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Beatificazione di Jerzy Popiełuszko, sacerdote e martire

Ultimo Aggiornamento: 27/09/2014 17:33
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06/06/2010 17:12
 
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Benedetto XVI  da Cipro parla del nuovo Beato:


Ora desidero dire alcune parole in lingua polacca nella lieta circostanza dell’odierna beatificazione di Jerzy Popiełuszko, sacerdote e martire.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Kościoła w Polsce, który dziś raduje się wyniesieniem na ołtarze księdza Jerzego Popiełuszki. Jego ofiarna posługa i męczeństwo są szczególnym znakiem zwycięstwa dobra nad złem. Niech jego przykład i wstawiennictwo budzi gorliwość kapłanów i rozpala miłość wiernych.

[Rivolgo un cordiale saluto alla Chiesa in Polonia, che oggi gioisce dell’elevazione agli altari del padre Jerzy Popiełuszko. Il suo zelante servizio e il martirio sono particolare segno della vittoria del bene sul male. Il suo esempio e la sua intercessione accrescano lo zelo dei sacerdoti e infiammino d’amore i fedeli laici.]


The mother of Jerzy Popieluszko, a Roman Catholic priest and opposition activist murdered 25 years ago by Poland's communist secret police, leaves the altar during a beatification mass on June 6, 2010 in Warsaw. Archbishop Angelo Amato, the Vatican's prefect of the Congregation for the Causes of Saints, represented Pope Benedict XVI at the beatification mass also attended by some 100 bishops, Poland's Prime Minister Donald Tusk and Jerzy Buzek, the head of the European Parliament.

Archbishop Angelo Amato (2nd R), the Vatican's Prefect of the Congregation for the Causes of Saints, kisses on June 6, 2010 the relics of Jerzy Popieluszko, a Roman Catholic priest and opposition activist murdered 25 years ago by Poland's communist secret police, during his beatification mass in Warsaw. Amato represented Pope Benedict XVI at the beatification mass also attended by some 100 bishops, Poland's Prime Minister Donald Tusk and Jerzy Buzek, the head of the European Parliament.

People attend on June 6, 2010 in Warsaw the beatification mass of Jerzy Popieluszko, a Roman Catholic priest and opposition activist murdered 25 years ago by Poland's communist secret police. Archbishop Angelo Amato, the Vatican's Prefect of the Congregation for the Causes of Saints, represented Pope Benedict XVI at the beatification mass also attended by some 100 bishops, Poland's Prime Minister Donald Tusk and Jerzy Buzek, the head of the European Parliament.

Nuns carry relics of Jerzy Popieluszko in front of his portrait on June 6, 2010, in Warsaw in a procession after a beatification mass of Jerzy Popieluszko, a Roman Catholic priest and opposition activist murdered 25 years ago by Poland's communist secret police. Archbishop Angelo Amato, the Vatican's Prefect of the Congregation for the Causes of Saints, will represent Pope Benedict XVI at the beatification massin central Warsaw which 100 bishops will also to attend.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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12/06/2010 15:50
 
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Beatificazione di Don Jerzy Popieluszko


«Io mi sono offerto e non mi tiro indietro». Queste parole confermano che egli era cosciente della sua vocazione, e della sua particolare missione sacerdotale. Forse egli presagiva che sarebbe morto martire. È un martire che attraverso il suo cammino di sofferenza si rese sempre più simile a Cristo sofferente nella via della Croce. La sua beatificazione avviene proprio nell’anno sacerdotale. Questo ha per tutti i fedeli ed in modo particolare per i sacerdoti, un gran significato. Il Signore ci dà questo giovane sacerdote come modello di fedeltà alla propria vocazione sino alla fine, sino alla morte. Le sue parole «Io mi sono offerto e non mi tiro indietro», possono essere una massima per tutti i sacerdoti.

Durante il periodo della legge marziale (1981 - 1983) egli sosteneva ed incoraggiava i polacchi attraverso le omelie durante la celebrazione delle messe per la Patria. Le omelie e le prediche di Done Popiełuszko erano regolarmente trasmesse da Radio Free Europe, che gli diede una certa popolarità anche all'estero. Fu inizialmente minacciato e invitato al silenzio da parte del ministero dell'interno polacco, e il 13 ottobre 1984 fu coinvolto in un incidente stradale dal quale, però uscì illeso. Il 19 ottobre 1984, di ritorno da un servizio pastorale, fu rapito e ucciso da parte di tre funzionari del ministero dell'interno, e il suo corpo fu ritrovato il 30 ottobre nelle acque della Vistola vicino a Włocławek. La notizia dell'assassinio causò disordini in Polonia, e gli autori dell'omicidio - i capitani Grzegorz Piotrowski, Leszek Pekala, Waldemar Chmielewski ed il colonnello Adam Petruszka - furono giudicati colpevoli e condannati a 25 anni di carcere, ma furono rilasciati a seguito di amnistia qualche anno dopo.


Ai funerali parteciparono più di 500.000 persone, compreso il leader di Solidarność Lech Wałęsa. La Chiesa Cattolica iniziò il processo di beatificazione nel 1997, ottenendo lo stato di Servo di Dio.

La sua tomba è meta di continui pellegrinaggi, dalla Polonia e dall'estero; il 14 giugno 1987 pregò sulla sua tomba anche papa Giovanni Paolo Il 19 dicembre 2009 Papa Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione per le cause dei santi a promulgare il decreto riguardante "il martirio del Servo di Dio Giorgio Popiełuszko, sacerdote diocesano, ucciso in odio alla fede il 20 ottobre 1984 nei pressi di Włocławek (Polonia)".

La solenne messa di beatificazione di don Jerzy Popiełuszko si è tenuta a Varsavia domenica 6 giugno 2010 nella piazza intitolata al Maresciallo Pilsudski.

(fonte: Missionarie dell'Immacolata)

Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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04/05/2012 14:55
 
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IL PADRE. DELLA PATRIA.

 

POPIEŁUSZKO

 

Un patriota del Cielo: ucciso in odium fidei

 

Un prete anzitutto, non un politico; un prete tra gli operai non un prete operaio. Che lavorando per la Patria celeste lavora per la sua patria rossa. Non il contrario. Perciò era doppiamente pericoloso per i comunisti polacchi.Per questo lo massacrano: il patriottismo era nella sua santità

 

 

 

Perché quella Messa deve essere celebrata all’interno di un cantiere in sciopero. In un momento delicato per la Polonia: siamo nel 1980 e la nazione è scossa da un’ondata di scioperi in seguito alla decisione governativa di aumentare i prezzi dei viveri. Don Jerzy porta se stesso e, prima di tutto, il suo essere sacerdote. Rimane con gli operai anche dopo la Messa. Non è un prete-operaio. Non ha bisogno di lavorare insieme a loro per capirli. Gli è sufficiente confessare, ascoltare, consigliare, provvedere. È un prete in mezzo agli operai. La differenza non è da poco: per tantissimi, l’incontro con lui rappresenta l’inizio della conversione

 

 

 

di Claudia Cirami

 

Molti suoi ex compagni di seminario concordano: nessuno avrebbe mai immaginato che quell’anonimo seminarista sarebbe poi diventato un martire dalla statura eccezionale, vero e nuovo “padre della patria” per la nazione polacca. Negli anni di formazione per i futuri sacerdoti, se lo ricordano così: “Insignificante, debole, sottile come una canna”. Mai impressione fu meno azzeccata per l’uomo su cui mi appresto a scrivere: Jerzy Popiełuszko, beatificato nel 2010. A furor di popolo, potremmo dire, se consideriamo i milioni di visitatori che, dal 1984 in poi, sono passati davanti alla sua tomba per una preghiera o un omaggio.

 

PATRIA TERRENA O PATRIA CELESTE?

Il famoso sciopero di Danzica. Popieluszko confessa un operaio. Prete prima di tutto, solamente. Non sindacalista

Don Jerzy – o, familiarmente, Jurek – fu un tutt’uno con la sua Polonia. Il suo martirio si spiega anche nel contesto del suo amore per quella patria così sofferente. Nazione da poco uscita dalla soffocante spirale nazista e immediatamente ghermita nella spirale ancor più opprimente del comunismo. Ci chiediamo: un cristiano può provare amore per la propria patria terrena, sapendo che lo attende la Patria Celeste? In Memoria e Identità, un altro celebre polacco, Giovanni Paolo II, non ha dubbi: “L’espressione «patria» si collega con il concetto e con la realtà di «padre»… Nel suo senso originale, patria significa ciò che abbiamo ereditato dai nostri padri e dalle nostre madri sulla terra…”. Spiega ancora Wojtyla che “[la] dipartita di Cristo … ha aperto il concetto di patria sulla dimensione dell’escatologia e dell’eternità ma non ha tolto nulla al suo contenuto temporale”. Per il papa polacco, l’amore per la patria terrena non è in contraddizione con quello per la Patria celeste e il patriottismo, nel Decalogo, “si colloca nell’ambito del Quarto comandamento, il quale ci impegna ad onorare il padre e la madre” e “significa amore per tutto ciò che fa parte della patria: la sua storia, le sue tradizioni, la sua lingua, la sua stessa conformazione naturale” perché “la patria è il bene comune di tutti i cittadini e come tale è anche un grande dovere”. Un dovere che padre Popiełuszko sentiva interiormente come molti polacchi e per il quale pagò con la vita.

 

OMICIDIO POLITICO. NO, PER LA FEDE

Beatificazione

Il suo, però, non fu un assassinio politico. Fu l’uomo di Dio ad essere ucciso, prima ancora del polacco amante della sua terra e del suo popolo. Commentando la beatificazione del sacerdote, Benedetto XVI, afferma: “Il suo zelante servizio e il martirio sono particolare segno della vittoria del bene sul male” e auspica che “il suo esempio e la sua intercessione accrescano lo zelo dei sacerdoti e infiammino d’amore i fedeli laici”. In precedenza, Giovanni Paolo II ha detto di lui: don Jerzy è un martire che va considerato non solo nella misura in cui servì in una certa causa di ordine politico, anche se si trattava di una causa profondamente etica, bensì si deve guardare a lui e leggere la sua figura nell’intera verità della sua storia, dal punto di vista dell’uomo interiore”. Per evitare ulteriori fraintendimenti, durante la sua beatificazione, mons. Angelo Amato lo ha definito “testimone eroico della bellezza e della verità del Vangelo di Gesù”.

 

L’ABBRACCIO AL CANE: SAPEVA COME STAVA ANDANDO A FINIRE

Popieluszko, appena consacrato

Alfons – questo il suo vero nome – nasce nel 1947 ad Okopy, una piccola località, e presto sente di avere la vocazione sacerdotale. Viene ordinato sacerdote dal cardinale Wyszyński, altra figura cardine per la storia polacca recente. Popiełuszko muore a 37 anni. Non ha nemmeno quarant’anni, dunque, ma si è già reso inviso a chi, prima di riuscire ad ucciderlo il 19 Ottobre del 1984, lo ha fatto sorvegliare per molto tempo e ha cercato di dissuaderlo con minacce, interrogatori, arresti, campagne mediatiche montate ad arte. Una settimana prima dell’omicidio, per poco non è stato eliminato con un finto incidente stradale. Padre Jerzy, però, è andato avanti, senza perdersi d’animo, anche se sapeva di essere in pericolo. Una suora ricorda quegli ultimi giorni: “Forse avvertiva qualcosa dentro di sé. Si vedeva da come andava di fretta. Ringraziava gli amici anche per i più piccoli favori”. L’ultimo giorno saluta il suo cane, un meticcio nero di nome Tajniak, e fa per andarsene. Poi, però, contrariamente al suo solito, torna indietro, lo stringe forte a sé e si allontana veloce. Verso il martirio che lo attende e per il quale è pronto.

 

LA SALVEZZA DELLE ANIME È LA VERA “EVERSIONE”. COME IL CURATO D’ARS

Cristo prima di tutto. Anteposto Cristo a tutto, l'uomo torna ad essere prima di tutto

Di solito, ai media, poco interessa la vita ordinaria di un prete e quello che spesso viene messo in evidenza di Popiełuszko è la sua opposizione pacifica al comunismo. Leggendo, però, il libro “Popiełuszko” di Milena Kindziuk, edito dalla San Paolo, si ha immediatamente la percezione che la Chiesa – quando punta, prima di tutto, sull’essere sacerdote del martire polacco – non è menzognera (il libro è un bel regalo per tutti, ma è ottimo per i parroci). Don Jerzy ha a cuore la salute spirituale di chi gli viene affidato, siano chierichetti, studenti, infermiere, operai. Per lui, il prossimo non è un concetto generico: è qualcuno che ci sta concretamente di fronte, da avvicinare in modo discreto ma con affetto e partecipazione. Molti ricordano i suoi piccoli regali, le sue parole sapienti, i suoi gesti di vera carità, il suo esserci quando c’é bisogno di lui, anche a dispetto di una salute malferma. Diventa per molti una porta d’ingresso: nell’ovile cattolico per chi ha vissuto fino ad allora senza Dio; nella ferma professione di fede per chi è stato sempre tiepido; nella pratica coerente ai richiami evangelici per chi non si è mai voluto “sporcare la mani” nel servizio agli altri. Il Santo Curato d’Ars e il beato Popiełuszko – per chi ha letto le due biografie – hanno molto in comune, nonostante vite apparentemente diverse. Simile è la fragilità umana, simile la convinzione di superarla per essere fedeli alla volontà di Dio, costi quel che costi. Osservando questi e altri sacerdoti in un santino con l’aureola in testa, siamo indotti a pensare che vissero a due palmi da terra, distribuendo segni prodigiosi e parole mirabolanti a destra e a manca. Più difficile, invece, è immaginarli come furono realmente: sacerdoti come tutti gli altri, impelagati nelle fatiche dell’evangelizzazione, nelle paure e nelle ansie di una missione totalizzante, nelle preoccupazioni per come far giungere il messaggio di Cristo a tutti e, perché no?, anche in quei difetti personali di carattere che, spesso, ritardano i frutti di tanto zelo profuso. In loro, però, c’è quella volontà tenace, ferma, caparbia di vincere tutte le difficoltà, persino i propri limiti, per il Regno di Dio: questo li rende straordinari. Questo li fa santi.

 

POLONIA OPPRESSA: SE ANCHE MARIA FINISCE DIETRO LE SBARRE

L'Altare del Supremo Sacrificio, è la sua vera "tribuba politica"

Quello che è stato appena spiegato, naturalmente, non deve portare ad ignorare lo sfondo politico in cui si muove la biografia del sacerdote polacco. Don Jerzy visse e operò in anni molto duri per la Polonia e, fin dal servizio militare, obbligatorio nonostante fosse seminarista, dovette confrontarsi con il comunismo che vuole – fin dai suoi esordi – sbarazzarsi della dimensione religiosa dell’uomo e, in modo particolare, della fede cattolica. Leggendo di quel periodo, si rimane basiti nel costatare a che punto può arrivare un sistema politico quando vuole soffocare realtà vitali. Sono anni in cui al primate Wyszyński non viene concesso di partecipare alla cerimonia in onore del Millennio polacco a Roma; in cui la venerata immagine di Maria, nel santuario diCzęstochowa, viene messa dietro una grata perché non venga portata in processione; in cui gli attacchi alla libertà religiosa vengono condotti con rigore e sistematicità, puntando sia sull’uso della forza che su quello dell’indottrinamento ideologico imposto; infine, anni in cui – come ricorda A. Riccardi in “Giovanni Paolo II. La biografia” – l’arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, “è sotto controllo costante.: si registra sistematicamente chi entra nel suo appartamento” ed è considerato un personaggio pericoloso per la sua capacità di attrarre tutti. In anni più recenti, si è saputo che anche membri della Chiesa, insieme a fedeli, non resistettero a questa forte pressione, arrivando a collaborare con il governo e danneggiando chi resisteva eroicamente, ma, come ricordava nel 2007 l’arcivescovo di Varsavia, cardinale Nycz, pochi casi di collaborazionismo non devono offrire un’immagine distorta perché “è la vera storia della Chiesa, fatta di arresti, persecuzioni, lotta per la libertà, di personaggi come il cardinale Wyszynski e padre Popiełuszko quella che deve essere raccontata”. Proprio in questi anni matura la vocazione e poi la missione sacerdotale di Jerzy Popiełuszko. Poco per volta, assumerà i contorni di una sfida ferma, non violenta, umana e umanizzante, al governo comunista.

 

NON UN PRETE-OPERAIO MA UN PRETE CON GLI OPERAI

La gloria della Polonia, cardinale Wojtyla, e l'eroico suo primate Wyszynski

L’incontro che cambierà per sempre la vita di don Popiełuszko – quello con gli operai – non è pianificato a tavolino da uomini. Il credente sa bene chi è Colui che muove le fila del mondo. Così, quando, all’improvviso, serve un sacerdote per celebrare una Messa e la prima chiesa che si trova nel tragitto di chi ha il compito di cercarlo è quella in cui padre Popiełuszko svolge il suo servizio sacerdotale, sappiamo che Dio lo sta già chiamando all’ultimo e più importante compito della sua vita. Perché quella Messa deve essere celebrata all’interno di un cantiere in sciopero. In un momento delicato per la Polonia: siamo nel 1980 e la nazione è scossa da un’ondata di scioperi in seguito alla decisione governativa di aumentare i prezzi dei viveri. Don Jerzy porta se stesso e, prima di tutto, il suo essere sacerdote. Rimane con gli operai anche dopo la Messa. Non è un prete-operaio. Non ha bisogno di lavorare insieme a loro per capirli. Gli è sufficiente confessare, ascoltare, consigliare, provvedere. È un prete in mezzo agli operai. La differenza non è da poco: per tantissimi, l’incontro con lui rappresenta l’inizio della conversione.

 

IL CAPPELLANO DI SOLIDARNOŚĆ. “DISTINGUERE FRA COMUNISMO E CHI N’È SOGGIOGATO”

don Jerzy Popieluszko. Con la sua consueta "tuta" da operaio del Signore. Prete fino in fondo all'anima

Frattanto, le vicende politiche seguono il loro corso: il 17 Settembre 1981 viene creato il Sindacato Indipendente Autogestito Solidarność (termine che significa solidarietà). La Chiesa si rende vicina al sindacato che desta preoccupazioni in Unione Sovietica. Si tenta pure di procedere ad un accordo con il governo, ma l’incontro, datato 4 novembre 1981, tra Jaruzelski, il nuovo primate Glemp, succeduto a Wyszynski, e Lech Wałęsa, leader di Solidarność, non porta a nulla. Don Jerzy continua la sua missione: è con gli operai, diventando il cappellano di Solidarność, ma segue anche altri scioperanti, come gli studenti di medicina. Ancora una volta, li incoraggia, li sostiene. Lo fa sempre da prete, però, attento a non suscitare sentimenti di odio contro i nemici. Sa ben distinguere tra l’ideologia comunista e coloro che ne sono soggiogati. “Combatto il peccato, non le sue vittime”, ripete più volte, con la stessa pacatezza con la quale affronta le difficoltà e la persecuzione crescente. In questo sforzo per dare speranza al popolo di cui egli è parte integrante, padre Popiełuszko non si sente solo. Segue i moniti di Karol Wojtyla che, nel frattempo, è diventato papa, provocando un’ondata di gioia in tutta la Polonia: anche il pontefice invita la sua nazione a resistere con coraggio, senza cedere all’odio. Don Jerzy fa tesoro delle parole di Giovanni Paolo II e cerca di declinarle nella vita da spiati, controllati, perseguitati, che lui e molti altri vivono ogni giorno. Soprattutto a partire dal 13 Dicembre 1981.

 

ALLA LEGGE MARZIALE RISPONDE CON LE MESSE PER LA PATRIA

Ritrovato dopo giorni orrendamente massacrato e sfigurato, da un commando di burocrati dello sterminio del ministero degli interni della Polonia comunista di Jaruzelsky al soldo di Mosca

E’ quello, infatti, il giorno in cui viene istituita la legge marziale (sarà revocata due anni dopo, ma la situazione faticherà a tornare normale). Arresti, internamenti, sospensioni di libertà fondamentali, comparsa di carri armati e posti di blocco. Da quel momento, se possibile, Jerzy Popiełuszko si lega ancor di più alle vicende del suo popolo. Impressionante tutto ciò che fa per chi si trova nel bisogno, sia esso povero, malato, internato. Qualcuno dirà che la porta della sua stanza è aperta 24 ore su 24 per le necessità degli altri. A leggere le testimonianze sui suoi gesti si capisce che non è un’esagerazione. Quello che, tuttavia, lo impone all’attenzione nazionale e anche internazionale è la celebrazione delle messe per la Patria, che vengono organizzate a Varsavia, nella chiesa di Żoliborz, in cui lui risiede. Non è un’idea sua ma presto viene individuato come il più adatto a celebrarle. Con don Jerzy diventano messe a cui partecipano migliaia di persone che vengono da ogni parte della Polonia. Soprattutto, si imprimono nella memoria collettiva per le sue omelie. Semplici, come lui, ma capaci di far rimanere in religioso silenzio tutti partecipanti. Nonostante gli accenni alla situazione, le omelie non hanno un carattere marcatamente politico, pur parlando di giustizia, di libertà, di verità. Perché a don Jerzy non interessano le declinazioni politiche e partitiche di questi valori ma la loro radice evangelica. Non gli interessa condannare, fare i nomi dei carnefici, ma persuadere tutti coloro che ascoltano – pure i nemici – che questi valori possono essere testimoniati nella vita di ognuno e, di conseguenza, è possibile dare nuova vita anche alla Polonia martoriata.

 

UN SAVONAROLA DELL’ANTICOMUNISMO: PAROLA DEL GOVERNO DI JARUZELSKI

Ecce Homo! I funerali. Sfigurato dalle torture e dalla lunga decomposizione. Alter Christus, Imago Christi perfetta. Il criminale regime comunista polacco non ha tentato di uccidere un sindacalista, ma un vero prete. Cioè Cristo stesso e la fede del grande popolo che ne aveva fatto vessillo di libertà

Perché, come si diceva, l’idea di fondo di padre Popiełuszko è questa: la dura battaglia contro il peccato – anche quando strutturato socialmente – e la compassione per coloro che ne rimangono vittime per le quali è necessario pregare, chiedere perdono a Dio, sacrificarsi. “Vinci il male con il bene”, ricorda san Paolo: questo diventa il programma di vita di don Jerzy. Non c’è altra strada, per quello che è stato definito con disprezzo “un Savonarola dell’anticomunismo” dal portavoce del governo Jaruzelski e che, invece, è un pastore mite, capace tuttavia di mantenersi fermo quando ha una convinzione. L. Geninazzi, che lo conobbe personalmente, ha scritto su Avvenire: “Non aveva nulla dell’agitatore politico… non era certo un eroe, provava spesso sentimenti d’ansietà e di stanchezza”.

 

 

L’ULTIMO GIORNO. IL VOLTO DEL CROCIFISSO

La vecchia madre di Popieluszko ottiene l'immensa celeste consolazione d'assistere alla beatificazione della meravigliosa creatura che aveva partorito

Questo, però, chi lo odia non lo comprende. Padre Popiełuszko è popolare ed è un sacerdote che ama la Polonia e il suo popolo. Tradotto nel linguaggio dei suoi nemici: scomodo e fastidioso. Dopo averle tentate tutte per fermarlo, rimane solo l’eliminazione fisica. Don Jerzy è chiamato ad essere fedele a quello che egli stesso ha detto in precedenza durante un’omelia: “… per vincere il male con il bene bisogna armarsi della virtù del coraggio. La virtù del coraggio rappresenta la vittoria sulla debolezza umana, in particolare sulla paura. Il cristiano non deve dimenticare che si deve aver paura solo di tradire Cristo per i trenta denari di una meschina tranquillità. Il cristiano non può accontentarsi solo di respingere il male, la menzogna, la viltà, la violenza, l’odio, la prevaricazione, ma deve egli stesso essere un vero testimone, un portavoce e un difensore della giustizia, del bene, della verità, della libertà e dell’amore. Deve rivendicare con coraggio questi valori, per sé e per gli altri”. Il 19 Ottobre del 1984, mentre torna in macchina a Varsavia, dopo essersi recato in una località vicina per impegni ecclesiali, lo rapiscono, lo chiudono in un bagagliaio, manganellandolo a più riprese, lo “incaprettano” e poi, con un sacco di pietre ai piedi, lo buttano giù nelle acque della Vistola. Gli autori del rapimento sono tre agenti del Ministero degli Interni, da cui il governo e il partito comunista – a seguito dell’indignazione nazionale e internazionale – prendono le distanze. Lo ritrovano il 30 Ottobre. Nel verbale medico sull’esame della cadavere, si legge: “Salma avvolta in un sacco di cellophane legato a croce…”. Un segno che rimanda a quella croce che padre Popiełuszko ha abbracciato con fedeltà fino alla fine. Le botte e la permanenza in acqua lo hanno reso quasi irriconoscibile. Nell’omelia per la beatificazione, Mons. Amato spiega: “Il volto orrendamente sfigurato di questo mite sacerdote somigliava a quello flagellato e umiliato del Crocifisso, senza più bellezza e decoro. La bocca insanguinata di quella faccia martoriata sembrava ripetere le parole del Servo del Signore: «Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi» (Is 50, 6)”. Quel volto, però, nonostante il tentativo brutale di cancellarlo, ora è inciso profondamente nel cuore della Polonia. E nella gloria di Dio.


Fraternamente CaterinaLD

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10/01/2014 15:29
 
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  «Gli ordinavano di stare a piedi nudi lungamente nella neve, mentre recitava il rosario...».
Era militare di leva e i comunisti infierivano sui seminaristi «sottoposti a indottrinamento forzato», come racconta Marianna, la 92enne madre del beato Jerzy Popieluszko (foto), (cf L’Osservatore Romano, 4-5.3.2013).
Una Rachele (cf Mt 2,18) o una Niobe cristiana: i comunisti le uccisero il più piccolo dei fratelli; nella persecuzione del ’53 le morì la figlioletta Edvige, nel 1984 i servizi segreti attentarono e infine uccisero il figlio sacerdote Jerzy, divenuto ormai simbolo, al tempo del card. Wyszynski, dell’opposizione al regime.

«Tutte le sere», ricorda Marianna, «prima di andare a dormire si pregava in ginocchio (il rosario)... Mentre ogni mattina, prima di scuola, Jerzy faceva cinque chilometri per andare a Messa... La sua maestra mi disse una volta che avrebbe abbassato il voto in condotta perché Jerzy andava troppo in chiesa...».

beato Jerzy Popieluszko

beato Jerzy Popieluszko







 

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martedì 23 settembre 2014

Stava morendo ma la preghiera di intercessione del Martire polacco Padre Jerzy Popiełuszko ha commosso il Signore .

 
Czestochowa, 18 Settembre 2014 (Zenit.org) 
Milena Kindziuk 

Era in fin di vita François, 56enne francese affetto da una forma estremamente maligna di leucemia. 
Durante l'agonia, la moglie stava già scegliendo il modello di bara e organizzando i funerali, invece è accaduto un miracolo: l'uomo è improvvisamente guarito per intercessione del martire Jerzy Popiełuszko
Proprio grazie a questa miracolosa guarigione, il 20 settembre, a Créteil vicino Parigi, inizierà il processo di canonizzazione del beato polacco, meglio conosciuto come il “cappellano di Solidarnosc”. 
Il prof. Jozef Naumowicz dell’Università Cattolica di Varsavia, notaio nel processo di canonizzazione, ha annunciato che ascolterà in Francia i testimoni: “Questo - ha spiegato - significa che l'intero processo si svolgerà nella diocesi francese e successivamente, se la Congregazione vaticana per le Cause dei Santi dopo ulteriore attenta indagine confermerà il miracolo, il martire polacco sarà proclamato Santo”

François si ammalò nel 2001. 
I medici gli diagnosticarono la "leucemia mieloide cronica in forma atipica" e fin dall'inizio gli avevano dato poche possibilità di guarigione. 
La diagnosi fu uno shock per lui che, ancora molto giovane, aveva un buon lavoro, una moglie amorevole e tre figlie adolescenti. 
François voleva vivere, perciò si curò dai migliori ematologi e da professori di fama mondiale. 
I lunghi ricoveri negli ospedali frenarono un po' l'espandersi della malattia, ma nonostante la chemioterapia e l’abbondante uso di medicine l'uomo non guariva. 
Dopo dieci anni di cure sempre più pesanti il suo corpo si arrese completamente: François cadde in coma. 
 
Lo trasportarono all'unità palliativa dove erano ricoverati i pazienti terminali. 
I medici non avevano più speranze, tutti i trattamenti erano stati provati e la malattia tuttavia non era stata fermata. 
La moglie vegliava il marito in coma. 
Fece in modo che François ricevesse il sacramento dell'unzione degli infermi (entrambi sono credenti, formati spiritualmente nella comunità Chemin Neuf). 
I medici dissero alla donna che il marito era in fin di vita e le suggerirono di provvedere al più presto alle formalità riguardanti la funzione funebre. “Avevo scelto una bara di rovere - ha raccontato la moglie - perché a François piacevano le querce. 
A casa ho iniziato a riordinare le sue cose, ho strappato a pezzettini tutte le lettere che una volta gli avevo scritto. 
Pensavo: 'Tanto non avrà più la possibilità di leggerli'. 
Nello stesso tempo sentivo dentro di me una pace. 
Non ho pianto, né mi sono fatta prendere dal panico”. 
Fino a questo punto si tratta di una storia abbastanza comune anche se tragica. 
Ogni giorno molte persone in diverse parti del mondo muoiono per delle malattie. 
 
Ma per François ci fu una svolta e avvenne grazie alla suora polacca Rozalia Michalitka, della Congregazione di san Michele Arcangelo, attiva nell'ospedale di Créteil nella pastorale per i malati. 
Fu la religiosa a portare alla moglie di François la comunione. 
 
In questa storia si inserisce poi il prete francese Bernard, 65 anni, sacerdote da pochi mesi visto che per 40 anni non aveva frequentato la Chiesa. 
Nel corso della sua vita Bernard si era sposato e aveva divorziato due volte. 
Dopo una conversione profonda nel 2003, era poi entrato in seminario per essere ordinato sacerdote nell'aprile 2012. 
A luglio dello stesso anno, il prete si recò in Polonia e lì visitò la tomba di Jerzy Popieluszko a Varsavia. 
Rimase profondamente affascinato dalla testimonianza di questo sacerdote martire polacco. 
Sulla sua tomba scoprì che Popiełuszko era nato il suo stesso giorno, mese e anno: 14 settembre 1947. Da allora portò sempre con sé le immaginette e reliquie del Beato. 
Sia suor Rozalia che padre Bernard ricordano bene quel venerdì del 14 settembre 2012: “Come se fosse oggi!”, dicono. 
Secondo le previsioni dei medici, quel giorno doveva essere l’ultimo per François. 
Suor Rozalia disse alla moglie di chiamare un sacerdote, ma la donna spiegò che suo marito aveva già ricevuto i sacramenti, quando era ancora cosciente, quindi era pronto per morire. 
 
Nonostante ciò – ha raccontato la suora - interiormente ho sentito che un sacerdote doveva venire”. 
Il caso volle che nella stanza accanto dello stesso reparto ospedaliero, era morta una paziente e la famiglia aveva chiamato un prete per l'unzione degli infermi. 
Suor Rozalia ricorda la sequenza degli eventi: “Sono tornata dalla moglie di François dicendole che presto sarebbe un sacerdote nella stanza. 
Lei ha acconsentito di pregare insieme!”. 
 
Erano quasi le tre di pomeriggio, quando vicino al letto del morente François apparve padre Bernard. 
I tre cominciarono a pregare per il malato. 
Il sacerdote poi aprì un libro di preghiere e vi trovò una foto di padre Jerzy. 
In quel momento si rese conto che era il 14 settembre, cioè l’anniversario della nascita del Beato, allora mise la sua immagine con le reliquie sul letto dove giaceva il moribondo e disse: “Padre Jerzy, oggi è il tuo compleanno. 
Se puoi fare qualcosa, fallo oggi. Aiutaci!” 
Proseguì una preghiera formulata sul momento a parole proprie, il cui testo è stato dato adesso per il processo di canonizzazione di p. Jerzy. 
 
Ricorda ancora padre Bernard: “È accaduto tutto in modo spontaneo perché non avevo preparato niente in anticipo, soltanto ero vicino al malato mentre cercavo la preghiera adatta, mi sono reso conto dell’anniversario della nascita di p. Jerzy e quindi ho cominciato a chiedere la sua intercessione”
 
Non appena il prete e la suora se ne andarono, la coppia rimase sola e avvenne accaduto di inaspettato: François aprì gli occhi e chiese alla consorte: "Dove sono?". 
Poi si alzò come se niente fosse, dicendo di voler andare da solo in bagno. 
La moglie lo guardava incredula. 
Pensava fosse un miglioramento temporaneo, prima della fine. Il giorno successivo, suor Rozalia pensò di portare la comunione nella stanza di François. 
Non so perché – ha narrato – ma sapevo che François era in uno stato di incoscienza, che la moglie non sarebbe stata in camera la mattina perché ​​doveva sbrigare le faccende legate al funerale, e anch’io avevo un sacco di impegni, ma qualcosa mi spingeva ad andare”. 
Arrivata in ospedale, la suora entrò nella cappella, prese il Santissimo Sacramento e si diresse verso la stanza dove giaceva il malato che credeva quasi morto. 
Aprendo la porta, la suora vide il letto vuoto! 
Pensò che subito l'uomo fosse stato portato in obitorio, ma ad un certo punto sentì dal bagno l’acqua scorrere dal rubinetto. 
François, sei tu?”, chiese. “Sì, sorella, per favore torni fra venti minuti, quando finisco a farmi la barba e lavarmi potrò fare la comunione”. 
La suora non credette alle sue orecchie. 
Sorpresa e spaventata, uscì di corsa dalla stanza e cominciò a chiedere se François fosse veramente vivo. 
Dopo venti minuti tornò nella stanza e lo trovò vestito, con la barba rasata. 
Pregarono insieme e lui fece la comunione. 
 
In questa storia - dice oggi la suora con un sorriso sul volto - si può vedere come non agiamo soltanto noi, ma anche Dio fa la sua parte. Interviene per intercessione dei suoi santi”. 
 
Gli accertamenti medici successivi evidenziarono che nel corpo di François non c’era nessuna traccia di leucemia . "Remissione completa della malattia" si legge sul referto. 
 
E questo grazie alla preghiera di p. Bernard per chieder l’intercessione del Beato Popiełuszko alle 15 di quel venerdì 14 settembre 2012, quando cadeva il compleanno del martire. 
La guarigione improvvisa e completa di François verrà accuratamente esaminata nel processo di canonizzazione del sacerdote polacco. 
Il diritto canonico esige infatti che per proclamare Santo un beato bisogna accertare un miracolo attraverso la sua intercessione, avvenuto già dopo la sua beatificazione. 
 
 
* L’Articolo è tratto dal settimanale polacco “Niedziela” ("La Domenica"), n.38 del 21 settembre 2014. Milena Kindziuk è una giornalista polacca, redattrice di "Niedziela", autrice dei numerosi libri, tra cui due volumi su padre Jerzy Popiełuszko. 
 
Fonte . Zenit




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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