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Dall'Archivio Segreto Vaticano il primo volume su Pio XII relativo al 1930, quando era cardinale nella Segreteria di Stato

Ultimo Aggiornamento: 29/08/2010 09:02
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28/08/2010 18:28
 
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E alle nove di mattina Pacelli saliva da Pio XI


di Giovanni Coco e Sergio Pagano

La giornata del cardinale Pacelli aveva inizio al mattino presto e dopo la celebrazione della messa e la successiva meditazione, alle 9, talvolta dopo aver consultato brevemente i suoi collaboratori, si recava dal Pontefice per la quotidiana udienza di tabella.

Insieme alle pratiche che sarebbero state oggetto di discussione, egli portava con se un piccolo bifoglio, sul quale annotava velocemente, inizialmente a matita e con sempre più frequenza a penna, la "mente del Santo Padre", ovvero le disposizioni dettate dal pontefice su una certa questione. Queste mentes venivano appuntate una dietro l'altra, lasciando un ampio margine di spazio tra di loro. I testi che ne derivavano erano quasi sempre improntati ad un linguaggio spesso scarno e telegrafico, assolutamente scevro di considerazioni personali da parte del segretario di Stato, ma talvolta ricco di digressioni e giudizi espressi dal Pontefice.

Conclusa l'udienza, che poteva protrarsi anche per più di un'ora, il cardinale faceva rientro nel suo ufficio e seduto alla sua scrivania decideva se ricopiare in maniera calligrafica gli appunti presi o se conferire un aspetto più formale al foglio di udienza; Pacelli preferiva generalmente questa seconda opzione, che gli permetteva di risparmiare tempo.
In primo luogo ricalcava con un'altra penna la scrittura sul foglio, per renderla più nitida e chiara, apportando talvolta correzioni o aggiunte; poneva tra parentesi tonde o quadre (talvolta indicate a matita) quelle frasi che rappresentavano una riflessione personale del Papa e quindi non dovevano essere riportati nei documenti della Segreteria di Stato; apponeva una datazione al foglio, che talvolta era completata dall'indicazione del giorno della settimana o persino da informazioni tratte dal calendario liturgico; ad ogni "mente" faceva corrispondere una "rubrica", ovvero un breve titolo posto al rigo superiore, che conteneva sinteticamente tutti i riferimenti necessari per identificare la questione trattata e la relativa pratica; inoltre Pacelli tracciava una linea orizzontale di demarcazione con l'intento di distinguere chiaramente gli argomenti trattati in udienza; infine, se erano stati necessari più fogli per raccogliere gli ordini del Pontefice, numerava il secondo bifoglio in modo che risultasse chiaramente come un'appendice del primo.

In alcuni casi, qualora avesse avuto il tempo di stilare due fogli differenti, Pacelli annotava in margine a ciascuno l'ufficio di competenza al quale era destinato:  "Alla Prima Sezione" o "Alla Seconda Sezione".

Questa prassi, seguita fedelmente sebbene con qualche occasionale svista o dimenticanza, era propedeutica per la "circolazione" del foglio di udienza. Infatti conclusa la revisione, Pacelli convocava il sostituto della Seconda Sezione della Segreteria di Stato e il segretario della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, ai quali mostrava il contenuto del "foglio di udienza"; nel caso in cui il cardinale non avesse già predisposto un foglio ad hoc, i sostituti trascrivevano a loro volta le questioni di pertinenza del proprio ufficio, marcando a matita (rossa e blu) sul margine sinistro del testo originale l'avvenuta registrazione.

Quindi una volta rientrati nei propri uffici, i capi-dicastero convocavano i minutanti che dovevano avere cura di trascrivere, a mano o a macchina, l'appunto contenente il testo della singola pratica che erano incaricati di seguire. Sulla base di tali disposizioni, i minutanti preparavano le bozze dei documenti richiesti, che venivano successivamente corrette dai capi-dicastero. Nel tardo pomeriggio le minute erano pronte e potevano essere sottoposte al segretario di Stato.

Ricordava Tardini che Pacelli "molto curava anche lo stile dei dispacci e badava assai alla presentazione esteriore dei fogli dattilografati. Se trovava in questi un piccolo errore di scrittura, rinviava il dispaccio per la correzione e, soltanto dopo corretto l'errore, apponeva la sua firma. Ciò faceva con tanta gentilezza, senza mai rivolgere una parola di rimprovero o mostrare il più lieve risentimento. Ma i fatti erano più eloquenti delle parole. Ogni sera mandavamo a lui una enorme borsa di pelle con tanti dispacci da firmare (certe volte erano un centinaio). La mattina seguente la borse ritornava in ufficio. All'interno c'erano come due scompartimenti:  in uno il cardinale poneva i dispacci firmati:  nell'altro metteva quelli non firmati.

Questo secondo settore era chiamato da noi scherzosamente l'"infermeria". Naturalmente noi eravamo tanto più contenti, quanto minore era il numero degli ...infermi".
Ma soprattutto in questa fase di verifica il cardinale Pacelli controllava la corrispondenza tra il testo delle minute e quello dei "fogli di udienza". Questa sistematica opera di revisione veniva condotta alla maniera della "puntatura", marcando con segni convenzionali (punti o asterischi) sul margine destro del foglio le decisioni che avevano avuto regolare corso; in altri casi il cardinale annotava a matita, accanto ad una questione trattata, la parola "fatto".

D'altra parte le pratiche non corrispondenti pienamente alla "mente" espressa in udienza venivano rimandate indietro con le opportune correzioni da apportare. Giunta la sera, il segretario di Stato generalmente si recava ancora una volta dal Pontefice per un'ulteriore scambio di vedute e qualora fosse stato necessario Pacelli prendeva nuovamente nota delle disposizioni dettate da Pio XI; nel contempo Pacelli gli sottoponeva anche il sunto delle conversazioni avute nel corso delle proprie udienze private in Segreteria di Stato.

Infatti il cardinale Pacelli era solito redigere anche i "fogli di udienza" privata, che erano il resoconto delle principali materie trattate durante gli incontri avuti da lui con varie personalità:  ecclesiastici e laici di ogni condizione ma soprattutto il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
Da riscontri coevi si conosce che in un primo momento il giorno fissato dal segretario di Stato per le udienze con gli ambasciatori era il venerdì, dopo le ore 10, ma proprio dai "fogli di udienza" si apprende che già nel corso del 1930 il cardinale Pacelli aveva preso l'abitudine di ricevere con più frequenza i suoi interlocutori, che spesso si lamentavano per i ritardi del cardinale o le lunghe attese per incontrarlo; di conseguenza questi appuntamenti divennero pressoché quotidiani e in taluni casi vennero concesse udienze anche nei giorni festivi.

Anche nel corso di tali udienze il metodo di lavoro del cardinale Pacelli era simile a quello descritto in precedenza. Egli teneva con sé un bifoglio sul quale annotava, a matita o a penna, il titolo del proprio interlocutore (ad esempio "ambasciatore di Francia") e gli argomenti toccati durante le conversazioni, avendo cura di riportare solo quelle materie o quei giudizi che a suo parere avevano una qualche rilevanza per lo svolgimento di future pratiche.
In alcuni casi il cardinale si limitava a scrivere il nome e la qualifica del suo interlocutore, senza segnalare nessun argomento (si trattava forse di visite di cortesia); talvolta invece aggiungeva indicazioni relative al giorno e all'ora o a particolari circostanze.
I testi che ne risultavano mostrano significative differenze rispetto a quelli delle udienze con il Pontefice, perché appaiono più lunghi, articolati e ricchi in particolari; ad ogni modo dalla lettura di queste carte emergono chiaramente le idee e le opinioni sia del segretario di Stato che dei suoi interlocutori.
Declinato il giorno, Pacelli procedeva a correggere e talvolta a ricopiare gli appunti o l'appunto su un nuovo foglio, in cui il testo sarebbe stato strutturato con maggiore ordine e precisione, e nel caso in cui fosse stato necessario usare un altro bifoglio, su quest'ultimo sarebbe stata apposta una nota di richiamo oppure una numerazione.

Tanta cura era necessaria poiché il giorno seguente quei fogli erano destinati ad essere sottoposti alla lettura del Papa, che con interesse ne scorreva le righe, sottolineando in qualche caso alcuni passi o udienze di particolare interesse. Quest'ultima ragione, in concomitanza con i primi segni del declino della salute del Pontefice, indusse Pacelli ad introdurre la consuetudine di dattiloscrivere quegli appunti.

I fogli dattiloscritti compariranno per la prima volta nel 1933 e rimarranno una costante, salvo un'ampia parentesi relativa agli anni 1936 e 1937, fino al 1939. Redatti su carta più grande e deliberatamente voluti per offrire un testo ancor più nitido e chiaro, la cui lettura sarebbe stata molto più scorrevole per Papa Ratti, tali dattiloscritti presentano alcune evidenti caratteristiche formali che ne sottolineano l'ufficialità, come l'ordine regolare dei capoversi e la numerazione dei singoli fogli; inoltre tra questi si conservavano veri e propri minuziosi verbali di colloqui.

Di questa puntigliosa sistematicità sono testimoni anche gli appunti del cardinale Pacelli per le sessioni cardinalizie della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari. Si trattava di lunghe note, redatte anch'esse su piccoli bifogli, che venivano preparate con cura nei giorni precedenti alla sessione e non di rado anche i comuni "fogli di udienza" servivano da documenti preparatori; il testo, dall'aspetto informale, con molte correzioni a palinsesto, era costituito dall'intervento principale che il cardinale avrebbe letto nel corso del dibattito per motivare il suo voto sulle questioni in esame.

Tuttavia poiché quelle note erano destinate ad essere ricopiate nel verbale ufficiale della sessione, Pacelli aveva cura di segnalare nei propri appunti anche quelle modifiche apportate al proprio intervento durante il dibattito, trasformando di fatto la minuta di un discorso in un verbale. Tali fogli offrono pertanto la vivida testimonianza dei "colloqui ufficiali" che il segretario di Stato ebbe su alcune delicate materie con altri scelti porporati. In definitiva la giornata lavorativa del segretario di Stato si concludeva solo in tarda sera o a notte inoltrata con la revisione delle pratiche, la redazione di appunti di studio e la firma di dispacci.


(©L'Osservatore Romano - 29 agosto 2010)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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