella produzione epigrafica romana tra la fine del mondo antico e l'alto medioevo è costituito dalle iscrizioni funerarie dei Papi. Nella loro complessità queste scritture esposte si configurano come immediato specchio di rifrazione dell'immagine che dei suoi vescovi la Chiesa di Roma volle definire e consegnare alla posterità attraverso un vettore - come appunto quello scritto sulla pietra - destinato per sua natura a una durata senza tempo.

Per tutto il III secolo e fino all'età costantiniana l'epitaffio del vescovo non è uno speciale e distintivo prodotto di nicchia, ma si uniforma totalmente alla prassi in uso nell'ambito della comunità:  lo testimoniano eloquentemente i pochi esemplari superstiti, tutti concentrati nella cripta dei Papi del cimitero di San Callisto - il primo cimitero dei vescovi di Roma storicamente documentato - dove si conservano gli originali marmorei di Ponziano (230-235), Antero (235-236), Fabiano (236-250), Lucio i (253-254), Eutichiano (275-283) (Inscriptiones Chistianae Urbis Romae, IV, 10670, 10558, 10694, 10645, 10584).

La loro memoria funeraria - come quella in uso tra i comuni fedeli - si risolve in una struttura testuale minimale che trasmette alla posterità il solo nome personale, senza altri riferimenti retrospettivi alla storia individuale della vita terrena.

Questa modalità di "scrivere la morte", presente con sorprendente sistematicità e con un altissimo tasso di diffusione (oltre l'80 per cento) nelle più antiche aree cimiteriali della città, si propone come riflesso della concezione egalitaria e universalistica di san Paolo, che era stata fatta propria da Papa Callisto nella realizzazione del suo modello di Chiesa e che trova le sue prime testimonianze epigrafiche proprio nel cimitero che da lui prese il nome:  "Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo" (1 Corinzi, 12, 13) nel quale "non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna" (Galati, 3, 28).

Uno stile epigrafico, indubbiamente "antisistema", che perdurò per circa un secolo, manifestando una diversità concettuale profonda rispetto alla consolidata prassi non-cristiana, che almeno a partire dall'età augustea, prevedeva che si trasmettessero alla memoria dei posteri le storie retrospettive dei defunti:  dati biometrici, ruolo nella famiglia e nella società, meriti, onori.

Con l'avvento dell'era costantiniana, e con una sensibile accelerazione nel corso della seconda metà del iv secolo (l'epoca delle conversioni di massa) il repertorio della prassi epigrafica dei cristiani si riappropria massicciamente di tutti gli elementi retrospettivi che erano stati "ideologicamente" esclusi nel secolo precedente:  si riconsegnano alla posterità le storie terrene dei singoli e delle famiglie, che ormai esibiscono la loro adesione alla religio divenuta licita con l'esposizione dei segni cristologici e si avvia l'uso del "distintivo" che - sul piano formale - indicava una dichiarata adesione.
A questa nuova prassi si conforma anche l'epitaffio del vescovo, che da puro e semplice epitaffio minimale diventa elogium e acquisisce non di rado carattere di manifesto ideologico. La prima iscrizione funeraria episcopale del iv secolo di cui conosciamo il testo - quella di Liberio - non ha più nulla in comune con lo stile esibito negli epitaffi episcopali del secolo precedente:  il vescovo è ricordato e commemorato con una lunghissima composizione in versi, che ne propone cursus honorum, meriti, pregi, virtù (Inscr. Christ. ix 24831):  è solo il primo di una lunga serie che proseguirà nel tempo a venire senza soluzione di continuità.

A una prima osservazione delle iscrizioni episcopali romane la prima constatazione è l'altissimo tasso di distruzione e dispersione degli originali:  un livello di "mortalità epigrafica" così alto non trova riscontro in altri complessi epigrafici tipologicamente omogenei. Basti considerare che allo stato attuale, dal pontificato di Liberio (352-355) a quello di Gregorio Magno (590-604) non rimane alcuna iscrizione integra:  soltanto  pochi  e  minuti  frammenti degli epitaffi di Bonifacio ii (530-532:  Inscr. Christ. ii, 4153) e Gregorio Magno (Inscr. Christ. ii 4156).

Per i due secoli successivi la situazione non è diversa:  nessun originale integro, soltanto due frammenti appartenenti agli elogia di Sabiniano (604-606:  Inscr. Christ. ii 4157) e di Bonifacio iv (608-615:  Inscr. Christ. ii 4159); il primo e unico epitaffio pontificale integro è quello celebre - per la sua straordinaria fattura grafica ed estetica -di Adriano i (772-795), attualmente esposto nel portico della basilica Vaticana (Monumenta Epigraphica Christiana saeculo xiii antiquiores, i, "In Civitate Vaticana" 1943, tav. ii, i).

Per un numero consistente di epitaffi papali alla perdita degli originali epigrafici si aggiunge anche la mancanza di testimonianze di tradizione indiretta. Molte iscrizioni non ebbero nemmeno la buona sorte di essere copiate né dai visitatori dell'alto medioevo né dal presbitero Pietro Mallio che al tempo di Alessandro iii (1159-1181) ebbe cura di registrare e localizzare - all'interno della basilica Vaticana - le sepolture dei Papi con relative iscrizioni, né di essere ricordate da Giovanni Diacono (Gregorii Magni vita iv, 68) quando accenna ai Pontefici deposti vicino alla sepoltura di Gregorio Magno. In sintesi dei sessantuno Papi che si succedono da Liberio ad Adriano i, e dunque dal 355 al 795, soltanto di 34 su 61 rimangono i testi degli epitaffi o la notizia dell'esistenza di un epitaffio. Questa cancellazione della memoria funeraria non può superficialmente essere imputata alla sola selezione del tempo, ma anche alla colpevole disattenzione dei molti che, nel corso di centoventi anni (dal 1506 al 1626), parteciparono alla costruzione della nuova basilica rinascimentale.

Dei molti originali epigrafici di cui non è rimasta traccia se ne conserva - in un caso del tutto eccezionale - fedele testimonianza non attraverso una copia seriore manoscritta, ma attraverso una seconda versione epigrafica, che non necessariamente doveva riproporre quella archetipica in tutte le sue parti:  è l'epitaffio dedicato in replica a Leone Magno, il primo dei vescovi romani a essere deposto nella basilica Vaticana nella parte centrale del porticus pontificum in prossimità del secretarium. Di qui alla fine del vii secolo per iniziativa di Sergio i (687-670) fu traslato presumibilmente al centro del porticus:  in questa circostanza, mirata evidentemente ad assicurare una maggiore visibilità e accessibilità alla sepoltura del Pontefice ormai obliterata dalle tombe dei successori, fu rifatto anche l'epitaffio ed evidentemente si distrusse l'originale del quale non è pervenuta traccia alcuna nemmeno nelle copie dei visitatori del primo alto medioevo.

Nell'esordio del nuovo epitaffio, noto per tradizione indiretta attraverso una copia conservata nella Sylloge Virdunensis (Inscr. Christ. 4148), si rende puntualmente ragione della motivazione che sollecitò il trasferimento dei resti mortali di Leone:  "Per il primo il corpo di questo Pontefice fu qui sepolto, perché era degno di una sepoltura nella rocca di Pietro (in arce Petri). Dopo di lui sotto l'egregia dimora furono raccolte le spoglie di vati e maestri, che ancora vedi. Ma Leone il Grande, curando come pastore i recinti e il gregge cristiano, era da tempo custode della rocca (ianitor arcis erat). Come testimone (superstes) anche dalla tomba continua a ricordare ciò che aveva fatto, affinché il lupo insidioso non devastasse l'ovile di Dio". La menzione della arx Petri costituisce, sul piano pastorale e su quello ideologico, la cifra caratterizzante della parte introduttiva della composizione, che rappresenta Leone come pastore del gregge cristiano (ovilis Dei) e come inflessibile custode della rocca munita, appunto la arx Petri.

L'azione di Leone, concentrata soprattutto tra il 446 e il 458 in una energica difesa dell'ortodossia in seguito alla ripresa della controversia cristologica in Oriente, è espressamente ricordata nella parte centrale del suo elogium come aspetto centrale e caratterizzante del suo pontificato:  di questo intervento - si dice - sono "testimoni gli scritti inviati a sostegno della retta dottrina, che gli animi devoti osservano e che la turba perversa teme" (Testantur missi pro recto dogmate libri / quos pia corda colunt, quos parva turba timet). I missi pro recto dogmate libri si riferiscono senza alcun dubbio al Tomus ad Flavianum, una lettera dogmatica inviata a Flaviano, patriarca di Costantinopoli e acerrimo avversario del monaco monofisita Eutiche, in cui Leone esponeva compiutamente il suo pensiero, riaffermando il principio che nella persona di Cristo si unificano distintamente senza confusione le due nature, umana e divina.

Questa prima istanza, inviata alla assise del concilio di Efeso del 449, non ebbe il successo sperato:  non fu nemmeno letta né fu dato ascolto alcuno al rappresentante del Papa (e poi suo successore) il diacono Ilario, che protestò energicamente in latino, ma non potè nulla opporre alle repliche che gli venivano rivolte in greco:  Leone più tardi in una lettera alla Augusta Pulcheria (Epistula 95 del 20 luglio 451) stigmatizzò duramente quanto accaduto con la celebre invettiva, che a Efeso non fu emesso un giudizio ma fu perpetrato un latrocinio:  quidquid in illo Efesino non iudicio sed latrocinio potuit perpretari. Ma il successivo concilio di Calcedonia del 451 decretò il trionfo di Leone e il suo Tomus fu integralmente accolto.

Gli esiti di questa azione vincente sono riproposti nell'elogium in efficace forma allegorica:  "(Leone) - rappresentato come suggerito dal suo nome (anfibologia) nella sembianza del leone che ruggisce - ruggì e lasciò attoniti gli animi pavidi delle belve feroci (gli eretici) e le pecore obbedirono ai comandi del proprio pastore (rugiit et pavida stupuerunt corda ferarum / pastorisque sui iussa sequuntur oves). Quando esplose questa difficilissima e complessa congiuntura "fu buona ventura per la Chiesa di Roma che si trovasse ad affrontarla... la personalità di maggior rilievo tra tutti i vescovi di Roma anteriori a Gregorio Magno capace come lui, tra l'altro, di distinguersi in ambito letterario grazie alla perizia nell'esprimersi, sia nelle omelie che nelle lettere (il Tomus ad Flavianum è appunto una lettera) con grande proprietà di forma, funzionale e insieme raffinata, che riflette bene personalità dell'uomo" (Manlio Simonetti).

La parte finale dell'elogio leoniano sintetizza la vicenda che condusse alla traslazione delle spoglie del Pontefice e al rifacimento del suo epitaffio per iniziativa di Sergio i:  il tema è introdotto con la sottolineatura della asimmetria tra la grandezza dell'opera di Leone e l'inadeguatezza del luogo della sua sepoltura, resa ormai invisibile dal progressivo sovrapporsi di trentadue deposizioni, succedutesi nel corso di duecentoventisei anni dal 461 (morte di Leone) al 687 (morte di Conone) predecessore di Sergio i:  "(Leone) aveva trovato sepoltura nella parte estrema del pavimento della basilica (dove) ormai lo nascondono i numerosi sepolcri dei Pontefici (pontificum plura sepulchra). Io, Papa Sergio, ispirato da amore divino, di lì lo feci trasferire sulla facciata del sacro tempio, adornando lo splendido sepolcro di marmo prezioso, sul quale coloro che pregano vedono le cose che vi sono sopra; e poiché in vita brillò di straordinarie virtù, tanto più elevata sarà la gloria del Pontefice (ultima pontificis gloria maior erit)".

All'elogium vero e proprio segue la rituale subscriptio in prosa con la menzione del dedicante Sergio e dei dati biometrici e obituari di Papa Leone:  "Sedette nell'episcopato ventuno anni, un mese, tredici giorni. Fu deposto il dieci novembre e fu qui traslato dal beato Papa Sergio il ventotto giugno della prima indizione". Nell'originale latino della subscriptio è da emendare l'erronea menzione della deposizione, dovuta a distrazione del lapicida o del seriore copista dell'iscrizione:  iii idus novembres (cioè 11 novembre) in luogo di iv idus novembres (cioè il 10 novembre), come peraltro autorevolmente attestato dal Martyrologium Hieronimianum.

Il luogo della nuova sepoltura fatta allestire da Sergio i - contrariamente a quanto ipotizzato da Louis Duchesne (Liber Pontificalis, i, p. 375) - fu certamente resa più visibile e accessibile per i devoti, ma rimase nell'ambito dell'avancorpo della basilica, cioè all'interno porticus pontificum, dove in origine era stata ubicata. La traslazione all'interno della basilica avvenne solo nella metà del ix secolo per iniziativa di Leone iv (847-855).

L'elogio fatto ricompilare da Papa Sergio è, come si è visto, tutto concentrato sull'azione di Leone come pastore e come difensore dell'ortodossia e, pertanto, non se ne ricorda - come peraltro di norma nel genere dell'epitaffio pontificale - l'attività edilizia, che pure fu intensa e continuativa con numerosi interventi di tutela e restauro, di alcuni dei quali rimane memoria epigrafica.

Un esemplare, ancora perfettamente integro e di notevole livello qualitativo sul piano estetico e tecnico-esecutivo, è una grande iscrizione marmorea polimetra (Inscr. Christ. ii 4783:  distici elegiaci vv. 1-12; giambi vv. 13-16), collocata nella parte superiore della controfacciata della basilica di San Paolo fuori le Mura.

La composizione ricorda in dettaglio i lavori fatti eseguire dall'antistes Christi - Papa Leone - per restituire l'edificio al popolo di Dio (la plebs sancta) e al culto consueto (solita officia) del beatus doctor mundi (Paolo), in seguito ai danni provocati da un incendio. Gli ultimi quattro versi sono riservati alla riconoscente lode per la devota e vigile attività (fidelis atque pervigil labor) dei due ecclesiastici imprenditori, il presbitero Felix e il protodiacono della sede apostolica Adeodatus, cui fu affidata l'esecuzione dei lavori:  l'uno e l'altro come concreto segno di gratitudine ebbero il privilegio di essere sepolti nella stessa basilica paolina, nel 471 (Inscr. Christ. ii, 4958) e nel 474 (Inscr. Christ., ii, 4926). Sempre nell'ambito della basilica ostiense, un'altra iscrizione attestava l'intervento voluto da Leone per la riattivazione della fontana posta al centro dell'atrio (Inscr. Christ., ii 4785):  una lunga incuria l'aveva di fatto disseccata (perdiderat laticum longaeva incuria cursus) e solo la provida pastoris per totum cura Leonis ne consentì la restituzione alla sua funzione e all'uso dei fedeli:  haec ovibus Chr(ist)i larga fluentia dedit.

Al tempo di Leone, e forse alla sua diretta iniziativa, sono da attribuire i cicli decorativi a mosaico esposti sulla facciata di San Pietro in Vaticano e sull'arco trionfale di San Paolo fuori le Mura, come attestato da due iscrizioni (Inscr. Christ. ii, 4102, 4784):  quella di Fl. Avitus Marinianus, console del 423, che insieme alla consorte Anastasia, in scioglimento di un voto ottiene da Papa Leone la concessione di intervenire nella basilica petrina (quae precibus papae Leonis mai provocata sunt atque perfecta), e quella di Galla Placidia che, a completamento dell'iniziativa promossa dal padre Teodosio, porta a termine la decorazione musiva di San Paolo:  Placidiae pia mens operis decus omne paterni / gaudet pontificis studio splendere Leonis. L'attenzione tutta particolare di Leone per i monumenti rievocativi della coppia apostolica, trovava il suo corrispettivo nella tradizione dei sermoni annuali pronunciati il 29 giugno, nell'anniversario della festa liturgica di Pietro e Paolo.

In quello del 29 giugno del 441 i due apostoli vengono esaltati come artefici primari del nuovo ruolo assunto dalla città di Roma:  "Sono questi (Pietro e Paolo) che ti hanno innalzato all'alto onore di divenire, come nazione santa, popolo eletto, città sacerdotale e regale, per la presenza in te della sacra sede di Pietro, la capitale del mondo e di esercitare un ruolo di governo più ampio per la divina religione..." (Sermo, 82, 1).

Nel suburbio della città venne poi edificata la basilica di Santo Stefano al terzo miglio della Via Latina, per la munificenza della nobile matrona Demetria, appartenente alla nobile famiglia degli Anici. La realizzazione del culmen Stephani - l'edificio dedicato al protomartire - è rievocata in una lunga iscrizione in versi, come esito concreto del mandato testamentario affidato dalla nobile dedicante a Papa Leone:  haec tibi, papa Leo, votorum extrema suorum tradidit.

La complessiva azione di Papa Leone nell'ambito pastorale, dottrinale ed ecclesiale trova significativa sintesi nell'attributo elogiativo Magnus - mai prima usato per un vescovo di Roma - che nella struttura testuale e formale dell'epitaffio a lui dedicato, si propone come vero e proprio supernomen ex virtute.


(©L'Osservatore Romano - 10 novembre 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 15:15. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com