È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Echi tridentini in letteratura (da Messainlatino) IMPERDIBILE

Ultimo Aggiornamento: 30/10/2011 21:33
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
22/11/2009 13:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Guareschi e il compagno don Camillo


Giovannino Guareschi (1908-1968) fu molto amato e molto odiato negli ultimi vent’anni della sua vita: giornalista formidabile, polemista tenace, scrittore popolarissimo in patria e all’estero (indiscutibilmente il numero uno, per fama e numero di copie vendute), ebbe il torto – agli occhi degli “intelligenti” per autodefinizione – di essere cattolico e anticomunista. Gli arroganti del potere e del sapere lo combatterono in tutti i modi, brindando a champagne quando un malaccorto (e ingeneroso) Alcide De Gasperi trovò il machiavello per fargli fare 409 giorni di galera più sei mesi di libertà vigilata.

Scrittore grande, a più di quarant’anni dalla morte non sembrano affatto venuti meno l’affetto e la stima dei suoi lettori. Il fallimento politico, culturale e morale degli arroganti di cui sopra non ha portato a significative richieste di perdono; ma intanto i poveretti tacciono, ed è già qualcosa: lo champagne si è, nel frattempo, leggermente inacidito.

Soprattutto nella saga di don Camillo i riferimenti alla liturgia tridentina abbondano; anzi, Guareschi si trovò negli ultimi suoi anni ad essere testimone dei prodromi della riforma post-conciliare, e in più occasioni – come era sua abitudine – ne cantò e ne suonò quante doveva. Ma per questo post preferisco privilegiare due brani tratti dal volume Il compagno don Camillo (1963), un breve “romanzo” che ho sempre trovato alto e ispirato (NB: parlo del volume, non del film che porta lo stesso titolo, fra i tanti forse il più squinternato e superficiale). E’ bene precisare che i vari capitoli erano stati scritti e pubblicati, in vari numeri del settimanale “Candido”, a partire dal 1959.

Peppone, divenuto senatore comunista e funzionario alle Botteghe Oscure, è incaricato di selezionare e accompagnare un gruppo di solidi compagni di sezione per una sorta di viaggio-premio in Unione Sovietica. Fra questi deve suo malgrado inserire, per evitare uno scandalo personale e politico, don Camillo, finto militante comunista, che ha assunto ovviamente un falso nome. Il prete (che ha faticato non poco ad ottenere l’autorizzazione del vecchio vescovo) porta con sé un breviario-messalino travestito da volume di “massime” di Lenin, nonché un piccolo crocifisso dalle braccia ripiegabili inserito in una finta penna stilografica. Impossibile riassumere in breve le vicende e i colpi di scena di questo bel romanzo (peraltro facilmente rintracciabile in libreria in economica edizione BUR). Per la comprensione dei due brani che seguono, basterà dire che Stephan, soldato italiano disperso in Russia, originario di un paese vicino a quello di don Camillo e Peppone, si è salvato durante la terribile ritirata del 1941 grazie alle sue eccezionali capacità nel campo della meccanica e a una ragazza polacca che è poi riuscito a sposare. Ora vive a Grevinec, con la moglie, l’anziana madre di lei e i sei bambini frutto di quel matrimonio. La vecchia, che sta morendo ed è rimasta cattolica nonostante tutto (cattolica senza Chiesa, senza Messa, senza Sacramenti), pronuncia qualche parola piena di amarezza che la figlia traduce: sul letticciolo veglia una piccola immagine della Madonna Nera. Don Camillo fa allora uscire dalla stanzetta Peppone e Stephan, che vadano a pianterreno a tener compagnia ai sei bambini.


«Fuori pioveva che Dio la mandava.
Don Camillo si strappò il giubbotto, cavò dalla finta stilografica il Crocifisso dalle braccia pieghevoli, l’infilò nel collo d’una bottiglia e lo dispose in mezzo al tavolino che era contro al muro, a fianco del lettuccio della vecchia. Trasse il bicchierino di alluminio che fungeva da Calice.
Un quarto d’ora dopo, allarmati dal lungo silenzio, Peppone e Stephan salivano, si affacciavano alla porta della soffitta e rimanevano senza parola: don Camillo celebrava la Santa Messa.
La vecchia, a mani giunte, lo guardava con occhi pieni di lagrime.
Quando la vecchietta poté ricevere la Comunione parve che la vita le rifluisse d’improvviso impetuosa nelle vene esangui.“Ite, Missa est...”
La vecchia parlò convulsa all’orecchio della figlia che, d’un balzo, raggiunse il marito:
“Reverendo” disse ansimando “sposateci davanti a Dio. Ora siamo sposi soltanto davanti agli uomini”.
Fuori diluviava: pareva che le nuvole di tutta la grande Russia si fossero concentrate nel cielo di Grevinec. (...)
“Signore” implorò don Camillo “non badate se mangio qualche parola o qualche periodo”.
Peppone pareva la classica statua di gesso: don Camillo interruppe un momento il rito e lo spinse verso la porta:
“Spicciati, porta su tutta la banda!”
Oramai la pioggia stava decrescendo rapidamente, ma don Camillo era lanciato e pareva una mitragliatrice: battezzò tutti e sei i bambini con una rapidità da togliere il fiato. E non è che, come aveva detto, mangiasse le parole o saltasse addirittura dei periodi interi. Diceva tutto quel che doveva dire, dalla prima sillaba all’ultima. Ma il fiato glielo dava Gesù. (...)
Don Camillo fu l’ultimo a uscire e, giunto sulla soglia, si volse e tracciò un rapido segno di croce sussurrando:“Pax vobiscum”.
“Amen” risposero gli occhi della vecchietta.»



*



«Arrivati ai piedi della quercia, risalirono la sponda del fosso e s’apersero un varco nella siepe. Ed ecco, davanti a loro, un gran campo e, sulla bruna terra, la peluria verde del grano.
Rimasero tutt’e due sgomenti a guardare quello squallore disperato, poi don Camillo si riscosse e, voltatosi verso il grande tronco della quercia, rimosse con la mano tremante l’edera che vi si era abbarbicata.
C’era qualcosa inciso sulla corteccia diciotto anni prima, una croce e una data: “27 XII 1941”. E una parola breve: “Italia”.
Ricompose i rami d’edera.
Peppone, che lentamente s’era tolto il berretto, rimase a contemplare quel campo di grano ripensando alle rustiche croci che non c’erano più e alle ossa sgretolate coperte dalla terra fredda, e il gelo del vento gli entrava nel cuore.“Requiem aeternam dona eis, Domine: et lux perpetua luceat eis...”
Si riscosse e si volse: ai piedi della secolare quercia, don Camillo celebrava la Messa dei Morti.
Una Messa sotto la croce che, diciotto anni prima, la mano di Stephan aveva inciso nella corteccia della vecchia quercia.
“Deus, cujus miseratione animae fidelium requiescunt: famulis et famulabus tuis, et omnibus hic et ubique in Christo quiescentibus, da propitiam veniam peccatorum; ut a cunctis reatibus absoluti, tecum sine fine laetentur. Per eundem Dominum...”Il vento correva per il grande piano deserto e le tenere pianticelle di grano palpitavano.»

[La preghiera con cui si chiude il secondo brano è l’orazione della Messa “per quelli che riposano nel cimitero”: una scelta significativa, quella di Guareschi, certamente non casuale: quel campo di grano, che prende alimento dalle povere carni devastate, appare come consacrato dalla croce incisa sulla quercia. Traduzione: “O Dio, che nella tua misericordia concedi il riposo alle anime dei fedeli: ai tuoi servi e alle tue serve, e a tutti quelli che qui e dovunque riposano in Cristo, perdona propizio i peccati, affinché, assolti da ogni colpa, con te gioiscano in eterno”.]




Giuseppe


[SM=g1740733]









[SM=g1740722]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:14. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com