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Echi tridentini in letteratura (da Messainlatino) IMPERDIBILE

Ultimo Aggiornamento: 30/10/2011 21:33
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22/10/2010 15:42
 
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Echi tridentini: L'ultimo crociato. Il ragazzo che vinse a Lepanto, di Louis De Wohl

In questa splendida opera di Louis De Wohl (1903 – 1961), autore di numerosi romanzi storici che hanno per protagonisti santi o icone della Cristianità, si ripercorrono le gesta umane, il percorso politico e militare e le battaglie spirituali di Juan d'Austria, il don Giovanni che guiderà giovanissimo la Lega Santa, nella famosa battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571), contro la flotta musulmana: proprio il 7 ottobre scorso abbiamo ricordato l'anniversario di questa data decisiva per la storia dell'Europa, con la festa della Madonna del Rosario.

In questi brevi passi che Vi offro – ma Vi invito a procurarvi il libro, che è anche piacevole alla lettura – il protagonista del racconto, Juan, figlio illegittimo dell'Imperatore Carlo V ma infine cresciuto a corte accanto al fratellastro Re Filippo II, si sta avvicinando inconsapevolmente alla missione a cui sarà chiamato; Juan non sa infatti quale sarà il suo destino di soldato, ma in cuor suo desidera servire la Spagna e la Cristianità così come aveva imparato da don Luiz, suo ammirato tutore.

Gli estratti ben si innestano nella rubrica degli Echi tridentini in letteratura (e per questo Ve li propongo), ma rimane inteso che molti sono gli spunti – in tutta l'opera – che meriterebbero di essere condivisi e commentati.

In questa fase del racconto Juan si trova in un monastero per un ritiro quasi forzato, e trova nel frate Calahorra una provvidenziale illuminazione sul significato dell'essere Crociato, sulle motivazioni e sul senso di essere soldato di Cristo.

Dal Capitolo XXVIII:

“L'abitudine” continuò con occhio terribile “l'abitudine è uno dei peggiori nemici dell'umanità. Talora sembra che ci stiamo abituando alla nostra eredità. Tale possesso ci sembra sicuro, quasi non potessimo perderlo all'indomani. Non ci rendiamo nemmeno conto che lo spirito ci ha abbandonati”.

“Finora la Spagna non manca di uomini coraggiosi” disse risentito Juan.

“È vero, e ne avrà sempre, per grazia di Dio. Ma la maggior parte di quelli che hanno lo spirito d'avventura lo combinano con lo spirito di conquista. Vanno in lontane contrade non tanto per diffondervi la Fede, quanto per depredarle dell'oro. Questi uomini vogliono che il loro coraggio serva a loro, non a Dio. Non è necessario essere cristiano per questo! Qualunque pagano potrebbe fare altrettanto. Dov'è l'uomo che ha lo spirito dei veri crociati? L'uomo che vuole compiere una missione, non perchè egli vuole, ma perchè Dio lo vuole? Deus lo vult: non ho mai udito questo grido in tutta la mia vita! Lasciamo che le cose vadano per la loro via, e le future generazioni non capiranno nemmeno più come un grido di tal genere si sia potuto proferire. Lo tradurranno nelle loro anime mercenarie come una strana specie di ipocrisia, Dio mi perdoni, come una superstizione”.

“Vi saranno certamente sempre dei buoni preti, che continueranno a insegnarci quel che è giusto...”

“Sì, vi saranno. Le porte dell'inferno non prevarranno, lo sappiamo. Ma ciascuno di noi deve vivere come se quella promessa di Cristo dipendesse da lui e da lui solo. I preti e le monache non sono abbastanza. Cristo ha anche bisogno dei laici.”

Juan scosse la testa. “Prima d'ora non l'avevo mai sentito dire da nessuno”.

“Preti, frati, monache sono stati costituiti per la loro specifica missione” disse Calahorra. “Ma il loro lavoro verrebbe annullato non soltanto in singoli casi, ma in intere regioni, se Dio non suscitasse degli apostoli laici.”

“Questo è un pensiero nuovo” commentò Juan.

“Fino a non molto tempo fa gli ecclesiastici erano i soli a saper leggere e scrivere” proseguì Calahorra. “Non perchè le università fossero chiuse a tutti gli altri, ma perchè il popolo non si curava d'imparare. I preti e i monaci avevano pure il compito di leggere e di scrivere. E così un giorno si dirà: “il compito dei preti e dei monaci è di pregare e predicare” e, come un tempo l'istruzione, la preghiera verrà confinata nei monasteri. Lasciate passare del tempo e il prete sarà il solo a ricordarsi del Padre Nostro.”

“Non posso crederlo.”

“Dacchè quel caro Tedesco inventò un nuovo metodo di scrittura con la macchina da stampa, ci siamo trovati di fronte a un altro genere di problemi. Che cosa si stamperà su quei fogli che nascono così alla svelta e così numerosi da ricoprire le città e i paesi di manifesti e di libelli? I Principi e i dotti si serviranno di questo mezzo per diffondere ordini e conoscenza. Quali comandi e quali conoscenze? La potenza del laico aumenta e continuerà ad aumentare. Di per sé tutto questo è un bene. Vi sarà più modestia e umiltà tra gli ecclesiastici e sarà aumentata la responsabilità del laico. Ma ora tutto dipende dall'uso che il laico farà di tale responsabilità, se si servirà cioè del suo nuovo potere per sua gloria o per il servizio di Nostro Signore”. Si alzò e mise altra legna nel fuoco. “Non pensate che questo sia una novità” disse. “Cristo stesso lo aveva già detto. Non parlò della scarsità degli operai nella vigna? E inviò gli Apostoli non a insegnare soltanto a poche persone privilegiate ma a tutte le genti. Laici, laici! Ecco la nuova crociata, Deus lo vult!”
Segue ora una bellissima preghiera di Calahorra, e la celebrazione della Santa Messa, che risveglia in Juan il desiderio di essere unito indissolubilmente a Dio.

Un ultimo ceppo andò a finire nel fuoco. E mostrando il fuoco Calahorra continuò: “Se Dio è come il fuoco, che io ne sia bruciato. Se Dio è come acqua, che io anneghi in essa. Se è come aria, che in essa voli. Se è come terra, che io scavi in essa la mia vita, finchè non abbia raggiunto il centro.”

Fu dopo questa conversazione che Juan incominciò ad assistere alla Messa del piccolo frate, tutte le mattine alle cinque. La notte invernale pesava tristemente sopra Del Abrojo e la chiesa era piena di ombre e delle sussurranti voci degli altri frati, che celebravano la Messa agli altri altari.

La Messa di Calahorra fu una rivelazione. Egli non sfiorava in fretta i sacri testi, né faceva lunghe pause sentimentali, come certi preti conosciuti da Juan. Parlava chiaramente. Non era né svelto, né lento. Tracciava il suo solco nel campo del Signore, coscienziosamente e amorosamente, e il Signore stava sicuro nelle sue mani.

Ma se così egli serviva Dio, anche Dio faceva qualcosa per lui. I suoi lineamenti forti e grossolani erano nobilitati a tal punto che si stentava a riconoscerli, e ogni gesto, ogni movimento era regale. Il piccolo e tozzo uomo, reso ancora più grosso dai sacri paramenti, era trasformato in un essere di tale dignità e maestà, che pareva avesse superato i limiti della semplice umanità.

All'altare stava la sorgente della sua potenza. Quivi attingeva la sua forza, come una volta faceva Anteo toccando sua madre, la Terra.

Juan si accorse di esser capace di pensare a cose, cui prima non aveva mai pensato. Anteo, il titano della leggenda greca, era invincibile, finchè con il suo corpo fosse stato in contatto con quello della madre. Il cristiano era invincibile, finchè fosse stato unito a Cristo, il Verbo fatto Carne, al Dio fatto Uomo, e del cui Corpo vivente poteva partecipare nell'Ostia.

Come spesso i pagani avevano avuto i primi barlumi, le prime idee geniali sulle cose future!

Il maomettano, però, cercava di tagliare il ponte fra Dio e l'uomo; Cristo, non più uomo-Dio, diventava un semplice profeta di second'ordine, che doveva inginocchiarsi di fronte a Maometto. E anche Maometto era soltanto un profeta. Una volta di più il legame fra Dio e il genere umano veniva spezzato con violenza; la più compatta e amorosa unione infranta.

Ancora una volta Dio sarebbe divenuto lontano, non più il Padre dell'uomo, ma soltanto il Re, il terribile, tremendo Signore dei tempi antichi. L'Islam segnava un regresso, e, in quanto cercava di annullare il supremo sacrificio di Cristo, una delle peggiori degenerazioni.

L'importante era questo e questo solo: innalzare e propagare un Regno sulla terra, dove Dio non regnasse solo come Re, ma anche come Padre; dove all'uomo fosse concesso di partecipare alla divinità di Lui, che non aveva disdegnato di assumere l'umanità dell'uomo. Questo voleva Cristo, quando disse: ”Andate e insegnate a tutte le genti...”.
La missione e l'annuncio: perchè l'uomo appartiene a Dio, e il cuore dell'uomo cerca Dio.

Che l'uomo si chiamasse Principe o Eccellenza o non avesse affatto un nome, non aveva importanza. Come mangiasse o bevesse o vestisse, se fosse seduto su un trono o sul più basso sgabello, non aveva importanza. Anche se avesse o no trovato la felicità tra le braccia di una moglie, poco contava al confronto del più grande di tutti i problemi. Poiché l'uomo apparteneva non a se stesso, ma a Dio.

Per questo i cavalieri delle passate età lasciavano le loro mogli e i loro castelli per amore della Croce. Deus lo vult.
Riprendo ora un passo dalla parte finale del libro: sono in corso le “trattative” per decidere chi guiderà la Lega Santa, posto che la battaglia contro i Mori è inevitabile e necessaria. Tra miopie e bassi interessi di fazione, il Santo Padre Pio V è stremato, e sembra essere il solo a capire l'importanza straordinaria che avrà Lepanto per le sorti dell'Europa. È chiamato a scegliere il Condottiero dei Cristiani: non può fallire la scelta, perchè non può fallire la battaglia. E proprio nella Santa Messa...

Dal Capitolo XXXIV:

Spuntò l'alba, ma era l'alba di novembre, senza alcun splendore.

Il vecchio si alzò dal pavimento di pietra stanco e tremante. Si fece il segno della croce. Come sempre al mattino e spesso durante il giorno sentiva nel suo petto affollarsi le sofferenze, che gli salivano tutte alla gola, facendolo sospirare alquanto. “Signore” pregò “accresci pure le mie sofferenze, ma anche la mia pazienza.”

Si aggiustò come meglio potè, l'abito. E girando intorno all'altare passò attraverso una piccola porta quasi dietro all'altare stesso, in una stanza accanto.

La stanza era una cappella di forma ottagonale. A sinistra dell'altare, a lato del Vangelo, stava un baldacchino di stoffa dorata, coperta di broccato d'oro.

Quattro prelati vestiti di porpora, con bianchi rocchetti e stole ricamate, si alzarono dai loro inginocchiatoi e fecero un profondo inchino.

Per alcuni momenti il Papa pregò, in ginocchio dinanzi alla sedia sotto il baldacchino. Poi, stanco ed esausto, si mise a sedere.

[…]

Caro, amabile, glorioso regno di Cristo! Le porte dell'Inferno non prevarranno contro di esso, finchè a difenderlo vi sarà un solo cristiano. E vi sarà sempre. Vengano pure i pagani, gli Arabi, i Turchi o quant'altri mai pericoli, nascosti nel seno dei secoli futuri!

Pio V si sentì pervaso da un'ondata di forza. Ancora una vota s'inginocchiò per una breve preghiera. Fece quindi un cenno ai quattro prelati, i quali presero i paramenti, sistemati sulla mensa dell'altare, e incominciarono a vestirlo.

Disse la Messa come sempre, in assoluta serenità leggendo e pronunciando lentamente le parole. Dio, invocato con le Sue stesse sacre Parole, discendeva sull'altare, facendosi Carne e Sangue, e il Suo servo per tre volte si dichiarava indegno di accoglierlo sotto il suo tetto, con le parole dell'ufficiale romano, il cui nome da tutti era stato dimenticato, ma la cui fede era stata ricordata da tanti attraverso i secoli e sempre lo sarebbe stata come esempio per l'umanità. La fede di un soldato, di un capo di uomini in battaglia...

E Pio V partecipò della Carne e del Sangue di Cristo, sperando come chiunque altro che le preghiere dei grandi santi lo avrebbero aiutato a essere meno indegno.

Pochi minuti dopo, uno dei prelati voltò la pagina del messale e il Papa incominciò a leggere la preghiera finale della Messa, “l'ultimo Vangelo”, preso dal primo capitolo di San Giovanni: “In principio era il Verbo e il Verbo era con Dio; e il Verbo era Dio. Egli era in principio con Dio. Tutte le cose furono fatte per suo mezzo e senza di Lui non fu fatto nulla di quel che è stato fatto. In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini. E la luce risplendè nelle tenebre; e le tenebre non la compresero. Vi fu un uomo, mandato da Dio, il cui nome era Giovanni”.

Il Papa si arrestò.

Tutti e quattro i prelati guardarono, non perchè si era fermato, ma perchè l'ultima frase era stata pronunciata con voce del tutto differente, una voce del tutto strana, profonda e vibrante come una grossa campana.

Il vecchio stava tremando, ma la sua faccia splendeva.
Deo gratias. Don Giovanni D'Austria, 1547 – 1578.

Sursum corda

Andrea Pernigotti
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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