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07/11/2009 19:25 | |
Il sogno di Paolo VI di Luciano Monari Vescovo di Brescia
Domenica Brescia accoglierà il Papa. Per me, vescovo di questa terra, e per la nostra Chiesa l'arrivo di Benedetto XVI rappresenta un incontro di grazia che si riempie di molteplici significati. Per dirli vorrei rifarmi a due testi del Nuovo Testamento che mi aiutano a capirlo.
Il primo è quello che racconta della visita che Pietro fa al centurione Cornelio e alla sua famiglia (cfr. Atti 10, 24-33). Il centurione lo accoglie bene, invitandolo a riferire ciò che il Signore gli ha chiesto di dire loro. Ecco il primo significato della visita. Quello che noi ci aspettiamo dal Papa è che compia anche a Brescia quella che è la sua missione, ossia l'annuncio del Vangelo. Certo, il fatto di sentire questo annuncio dalla voce di Pietro ha per noi una forza e un significato particolare. Ma continua ad essere il Vangelo la cosa più importante e il Papa viene a Brescia per servirlo.
C'è, però, un secondo brano che mi consente di mettere a fuoco il senso della visita dell'8 novembre, ed è quello contenuto nella lettera ai Galati, nella parte in cui Paolo racconta della visita a Pietro a Gerusalemme. L'Apostolo Paolo scrive: "Esposi loro il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano" (Galati 2, 2). Il confronto con Pietro è garanzia per Paolo che il suo annuncio del Vangelo corrisponde alla fede e alla missione di tutta la Chiesa. In questa prospettiva la visita del Papa a Brescia deve essere vista come una conferma che il cammino che la nostra Chiesa ha fatto e ancora sta facendo è corretto, vissuto in comunione, riconosciuto come autentico dal Vescovo di Roma.
Ma che Chiesa è quella che si appresta a ricevere il Papa? Quella bresciana è una Chiesa ricca sia per il suo passato che per le ricchezze presenti. Lo è dal punto di vista umano, per la sua capacità creativa, la sua grande disponibilità al lavoro. Ma è ricca anche dal punto di vista cristiano per la presenza di santi, di istituzioni nate in ambito cristiano, per un impegno laicale diffuso dal punto di vista organizzativo e da quello culturale. La nostra è anche una Chiesa che conosce la sofferenza, che ha vissuto e vive momenti di fatica e che ha davanti a sé la prospettiva di un futuro con problemi grandi, importanti nodi da affrontare a partire da quello delle vocazioni e dell'inserimento del Vangelo dentro ad un modulo di vita divenuto per molti aspetti pagano. una Chiesa, dunque, che ha davanti a sé sfide importanti.
Abbiamo però delle radici profonde per rispondere a queste istanze. Tra queste il dono che Brescia ha fatto alla Chiesa universale di Paolo VI. Naturalmente Benedetto XVI arriva qui nel ricordo di Papa Montini e la Chiesa bresciana è fiera di poter vantare Paolo VI fra i suoi figli. Una fierezza, però, che è alimentata anche dalla dimensione della fedeltà e che si esprime in una serie di istituzioni, di attenzioni pensate per custodirne la memoria e per farne conoscere i lineamenti. Un'opera meritoria perché, per quella che è la mia conoscenza, Paolo vi è forse uno dei Papi meno conosciuti, meno familiari per quel che riguarda il suo vissuto e i valori che hanno mosso le sue scelte.
Quella bresciana è una Chiesa che cerca di custodire questa memoria e di divulgarla. Certo a volte è un impegno che costa un po' di fatica, perché quello dell'attenzione a Paolo VI non è un movimento popolare diffuso. un movimento grande, ma non ancora generale. Uno degli obiettivi che potremmo porci è proprio quello di fare in modo che questo movimento diventi popolare, perché nella vita e nella spiritualità di Paolo VI ci sono elementi straordinari che sono stimolanti per una crescita personale e comunitaria.
L'arrivo di Papa Ratzinger ce lo rammenta ulteriormente in nome di un legame profondo tra questi due pontefici, un legame che parte da lontano. Paolo VI ha sempre cercato, negli anni del suo pontificato, la vicinanza di teologi che sapessero esprimere la realtà del Concilio e quindi l'annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo, un mondo culturalmente cambiato, indifferente alla Chiesa. Credo che con la nomina di Joseph Ratzinger ad arcivescovo di Monaco, Paolo VI volesse proprio perseguire questo obiettivo. Non tutti i punti di riferimento, che pensava di avere individuato, avevano fornito risposte soddisfacenti in merito alla custodia della piena fedeltà alla tradizione, che Paolo VI ha sempre cercato di vivere.
Da questo punto di vista il vescovo Ratzinger rispondeva alle attese del Papa bresciano. L'elezione del cardinale Ratzinger al soglio pontificio porta in qualche modo a compimento il sogno di Paolo VI di un annuncio del Vangelo a una società in continua trasformazione, con la fedeltà alla tradizione, ma anche con la capacità di confrontarsi con i temi e le sfide culturali di oggi. È un atteggiamento che Joseph Ratzinger ha sempre avuto e che porta avanti ancora oggi come successore di Pietro.
Infine, forse, si può aggiungere che l'accoglienza al Papa potrà diventare l'occasione di confrontarsi con lui come persona, con il suo insegnamento, con la sua visione dell'uomo e della vita. Il dialogo serio con una persona intelligente è sempre fecondo, che si condividano o no le certezze. Questo Papa è da sempre in dialogo col mondo contemporaneo; un dialogo a volte duro come dev'essere il dialogo di chi ha convinzioni forti e cerca di viverle con coerenza. Ma certo un dialogo umano, che fa perno sulla ragione, non sull'interesse; sul confronto delle motivazioni, non sull'imposizione della forza. Anche questo può rivelarsi un guadagno.
Siamo quindi nell'atteggiamento di voler regalare domenica al Papa una giornata serena. In questo incontro forse non riusciremo a offrirgli un'immagine perfetta della nostra Chiesa. Siamo però in grado di mostrargli una Chiesa viva, che crede sinceramente nel Vangelo, che ama il Signore, che cerca di crescere vincendo le sue paure e le sue inconsistenze. Poi sarà il Papa ad aiutarci annunciandoci il Vangelo di Gesù. Ascoltare questo Vangelo rivolto proprio a noi dal successore di Pietro sarà un'esperienza di consolazione e di gioia, sia per quello che il Papa ci dirà, sia perché potremo vedere in lui, nella sua presenza, il compimento della promessa del Signore risorto: "Ecco, io sono con voi fino alla fine del mondo". Non c'è bisogno di altro per desiderare l'incontro con Papa Benedetto. (©L'Osservatore Romano - 8 novembre 2009)
Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine) |
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08/11/2009 14:32 | |
Alle ore 10.30, nella vicina Piazza Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Santa Messa nel corso della quale pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:
OMELIA DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle!
È grande la mia gioia nel poter spezzare con voi il pane della Parola di Dio e dell’Eucaristia, qui, nel cuore della Diocesi di Brescia, dove nacque ed ebbe la formazione giovanile il servo di Dio Giovanni Battista Montini, Papa Paolo VI. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza! Ringrazio in particolare il Vescovo, Mons. Luciano Monari, per le espressioni che mi ha rivolto all’inizio della celebrazione, e con lui saluto i Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti e i diaconi, i religiosi e le religiose, e tutti gli operatori pastorali. Ringrazio il Sindaco per le sue parole e per il suo dono, e le altre Autorità civili e militari. Un pensiero speciale rivolgo agli ammalati che si trovano all’interno del Duomo.
Al centro della Liturgia della Parola di questa domenica – la 32.ma del Tempo Ordinario – troviamo il personaggio della vedova povera, o, più precisamente, troviamo il gesto che ella compie gettando nel tesoro del Tempio gli ultimi spiccioli che le rimangono. Un gesto che, grazie allo sguardo attento di Gesù, è diventato proverbiale: "l’obolo della vedova", infatti, è sinonimo della generosità di chi dà senza riserve il poco che possiede. Prima ancora, però, vorrei sottolineare l’importanza dell’ambiente in cui si svolge tale episodio evangelico, cioè il Tempio di Gerusalemme, centro religioso del popolo d’Israele e il cuore di tutta la sua vita. Il Tempio è il luogo del culto pubblico e solenne, ma anche del pellegrinaggio, dei riti tradizionali, e delle dispute rabbiniche, come quelle riportate nel Vangelo tra Gesù e i rabbini di quel tempo, nelle quali, però, Gesù insegna con una singolare autorevolezza, quella del Figlio di Dio. Egli pronuncia giudizi severi - come abbiamo sentito - nei confronti degli scribi, a motivo della loro ipocrisia: essi, infatti, mentre ostentano grande religiosità, sfruttano la povera gente imponendo obblighi che loro stessi non osservano. Gesù, insomma, si dimostra affezionato al Tempio come casa di preghiera, ma proprio per questo lo vuole purificare da usanze improprie, anzi, vuole rivelarne il significato più profondo, legato al compimento del suo stesso Mistero, il Mistero della Sua morte e risurrezione, nella quale Egli stesso diventa il nuovo e definitivo Tempio, il luogo dove si incontrano Dio e l’uomo, il Creatore e la Sua creatura.
L’episodio dell’obolo della vedova si inscrive in tale contesto e ci conduce, attraverso lo sguardo stesso di Gesù, a fissare l’attenzione su un particolare fuggevole ma decisivo: il gesto di una vedova, molto povera, che getta nel tesoro del Tempio due monetine. Anche a noi, come quel giorno ai discepoli, Gesù dice: Fate attenzione! Guardate bene che cosa fa quella vedova, perché il suo atto contiene un grande insegnamento; esso, infatti, esprime la caratteristica fondamentale di coloro che sono le "pietre vive" di questo nuovo Tempio, cioè il dono completo di sé al Signore e al prossimo; la vedova del Vangelo, come anche quella dell’Antico Testamento, dà tutto, dà se stessa, e si mette nelle mani di Dio, per gli altri. È questo il significato perenne dell’offerta della vedova povera, che Gesù esalta perché ha dato più dei ricchi, i quali offrono parte del loro superfluo, mentre lei ha dato tutto ciò che aveva per vivere (cfr Mc 12,44), e così ha dato se stessa.
Cari amici! A partire da questa icona evangelica, desidero meditare brevemente sul mistero della Chiesa, del Tempio vivo di Dio, e così rendere omaggio alla memoria del grande Papa Paolo VI, che alla Chiesa ha consacrato tutta la sua vita. La Chiesa è un organismo spirituale concreto che prolunga nello spazio e nel tempo l’oblazione del Figlio di Dio, un sacrificio apparentemente insignificante rispetto alle dimensioni del mondo e della storia, ma decisivo agli occhi di Dio. Come dice la Lettera agli Ebrei – anche nel testo che abbiamo ascoltato – a Dio è bastato il sacrificio di Gesù, offerto "una volta sola", per salvare il mondo intero (cfr Eb 9,26.28), perché in quell’unica oblazione è condensato tutto l’Amore del Figlio di Dio fattosi uomo, come nel gesto della vedova è concentrato tutto l’amore di quella donna per Dio e per i fratelli: non manca niente e niente vi si potrebbe aggiungere. La Chiesa, che incessantemente nasce dall’Eucaristia, dall’autodonazione di Gesù, è la continuazione di questo dono, di questa sovrabbondanza che si esprime nella povertà, del tutto che si offre nel frammento. È il Corpo di Cristo che si dona interamente, Corpo spezzato e condiviso, in costante adesione alla volontà del suo Capo. Sono lieto che stiate approfondendo la natura eucaristica della Chiesa, guidati dalla Lettera pastorale del vostro Vescovo.
È questa la Chiesa che il servo di Dio Paolo VI ha amato di amore appassionato e ha cercato con tutte le sue forze di far comprendere e amare. Rileggiamo il suo Pensiero alla morte, là dove, nella parte conclusiva, parla della Chiesa. "Potrei dire – scrive – che sempre l’ho amata … e che per essa, non per altro, mi pare d’aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse". Sono gli accenti di un cuore palpitante, che così prosegue: "Vorrei finalmente comprenderla tutta, nella sua storia, nel suo disegno divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e unitaria composizione, nella sua umana e imperfetta consistenza, nelle sue sciagure e nelle sue sofferenze, nelle debolezze e nelle miserie di tanti suoi figli, nei suoi aspetti meno simpatici, e nel suo sforzo perenne di fedeltà, di amore, di perfezione e di carità. Corpo mistico di Cristo. Vorrei – continua il Papa - abbracciarla, salutarla, amarla, in ogni essere che la compone, in ogni Vescovo e sacerdote che la assiste e la guida, in ogni anima che la vive e la illustra; benedirla". E le ultime parole sono per lei, come alla sposa di tutta la vita: "E alla Chiesa, a cui tutto devo e che fu mia, che dirò? Le benedizioni di Dio siano sopra di te; abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità; e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo".
Che cosa si può aggiungere a parole così alte ed intense? Soltanto vorrei sottolineare quest’ultima visione della Chiesa "povera e libera", che richiama la figura evangelica della vedova. Così dev’essere la Comunità ecclesiale, per riuscire a parlare all’umanità contemporanea. L’incontro e il dialogo della Chiesa con l’umanità di questo nostro tempo stavano particolarmente a cuore a Giovanni Battista Montini in tutte le stagioni della sua vita, dai primi anni di sacerdozio fino al Pontificato. Egli ha dedicato tutte le sue energie al servizio di una Chiesa il più possibile conforme al suo Signore Gesù Cristo, così che, incontrando lei, l’uomo contemporaneo possa incontrare Lui, Cristo, perché di Lui ha assoluto bisogno. Questo è l’anelito di fondo del Concilio Vaticano II, a cui corrisponde la riflessione del Papa Paolo VI sulla Chiesa. Egli volle esporne programmaticamente alcuni punti salienti nella sua prima Enciclica, Ecclesiam suam, del 6 agosto 1964, quando ancora non avevano visto la luce le Costituzioni conciliari Lumen gentium e Gaudium et spes.
Con quella prima Enciclica il Pontefice si proponeva di spiegare a tutti l’importanza della Chiesa per la salvezza dell’umanità e, al tempo stesso, l’esigenza che tra la Comunità ecclesiale e la società si stabilisca un rapporto di mutua conoscenza e di amore (cfr Enchiridion Vaticanum, 2, p. 199, n. 164). "Coscienza", "rinnovamento", "dialogo": queste le tre parole scelte da Paolo VI per esprimere i suoi "pensieri" dominanti – come lui li definisce – all’inizio del ministero petrino, e tutt’e tre riguardano la Chiesa. Anzitutto, l’esigenza che essa approfondisca la coscienza di se stessa: origine, natura, missione, destino finale; in secondo luogo, il suo bisogno di rinnovarsi e purificarsi guardando al modello che è Cristo; infine, il problema delle sue relazioni con il mondo moderno (cfr ibid., pp. 203-205, nn. 166-168). Cari amici – e mi rivolgo in modo speciale ai Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio –, come non vedere che la questione della Chiesa, della sua necessità nel disegno di salvezza e del suo rapporto con il mondo, rimane anche oggi assolutamente centrale? Che, anzi, gli sviluppi della secolarizzazione e della globalizzazione l’hanno resa ancora più radicale, nel confronto con l’oblio di Dio, da una parte, e con le religioni non cristiane, dall’altra? La riflessione di Papa Montini sulla Chiesa è più che mai attuale; e più ancora è prezioso l’esempio del suo amore per lei, inscindibile da quello per Cristo. "Il mistero della Chiesa – leggiamo sempre nell’Enciclica Ecclesiam suam – non è semplice oggetto di conoscenza teologica, dev’essere un fatto vissuto, in cui ancora prima di una sua chiara nozione l’anima fedele può avere quasi connaturata esperienza" (ibid., p 229, n. 178). Questo presuppone una robusta vita interiore, che è – così continua il Papa - "la grande sorgente della spiritualità della Chiesa, modo suo proprio di ricevere le irradiazioni dello Spirito di Cristo, espressione radicale e insostituibile della sua attività religiosa e sociale, inviolabile difesa e risorgente energia nel suo difficile contatto col mondo profano" (ibid., p. 231, n. 179). Proprio il cristiano aperto, la Chiesa aperta al mondo hanno bisogno di una robusta vita interiore.
Carissimi, che dono inestimabile per la Chiesa la lezione del Servo di Dio Paolo VI! E com’è entusiasmante ogni volta rimettersi alla sua scuola! È una lezione che riguarda tutti e impegna tutti, secondo i diversi doni e ministeri di cui è ricco il Popolo di Dio, per l’azione dello Spirito Santo. In questo Anno Sacerdotale mi piace sottolineare come essa interessi e coinvolga in modo particolare i sacerdoti, ai quali Papa Montini riservò sempre un affetto e una sollecitudine speciali. Nell’Enciclica sul celibato sacerdotale egli scrisse: "«Preso da Cristo Gesù» (Fil 3,12) fino all’abbandono di tutto se stesso a lui, il sacerdote si configura più perfettamente a Cristo anche nell’amore col quale l’eterno Sacerdote ha amato la Chiesa suo corpo, offrendo tutto se stesso per lei… La verginità consacrata dei sacri ministri manifesta infatti l’amore verginale di Cristo per la Chiesa e la verginale e soprannaturale fecondità di questo connubio" (Sacerdotalis caelibatus, 26). Dedico queste parole del grande Papa ai numerosi sacerdoti della Diocesi di Brescia, qui ben rappresentati, come pure ai giovani che si stanno formando nel Seminario. E vorrei ricordare anche quelle che Paolo VI rivolse agli alunni del Seminario Lombardo il 7 dicembre 1968, mentre le difficoltà del post-Concilio si sommavano con i fermenti del mondo giovanile: "Tanti – disse – si aspettano dal Papa gesti clamorosi, interventi energici e decisivi. Il Papa non ritiene di dover seguire altra linea che non sia quella della confidenza in Gesù Cristo, a cui preme la sua Chiesa più che non a chiunque altro. Sarà Lui a sedare la tempesta… Non si tratta di un’attesa sterile o inerte: bensì di attesa vigile nella preghiera. È questa la condizione che Gesù ha scelto per noi, affinché Egli possa operare in pienezza. Anche il Papa ha bisogno di essere aiutato con la preghiera" (Insegnamenti VI, [1968], 1189). Cari fratelli, gli esempi sacerdotali del Servo di Dio Giovanni Battista Montini vi guidino sempre, e interceda per voi sant’Arcangelo Tadini, che ho poc’anzi venerato nella breve sosta a Botticino.
Mentre saluto ed incoraggio i sacerdoti, non posso dimenticare, specialmente qui a Brescia, i fedeli laici, che in questa terra hanno dimostrato straordinaria vitalità di fede e di opere, nei vari campi dell’apostolato associato e dell’impegno sociale. Negli Insegnamenti di Paolo VI, cari amici bresciani, voi potete trovare indicazioni sempre preziose per affrontare le sfide del presente, quali, soprattutto, la crisi economica, l’immigrazione, l’educazione dei giovani. Al tempo stesso, Papa Montini non perdeva occasione per sottolineare il primato della dimensione contemplativa, cioè il primato di Dio nell’esperienza umana. E perciò non si stancava mai di promuovere la vita consacrata, nella varietà dei suoi aspetti. Egli amò intensamente la multiforme bellezza della Chiesa, riconoscendovi il riflesso dell’infinita bellezza di Dio, che traspare sul volto di Cristo.
Preghiamo perché il fulgore della bellezza divina risplenda in ogni nostra comunità e la Chiesa sia segno luminoso di speranza per l’umanità del terzo millennio. Ci ottenga questa grazia Maria, che Paolo VI volle proclamare, alla fine del Concilio Ecumenico Vaticano II, Madre della Chiesa. Amen!
PRIMA DELL’ANGELUS
Al termine di questa solenne celebrazione, ringrazio cordialmente quanti ne hanno curato l’animazione liturgica e coloro che in diversi modi hanno collaborato alla preparazione e alla realizzazione della mia visita pastorale qui a Brescia. Grazie a tutti! Saluto anche quanti ci seguono mediante la radio e la televisione, come pure da Piazza San Pietro, in modo speciale i numerosi volontari dell’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia. In quest’ora dell’Angelus desidero ricordare la profonda devozione che il Servo di Dio Giovanni Battista Montini nutriva per la Vergine Maria. Egli celebrò la sua Prima Messa nel Santuario di Santa Maria delle Grazie, cuore mariano della vostra città, non molto lontano da questa Piazza. In tal modo, pose il suo sacerdozio sotto la materna protezione della Madre di Gesù, e questo legame lo ha accompagnato per tutta la vita.
Via via che le sue responsabilità ecclesiali aumentavano, egli andava infatti maturando una visione sempre più ampia ed organica del rapporto tra la Beata Vergine Maria e il mistero della Chiesa. In tale prospettiva, rimane memorabile il Discorso di chiusura del 3° Periodo del Concilio Vaticano II, il 21 novembre 1964. In quella sessione venne promulgata la Costituzione sulla Chiesa Lumen gentium, che – sono parole di Paolo VI – "ha come vertice e coronamento un intero capitolo dedicato alla Madonna". Il Papa fece notare che si trattava della più ampia sintesi di dottrina mariana, mai elaborata da un Concilio Ecumenico, finalizzata a "manifestare il volto della santa Chiesa, alla quale Maria è intimamente congiunta" (Enchiridion Vaticanum, Bologna 1979, p. [185], nn. 300-302). In quel contesto proclamò Maria Santissima "Madre della Chiesa" (cfr ibid., n. 306), sottolineando, con viva sensibilità ecumenica, che "la devozione a Maria… è mezzo essenzialmente ordinato ad orientare le anime a Cristo e così congiungerle al Padre, nell’amore dello Spirito Santo" (ibid., n. 315).
Facendo eco alle parole di Paolo VI, anche noi oggi preghiamo: O Vergine Maria, Madre della Chiesa, a Te raccomandiamo questa Chiesa bresciana e l’intera popolazione di questa regione. Ricordati di tutti i tuoi figli; avvalora presso Dio le loro preghiere; conserva salda la loro fede; fortifica la loro speranza; aumenta la carità. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria (cfr ibid., nn. 317.320.325).
Angelus Domini…
[01636-01.01] [Testo originale: Italiano]
Conclusa la Celebrazione eucaristica, il Papa raggiunge il Centro Pastorale Paolo VI a Brescia per il pranzo e una sosta di riposo.
Alle ore 16.00, prima di lasciare il Centro Pastorale, il Santo Padre saluta gli organizzatori della Visita.
[01635-01.01] [Testo originale: Italiano]
Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine) |