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Significativo esempio di apologetica cattolica e civile dialogo: l'importanza della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2010 13:30
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Sesso: Femminile
28/05/2010 11:03
 
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La risposta dell'interlocutore:

Daniele, ho letto tutto quel che hai scritto e lo rispetto molto.
Tuttavia non condivido l'impostazione di fondo soprattutto alla luce di due elementi:

I) La condizione della Chiesa e del Cristianesimo nella modernità;
II) La filosofia analitica contemporanea e ciò che concettualmente delinea.

Io voglio solo ricordare che tra qualche decennio il Cristianesimo sarà minoranza in Occidente; stando a questo un problema si pone: chi è il responsabile di ciò? Se il tomismo fosse stato così perfetto non ci troveremmo in questa condizione, al di là di ciò che ciascuno possa pensare filosoficamente delle sue strutture razionalistiche.
Un dato però è sicuro: la filosofia cristiana è sorta dalla fusione con le filosofie di un periodo storico; questa è la genesi che ha riguardato l'agostinismo, il tomismo, la teologia della liberazione e nella contemporaneità le teologie che si potrebbero definire estetiche. La teologia della bellezza di Von Balthasar ad esempio si ricollega perfettamente non solo al De Trinitate di Agostino ma anche ai pensieri di Nietzsche e di Freud, i quali sono alla base del pensiero contemporaneo. A questo punto potrebbe incominciare un lungo ragionamento che riguarda proprio le ragioni della Libertà come ho scritto in uno dei primi post e questa mondanizzazione della Chiesa e della fede (fra l'altro io penso che hegelismo e tomismo siano in realtà molto legati fra loro e trovino un punto d'incontro nel Logos hegeliano e nell'etica tomistica).
Onestamente però le speculazioni metafisiche o ontologiche non mi appassionano granchè. Il fatto però che sia bastato il libero arbitrio dell'uomo per mettere in discussione una Verità così come concepita dal tomismo è un dato che almeno dovrebbe far riflettere se si crede nella Divina Provvidenza; qui infatti nascerebbero delle contraddizioni degne di essere analizzate in profondità.
Adesso mi fermo però, qui ho trattato troppo di argomenti non inerenti alle motivazioni del tag. Comunque Daniele il discorso se Dio vorrà lo riprenderemo.
Buona serata a tutti.

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la mia ultima:


Vorrei solo ricordare che il Cristianesimo all'inizio della sua avventura era giudicato una sètta ed era la minoranza della minoranza, per 300 anni perseguitati ininterrottamente tranne qualche periodo di leggera pace... ^__^ il Cristianesimo non si fonda sulle maggioranze, il ritorno del Cristo verrà quando "il Vangelo sarà predicato in ogni confine della terra" e non quando "tutti" diventeranno cattolici, questo è impossibile, nè Gesù l'ha mai detto...anzi, è il "piccolo gregge" che porterà avanti la Verità...quando avremo toccato il fondo, il Cristo tornerà...
Il libero arbitrio, correttamente inteso, non mette in discussione la Verità al contrario la fa emergere e ciò che viene in discussione è soprattutto nella sua applicazione, Lutero infatti non mise in discussione la Verità in quanto tale, ma l'applicazione e di fatto si fece una chiesa che rispondesse alle sue necessità interpretative....
Ringrazio anch'io per l'ospitalità ad uno spazio extra per una discussione davvero appassionante e lascio a Daniele la sua replica ^__^


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Daniele Di Sorco 28 maggio alle ore 9.09 Risponde

******, ma la storia degli ultimi cinquant'anni non l'hai presente? È da quando nella Chiesa si è insinuato, fino ai suoi più alti vertici, il progressisimo, ossia il tentativo di conciliare la dottrina cristiana col pensiero contemporaneo (che è, per definizione, scettico, storicista e relativista), che il cattolicesimo è in crisi.

Prima esso godeva di una splendida prosperità, che si può dimostrare anche statisticamente. Il tomismo è un termine che abbiamo inventato noi moderni per designare la filosofia scolastica medievale. Ma san Tommaso non intendeva affatto esprimere un pensiero originale. Egli, anzi, al principio della "Summa" scrive che il suo intento è quello di redigere un compendio sistematico delle dottrine dei Padri e dei filosofi a lui precedenti. Otto secoli di tomismo hanno portato la Chiesa non solo ad espandersi in tutto il mondo, ma anche ad essero l'unica confessione cristiana ad opportsi efficacemente ai tentativi di laicizzazione di Stato, con l'illuminismo prima e la massoneria poi.

Nel XIX secolo e nella prima metà del XX, di fronte alla crisi profondissima delle Chiese protestanti (si pensi alla storia della Chiesa d'Inghilterra), la Chiesa cattolica, come scriveva giustamente Pio XII, appariva a tutti come un monolite compatto, che godeva di perfetta salute e si poneva come un soggetto credibile di fronte al pensiero contemporaneo.

Fu la smania di novità, da cui mette in guardia san Paolo nell'Epistola a Timoteo, a provocare la crisi. Ossia il tentativo di mettere d'accordo il cattolicesimo da una parte ed il pensiero contemporaneo (anticristiano, perché antirealista) dall'altra. Esperimenti di questo genere non sono nuovi nella Chiesa. Già ai tempi dell'Apostolo vi fu chi propose l'apparentamento tra il cristianesimo e le dottrine gnostiche ellenistiche od altre forme di pensiero: di qui il gran diffondersi delle eresie e il mirabile impegno che i Padri profusero nel confutarle.

Ai tempi di Pio XII i novatori erano ancora una stretta minoranza. Essi, però, riuscirono ad assumere il controllo del Concilio Vaticano II, il quale peraltro, non avendo definito alcuna dottrina, ha prodotto documenti esclusivamente pastorali, non vincolanti per il dogma. Al di là del contenuto specifico, il magistero del Vaticano II ebbe una sola nota distintiva: aggiornarsi, aprirsi al mondo, senza però dire come. Di fatto questa esortazione si risolse in un inconsulto accesso nella Chiesa di dottrine, sistemi di pensiero, atteggiamenti morali incompatibili con la sua dottrina. E ciò sotto lo sguardo impotente di una Santa Sede che era stata schiacciata dalle sue stesse concessioni. Del resto, come ancora dice san Paolo, quale accordo ci può essere tra Cristo e Beliar?

C'è una differenza di fondo nel rapporto tra cristianesimo e filosofie precristiane da un lato e filosofie contemporanee dall'altro. Le prime, infatti, sono state elaborate a prescindere dalla rivelazione, quindi nulla esclude che contengano molti elementi di verità naturale. Possono quindi essere assimilate senza difficoltà dai filosofi cristiani, come del resto è stato fatto. Le seconde, invece, sono state elaborate in contrapposizione al cristianesimo, cioè conoscendo la divina rivelazione e rigettandola oppure accettandola solo in parte. Sono quindi sistemi che, pur contentendo (come tutte le cose) alcuni elementi di verità, sono complessivamente erronei e quindi non assimilabili dalla filosofia cristiana. Non si possono conciliare, ad esempio, cristianesimo e kantismo, perché la stessa fede nella divina rivelazione implica la conoscibilità del reale in sé (come noumeno). Né cristianesimo ed hegelismo, perché il discepolo di Cristo crede nella distinzione tra soggetto ed oggetto e nella verità come adeguazione dell'intelletto alla cosa, non come libera creazione del soggetto. E così via.

Orbene, che si è fatto, dopo il Concilio? Si son create delle teologie (dette sagacemente da qualcuno "teologie del genitivo", perché aggiungono al loro nome una specifica, cosa già di per sé squalificante, visto che oggetto della teologia è Dio e non qualcos'altro) finalizzate ad apparentare il cristianesimo col pensiero contemporaneo: nella fattispecie, con lo storicismo hegelista (modernismo), con l'umanesimo di Sartre (esistenzialismo cristiano), col marxismo (teologia della liberazione), col pensiero di Nietzche (teologia della morte di Dio), ecc. I sistemi filosofici con cui dovrebbe avvenire il matrimonio, come si vede, sono tutti atei, agnostici o caratterizzati dal ridimensionamento della religione a pura emanazione del divenire storico. Questo spiega il pauroso allontanamento delle teologie da essi derivati, non dico dalla Tradizione della Chiesa, ma dal dettato stesso delle sante Scritture. Basti pensare che i teologi della liberazione, per scrollarsi di dosso il fardello del Vangelo (che parlava sì di liberazione, ma soprannaturale), sono stati tra i più accaniti contestatori della sua storicità: bisgnava sottrarre a Gesù le vesti del predicatore per mettergli quelle del rivoluzionario.

Che cosa ha prodotto tutto questo nel popolo di Dio? Un senso di sbandamento. Quei sacerdoti, quei vescovi, spesso quei cardinali, che prima dicevano loro di resistere alle seduzioni del mondo e di perseverare nella fede anche quando erano scherniti, ora dicono loro che il mondo è buono, che bisogna imparare da esso. Ma se il cristianesimo e il pensiero mondano dicono, sostanzialmente la cosa, anzi se la Chiesa si mette al traino della società secolare, che bisogno c'è della Chiesa? Che bisogno c'è di preti? Che bisogno c'è di sacramenti? Ecco spiegato il grande esodo. .


Ma storicamente esso si colloca in un periodo ben preciso: dal 1965 (fine del Concilio Vaticano II) in poi. C'è un grafico interessante sulla situazione degli Stati Uniti. Laggiù, in un paese protestante e pieno di benessere economico, le vocazioni sacerdotali cattoliche sono, fino al 1965, in costante aumento, nell'ordine di 500 seminaristi in più ogni quinquennio. Dal 1965 al 1970 il dato crolla e si mantiene in tendenza negativa. Lo stesso dicasi della frequenza alla Messa.

Conosco l'obiezione: di mezzo c'è stato il '68. Non è stata colpa di un mutamento interno alla Chiesa, ma di un nuovo indirizzo nella società. Rispondo: senza la rivoluzione di velluto operata dal Concilio e dalla sua scorretta interpretazione, ci sarebbe stato il '68? Probabilmente no, o almeno non in queste forme. Inoltre il confronto tra il dato cattolico e un campione di controllo conferma che l'influenza della società è stata minima.

Se infatti compariamo la frequenza dei cattolici alla Messa con la frequenza dei protestanti alle loro funzioni, notiamo che mentre la prima è molto alta fino alla metà degli anni 60 e poi decresce in modo impressionante, la seconda, che è più bassa, si mantiene costante dal 1950 al 1980, senza sbalzi in corrispondenza della rivolzione culturale. Ora, se i mutamenti della società fossero stati così larghi e profondi, avrebbero dovuto toccare anche il protestantesimo, che, allora, professava dottrine morali non radicalmente diverse da quella cattolica.

A riporva di quanto ho detto, si può menzionare il fatto che oggi il cattolicesimo è vitale e attivo solo nella sua componente "tradizionalista", in coloro, cioè, che rigettano gli ibridismi postconciliari e l'annacquamento della verità cristiana nel relativismo a favore della dottrina di sempre, la cui base filosofico-teologica è il tomismo. Sono i seminari "tradizionalisti" ad avere le vocazioni in crescita, ed è il pensiero "tradizionalista" a porsi come alternativa credibile, e non semplicemente come ripetizione in salsa buonista, al pensiero contemporaneo.

Certo, resta la grande questione sul perché la Santa Sede, fino a Benedetto XVI, sia rimasta a guardare di fronte ad una situazione che si sgretolava, col moltiplicarsi di opinioni e di modi di fare erronei. Non dimentichiamo che al Papa è stata garantita l'infallibilità in docendo, ma non l'infallibilità in gubernando. La grande lotta contro le eresie, fin dai primi secoli, lo ha dimostrato. Ci sono fasi storiche in cui la verità, pur non venendo meno, si oscura nella percezione non solo delle masse, ma anche del clero. Sono periodi in cui si cerca quell'accoppiamento tra Cristo e Beliar dal quale l'Apostolo mette in guardia. Da queste fasi non si esce che in un modo: col ritorno, chiaro e deciso, alla dottrina di sempre, a ciò che la Chiesa a sempre creduto.

Quindi i termini della questione, a ben vedere, sono invertiti: non è il tomismo che ha provocato il naufragio (temporaneo) della Chiesa, ma il suo abbandono a favore delle "novità".

Se l'islam rappresenta oggi un pericolo per l'occidente, è perché esso, nel magma del relativismo contemporaneo, rappresenta un sistema di pensiero relatista, che propone una verità unica ed oggettiva. Poco importa, poi, se questa verità sia tale o meno. Una persona che muore di sete farà poco caso se ne suo bicchiere c'è acqua pura o acqua mescolata a fango o addirittura urina: gli basta di bere. Ecco perché l'unica soluzione al problema islamico è il ritorno al pensiero classico cristiano. Siamo talmente imbevuti di storicismo (non dimentichiamo che il sistema scolastico italiano fu organizzato dall'idealista Gentile) che riusciamo a fatica a concepire la filosofia, non come una serie di sistemi che si avvicendano, ma come la scienza della verità naturale che si consegue per via dimostrativa. Il filosofo realista non ha timore di mettersi contro il pensiero contemporaneo, perché è convinto che la verità naturale, una volta trovata e dimostrata, non muta; certo, alcuni aspetti del sistema sono soggetti a precisazioni, ad evoluzioni, a sviluppi. Ma il fondo è quello, pena condannare il pensiero umano ad un perpetuo errare ed eliminare, in questo modo, il concetto stesso di verità, a favore di quello di opinione.

Paradossalmente l'islam ha affrontato un percorso analogo a quello del cattolicesimo. Imbevuto progressivamente di scetticismo e di edonismo, esso era, nel XIX secolo, sul punto di crollare. Il risveglio c'è stato nell'ultimo trentennio, col ritorno alla dottrina islamica autentica e ad un sistema politico ad esso conseguente. Certo, si tratta di una dottrina erronea, e come tale va combattuta. Ma l'arma per farlo non è certamente il principio secondo cui tutte le dottrine sono uguali e non abbiamo strumenti intellettivi per discernere il vero dal falso. È proprio appoggiandosi su questo pensiero debole, di origine soggettivista (quindi antirealista, quindi antitomista), che l'islam ha la possibilità di distruggerci. E buona parte dei membri della Chiesa, oggi, fa esattamente il gioco dei suoi nemici.

 Sorriso

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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