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GIORNATA PRO-ORANTIBUS: AIUTIAMO I MONASTERI

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2010 17:55
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20/11/2009 21:38
 
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Nella Giornata pro orantibus l'occasione per aiutare i monasteri più poveri

Claustrali e sacerdoti
speciale legame spirituale


La Giornata pro orantibus costituisce anche l'occasione per dare un aiuto concreto ai monasteri più poveri. Il Segretariato assistenza monache (via della Conciliazione, 34, 00193 Roma; assistenza.monache@ccscrlife.va )  in stretto rapporto con la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica si occupa del sostegno delle monache bisognose di cure e delle comunità claustrali che non hanno sufficienti mezzi di sostentamento.

Secondo le ultime statistiche disponibili i monasteri nei cinque continenti sono 545 e accolgono 6.950 monache appartenenti a 35 ordini e congregazioni femminili, alcune delle quali in via di estinzione. Negli ultimi venti anni si registra tuttavia una crescente ripresa della domanda per entrare nella vita claustrale.

Le suore e i monasteri, interpellati dal nostro giornale in occasione della Giornata pro orantibus, hanno voluto associare la ricorrenza all'Anno sacerdotale indetto da Benedetto XVI.


                                             monache




Le benedettine di Grandate (Como)

Una lettura dell'Anno sacerdotale


La giornata di preghiera "per coloro che pregano" quest'anno acquista una luce particolare, perché si celebra nel corso di un anno che Benedetto XVI ha voluto dedicato ai sacerdoti.
Come monache benedettine del Santissimo Sacramento, sentiamo con intensità il dono di questo Anno sacerdotale, perché per la fondatrice, madre Mectilde de Bar, monaca lorenese vissuta nel XVII secolo, il ministero sacerdotale e la nostra vocazione monastica sono un differente ma complementare modo di partecipare al mistero dell'Eucaristia:  il sacerdote come sacerdote e noi come ostie, vite unite a Cristo che si offre per la vita del mondo (cfr. Prefazione alle Costituzioni delle Benedettine del Santissimo Sacramento del 1677).

Il Papa nella lettera di indizione per l'Anno sacerdotale citava lo stupore che san Giovanni Maria Vianney manifestava parlando del sacerdozio, "come se non riuscisse a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una creatura umana"Oh, come il prete è grande [... ]. Dio gli obbedisce:  egli pronuncia due parole e nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia"".

Madre Mectilde, come il curato d'Ars, aveva una grandissima stima per i sacerdoti, che, secondo lei, "si possono dire in qualche modo "i padri di Gesù Cristo" nella S. Eucaristia, perché essi hanno ricevuto da Dio il potere di renderlo presente sotto le specie del pane e del vino".

Come l'Eucaristia è fonte e culmine della vita di tutta la Chiesa, così è certamente anche il cardine del ministero sacerdotale. Di pari passo con il celebrare l'Eucaristia viene "l'essere Eucaristia", l'essere una cosa sola con Cristo che si offre al Padre per la vita del mondo.

Già l'autore della Lettera agli Ebrei aveva disposto uno straordinario piano di rilettura del culto e del sacerdozio dell'antica alleanza, mostrando in Cristo il nuovo e vero sacerdote che non offriva a Dio cose, ma offriva se stesso. L'autore "dichiara che Gesù è "mediatore di un'alleanza nuova" (Lettera agli Ebrei, 9, 15). Lo è diventato grazie al suo sangue o, più esattamente, grazie al dono di se stesso, che dà pieno valore allo spargimento del suo sangue. Sulla croce, Gesù è al tempo stesso vittima e sacerdote:  vittima degna di Dio perché senza macchia, sommo sacerdote che offre se stesso, sotto l'impulso dello Spirito Santo, e intercede per l'intera umanità".

Di questo sacerdozio nuovo di Cristo i sacerdoti ordinati sono partecipi in modo del tutto particolare, ma anche i fedeli laici nel Battesimo sono inseriti nel popolo sacerdotale della nuova alleanza. È proprio grazie a questo nostro essere "stirpe eletta, sacerdozio regale,  popolo  che Dio si è acquistato" (1 Lettera di Pietro, 2, 9) che possiamo partecipare alla Pasqua di Cristo nell'Eucaristia, venendo così abilitati a vivere il sacerdozio comune offrendo noi stessi come "sacrificio vivente santo gradito a Dio" (Lettera ai Romani, 12, 1).

Forse può sembrare che una lettura del sacerdozio a partire solo dall'angolatura dell'Eucaristia quale sacrificio della nuova alleanza, sia troppo riduttiva, perché il sacerdote è mandato anche come annunciatore della Parola ed è costituito pastore della comunità che gli è affidata.

Anche ciascuno di noi, battezzato in Cristo, è configurato non solo al Suo sacerdozio, ma pure al suo essere profeta e re. Con i sacramenti dell'iniziazione cristiana siamo infatti uniti, consacrati in Lui che è il Messia, l'unto per eccellenza. Dalla Bibbia sappiamo che la regalità in Israele era considerata non solo una forma di governo politico, ma, a partire da Davide che fu preso dagli ovili delle pecore e posto a pascere il popolo del Signore, il re era colui che guidava e si prendeva cura del popolo come un pastore fa col suo gregge. Ebbene il Vangelo di Giovanni ci presenta Gesù - pastore come colui che non solo pasce, ma "offre la sua vita per le pecore" (Giovanni, 10, 11).

In fondo, il "potere" che è dato ai sacerdoti di rendere presente Cristo nel suo corpo e nel suo sangue, sussiste solo nell'immensa libertà che l'amore ha dato a Gesù, quella libertà che è il potere di offrire la propria vita:  "Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo" (Giovanni, 10, 18).

In Cristo tutto è ricondotto a unità. Anche il ministero profetico, l'annunciare la Parola di Dio, non è una attività parallela al sacerdozio cultuale, ma diventa esso stesso culto.
La comunione Eucaristica è infatti il modo che Dio ha scelto per farsi carne nella vita di ogni cristiano. "Egli non poteva incarnarsi in tutti gli uomini, ma per mezzo della Santa Comunione comunica loro la grazia della sua incarnazione"
(Madre Mectilde de Bar, Pensieri sulla riparazione).
 


 


(©L'Osservatore Romano - 21 novembre 2009)


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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