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La coscienza morale e il senso della misericordia nella vita e nelle azioni dell'Uomo

Ultimo Aggiornamento: 21/06/2016 16:12
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02/10/2009 00:08
 
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Ricordando a tutti questo capolavoro del card. Ratzinger:
ELOGIO DELLA COSCIENZA:
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd...

proponiamo ora alla vostra attenzione un approfondimento maggiore...

CHE COSA SI INTENDE PER COSCIENZA MORALE ATTRAVERSO IL CONTESTO DELLA MISERICORDIA

Le seguenti riflessioni nascono da una serie di interventi di Giovanni Paolo II e dell’allora card. Ratzinger oggi Benedetto XVI, relativi al discernimento di come deve essere educata la coscienza verso se stessi e il bene comune anche in relazione dell’uso della misericordia autentica da parte di ogni uomo, in particolare dei Battezzati e di quanti vogliono definirsi Cattolici.
Vengono qui proposti ampi brani delle due Encicliche di Benedetto XVI: la Deus Caritas est e la Spe Salvi.

Nessun copyright, nessuna censura alle parole del Pontefice, si distribuisca il tutto gratuitamente, se gradito, al solo gesto di coscienza di citarne la provenienza e la fonte, evitando di estrapolarne i contenuti rischiando di far dire al contenuto stesso ciò che non ho detto, specialmente se si dovesse interpretare qualche passo contro il Magistero della Chiesa. Si consideri per tanto che tutta la sostanza del testo non deve essere dissociata dal Magistero della Chiesa, dal quale dipende la corretta interpretazione.

[SM=g1740733] Grazie!

P.S.
il lavoro è stato ricorretto da me togliendo le sottolineature e il neretto per rendere più omogenea l'intera lettura, evitando di accogliere un solo aspetto della lettura, ma bensì accogliendola nell'insieme e nel contesto...




La Misericordia non è ostacolo al dovere dell’Evangelizzazione, tanto meno un indebolimento del dovere del cristiano di dire al mondo la Verità di Dio e sull’Uomo.

Così spiegò, l’urgenza della Misericordia nell’Evangelizzazione, l’allora card. Ratzinger poco prima di diventare il Successore di Pietro:

“Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni.

Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità. San Paolo ci offre a questo proposito – in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde – una bella parola: fare la verità nella carità, come formula fondamentale dell’esistenza cristiana. In Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come “un cembalo che tintinna” (1 Cor 13, 1)”.
(card. J. Ratzinger Patriarcale Basilica di San Pietro Lunedì 18 aprile 2005)


Il dibattito in corso sulla vita umana, sta mettendo in rilievo sempre più un confronto fra la morale cristiana, più precisamente quella cattolica, e morale laica. C’è tendenza a chiudere il significato di “morale” esclusivamente dentro la sfera sessuale, non ragionando sul fatto che all’atto sessuale (morale o immorale che sia), ci si arriva “dopo” una errata concezione della morale in quanto tale la quale abbraccia ogni stile di vita e coinvolge ogni Persona all’interno della propria cultura, razza e Nazione.

Per comprendere che cosa insegna la Chiesa occorre porsi alcune domande:

1) Quale è la vera identità della morale cattolica?
2) Quale è la vera identità che si vuole dare alla morale detta “laica”?
3) In quale modo l’attuale evangelizzazione può svolgere la sua azione nel mondo, e in quale modo essa può coinvolgere le persone?

Iniziamo con il dire che fra morale “cattolica e laica” in verità non vi è alcuna differenza poiché la Chiesa non detiene affatto il monopolio della morale giacchè non è stata una sua invenzione…è un grave errore infatti identificare questa morale come una espressione diversa fra il mondo cattolico (che qui intendono religioso) e laico… pochi sanno che tale morale discende da un medesimo nucleo di verità di riferimento, entrambi, ad un antichissimo contesto di “comuni principi” ed entrambi si connettono alla ragione!

E’ importante definire che questa morale, in quanto tale, nasce nel contesto di una coscienza religiosa mentre, credere in una sfera della morale autonoma, dissociata dalla coscienza ossia, diversa dalla morale in quanto tale è una ERESIA nel senso più vero del termine (infatti eresia vuol dire separazione); una morale allora, separata, dissociata, ossia autonoma conduce ad una eresia, cioè ad una netta separazione dal suo originale significato e di conseguenza dal suo vero scopo, tale separazione da quel principio comune che è la “coscienza religiosa”, genera alla fine quell’inganno, quel trarre nell’errore di cui parlava il card. Ratzinger nel testo riportato in apertura.

Perché parliamo di “coscienza religiosa” ?

Perché senza la dimensione spirituale, senza la ricerca di Dio non esisterebbe nessuna morale e si sfocerebbe nel moralismo! In tal senso il termine “religioso” non deve essere associato esclusivamente all’ambiente monastico o del clero, al contrario, essa è una dimensione che è comune a tutti gli uomini di ogni lingua, cultura, popolo, razza e Nazione e di conseguenza tale morale, è comune ai laici siano essi credenti in Dio quanto non credenti. Non può esistere una doppia morale, sarebbe l’alienazione della morale stessa....

Questa realtà della morale è dunque la realtà di una coscienza che coinvolge l’uomo in quanto tale e non perché l’uomo venga diviso attraverso una morale cattolica o non cattolica!

Diceva così il card. J. Ratzinger:

“È vero che oggi esiste un nuovo moralismo le cui parole-chiave sono giustizia, pace, conservazione del creato, parole che richiamano dei valori morali essenziali di cui abbiamo davvero bisogno. Ma questo moralismo rimane vago e scivola così, quasi inevitabilmente, nella sfera politico-partitica. Esso è anzitutto una pretesa rivolta agli altri, e troppo poco un dovere personale della nostra vita quotidiana. Infatti, cosa significa giustizia? Chi lo definisce? Che cosa serve alla pace? Negli ultimi decenni abbiamo visto ampiamente nelle nostre strade e sulle nostre piazze come il pacifismo possa deviare verso un anarchismo distruttivo e verso il terrorismo. Il moralismo politico degli anni Settanta, le cui radici non sono affatto morte, fu un moralismo che riuscì ad affascinare anche dei giovani pieni di ideali. Ma era un moralismo con indirizzo sbagliato in quanto privo di serena razionalità, e perché, in ultima analisi, metteva l'utopia politica al di sopra della dignità del singolo uomo, mostrando persino di poter arrivare, in nome di grandi obbiettivi, a disprezzare l'uomo. Il moralismo politico, come l'abbiamo vissuto e come lo viviamo ancora, non solo non apre la strada a una rigenerazione, ma la blocca. Lo stesso vale, di conseguenza, anche per un cristianesimo e per una teologia che riducono il nocciolo del messaggio di Gesù, il "Regno di Dio", ai "valori del Regno", identificando questi valori con le grandi parole d'ordine del moralismo politico, e proclamandole, nello stesso tempo, come sintesi delle religioni. Dimenticandosi però, così, di Dio, nonostante sia proprio Lui il soggetto e la causa del Regno di Dio. Al suo posto rimangono grandi parole (e valori) che si prestano a qualsiasi tipo di abuso”.
(card. J. Ratzinger “Conferenza su – l’Europa nella crisi delle culture – per la consegna del premio “ S. Benedetto” Subiaco 1-4-2005)

Come possiamo dedurre dalle parole appena lette, la così detta morale “politica” porta ad una scissione, separazione(=eresia) di quell’unica morale che da sempre anima la coscienza dell’uomo di ogni tempo, spingendola verso la Causa Prima (=Creatore) e mai il contrario. Nel momento in cui accadesse il contrario ossia, che la morale conducesse l’uomo lontano da Dio ecco che avremo il moralismo e l’illusione di una morale favorevole all’uomo e dunque alla società, in verità sarebbe ed è la sua alienazione e la sua stessa distruzione.


Un esempio concreto di questa alienazione e distruzione derivante da una doppia morale alimentata dalle ideologie politiche, l’abbiamo nell’assordante rivendicazione di Pace dei Movimenti pacifisti… ciò che non può rendere credibili i loro sforzi è quell’ostinato sostegno, per esempio, all’aborto!
Infatti mentre gli stessi Movimenti si spingono nelle piazze con manifestazioni pubbliche per rivendicare il ricorso alla Pace e la cessazione (giustissima) di ogni guerra, dall’altra parte gli stessi partecipanti sono nella maggior parte sostenitori di una guerra silenziosa e devastante che si sta consumando da anni dentro il grembo delle donne attraverso IL MASSACRO di milioni di vite umane inermi…

A ragione chiede Ratzinger:
“ Che cosa significa giustizia? Chi lo definisce? Che cosa serve alla Pace? “


La stessa Beata Madre Teresa di Calcutta che non era certo una “moralista”, bensì una persona esperta della vita umana, sosteneva che “non può esistere una vera Pace se questa non inizia dal grembo materno…”.

Nel fare questi discorsi ecco che si viene accusati o di moralismo o appunto di “morale cattolica”, ed è qui che si consuma lo sbaglio poiché la vita umana non può diventare appannaggio di un gruppo di persone inserite nella società, tanto meno può essere relegata all’interno di un discorso “religioso”…si tratta di chiarire i termini di una vera e corretta Evangelizzazione che trova nella Misericordia di Dio il ricorso a farsi promotori di una coscienza morale UNIVERSALE(=cattolica) che dica all’uomo quanto preziosa sia la SUA vita e quella degli altri….Se la giustizia che l’uomo stesso va cercando non conducesse, quale primo atto, alla difesa della vita umana in quanto tale dal suo concepimento e fino alla sua morte naturale, l’uomo non avrà mai la giustizia, di conseguenza non avrà mai la Pace che cerca!

Lo stesso dicasi però, parafrasando le parole di Ratzinger lette sopra, di come non potrà mai essere credibile neppure una Evangelizzazione che si arrestasse davanti alle parole "quale pura e semplice predicazione del “Regno di Dio” o ai “valori del Regno” conducendo il tutto ad una sorta di “sintesi delle religioni” dimenticandosi di Dio quale SOGGETTO E CAUSA del Regno….

Infatti, così operando al posto di Dio regnerebbero solo LE PAROLE che però “saranno facile preda di ogni falsa interpretazione e soggette ad ogni abuso!" Indubbiamente potremo chiederci se stiamo parlando, a questo punto, di morale o quanto il discorso si riferisca ad una “morale religiosa” in generale e, addirittura, si ci si riferisca ad una morale prettamente cattolica dissociata da quella detta “laica”…
Va detto che il “cattolico” non nasce cattolico, bensì laico.

Il Battesimo che è un Sacramento-Dono fatto di PROMESSE impegnative, fa diventare il laico un cristiano impegnato nel mondo che vive, dentro la propria realtà, con un suo specifico ruolo nel mondo e a vantaggio della Società….Tuttavia va detto e specificato che anche coloro che non hanno ricevuto ancora il Battesimo vivono nel mondo attraverso le medesime responsabilità di un cattolico per il miglioramento della Società in cui vivono… Ogni uomo possiede infatti dentro di sé la “scintilla del Creatore” attraverso la quale l’uomo stesso non può non chiedersi “perché nasco; perché vivo; dove sono diretto, qual è il mio ruolo, perché esiste il dolore, perché la morte, cosa c’è dopo la morte?”

Domande che non partono affatto esclusivamente dall’uomo “di fede” al contrario e generalmente queste domande nascono in ogni uomo, in ogni tempo, in ogni condizione sociale e culturale; domande dalle quali scaturisce quell’unica morale dei “comuni principi”. “Verità” è un termine chiave. Per lo spirito profano evoca una formula, una teoria, una cosa dello spirito, insomma, e, soprattutto, qualche cosa che si possiede.

Cristo rovescia questa concezione della “verità”, rifiutandola in quanto superficiale, in quanto relativista o fine a se stessa attraverso una ideologia politica…. Egli non dice: “Io ho la verità”, ma dice: “Io sono”: “Io sono la verità”....


La verità è una Persona, non una proposizione, non una idea, non un aspetto delle cose, non una imposizione giacchè Cristo non si impone ma si offre…. Tutto il mondo cerca la verità, ogni uomo cerca la verità, ma spesso nei posti sbagliati, accontentandosi di qualche “ismo” o di qualche ideologia moralista. Tutti gli “ismi”, però, passano presto di moda, come un temporale d’estate lasciando tuttavia dietro di se anche enormi devastazioni quando questi temporali assumono la forza dei tifoni e degli uragani….


Cercando la verità, noi cerchiamo “lo stare Bene”, noi cerchiamo la Persona vera, cerchiamo il Padre(=Bene) e il Cristo che ne è la manifestazione concreta. Non si tratta di verità del Padre che il Figlio deve imparare per poi trasmettere. Cristo è la verità in se stesso, per questo Egli solo può garantire ad ogni Uomo che non mente….Ciò andava al di là anche dell’intelligenza degli apostoli. Filippo esprime la loro inquietudine con una richiesta precisa: “Signore, mostraci il Padre e basta”. Gli apostoli non riescono ad afferrare l’identità del Figlio e del Padre. Hanno appena saputo che stanno per lasciare Cristo e non sanno che andare presso il Padre significa restare con Gesù e rimanere sempre presso di lui nella terra promessa (cfr Gv. 14, 7-14)

L’applicazione dunque della morale significa “stare BENE” e stare Bene non significa altro che stare “con Dio” il quale è il Sommo Bene!

Non è possibile così che l’uomo cerchi per se stesso il Male, l’uomo di per se cerca il meglio, cerca di stare “bene” ma nel momento in cui questa ricerca si affida alle ideologie del momento le quali offrono una verità parziale legata sostanzialmente ed esclusivamente ai beni materiali, ecco che l’uomo finisce per perdere la propria identità e con essa naufraga nelle illusioni, nell’errore allontanandosi dal vero “Bene”.E’ infatti IMMORALE che l’uomo finisca per arrendersi davanti alla ricerca del suo stare “bene”, è innaturale, è illogico, è da suicidio!

Scrive così Giovanni Paolo II: << Un'esigenza di non minore importanza, in questi tempi critici e non facili, mi spinge a scoprire nello stesso Cristo ancora una volta il volto del Padre, che è «misericordioso e Dio di ogni consolazione» (2Cor.1,3). Si legge infatti nella costituzione Gaudium et spes: «Cristo, che è il nuovo Adamo... svela... pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione»: egli lo fa «proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore».
Le parole citate attestano chiaramente che la manifestazione dell'uomo, nella piena dignità della sua natura, non può aver luogo senza il riferimento--non soltanto concettuale, ma integralmente esistenziale a Dio. L'uomo e la sua vocazione suprema si svelano in Cristo mediante la rivelazione del mistero del Padre e del suo amore.
È per questo che conviene ora volgerci a quel mistero: lo suggeriscono molteplici esperienze della Chiesa e dell'uomo contemporaneo; lo esigono anche le invocazioni di tanti cuori umani, le loro sofferenze e speranze, le loro angosce ed attese. Se è vero che ogni uomo, in un certo senso, è la via della Chiesa, come ho affermato nell'enciclica Redemptor hominis, al tempo stesso il Vangelo e tutta la tradizione ci indicano costantemente che dobbiamo percorrere questa via con ogni uomo cosi come Cristo l'ha tracciata, rivelando in se stesso il Padre e il suo amore. In Gesù Cristo ogni cammino verso l'uomo, quale è stato una volta per sempre assegnato alla Chiesa nel mutevole contesto dei tempi, è simultaneamente un andare incontro al Padre e al suo amore. Il Concilio Vaticano II ha confermato questa verità a misura dei nostri tempi.Quanto più la missione svolta dalla Chiesa si incentra sull'uomo, quanto più è, per cosi dire, antropocentrica, tanto più essa deve confermarsi e realizzarsi teocentricamente, cioè orientarsi in Gesù Cristo verso il Padre. Mentre le varie correnti del pensiero umano nel passato e nel presente sono state e continuano ad essere propense a dividere e perfino a contrapporre il teocentrismo e l'antropocentrismo, la Chiesa invece, seguendo il Cristo, cerca di congiungerli nella storia dell'uomo in maniera organica e profonda. E questo è anche uno dei principi fondamentali, e forse il più importante, del magistero dell'ultimo Concilio.
( Enciclica Ioannes Paulus PP. II Dives in misericordia sulla misericordia divina 1980.11.30 )

Al pari potremmo citare di Giovanni Paolo II la Christifideles Laici nella quale viene chiarito il ruolo dei Laici:

Chi sono i Laici?“ Sono tutti i fedeli, a esclusione dei membri dell’Ordine Sacro e dello stato religioso, che sono stati incorporati a Cristo col Battesimo e costituiti Popolo di Dio” (cfr. n.9) Certo questa Esortazione Apostolica è rivolta principalmente ai “laici cattolici”, tuttavia l’invito è rivolto ad ogni persona di buona volontà che non vede nel laico cattolico un “nemico” al contrario una persona capace di aiutarlo nella ricerca della Verità e di quello “stare Bene” sopra spiegato!

Va da se allora che tutti quei “fedeli laici” che finiscono per disattendere a questo compito assunto mediante il Battesimo, diventano a loro volta MISTIFICATORI della Verità, offuscando la Verità, finiscono per offuscare Gesù Cristo e di conseguenza non contribuiscono più alla ricerca del BENE per se stessi e gli altri, al contrario, finiscono per sostenere ciò che è il Male adagiandosi ai vari moralismi ideologici fini a se stessi.

Ecco così l’importanza della così detta “Nuova Evangelizzazione” la quale non è affatto “nuova” nella dottrina, ma nuova per una riscoperta della dottrina e per un suo approfondimento alla luce della cultura moralista ed ideologica di oggi… Vi è dunque una errata concezione del Laico quasi che il “fedele laico” non debba prendersi cura del pensiero laico in quanto tale, solo perché è un “fedele a Cristo”, alla Chiesa, una sorta di laico di serie “b”….

In verità TUTTI gli uomini (certamente specialmente se battezzati), dice infatti ancora Giovanni Paolo II:«sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l'esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a rendere visibile Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita e con il fulgore della fede, della speranza e della carità»(37). Così l'essere e l'agire nel mondo sono per i fedeli laici una realtà non solo antropologica e sociologica, ma anche e specificamente teologica ed ecclesiale. Nella loro situazione intramondana, infatti, Dio manifesta il suo disegno e comunica la particolare vocazione di «cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio» (Crhistifideles Laici, n.15)

“Non ci può essere una doppia vita, non possiamo essere come degli scizzofrenici, se vogliamo essere veramente cristiani”, così esortava e predicava san J. M. Escrivà (Colloqui, cit. n. 114), ma cosa rispondere a chi ci dicesse che non è interessato a diventare cristiano?

La risposta la dona ancora una volta Giovanni Paolo II: Nella loro esistenza non possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta «spirituale», con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall'altra, la vita cosiddetta «secolare», ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell'impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite che è Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dell'attività e dell'esistenza. Infatti, tutti i vari campi della vita laicale rientrano nel disegno di Dio, che li vuole come il «luogo storico» del rivelarsi e del realizzarsi della carità di Gesù Cristo a gloria del Padre e a servizio dei fratelli. Ogni attività, ogni situazione, ogni impegno concreto _ come, ad esempio, la competenza e la solidarietà nel lavoro, l'amore e la dedizione nella famiglia e nell'educazione dei figli, il servizio sociale e politico, la proposta della verità nell'ambito della cultura _ sono occasioni provvidenziali per un «continuo esercizio della fede, della speranza e della carità» (…) il Concilio Vaticano II ha invitato tutti i fedeli laici denunciando con forza la gravità della frattura tra fede e vita, tra Vangelo e cultura: «Il Concilio esorta i cristiani, che sono cittadini dell'una e dell'altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo.
Sbagliano coloro che, sapendo che qui non abbiamo una cittadinanza stabile ma cerchiamo quella futura, pensano di poter per questo trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno (...). Il distacco, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo»(212). Perciò ho affermato che una fede che non diventa cultura è una fede «non pienamente accolta, non interamente pensata non fedelmente vissuta»(CFL n. 59)

“Instaurare omnia in Christo”....
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd...

Non a caso con queste parole san Pio X iniziava il suo Pontificato all'inizio del '900....
quale significato hanno per noi oggi? ce lo dice Giovanni Paolo II quando nel 1993 andò a visitare la Parrocchia a dedicata a san Pio X a Roma....e nei tre incontri avuti sia con i bambini, che con i giovani che con il Consiglio Pastorale......ebbe a portare a tutti quale esempio san Pio X sottolineando l'importanza di avere non semplicemente una parrocchia, ma bensì di averla intitolata a “Qualcuno” che fosse per noi oggi di grande esempio e testimone della retta coscienza....

diceva Giovanni Paolo II:

San Pio X ha trovato queste parole: “Instaurare omnia in Christo”. “Instaurare”, innovare, cercare in Lui sempre il recupero, l’instaurazione, la restaurazione di quello che è giusto, che è umano, che è pacifico, che è bello, che è sano e che è santo.

“Instaurare omnia” e “omnia” vuol dire la vita personale, la vita
delle famiglie…
(Visita alla parrocchia di San Pio X, 31 gennaio 1993)

**********

INSTAURARE OMNIA IN CHRISTO è così quell’annuncio per altro caro alla Tradizione della Chiesa che è il Cristo Re, un Re al quale ricapitolare tutte le cose ma principalmente i nostri cuori e quelli del nostro prossimo, esso fu anche il motto tanto caro a don Orione....tanto da ottenere una indulgenza a chi lo recitasse...

Don Orione chiese una particolare indulgenza legata alle "parole "Instaurare omnia in Christo" dell'apostolo Paolo; si pronuncino esse da una sola o più persone con frase tutta unita, o si pronuncino staccate e da più individui, (come si suole nelle Case della Congregazione, dicendo: Instaurare omnia e rispondendosi: in Christo!), avendole come una aspirazione e un voto delle anime nostre che Cristo risusciti in tutti i cuori, e rinnovi in sé tutto l'uomo e tutti gli uomini".


CONTINUA.....
[Modificato da Caterina63 09/07/2011 15:32]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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