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La VERA FEDE

Ultimo Aggiornamento: 10/11/2009 14:38
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10/11/2009 14:29
 
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Consiglia  Messaggio 36 di 44 nella discussione 
Da: Soprannome MSNStefanoS79Inviato: 27/11/2002 16.41

EVENTI STRAORDINARI


Il giorno successivo avvenne ciò che rivoluzionò tutta la mia vita. Ecco gli avvenimenti:

Nelle prime ore del pomeriggio uscii, in macchina, per recarmi a S.Vigilio, un paese limitrofo, dove si era aperta una mostra di pittura alla quale avevo preso parte. La sala dell'esposizione era ancora chiusa; stavo, quindi, per andarmene quando, inaspettatamente, qualcuno mi chiamò avvicinandosi.

Era una certa Annamaria, una ragazza del luogo.

"C'è Rosa che vuole parlarti", mi disse, invitandomi a seguirla fino alla piazzetta accanto.

Rosa era una ragazza siciliana per la quale nutrivo, in quel tempo, un certo sentimento, nonostante i nostri rapporti, ultimamente, si fossero incrinati senza alcuna valida ragione. Certamente aveva notato la mia macchina, una cinquecento blu, parcheggiata là vicino.

Appena le fui di fronte, la prima (e che io ricordi anche l'ultima) cosa che mi disse, fu:

"Allora, Franco, ti sei convertito?".

La sua espressione, che delineava un ironico sorriso, e il tono con cui fece questa domanda, mi diede un certo senso di fastidio. Sembrava che avesse detto:

"Non mi dire che ci sei cascato?!".

Rosa era al corrente del mio avvicinamento agli evangelici e, se ben ricordo, non nascondeva il suo disappunto. L'idea di un "cambiamento di religione" (come si suol dire) non l'allettava affatto.

È dal preciso istante in cui lei mi fece quella domanda, che successe qualcosa dentro di me.

Da un lato era come se volessi darle una secca risposta affermativa, chiedendole di spiegarmi in che cosa avrebbe consistito, in questo caso, il mio "delitto".

D'altra parte, invece, qualcosa mi bloccava, perché l'esperienza del giorno precedente non era stata secondo le mie aspettative; non avevo provato, cioè, alcuna particolare emozione che mi confermasse di essere "convertito".

Improvvisamente, fui colpito da una scena che si stava svolgendo ad una decina di metri di fronte a me. Si trattava di una suora, seduta su una panchina, con un grosso e luccicante crocifisso appeso al collo, e un folto gruppo di bambine che saltavano e giocavano allegramente tutt'attorno.

Sentii un forte impulso a dirigermi in quella direzione. Non sapevo perché avrei dovuto farlo, ma dovevo avvicinarmi a quella suora.

Mentre Rosa mi ripeteva la domanda, determinata ad ottenere una risposta chiara da parte mia, io mi diressi, quasi in maniera automatica, in direzione della suora.

Appena le fui di fronte, con un'insolita naturalezza, le rivolsi gentilmente la parola, salutandola.

Non mi ero preparato nessun discorso e non avevo niente in mente da dirle; ma ricordo perfettamente che le domandai:

"Scusi, sorella, ma queste bambine conoscono il Signore Gesù?".

Notai sul suo volto un'espressione un po' fra la meraviglia e l'imbarazzo. Ma non so chi fosse più meravigliato, se lei o io…; infatti, non mi era mai successa una cosa del genere; cioè, che parlassi a qualcuno di Gesù e, come se non bastasse, con una disinvoltura che non era certo da me, visto il carattere piuttosto introverso che mi ritrovavo…

"Certo", rispose, "fra qualche tempo faranno la prima comunione; sapesse come sono brave al catechismo!…; la maggior parte di loro conosce quasi tutto il libretto a memoria…".


Caro amico/a che leggi; non credo sia possibile descrivere quello che stavo provando in quel momento, mentre lei parlava. So bene che quel che sto per dire farà esclamare molti che sono un presuntuoso e che il mio non è altro che un giudizio discriminatorio; ma non per questo sarei giustificato se tacessi.

Sapevo (non chiedermi come) che quella suora non ha mai conosciuto, per esperienza personale, il Cristo vivente. Quel Gesù che è risuscitato e che è realmente presente nel cuore di coloro che lo hanno accolto come Salvatore e Signore della propria vita.

Non vedevo davanti a me una suora, ma semplicemente un'anima bisognosa, un'anima "a digiuno" delle verità celesti, perché nutrita soltanto di "regole", di "formule" e di "rituali".

Non vorrei che tu mi fraintendessi; sentivo di amare quella persona che avevo davanti a me. Nello stesso tempo, intuivo l'infinito amore che Gesù aveva per lei; un amore che ora mi appariva chiaramente nella sua manifestazione più grande: la Sua morte sulla croce.

Rispondevo e parlavo con lei con una mitezza e un'autorità che non sapevo da dove provenisse. Non mi era mai accaduta una cosa del genere!

"Sorella", le continuavo a dire, "quel Gesù raffigurato su quella croce che lei ha al collo è morto; mentre Gesù, quello vero, è vivente e vuole entrare nel suo cuore; tenere sul collo quell'oggetto non serve; Lui vuole avere spazio dentro, nell'intimo del cuore…".


Ma cosa stava accadendo? Perché mi trovavo lì, quel giorno, a parlare di Gesù a qualcuno che non conoscevo, e parlarne, poi, come se Gesù fosse una persona che conoscevo, invece, benissimo da molto tempo?

Oggi posso affermare con certezza che lo Spirito di Dio stava operando in me; si stava manifestando in maniera così tangibile… per cui non avrei potuto mai più dubitare della realtà della Sua presenza nella mia vita!

Se Egli, infatti, il giorno precedente avesse risposto alla mia preghiera come io Gli chiedevo e mi avesse fatto "sentire" qualche emozione particolare, in quell'ambiente così ripieno di gioia, in cui sarebbe stato molto facile essere coinvolto emotivamente, avrei potuto, un giorno, mettere in dubbio l'autenticità della mia esperienza (ero molto critico in questo "settore"), lasciandomi convincere dai miei amici atei (gente, in genere, che può "provarti" che Dio non c'è) che si è trattato di semplice "autosuggestione".

Fra l'altro, mentre parlavo, mi rendevo conto dei tentativi di quella suora di deviare il discorso su altre cose, discostandosi dalla figura di Gesù Cristo. Il mio spirito, contrariato da questo, sentiva la necessità di riportare, insistentemente, al centro la persona di Gesù (stavo "verificando" personalmente la veridicità del messaggio udito pochi giorni prima ad Asti).


Come se non bastasse, si avvicinò intanto una donna di mezza età, completamente ubriaca, e, rivolgendosi a me, incominciò a darmi degli spintoni (come si fa di solito fra vecchi amici) e a dire, più o meno, cose di questo genere:

"Ah!… Voi giovani… siete così pieni di vigore…; voi si che potete godervi la vita! Io non posso più, ormai; sono vecchia…!"

"Ma guarda un po'!", pensavo, "Da dove salta fuori questa, proprio adesso?".

La suora, che era sempre rimasta seduta su quella panchina, guardava un po' verso di me e un po' verso quella donna, assentendo, a volte, alle affermazioni di quest'ultima.

"Azioni di disturbo" ben congegnate come questa, in seguito, ne sperimentai tantissime.

Nonostante questa "interferenza", però, continuai irremovibilmente a parlare di Gesù alla suora che, dopo i primi momenti di sorpresa, sembrava ormai quasi infastidita, avendo dedotto di aver a che fare con un "protestante".

Non so quanti minuti passarono. Infine, comunque, sentii il bisogno di andar via da quel posto: dovevo tornare a casa. Il mio "compito" lì era finito.

Me ne andai quasi di corsa. Salii in macchina e mi avviai verso Concesio. Un attimo dopo, mentre ero alla guida, guardai i miei occhi nello specchietto retrovisore: erano molto arrossati e stavano lacrimando. Cercavo di asciugare le lacrime, un po' con una mano e un po' con l'altra, ma il pianto era divenuto inarrestabile…


Cosa mi stava succedendo? Il mio cervello era forse andato in "tilt"? Niente affatto!

Ti garantisco, amico/a, e lo affermo con assoluta certezza, che Dio stava operando nella mia vita. Non è possibile descrivere con una fraseologia adeguata certe esperienze interiori; bisogna provarle in prima persona per comprendere.

Posso senza dubbio certificare che quei sentimenti che stavo nutrendo erano di pace profonda e di gioia immensa; non avevo mai provato una cosa del genere prima di allora.

Dalla mia bocca cominciarono a sgorgare parole di ringraziamento a Dio per come si stava manifestando. Sentivo, infatti, che Egli era lì a fianco a me, che mi amava, che mi stava ascoltando…


Quando giunsi a casa, mi diressi in fretta al capezzale del mio letto, gettandomi in ginocchio e abbandonandomi ad un incontenibile pianto di gioia. Non sapevo dire altro che "Grazie, Gesù! Grazie, Gesu! Grazie, perché sei entrato nella mia vita!".

Mi accorsi che stavo riempiendo di lacrime un libro aperto che era sul letto: la Bibbia che mi era stata regalata il giorno precedente a Verona.

Prima di uscire di casa, quel pomeriggio, avevo provato a leggere qualcosa, ma non riuscivo a capire quasi nulla: quel linguaggio, per me, era pressappoco un enigma.

Con mia grande meraviglia, scoprii che era successo qualcosa che mi aveva "aperto la mente". Ricordo, infatti, che i miei occhi si posarono su alcuni versi che ora "parlavano" a me personalmente. Una nuova e misteriosa luce irradiava ora quelle pagine.

Appresi, in seguito, che anche questo fenomeno aveva, scritturalmente, una sua spiegazione:

"…le loro menti furono rese ottuse; infatti, sino al giorno d'oggi, quando leggono l'antico patto, lo stesso velo rimane, senza essere rimosso, perché è in Cristo che esso è abolito. Ma fino a oggi, quando si legge Mosè, un velo rimane steso sul loro cuore; però quando si saranno convertiti al Signore, il velo sarà rimosso" (2Cor.3:14-16).

L'apostolo Paolo, qui, sta parlando dei Giudei che, nonostante le leggessero costantemente, non avevano capito le Sacre Scritture; di conseguenza, non riconobbero, quando si presentò dinanzi ai loro occhi, il Messia promesso, del quale i profeti dell'Antico Patto avevano ampiamente parlato, preannunciando la Sua venuta.


Sto pensando, in questo momento, a tutte quelle persone alle quali, da quel giorno, Iddio mi ha fatto grazia di parlare di Gesù e che mi hanno detto di aver letto la Bibbia, o una parte di essa, però senza aver compreso o realizzato niente di particolare… e che perciò hanno rinunciato alla loro ricerca di Dio (se davvero v'è mai stata).

Ora capisco il significato di quello che è scritto nei seguenti versetti biblici:

"Allora (Gesù) aprì loro la mente per intendere le Scritture…" (Luca 24:45).

"…io ti mando (alle nazioni) …per aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati" (è Gesù che parla; Atti 26:18).

"Va' da questo popolo e di': Voi udrete con i vostri orecchi e non comprenderete; guarderete con i vostri occhi, e non vedrete; perché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile, sono divenuti duri d'orecchi, e hanno chiuso gli occhi, affinché non vedano con gli occhi e non odano con gli orecchi, non comprendano con il cuore, non si convertano, e io non li guarisca" (Atti 28:26,27).

Il "segreto" per la comprensione della Parola di Dio e, conseguentemente, la realizzazione della Nuova Nascita, sta nell'effettiva condizione del cuore.

Ormai non mi meraviglio più quando la gente, con cui mi trovo a parlare dell'Evangelo, non lo comprende, perché so che la mente è ottenebrata a causa dell'incredulità. Così è scritto:

"Se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della perdizione, per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo (Satana) ha accecato le menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio" (2Cor.4:3,4).

Da quel giorno in poi, alla luce del "vangelo della gloria di Cristo", fui in grado di scorgere, inoltre, i "fili" dell'occulto e astuto burattinaio di questo mondo.

PRIME INCOMPRENSIONI…


Sussultai appena suonò il campanello di casa. Ero ancora in ginocchio al capezzale del mio letto. Leggevo la Bibbia, mentre piangevo di gioia; una gioia frammista a stupore, per tutto quello che stava accadendomi.

Balzai subito in piedi e corsi in bagno a lavarmi la faccia.

"Avanti!", gridai.

Entrarono alcuni miei parenti, cugini e zii, che abitavano a pochi chilometri dal luogo in cui io risiedevo. Furono le prime persone alle quali ebbi la gioia di "testimoniare" del mio incontro personale con Gesù Cristo (dopo quella suora, a cui, più che testimoniare, avevo esposto la "verità" intorno a Gesù).

Ma, insieme alla gioia, per la prima volta assaporai anche l'amarezza dell'incomprensione.

Ricordo bene con quale entusiasmo iniziai subito a parlare loro di Gesù. Non m'importava assolutamente niente di quello che avrebbero potuto pensare di me. Provavo uno straordinario senso di libertà dal timore dei pregiudizi e giudizi degli altri. Per me una sola cosa contava: ero cieco ed ora ci vedevo. Così disse l'uomo a cui Gesù aveva ridato la vista:

"…una cosa so: che ero cieco e ora ci vedo" (Giov.9:25).

Quante cose avevo ancora da imparare! Pensavo, infatti, che i miei parenti avrebbero facilmente capito, accettato e realizzato anche loro un'esperienza del genere; invece… non fui compreso.

Ricordo che, per la gioia, abbracciai mia zia sollevandola da terra, mentre le dicevo che Gesù era vivente e che io l'avevo incontrato.

"Ma cosa ti è successo? Sei diventato matto?, mi disse.

Ti lascio immaginare, amico/a, il loro stupore. Erano talmente disorientati che non sapevano cosa dirmi.

Lentamente cominciò a delinearsi sui loro volti il sospetto; temevano, effettivamente, che io fossi caduto nel "tranello" dei cosiddetti "vangelisti", giacché sapevano del mio avvicinamento a loro.

Cercavo di convincerli che il "lavaggio del cervello" non c'entrava affatto in quel che mi era accaduto (parlerei piuttosto di un "lavaggio" del cuore); che la religione stessa non c'entrava; ma che si trattava di un reale incontro con Gesù Cristo che mi aveva cambiato dentro; non ero più la stessa persona.


Un particolare, veramente degno di attenzione, è che quei miei parenti, che pur vedevo spesso, ora mi apparivano sotto una luce inspiegabilmente diversa. Sentivo di amarli di un amore particolare, nuovo, intenso. Non conoscevo ancora le seguenti parole di Gesù, nella preghiera ch'Egli rivolse al Padre a favore dei suoi discepoli:

"…e io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro" (Giov.17:26).

Queste erano già divenute una verità palpitante, concreta, nella mia vita. Non era una nuova teologia, questa, ma la semplice realtà di ogni vero cristiano; ce lo conferma l'apostolo Paolo:

"…l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato" (Rom.5:5).

Continuai a parlare con loro, quel pomeriggio, cercando di convincerli della realtà della mia esperienza, ma invano; ogni mia affermazione si scontrava con una qualche obiezione.

È vero che il mio cammino con Gesù Cristo, appena iniziato, mi avrebbe riservato grandi benedizioni lungo il percorso, ma è altrettanto vero che avrei imparato a conoscere quella sofferenza interiore che proviene dall'incomprensione (salvo qualche eccezione) e dal rifiuto del messaggio evangelico da parte non solo di coloro che mi sono cari e più vicini, ma della gente in genere.

Questo, però, non ha mai costituito un freno alla mia testimonianza personale; anzi, per grazia di Dio, ha contribuito a far crescere in me un impulso, che si rinnova di giorno in giorno, a parlare del mio Salvatore Gesù Cristo.


Praticamente, è il Suo amore, l'amore che essi hanno conosciuto personalmente, che "costringe" i credenti in Cristo a testimoniare di Lui al mondo circostante. Essi vedono attorno a loro l'urgente bisogno che c'è di questa conoscenza, perché …

"questa è la vita eterna: che conoscano Te, il solo vero Dio, e Colui che tu hai mandato, Gesú Cristo" (Giov.17:3).


La sera di quello stesso giorno, rientrando, trovai mio fratello Rocco a letto, con la Bibbia fra le mani, che leggeva. Appena mi vide entrare si accorse (non so come) che mi era capitato qualcosa.

"Cos'è successo?", mi chiese.

"Gesù mi ha risposto!", dissi, "Ha salvato anche me!".

Mio fratello, chiudendo gli occhi e alzando la mano in cui teneva la sua Bibbia, incominciò ad esclamare:

"Gloria a Dio! Grazie, Gesù!"

Fu una serata memorabile. Lodammo e ringraziammo il Signore insieme fino a notte inoltrata.

Oltre che gioia su nel cielo, per un peccatore che si era ravveduto (Luca 15:7), quella notte un'altra festa (che non consiste in luci e fuochi artificiali) si stava "celebrando dentro", in quella stanza, e illuminava l'anima di due fratelli che, nell'arco di pochi mesi, avevano trovato, entrambi, la vera Luce: Gesù Cristo.

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