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Significativo esempio di apologetica cattolica e civile dialogo: l'importanza della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2010 13:30
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Sesso: Femminile
28/05/2010 17:52
 
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 Ghigno
la discussione si sta facendo MOOOOLTO interessante.... siamo giunti alla metafisica e a san Tommaso.... un grazie a Daniele per come si sta prodigando...

l'interlocutore incalza a Daniele sul testo sopra:

Mah, io Daniele ho l'impressione che qui si stia parlando di qualcosa di molto preciso, cioè l'uomo.
Io mi chiedo se l'uomo però sia Creazione di Dio oppure della metafisica o, se vogliamo metterla in altri termini, dell'episteme.
Intendiamoci, seguendo te nel tuo modo di esporre non taccio nessuno di eresia o di blasfemia, come fanno altri, dunque leggo con piacere tutto quanto quello che scrivi e prendo atto del tuo punto di vista.
Ma mi chiedo: il modello a cui l'essere umano deve ispirarsi è l'uomo oppure Dio?
Ricorderai Holderlin cosa diceva degli dèi; in questo io ci ritrovo il senso di tanti pensieri, quello di Padre Agostino in primis e anche il nocciolo delle filosofie di svariati filosofi. Ad esempio, sul piano della logica, nella storia della filosofia coloro che contrastarono il principio hegeliano a cui tu facevi riferimento circa l'identità tra soggetto e oggetto, furono Kierkegaard e Schopenhauer, non i cattolici; chi contrastò Marx con la sua profezia ed esaltazione dello spirito abbietto del proletariato fu Nietzsche, non un filosofo cattolico; chi contrastò il potere lesivo della dignità della persona che si serviva e si serve della stessa tecnica che l'uomo ha prodotto sono stati Deleuze, Foucault e tutti gli altri filosofi analitici francesi, non filosofi cattolici.
Si manifesta in questi casi ciò che vi è da un lato nel De Civitate Dei, dall'altro nel De Trinitate: stabilire cosa è giusto a partire dalla cultura di un epoca, senza esprimere opinioni personali o giudizi di sorta, quindi rifacendosi ad un principio di verità oggettiva, e il tentativo di ostacolare tramite la diffusione delle idee l'invasione di un potere microfisico nella vita della persona.

Trattare quindi la questione relativa alla secolarizzazione della dottrina ponendo al centro la Chiesa è per queste ragioni alquanto improprio, uno, perchè si rischia così facendo di perdere il valore assoluto del rapporto individuale con l'immagine umana della Trinità Divina, e due, perchè si privilegia alla speculazione intorno a Dio, la speculazione intorno agli uomini, ma non certamente per fornirli la strada per ascendere e rientrare nella Creazione, ma quasi suggerendo loro che la strada da seguire sia quella di mantenersi nel peccato per il quale l'essere umano è stato cacciato dall'Eden, quindi l'orgoglio e la vanità di ritenersi superiori ontologicamente al resto delle creature.
Ci tengo a precisare che non sono attacchi personali.

Tuttavia procedo nella critica al tomismo e dico che l'errore di fondo a cui esso riduce il Cristianesimo è questo: far sì che l'uomo accetti sè stesso e dato che mi pare di essere stato messo in stato d'accusa (da altri) in quanto vicino a qualche setta protestante aggiungo un altro dato, cioè che il nucleo del Protestantesimo è proprio quello di ritenere che l'uomo debba restare uomo, poichè Cristo era solo quello, e non quindi cercare di divenare un dio (e anche qui la filosofia contemporanea si avvicina al Cristianesimo tramite Agostino), assoggettando il Cristianesimo all'episteme e svuotandolo della sua ragione originaria, cioè quella di riscattare l'essere umano dalla miseria del suo spirito.
Quello che voglio dire quindi è questo e non che la Chiesa sia eretica o ispirata dal demonio (anche perchè contro Dio il demonio non può nulla). Se poi lo si vuol comunque affermare per eludere il problema questo è un altro discorso.
Grazie e tante care cose.

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Risposta di Daniele:

Veramente la critica di fondo all'hegelismo e agli altri sistemi che ho citato venne proprio ed esclusivamente da filosofi cattolici. Nei libri di scuola essi non sono citati, perché ritenuti espressione di quella neoscolastica che, in quanto riproposizione della filosofia cristiana medievale, non era originale e quindi non era degna neppure di menzione (Gilson ricorda che, ai suoi tempi, nelle università il medioevo filosofico veniva saltato a piè pari: io, al liceo, ho fatto lo stesso). Gli altri filosofi fecero una critica alla buccia del sistema, non al nocciolo, tant'è vero che persino nei libri edulcorati di scuola si parla di Marx e Schopenauer come di sinistra hegeliana, di Kierkegaard come di destra hegeliana, a voler indicare l'identità di fondo di tutti questi sistemi. Resta poi invariato il presupposto: lo scetticismo, che accomuna tutti questi filosofi e li distingue dal realismo propugnato dai cristiani, non dai tomisti soltanto, ma anche dagli agostiniani.

Quanto al mettere al centro l'uomo piuttosto che Dio, io ho una visione delle cose diametralmente opposta alla tua. È il realismo che consente di mettere al centro Dio e di far stare al suo posto l'uomo nel suo ruolo di creatura. L'uomo, infatti, può riconoscere la propria subordinazione a Dio solo se si ritiene in grado di conoscerlo, e di conoscerlo con certezza. Se invece Dio, la rivelazione e la realtà stessa restano qualche cosa di vago, di inconoscibile nella loro essenza, di indimostrato, di variabile, è evidente che il primato non viene riconosciuto a Dio, ma al soggetto conoscente. Se la realtà non può essere conosciuta in modo obiettivo, essa diventa creazione del soggetto, sottoposta, come ogni creazione, all'incessante variabilità del divenire.

La filosofia cristiana classica è efficace perché si conforma perfettamente al buon senso: esiste il soggetto, il soggetto può conoscere con certezza la realtà, la realtà mi consente la conoscenza di Dio, Dio è causa e fine di tutte le cose, l'uomo è ordinato a Dio. Il risultato di questo processo è il teocentrismo, che ha caratterizzato la società europea fino alla riforma protestante e alla rivoluzione liberale del 1789.

Per contro i sistemi scettici, qualunque sia il loro modo di declinarsi, finiscono tutti per fare questo procedimento: esiste il soggetto, il soggetto non conosce la realtà o la conosce soltanto secondo l'apparenza, quindi la realtà - e Dio con essa - può esistere o meno, ma noi non lo sapremo mai, spetta all'uomo, dunque, regolare il proprio destino con i mezzi che egli trova essere più opportuni. Il risultato di questo processo è l'antropocentrismo, ossia la secolarizzazione. Non è un caso che, per designare il tentativo di adeguare il cattolicesimo al pensiero contemporaneo, si sia parlato di "svolta antropologica".

E certamente, sul piano puramente storico, non si può negare che i medievali avessero una mentalità eminentemente teocentrica, mentre i moderni ce l'hanno eminentemente antropocentrica. Ma la ragione è proprio l'abbandono del realismo, ossia di una concezione naturale, ragionevole, direi quasi spontanea dei rapporti tra Dio e l'uomo.

Circa la dignità dell'uomo, mi è sempre rimasta impressa quella frase di Pascal: "non bisogna mostrare all'uomo la sua bassezza senza mostrargli, al contempo, la sua grandezza, e viceversa". L'uomo è, di fatto, la più nobile delle creature, poiché creato "ad immagine e somiglianza di Dio", laddove per somiglianza si deve intendere il possesso dell'intelletto razionale, partecipazione del Logos divino. Ora, dire che il rischio è che l'uomo resti uomo, significa utilizzare un'espressione fortemente ambigua, che a seconda di come viene interpretata ci porta fuori dal cristianesimo.

Una delle verità di fondo del cristianesimo è l'esistenza del peccato originale. Perché? Per due motivi. Primo, perché senza peccato originale faremo di Dio l'autore diretto del nostro attuale stato di imperfezione, di fatto aderendo allo gnosticismo ellenizzante secondo cui Dio, nella creazione, è ostacolato dalla materia. La dottrina cristiana, e S. Agostino in particolar modo, ha invece sempre insistito sulla responsabilità dell'uomo quanto alla caduta dal primitivo stato di innocenza e di grazia. Secondo, perché, tolto il peccato originale, togliamo la necessità della Redenzione, e svuotiamo di qualunque senso l'incarnazione del Verbo. Se non c'era nulla da riparare, perché Cristo si sarebbe fatto uomo e sarebbe morto in croce? Per dare il buon esempio? Ma per questo era sufficiente un profeta, come nei secoli passati.

Quindi, i due lati della natura umana: nobiltà, innocenza, grazia alla sua origine e nella sua intima costituzione (perché l'anima resta razionale ed immortale, quindi desiderosa di Dio); imperfezione, miseria, peccato in seguito al peccato originale. Esiste quindi, come dice san Paolo, una lotta all'interno dell'uomo, tra la componente materiale e la componente spirituale, tra desideri della carne e aspirazioni dell'anima, tra ciò che deriva dal demonio e ciò che deriva da Dio. (Non che il corpo in sé sia cattivo: è il suo uso disordinato (ossia avulso dal fine ultimo) che lo è). Ma prima di poterla combattere, l'uomo ha bisogno di sapere due cose: che la battaglia c'è e che la parte da sconfiggere è una piuttosto che un'altra. Ecco l'importanza, sul piano morale, del realismo: solo attraverso esso posso sapere con certezza in che modo devo comportarmi per essere nel giusto, cioè per essere nella grazia di Dio, con Dio. L'elevazione dell'uomo parte dalla consapevolezza della propria natura, miserie comprese.

Viceversa, il pensiero contemporaneo, riducendo la religione a spiritualismo, ha eliminato Dio dagli orizzonti dell'uomo. Il primo passo consiste nel fare della rivelazione, cioè del modo con cui Dio si manifesta all'uomo, qualcosa che, al pari di tutto il resto, è conoscibile solo secondo le apparenze: quindi è un'opinione. Il secondo nel sostituire l'uomo a Dio. C'è una radicale differenza tra la divinizzazione cristiana e quella propugnata dal pensiero contemporaneo. Nel cristianesimo l'uomo si divinizza nel senso che, senza mai perdere il proprio status di creatura, si conforma sempre più perfettamente alla sua Verità e alla sua Volontà (non a caso nel Pater noster si prega: "venga il tuo regno (= la tua verità), sia fatta la tua volontà". Quindi si può parlare di divinizzazione solo in senso lato, perché non è che l'uomo diventi Dio. Nel pensiero contemporaneo, nelle sue manifestazioni più estreme (Nietzsche) ma anche in quelle apparentemente più moderate (Marx, Sartre), l'uomo si divinizza nel senso che prende il posto del Dio trascendente e diventa lui stesso artefice del vero e del falso, del bene e del male. Non è un caso che nel mondo d'oggi, permeato e fondato su questo pensiero, Dio non abbia praticamente più posto. E se c'è l'ha, è un Dio privo di identità, di contorni, di contenuti. Un grande architetto dell'universo, del quale l'uomo può tranquillamente non curarsi.

Io sono dunque dell'idea - e la storia lo dimostra - che sia il realismo ontologico la causa diretta del teocentrismo, laddove per teocentrismo si intenda la conformazione dell'uomo a un Dio personale e alla sua rivelazione. Lo scetticismo (con le sue varie declinazioni: storicismo, spiritualismo, nichilismo, esistenzialismo, ecc.) invece, ponendo al centro, nel migliore dei casi, un Dio spersonalizzato e una dottrina inconoscibile e transeunte, finisce per mettere al centro l'uomo, che riempie il vuoto lasciato dalla divinità con i propri contenuti.

Il rapporto individuale con la divinità è certamente essenziale. Non dobbiamo però trasformarlo in un rapporto individualista. Non dobbiamo, cioè, farci una divinità a nostro uso e consumo, che sia conforme alle nostre opinioni, a ciò che noi riteniamo giusto, ma non alla realtà oggettiva. Ecco perché è necessaria un'autorità divina e umana ad un tempo, la Chiesa, che mi garantisca l'oggetto della fede. Al soggetto spetta il grave compito di mettersi in rapporto con esso. Per spiegarmi con termini concreti, possiamo paragonare il rapporto tra soggetto e Dio ad una persona seduta davanti a un libro. Egli può usare bene la ragione, dire "questo è un libro" e poi mettersi in relazione con esso come più gli piace: leggerlo, usarlo come soprammobile, bruciarlo, ecc. Ma egli può anche usar male la ragione e dire "questa è una mela" (intendendo il concetto di mela): in questo è evidente che, qualunque rapporto la persona intrattenga con l'oggetto, esso è viziato da un errore di fondo: la mancata conoscenza della vera natura dell'oggetto.

Quindi il ricorso all'autorità della Chiesa, in quanto autorità di origine divina, è in ultima analisi un atto di umiltà. Rinuncio a conoscere Dio con le mie proprie forze, perché sono consapevole della loro debolezza, e mi affido all'istituzione che Dio stesso a fondato per conservare la sua dottrina. Sottometto ad essa il mio intelletto e la mia volontà, ma così facendo compio l'atto di intelletto più libero e più alto che si possa immaginare, ossia il riconoscimento dei suoi limiti e l'affidamento ad un istanza più alta. Il cattolico è come un bambino che, per arrivare ad uno scaffale molto elevato, si serve di una sedia: questa sedia è la Chiesa. Viceversa, gli spiritualisti di impostazione scettica (ovviamente nel mio discorso si intendono sempre esclusi gli interlocutori) vuole arrivare a quello scaffale senza alcun aiuto: salta, salta, magari si convince pure di essere cresciuto in altezza e di toccarlo, ma in realtà non si è mosso di un centimetro dal punto di partenza.

Sarebbe piacevole continuare questa discussione, ma purtroppo sono oberato di lavoro nell'organizzare un pellegrinaggio che avrà luogo domani. Quindi ringrazio tutti gli interlocutori, in particolare Michelangelo, per la loro attenzione e il loro tempo, e mi ritiro in buon ordine. Dominus providebit!

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la mia risposta....

Gentile ********, mi attengo ai margini degli approfondimenti perchè conosco i miei limiti, tuttavia attenzione, parlare di metafisica non significa mai anteporre l'Uomo dall'essere creato da Dio, anzi, ne studia, dell'uomo, gli aspetti reali e concreti....compresa l'anima....

Noi sappiamo che l'immagine, la figura, la spiegazione se vogliamo dell'autentico umanesimo è Cristo-Dio, la metafisica non lo scavalca affatto infatti lei di certo sa meglio di me che l'etimologia del termine ci dice che esso è composto da due termini Metà ossia "dopo" e Phisichè ossia "fisica" da Phisis ossia "natura"...
La nostra natura al momento non è "Dio" ma siamo destinati a diventare "come Cristo" nell'eternità... quindi è corretto usare la "metafisica" per capire e comprendere (pur con i nostri limiti) che cosa è l'Uomo e a cosa è destinato...
Nell'Uomo è contenuta la scintilla di Dio, siamo creati a Sua Immagine ma il Peccato Originale ne deturpò l'essenza, l'immagine che il Verbo fatto Carne venne a ricomporre....
Si evince infatti dalla sua brillante riflessione la mancanza di riferimento al Peccato Originale... che nella metafisica ha il suo buon peso...comprendo pertanto che lei possa elogiare la schiera di pensatori non cattolici attribuendo loro dei meriti ad di sopra di quanto meritano
....

E' san Tommaso che giunge a concepire la separazione dell'anima dal corpo dopo la morte... e quindi la sua sussistenza...con tutto ciò che questo comporta, compresa l'importanza della metafisica... ed è sempre l'aquinate ad associare la "fede alla ragione" parlando anche della "ragionevolezza della fede".... e mentre i pensatori classici ricercavano con la metafisica la "natura dell'essere" partendo dall'essenza, la genialità di san Tommaso D'aquino che non tramonterà mai sta in quella ricerca dell'Essere partendo però da ciò che già è! Per dirla con un pensiero assai elementare ma abbordabile per chiunque, l'aquinate parte dallo STUPORE!!! ;-) si dallo STUPORE...in sostanza mentre lo stupore del passato si rifaceva all'essere, san Tommaso vede lo stupore, e da qui parte, per il fatto che le "cose" ci sono....è lo stupore del BAMBINO, dell'innocente, del vero puro di cuore...quello stupore che anche davanti ad un tramonto, o davanti alla nascita di un bambino, ci stupiamo ed esclamiamo: OH! ^__^

Non a caso è solo l'aquinate che è in grado di suffragare e provare l'esistenza di Dio nelle sue così dette "5 prove"... poi chiunque può rifiutarle, ma per farlo deve ragionarci su e come Nietzsche deve avere il coraggio di negare Dio pur avendolo trovato...qui sta il libero arbitrio che come dice il Siracide: ti sarà dato ciò che avrai scelto!

Mi permetto di suggerire un libro molto interessante: "Metafisica della sostanza" di padre Tomas Tyn o.p. edito da Fede&Cultura ....
poichè lei mi cita pensatori non cattolici come scopritori di chissà cosa... mi conceda questo breve riassunto (di presentazione al libro citato) per farle comprendere l'attuale problema che siamo chiamati ad analizzare:
" ...dopo san Tommaso la sua scuola ha avuto, oltre a vari approfondimenti teoretici e nuove sintesi interpretative (si pensi al cardinal Gaetano, o ai nostri tempi a Billuart e a padre Garrigou-Lagrange), una sua storia fatta di sviluppi, arretramenti, nuove conquiste e recentissimamente anche non poche globali “riletture”. Nel corso del XX secolo infatti – sull’onda mai sopita del modernismo, cioè di quel fenomeno eversivo ma interno al mondo cattolico che era nato per adattare, in fin dei conti, la Rivelazione al pensiero del tempo (e non il contrario…) – una scuola nuova di tomisti decise di allontanarsi dai fondamenti del Maestro per cercare un dialogo, altrimenti impossibile, con Kant, Hegel, Feuerbach, Nietsche e Heidegger. Un sistema complesso e articolato come quello di san Tommaso è certamente un sistema aperto alla “novità”, ma è chiuso alla contraddizione, e dunque non permette sconfinamenti in proposte ideologiche segnate dal fideismo, dal razionalismo, dall’evoluzionismo o dal freudismo.

Eppure nel corso del ’900, importanti tomisti o comunque profondi conoscitori di san Tommaso da Congar a Chenu, da Rahner a Schillebeecks, da Lonergan a von Balthasar, da Maritain a Metz, si allontanarono, a volte in nome del rinnovamento conciliare, ma solitamente già prima, dall’immensa eredità del Maestro, ora divenuto un peso per le loro ultime acquisizioni, e come tale giudicato “fissista”, “statico”, “materialista”, “dualista”, “aristotelico”, “non biblico”… Una scuola di pensiero, al contrario, fedele al cuore del tomismo e più in generale alla integra tradizione cattolica si ebbe con pensatori meno celebrati perché più antitetici al relativismo dominante: si pensi, per limitarci agli italiani, a Siri, a Ottaviani, a Fabro, a Piolanti, a Parente, a Palazzini, a Mondin, a Barzaghi, etc. etc. "

Fraternamente saluto

 Sorriso

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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