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Notizie dalla Chiesa in ASIA: Giappone, Cina, India....Sri Lanka e il neo cardinale Malcom Ranjit

Ultimo Aggiornamento: 07/01/2013 19:50
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29/05/2010 20:45
 
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L'udienza del Papa alle diocesi marchigiane per il quarto centenario della morte di Matteo Ricci

Preghiere e stima per la Chiesa
e per il nobile popolo cinese


L'attenzione della Chiesa per il "nobile popolo cinese" è stata ribadita dal Papa questa mattina, sabato 29 maggio, in occasione dell'udienza concessa ai partecipanti al pellegrinaggio organizzato in occasione del IV centenario della morte del padre Matteo Ricci, il vero protagonista dell'inculturazione cinese dell'annuncio evangelico.

Signor Cardinale,
venerati fratelli nell'Episcopato
e nel Sacerdozio,
distinte Autorità,
cari fratelli e sorelle,
sono lieto di incontrarvi per ricordare il iv Centenario della morte di Padre Matteo Ricci, s.j.

Saluto fraternamente il Vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, Mons. Claudio Giuliodori, che guida questo numeroso pellegrinaggio. Con lui saluto i Confratelli della Conferenza Episcopale marchigiana e le rispettive Diocesi, le Autorità civili, militari e accademiche; i sacerdoti, i seminaristi e gli studenti, ed anche i Pueri Cantores. Macerata è fiera di un cittadino, un religioso e un sacerdote così illustre! Saluto i Membri della Compagnia di Gesù, di cui fece parte P. Ricci, in particolare il Preposito Generale, P. Adolfo Nicolás, i loro amici e collaboratori e le istituzioni educative a loro legate. Un pensiero anche a tutti i Cinesi. ! [Salve!]

L'11 maggio del 1610, a Pechino, terminava la vita terrena di questo grande missionario, vero protagonista dell'annuncio del Vangelo in Cina nell'era moderna dopo la prima evangelizzazione dell'Arcivescovo Giovanni da Montecorvino. Di quale stima fosse circondato nella capitale cinese e nella stessa corte imperiale ne è segno il privilegio straordinario che gli fu concesso, impensabile per uno straniero, di essere sepolto in terra cinese. Anche oggi è possibile venerare la sua tomba a Pechino, opportunamente restaurata dalle Autorità locali. Le molteplici iniziative promosse in Europa e in Cina per onorare P. Ricci, mostrano il vivo interesse che la sua opera continua a riscuotere nella Chiesa e in ambienti culturali diversi.

La storia delle missioni cattoliche comprende figure di grande statura per lo zelo e il coraggio di portare Cristo in terre nuove e lontane, ma P. Ricci è un caso singolare di felice sintesi fra l'annuncio del Vangelo e il dialogo con la cultura del popolo a cui lo si porta, un esempio di equilibrio tra chiarezza dottrinale e prudente azione pastorale. Non solo l'apprendimento profondo della lingua, ma anche l'assunzione dello stile di vita e degli usi delle classi colte cinesi, frutto di studio e di esercizio paziente e lungimirante, fecero sì che P. Ricci venisse accettato dai cinesi con rispetto e stima, non più come uno straniero, ma come il "Maestro del grande Occidente". Nel "Museo del Millennio" di Pechino solo due stranieri sono ricordati fra i grandi della storia della Cina:  Marco Polo e P. Matteo Ricci.

L'opera di questo missionario presenta due versanti che non devono essere separati:  l'inculturazione cinese dell'annuncio evangelico e la presentazione alla Cina della cultura e della scienza occidentali. Spesso gli aspetti scientifici hanno riscosso maggiore interesse, ma non bisogna dimenticare la prospettiva con cui P. Ricci è entrato in rapporto con il mondo e la cultura cinesi:  un umanesimo che considera la persona inserita nel suo contesto, ne coltiva i valori morali e spirituali, cogliendo tutto ciò che di positivo si trova nella tradizione cinese e offrendo di arricchirlo con il contributo della cultura occidentale ma, soprattutto, con la sapienza e la verità di Cristo. P. Ricci non si reca in Cina per portarvi la scienza e la cultura dell'Occidente, ma per portarvi il Vangelo, per far conoscere Dio. Egli scrive:  "Per più di vent'anni ogni mattina e ogni sera ho pregato in lacrime verso il Cielo.

So che il Signore del Cielo ha pietà delle creature viventi e le perdona (...) La verità sul Signore del Cielo è già nei cuori degli uomini. Ma gli esseri umani non la comprendono immediatamente e, inoltre, non sono inclini a riflettere su una simile questione" (Il vero significato del "Signore del Cielo", Roma 2006, pp.69-70). Ed è proprio mentre porta il Vangelo, che P. Ricci trova nei suoi interlocutori la domanda di un confronto più ampio, così che l'incontro motivato dalla fede, diventa anche dialogo fra culture; un dialogo disinteressato, libero da mire di potere economico o politico, vissuto nell'amicizia, che fa dell'opera di P. Ricci e dei suoi discepoli uno dei punti più alti e felici nel rapporto fra la Cina e l'Occidente.

Al riguardo, il "Trattato dell'amicizia" (1595), una delle sue prime e più note opere in cinese, è eloquente. Nel pensiero e nell'insegnamento di P. Ricci scienza, ragione e fede trovano una naturale sintesi:  "Chi conosce il cielo e la terra - scrive nella prefazione alla terza edizione del mappamondo - può provare che Colui che governa il cielo e la terra è assolutamente buono, assolutamente grande e assolutamente uno. Gli ignoranti rigettano il Cielo, ma la scienza che non risale all'Imperatore del Cielo come alla prima  causa,  non  è  per  niente scienza".

L'ammirazione verso P. Ricci non deve, però, far dimenticare il ruolo e l'influsso dei suoi interlocutori cinesi. Le scelte da lui compiute non dipendevano da una strategia astratta di inculturazione della fede, ma dall'insieme degli eventi, degli incontri e delle esperienze che andava facendo, per cui ciò che ha potuto realizzare è stato grazie anche all'incontro con i cinesi; un incontro vissuto in molti modi, ma approfonditosi attraverso il rapporto con alcuni amici e discepoli, specie i quattro celebri convertiti, "pilastri della nascente Chiesa cinese". Di questi il primo e più famoso è Xu Guangqi, nativo di Shanghai, letterato e scienziato, matematico, astronomo, studioso di agricoltura, giunto ai più alti gradi della burocrazia imperiale, uomo integro, di grande fede e vita cristiana, dedito al servizio del suo Paese, e che occupa un posto di rilievo nella storia della cultura cinese. È lui, ad esempio, a convincere e aiutare P. Ricci a tradurre in cinese gli "Elementi" di Euclide, opera fondamentale della geometria, o ad ottenere che l'Imperatore affidasse agli astronomi gesuiti la riforma del calendario cinese.

Come è un altro degli studiosi cinesi convertiti al Cristianesimo - Li Zhizao - ad aiutare P. Ricci nella realizzazione delle ultime e più sviluppate edizioni del mappamondo, che avrebbe dato ai cinesi una nuova immagine del mondo. Egli descriveva P. Ricci con queste parole:  "Io l'ho creduto un uomo singolare perché vive nel celibato, non briga le cariche, parla poco, ha una condotta regolata e questo tutti i giorni, coltiva la virtù di nascosto e serve Dio continuamente". È giusto dunque associare a P. Matteo Ricci anche i suoi grandi amici cinesi, che con lui condivisero l'esperienza di fede.

Cari fratelli e sorelle, il ricordo di questi uomini di Dio dediti al Vangelo e alla Chiesa, il loro esempio di fedeltà a Cristo, il profondo amore verso il popolo cinese, l'impegno di intelligenza e di studio, la loro vita virtuosa, siano occasione di preghiera per la Chiesa in Cina e per l'intero popolo cinese, come facciamo ogni anno, il 24 maggio, rivolgendoci a Maria Santissima, venerata nel celebre Santuario di Sheshan a Shanghai; e siano anche di stimolo ed incoraggiamento a vivere con intensità la fede cristiana, nel dialogo con le diverse culture, ma nella certezza che in Cristo si realizza il vero umanesimo, aperto a Dio, ricco di valori morali e spirituali e capace di rispondere ai desideri più profondi dell'animo umano.

Anch'io, come P. Matteo Ricci, esprimo oggi la mia profonda stima al nobile popolo cinese e alla sua cultura millenaria, convinto che un loro rinnovato incontro con il Cristianesimo apporterà frutti abbondanti di bene, come allora favorì una pacifica convivenza tra i popoli. Grazie.



Lettera del cardinale segretario di Stato per la pubblicazione del Diario del primo Delegato apostolico in Cina

Celso Costantini
e la triplice missione di Pio XII


Dalle carte emerge un pontificato aperto alla modernità che sfociò nel Vaticano ii

Venerdì 28 maggio, alla Camera dei deputati italiana, è stato presentato il volume curato da Bruno Fabio Pighin Ai margini della guerra (1938-1947) che pubblica il diario finora inedito del cardinale Celso Costantini (Venezia, Marcianum Press, 2010, pagine 640, euro 50). Erano presenti i cardinali Zenon Grocholewski, Bernard Francis Law e Giovanni Coppa, e il vescovo Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru. Per l'occasione il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ha inviato un messaggio e il cardinale segretario di Stato ha scritto, a nome di Benedetto XVI, una lettera al cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, che ha tenuto una relazione pubblicata a fianco quasi per intero. Il testo, qui riprodotto quasi integralmente, è stato letto dall'arcivescovo segretario della Congregazione, Robert Sarah.

di Tarcisio Bertone

Il dono del volume Ai margini della guerra (1938-1947), contenente il diario inedito del cardinale Celso Costantini, pubblicato con la fattiva partecipazione della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, è giunto particolarmente apprezzato al Sommo Pontefice.

Sua Santità ha preso diretta visione dello scritto di questa illustre figura di porporato, che fu segretario dell'importante Dicastero ordinato alla propagazione della fede cattolica, e mi incarica di esprimerle viva gratitudine per aver favorito la pubblicazione di un testo di prima mano, che fornisce preziose informazioni, acquisite per conoscenza ed esperienza diretta, dell'opera gigantesca nell'ambito. della carità, della testimonianza cristiana, della saggezza politica, della risposta alla vastità dei bisogni, che la Sede Apostolica ha realizzato nei confronti di popolazioni, di gruppi etnici, nonché culturali, durante il difficile periodo degli imperi ideologici.
 
Le carte di un prelato particolarmente vicino al Sommo Pontefice, pubblicate nel voluminoso e accurato libro raccontano le angosce di un'Europa stretta fra opposti e sanguinari estremismi, come pure l'anelito di persone ragionevoli, desiderose di pace, di giustizia e di vera legge, irrorata da venti secoli di civiltà cristiana.
 
Nel periodo testimoniato dal Diario del cardinale Celso Costantini occorre rilevare il costante, disinteressato e risoluto impegno di Papa Pio XII, della Curia romana e di ogni ecclesiastico, presule, sacerdote, religioso o religiosa per i fini della carità e non certo della propaganda. Favorire la pace, promuovere il rispetto dei diritti universali, sostenere l'equità, evitare il male, offrire rifugio, sovvenire al bisogno, escludere la partecipazione alle passioni politiche violente:  queste sono le esigenze che monsignor Costantini - collaboratore e vero amico di Papa Pacelli - ha giornalmente registrato nelle sue memorie con grande accuratezza e dovizia di particolari.

Fra queste, Sua Santità ha rilevato le seguenti parole, annotate, il 26 dicembre 1941, da monsignor Costantini dopo aver sottolineato, ripetute volte, la grande attenzione e azione di Papa Pacelli verso tutti, in particolare verso i più bisognosi e perseguitati:  in Pio XII vi è "una triplice missione sempre provvidenziale, ma specialmente in questi anni in quibus vidimus mala:  quella di Maestro, di Giudice, di Padre (...) L'attività del Sommo Pontefice, invece di diminuire e quasi chiudersi in un lutto desolato, si è prodigiosamente moltiplicata".

Signor cardinale, le memorie private del cardinale Celso Costantini non trattano esclusivamente - pur se con grande e giusta indignazione - la tristissima sorte di popoli e di categorie di persone soggette ai più inumani destini. Le carte pubblicate grazie alle fatiche e alle premure di monsignor Bruno Fabio Pighin parlano anche dell'instancabile e generosa opera evangelizzatrice della Chiesa, della sua profonda e articolata riflessione teologica che sfociò nel concilio ecumenico Vaticano ii, dell'approccio culturale, sociale, politico del papato di Pio XII nei riguardi della modernità. Si tratta, perciò, di scritti altamente significativi e utili.

Il Santo Padre, mentre auspica che esse siano vagliate con spirito equanime e adeguato, desidera manifestare nuovamente il Suo vivo apprezzamento per l'iniziativa, considerandola un valido contributo alla verità storica.


(©L'Osservatore Romano - 30 maggio 2010)


 


(©L'Osservatore Romano - 30 maggio 2010)
[Modificato da Caterina63 29/05/2010 20:48]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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