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I Martiri Cattolici della Spagna e la dura persecuzione

Ultimo Aggiornamento: 26/08/2013 16:43
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Chiavi di lettura del conflitto tra Chiesa e Stato nella Spagna degli anni Trenta del secolo scorso

Diritto e libertà schiacciati
tra clericalismo e anticlericalismo


di Vicente Cárcel Ortí

La Seconda Repubblica spagnola attaccò la monarchia e la società aristocratica e, poco dopo, fatalmente, il conflitto coinvolse pure la Chiesa, anche se nessuno volle esplicitamente questo scontro frontale e si cercò di evitarlo da entrambe le parti. Fu una guerra non dichiarata, perché la repubblica, nonostante la sua legislazione laicista, non intendeva, secondo quanto affermano alcuni storici, sradicare il cristianesimo, sebbene varie misure concrete da essa adottate inducano a pensare il contrario.

Se la repubblica non volle espressamente la guerra contro la Chiesa, o quantomeno contro quei cattolici che restarono attaccati alle loro tradizioni e persino alla monarchia e non abbracciarono pienamente i principi repubblicani, resta tuttavia il fatto che, tenendo conto della situazione della Chiesa nel regime precedente, non era facile evitare il conflitto. La Chiesa appariva talmente vincolata alla monarchia, e alla società borghese, che la caduta di entrambe nel 1931 causò problemi nei quali la confusione fra il potere temporale e quello spirituale era del tutto prevedibile.

Uno dei più grandi errori della repubblica fu di non aver capito che una parte maggioritaria degli spagnoli era cattolica e desiderava continuare a esserlo, sebbene non praticasse assiduamente la religione o mantenesse forme di religiosità popolare molto discutibili. Lo sbaglio dei cattolici tradizionali o conservatori fu di credere che la Chiesa e la monarchia dovessero essere difese come due facce della stessa medaglia. Ma non tutti i cattolici erano monarchici né conservatori, poiché c'erano anche cattolici di tendenza liberale e spirito democratico che accettarono sinceramente la repubblica. Per questo nacque un conflitto che ebbe conseguenze disastrose.

La repubblica inoltre commise un altro gravissimo errore nel non rendersi conto, o nel non volere accettare il fatto, che la Spagna avesse trovato nel cattolicesimo la sua identità storica e la sua unità nazionale.

Vale a dire che la Chiesa cattolica esisteva in Spagna prima dello Stato e, naturalmente, molto prima dello Stato democratico; che la Chiesa aveva dato solidità alla nazione non solo attraverso la fede cattolica, ma anche e soprattutto attraverso la lingua e la cultura, conservata, arricchita e trasmessa come patrimonio comune grazie ai vescovi e agli abati, ai sacerdoti e ai monaci. Per molti secoli in Spagna l'idea di nazione coincise con l'idea cattolica in quanto tale.

Nell'evolversi della storia contemporanea sono state fondamentali - e continuano sempre a esserlo - le relazioni Chiesa-Stato e, di conseguenza, la questione religiosa. Dall'inizio del xix secolo si cominciò a chiamare quella religiosa "la questione delle questioni". La confessionalità dello Stato spagnolo ebbe una storia plurisecolare, che si concluse con la costituzione del 1978. Fino a quel momento, il protagonismo socio-politico della Chiesa era stato incontrovertibile, al punto che non si può comprendere la storia della Spagna se si prescinde dalla storia della Chiesa e viceversa.

Unamuno parlava della "consostanzialità della religione cattolica con la Spagna, perché la Spagna nella storia è san Giacomo e il cristianesimo militante". Nella legislazione, e fondamentalmente nei testi costituzionali che si sono succeduti dal 1808 al 1978, è evidente che quella religiosa è stata fra le questioni che hanno suscitato i dibattiti più appassionati, poiché è stata sempre legata alla lotta per i diritti individuali, al modo di intendere il potere politico e al ruolo della Chiesa e della religione cattolica nella società.

Con la repubblica si ruppe questa armonia plurisecolare e iniziò un gioco sottile, e persino violento, di seduzione e di rivalità fra il potere ecclesiastico e il regime repubblicano. Mentre l'antica monarchia aveva avuto bisogno di una certa sacralità per legittimare e giustificare le proprie ambizioni, e l'aveva trovata nella Chiesa, quest'ultima in numerose occasioni si lasciò tentare dall'idea di porre la religione cattolica al centro della società e non esitò a concludere alleanze con il potere politico. In altre parole, l'Altare e il Trono, la Croce e la Spada si aiutarono reciprocamente per essere ognuno al centro della nazione.

Tutto ciò provocò aspre lotte e conflitti, che si risolsero però senza grandi traumi, malgrado alcune tensioni nel corso del xix secolo che furono particolarmente violente e persino cruente. Da un lato lo Stato cercò di sottomettere la Chiesa e dall'altro la Chiesa pretese di controllare il potere politico o di influenzarlo. La storia contemporanea della Spagna è piena di episodi significativi che rivelano la rivalità reciproca fra Chiesa e Stato, in cui le ambizioni degli ecclesiastici a volte suscitarono gesti di intolleranza e reazioni a catena e senza scrupoli. Questi conflitti spiegano la nascita e lo sviluppo dell'anticlericalismo, che affonda le proprie radici negli ultimi decenni del XVIii secolo e ha assunto caratteristiche più radicali alla fine del xix secolo e all'inizio del xx, quando l'intransigenza della Chiesa è divenuta più accentuata e l'integralismo di molti sacerdoti e vescovi ha raggiunto il suo culmine. Il trionfo repubblicano del 1931 e lo scoppio rivoluzionario del 1936 furono i momenti culminanti dell'anticlericalismo spagnolo, nato, alimentato e preparato lentamente cento anni prima.

La Spagna repubblicana serbò un ricordo tormentato di queste rivalità, il che spiega in molti casi le violenze dell'anticlericalismo.

La repubblica sviluppò l'idea dello Stato assoluto come ultima istanza, ma in molti, già allora, misero in discussione l'esistenza di un "assoluto" incarnato e rappresentato dall'istituzione umana dello Stato, in quanto la coscienza religiosa esige la libertà di appellarsi a Dio quale base e garanzia di tutte le libertà. La repubblica non accettò una libertà religiosa generosa e rispettosa. E la libertà civile e politica che promosse e difese non ebbe fondamenta solide in quanto  non  riconobbe né riuscì a radicare la libertà religiosa dei suoi cittadini.

Questo fu il gravissimo errore della repubblica, soprattutto durante la guerra civile nell'area ad essa fedele, poiché non solo vi fu una persecuzione cruenta contro la Chiesa, ma mancò anche quella libertà religiosa che, secondo gli insegnamenti del concilio Vaticano ii e degli ultimi pontefici - accettatati quasi universalmente ai nostri giorni dai moderatori delle nazioni politicamente più evolute  - è il fondamento di tutte le altre libertà.

La Seconda Repubblica spagnola coincise con il decennio di maggiore apogeo del paganesimo nazista e del dogmatismo marxista. Due ideologie totalitarie che, come disse Giovanni Paolo ii nella sua lettera apostolica del 27 agosto 1989, in occasione del cinquantesimo anniversario dell'inizio della Seconda guerra mondiale, ebbero la "tendenza a divenire religioni sostitutive". In effetti, "già ben prima del 1939, in certi settori della cultura europea appariva una volontà di cancellare Dio e la sua immagine dall'orizzonte dell'uomo. Si iniziava a indottrinare in tal senso i fanciulli, fin dalla loro più tenera età".

Anche la Repubblica spagnola seguì purtroppo questa linea. I vescovi e i cattolici denunciarono il pericolo in numerose occasioni.

Il giornale "El Debate" - la voce cattolica di maggior prestigio e autorità in quegli anni di controlli e censure statali, sospeso in varie occasione per aver denunciato gli abusi del potere politico, che si vantava di essere pluralista e tollerante - non esitò a parlare del calcolo e dell'accuratezza con cui a partire dallo Stato si stava organizzando il piano generale di persecuzione, e smascherò la "nuova fase della guerra al cattolicesimo", iniziata nel febbraio del 1936, caratterizzata dall'ipocrisia, in quanto a partire dal Governo s'intendeva, "con costanza degna del più grande impegno (...) scristianizzare la Spagna", negando ai cattolici le libertà più elementari.

Si dirà che la Chiesa è stata l'unica a serbare della Seconda Repubblica spagnola un ricordo conflittuale e polemico. È però indubbio che per oltre settant'anni è stata data un'interpretazione esclusivamente politica alla persecuzione violenta che in sostanza prese di mira solo ed esclusivamente la Chiesa.
Molti responsabili di quella tragedia cercarono di far credere - e le loro tesi sono difese ancora oggi da storici che s'identificano ideologicamente con loro - che la Chiesa e i cattolici e, più in concreto i sacerdoti e i religiosi, non furono perseguitati in quanto tali, ma perché apparivano vincolati a una monarchia screditata e perché avevano collaborato con la dittatura.

Il settimanale repubblicano "Nueva Política" nel suo ultimo numero di maggio 1933 pubblicò un editoriale al quale appartengono i seguenti paragrafi:  "La prima e più urgente possibilità contemplata dalla nostra area è l'incanalamento delle relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e lo Stato spagnolo verso la firma di un convenio (patto) - abbiamo deliberatamente omesso la parola con cui si è soliti designare gli accordi fra Stato e Chiesa - che ridia al cattolicesimo, anche se solo in parte, la tranquillità perduta".

"Fortunatamente - scriveva il giornale cattolico "El Debate" nel commentare tale articolo - le aggressioni di cui è stata oggetto la Chiesa non sono riuscite a interrompere la relazione fra i due poteri. Nella storia moderna dell'Europa è difficile trovare un esempio di serenità migliore di quello offerto al mondo dalla Chiesa spagnola in questo momento di aggressività laicizzante. Quest'ultima avrebbe potuto legittimamente comportarsi in maniera diversa, mettendo possibilmente a rischio la stessa tranquillità pubblica.

Alla dichiarazione di guerra contro la coscienza cattolica da parte di una maggioranza parlamentare priva di senso della responsabilità storica - ben poche persone di fronte a oltre venti milioni di cittadini - la Chiesa avrebbe potuto rispondere accettando la lotta civile sullo stesso terreno in cui le veniva offerta. E tuttavia non lo fece. In questo equanime, ponderato, nobilissimo atteggiamento della Chiesa spagnola, che non potranno che riconoscere anche i suoi più astiosi nemici, si deve cercare il punto di appoggio per costruire un ponte capace di unire il presente con il futuro. Ponte provvisorio, ma che, quantomeno, serva da collegamento fra la Chiesa e lo Stato.

Quest'ultimo non si può arrogare il diritto esclusivo di regolare la vita della Chiesa in materie che la riguardano in modo prioritario senza consultarla, e, ancor peggio, soverchiando l'identità interessata. Di fatto la mansuetudine, la rassegnazione, persino l'umiltà umiliata, superato il grado eroico, hanno un loro limite. E a nessun uomo che sia degno di reggere il destino di un popolo, viene permessa l'insensatezza di provocare l'avversario quando questo ha dimostrato di non desiderare la guerra con alcuni, bensì la pace con tutti. Con ciò a guadagnarci di più in fin dei conti sarà la Repubblica".

Tuttavia il radicalismo repubblicano fu ancora una volta confermato nel discorso politico pronunciato a Ginevra il 23 giugno 1933 sulla situazione religiosa della Spagna dal socialista Francisco Largo Caballero, ministro del lavoro. Pochi giorni prima era stata pubblicata l'iniqua Legge sulle confessioni e congregazioni religiose, ma, secondo il ministro, non esisteva in Spagna alcuna persecuzione contro la Chiesa, in quanto si era giunti all'epoca della vera libertà religiosa per tutti.

L'unica cosa che era stata fatta, secondo Largo Caballero, era stato di "limitare l'enorme potere economico e spirituale che la Chiesa aveva raggiunto, come era avvenuto in altri stati dell'America e soprattutto in Messico, la cui rivoluzione ha insegnato molte cose agli spagnoli, specialmente in materia agraria e religiosa. Uno Stato forte - continuò il ministro - com'è la Repubblica Spagnola, non può permettere che esista al suo interno una sede più forte, perché lo Stato è un potere assoluto che è al di sopra di tutti i poteri sociali.

Lo Stato potrà così controllare l'insegnamento, affinché non s'insegni nulla contro la Repubblica e la Costituzione Repubblicana. La libertà assoluta è incompatibile con lo Stato creatore e non servirebbe ad altro che a minare le basi dello Stato stesso; ingenuità che non siamo disposti a tollerare. Libertà, a che fine?". Secondo la cronaca di "El Debate", a quel punto Largo Caballero fece riferimento a Lenin, ma tale riferimento fu poi tolto dal riassunto ufficiale del discorso. Nel commentare il fatto, il nunzio Tedeschini fece la seguente osservazione:  "I metodi socialisti sono sempre gli stessi. Quando questo partito è in minoranza rivendica per sé una libertà assoluta, e quando invece al potere, allora è una ingenuità lasciare la libertà agli altri e particolarmente alla Chiesa".


(©L'Osservatore Romano - 30 settembre 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Meglio morire anziché tradire Gesù Cristo


http://lh3.ggpht.com/_NXVfHVDeM2c/TJD9aeTFQtI/AAAAAAAAB9Y/kdt6hfSMcYM/suore-guerra-civile-spagnola.jpgIn Spagna nel 1936 scoppiò una violentissima guerra civile. Nei territori occupati dai miliziani “rossi” (anarchici, comunisti, socialisti, ecc.) si scatenò una cruenta persecuzione religiosa che costò la vita ad oltre seimila persone tra vescovi, preti, frati e suore. Spesso a costoro venne promessa la salvezza della vita se avessero fatto qualche azione blasfema, ad esempio calpestando un Crocifisso, sputando su immagini sacre, pronunciando qualche bestemmia, eccetera. La stragrande maggioranza preferì la morte anziché offendere e tradire Gesù Cristo. Molti di questi religiosi assassinati in odio alla Fede, sono stati innalzati agli onori degli altari come martiri. Grande è la ricompensa che hanno ricevuto in Cielo per la loro fedeltà a Dio. Non dobbiamo odiare i carnefici, bensì dobbiamo pregare per la conversione di tutti i persecutori della Chiesa Cattolica che è il Corpo Mistico di Cristo.
 
Nella foto in alto sono raffigurate due suore di clausura arrestate dai miliziani rossi. Nelle foto in basso sono immortalati i volti di due religiosi martirizzati.

http://lh3.ggpht.com/_NXVfHVDeM2c/TJD9aELWuBI/AAAAAAAAB9Y/BRvQbrZa_gc/Sor%20Felisa%20Gonzalez%2002.jpghttp://lh3.ggpht.com/_NXVfHVDeM2c/TJD9aC7i8RI/AAAAAAAAB9Y/yrgdmPvsftI/salesiano%201.jpg


[Modificato da Caterina63 26/08/2013 16:43]
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La persecuzione anticattolica nella Spagna repubblicana

Vietato pregare
(e anche lamentarsi)


di Vicente Cárcel Ortí

Durante il volo da Roma a Santiago de Compostela, nel suo recente viaggio apostolico in Spagna, conversando con i giornalisti, Benedetto XVI ha fatto un riferimento al laicismo che caratterizzò la politica repubblicana spagnola degli anni Trenta. Il Papa non ha fatto altro che ricordare un dato storico fin troppo noto, sebbene alcuni tendano a occultarlo o a minimizzarlo.

È risaputo, ma non è superfluo ricordarlo in questa occasione, che Pio xi paragonò la situazione religiosa della Spagna a quella della Russia e del Messico, nazioni in cui c'era un'aperta persecuzione contro la Chiesa cattolica. Il Papa venne duramente criticato dal giornale socialista "El Sol" il quale non solo non ammetteva che in Spagna ci fosse una persecuzione contro la Chiesa ma sosteneva anche che quest'ultima continuava ad avere privilegi speciali quando in realtà li aveva già persi tutti. Queste idee singolari non restarono senza risposta e molto opportunamente il prestigioso giornale cattolico "El Debate" oppose alle critiche del giornale socialista la realtà.

"Perché insistere tanto su una persecuzione che esiste solo nell'immaginazione di quanti fanno politica con il loro credo religioso?", si chiedeva il giornale socialista. "El Debate" rispose dicendo:  "Per "El Sol" non c'è a quanto pare persecuzione religiosa finché non si producono "nere ecatombe", finché non cadono "sacerdoti assassinati ai piedi dell'altare", finché non si vedono "chiese trasformate in stalle" e finché non ci sono "fiumi insanguinati e terrore invincibile dei martiri".
 
Poiché, a suo giudizio, non c'è in Spagna nulla di tutto ciò, ha l'ardire di chiedere "moderazione" alla Santa Sede nelle sue proteste o nelle sue espressioni di dolore, come quella formulata nell'ultimo Concistoro.

Ma nessuno spettatore imparziale ha bisogno di essere informato, non ha bisogno che gli venga ricordato nulla, viste le chiese bruciate, i sacerdoti cacciati via con la violenza dalle loro case e condannati alla fame, la distruzione di monumenti religiosi, gli attacchi contro il Crocifisso, gli spari contro le processioni, le donne insultate o incarcerate per la croce portata sul petto, le multe ai predicatori mai dimentichi della loro missione, le manifestazioni di energumeni che bestemmiano per le strade di una capitale di provincia di fronte allo sguardo impassibile degli agenti (...) Perché nulla di tutto ciò, sebbene sia tanto, avvalora e rivela l'esistenza della persecuzione quanto gli stessi testi giuridici.

È la Costituzione spagnola a stabilire una casta inferiore di cittadini la cui unica colpa è di riunirsi per pregare, a proibire loro di esercitare l'insegnamento o l'attività imprenditoriale, a privarli dei loro beni. Ed è la Costituzione stessa, dimenticandosi di ogni diritto, a spogliare i sacerdoti di tutto".
Sia la domanda del giornale socialista sia la replica di "El Debate" sono del 1933.

Commentando questa polemica, il nunzio Tedeschini disse al Cardinale Pacelli:  "In questo, come in tutti i regimi antireligiosi, non solo si vuole affliggere la Chiesa con la persecuzione, ma le si nega perfino il diritto di lamentarsi delle ingiustizie patite. Questo si suole verificare particolarmente dopo qualche atto solenne della Santa Sede, e così è avvenuto dopo la ultima Allocuzione Concistoriale del Santo Padre.

Alla stampa laica non è parso ragionevole che l'Augusto Pontefice parlasse di persecuzione in Ispagna e che la Spagna fosse messa in una stessa citazione con Messico e con Russia, perché, secondo essa, in Ispagna non si può parlare di persecuzione. È ben doloroso che neppure la augusta, alta e opportuna parola del Santo Padre riesca a far comprendere la vera posizione alla quale si è voluto ridurre la Chiesa in Ispagna nell'attuale momento. Ma forse non è la comprensione che manca. Vi è piuttosto la settarietà di propositi che impedisce un leale riconoscimento della sovrana parola di giustizia del Santo Padre".

Il 29 novembre 1931, nel discorso pronunciato in occasione della proclamazione delle virtù eroiche della futura santa Gemma Galgani, il Papa aveva esaltato l'eroismo sovrumano e la generosità dimostrata da molti cattolici spagnoli vittime di una situazione sempre più opprimente, paragonando gli avvenimenti della Spagna con quelli della Russia e del Messico.

Riprese questo paragone il 24 dicembre 1931, in occasione del discorso al collegio cardinalizio:  "La povera e cara Spagna - disse Pio xi - ha veduto, in questi ultimi frangenti, strapparsi una ad una tante delle più belle pagine della sua storia di fede e di eroismo, di civiltà e di benemerenze civili in tutto il mondo; la Spagna che aveva visto sconsacrarsi la famiglia, sconsacrarsi la scuola:  una vera desolazione". E in altri discorsi degli anni 1931 e 1932 il Pontefice parlò con insistenza delle "tristissime e inique condizioni poste alla santa religione, ai suoi fedeli e alla sua gerarchia in Spagna, Messico e Russia".


(©L'Osservatore Romano - 15-16 novembre 2010)

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26/08/2013 16:40
 
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[SM=g1740758]  Perché papa Francesco beatifica 500 martiri spagnoli uccisi dai repubblicani.
«E ora è anche peggio»


agosto 6, 2013 Benedetta Frigerio

guerra-civile-spagna-fronte-popolare

Intervista a monsignor Cárcel Ortí che ci racconta le storie dei cattolici spagnoli uccisi nella guerra civile a causa della loro fede. «Allora il nemico aveva il fucile in mano, oggi è la mentalità mondana»

Il 4 giugno scorso papa Francesco ha autorizzato il riconoscimento del martirio di 95 cattolici uccisi dai repubblicani durante la guerra civile spagnola. Fra loro si contano moltissimi sacerdoti e religiosi e anche diversi laici assassinati tra il 1936 e il 1939 in odio alla fede. I martiri dell’ondata anticattolica degli anni Trenta in Spagna, durante la quale anche il 70 per cento delle chiese subì devastazioni, sono migliaia. Già Giovanni Paolo II, tra il 1987 e il 2001, ne aveva beatificati 460. Tra il 2005 e il 2011 Benedetto XVI ne ha beatificati più di cinquecento. Con i 522 che saranno beatificati il 13 ottobre prossimo a Tarragona, la Chiesa avrà qualcosa come 1.500 beati martiri uccisi in Spagna negli anni Trenta, di cui alcuni già canonizzati.
«Ma questi rappresentano solo una piccola percentuale delle circa 10 mila persone morte per Cristo», spiega a tempi.it monsignor Vicente Cárcel Ortí, storico ed esperto dei rapporti Stato-Chiesa nella Spagna del XX secolo e autore di numerosi libri sui martiri di quel periodo.

Monsignor Cárcel Ortí, chi sono questi uomini e donne che morirono a causa delle loro fede?
Bisogna precisare che questi beati non sono propriamente martiri della guerra civile, perché la persecuzione è cominciata prima, con l’istituzione della Repubblica tramite il colpo di Stato del 1931, avvenuto per mano delle variegate anime della sinistra. Fu un attentato alla Corona, che allora era naturalmente associata alla Chiesa, data la cattolicità della nazione spagnola. Combattere la monarchia equivaleva dunque ad attaccare la Chiesa. Per questo i liberali erano anticlericali, e si opponevano alle leggi della Corona considerate cattoliche: cominciò una discriminazione nei fatti e legale, accompagnata da una campagna mediatica non anticlericale appunto, ma anticattolica. Fu così che venne a mancare la libertà religiosa, mentre, giorno dopo giorno, si creava una mentalità per cui la Chiesa cominciò ad essere percepita come la responsabile di tutti i mali. Infine, dopo tre anni, nel 1934, cominciarono gli omicidi: nella Regione delle Asturie vennero uccisi mille civili e 34 religiosi, di cui 9 sono già stati canonizzati, mentre gli altri sono in via di beatificazione. Non solo, furono distrutte anche la bellissima cattedrale della capitale, Oviedo, il seminario e gli edifici religiosi della città. Questo sarebbe diventato il metodo della sinistra anticattolica: uccidere qualsiasi credente, profanare le chiese e distruggere qualsiasi simbolo, edificio o opera d’arte legati alla religione cattolica.

guerra-civile-spagna-chiesaCome si arrivò a compiere atti pubblici tanto atroci, senza pensare di perdere il consenso della popolazione credente?
È difficile capire come si arrivò a un livello di violenza così feroce. Pio XII nel 1936 parlò di «odio di Satana». Non trovo altre spiegazioni a tanto furore, che portò non solo all’omicidio di migliaia di uomini ma anche alla profanazione di tantissime chiese.

Perché la Chiesa cattolica era così invisa al potere?
L’ideologia marxista diceva che occorreva rispondere alla questione sociale tramite il metodo stalinista. Perfino alcuni illuminati, seppur liberali, riconobbero che la guerra civile era proprio il tentativo di ricreare i soviet di Stalin in Spagna. La Chiesa non aveva mezzi per rispondere alle nuove istanze sociali. Così, quando nel 1936 ci fu un nuovo colpo di Stato contro la Repubblica, i militari vennero supportati dal popolo, ormai da anni istigato contro la Chiesa. Ma siccome questo popolo era in maggioranza cattolico lo scontro avveniva spesso tra fratelli, come sottolineò sempre Pio XII: fu l’emblema della Seconda guerra mondiale.

È in questo contesto che gli omicidi e gli atti dissacranti cominciarono a diventare sistema normale.
Prima si cominciò con la propaganda, che incolpava i cattolici retrogradi, e poi si arrivò a giustificare la violenza che si consumava quotidianamente per strada e nelle piazze. Non uccidendo solo preti e suore, ma intere famiglie di fronte a tutti, come si vede in un film uscito di recente. George Orwell, allora anarchico di sinistra e corrispondente di guerra, scrisse che in questa lotta non avevano pace nemmeno i morti. Anche i cimiteri venivano profanati, con i cadaveri riesumati e le tombe distrutte. Ma ripeto, prima ci furono cinque anni di campagna martellante e quotidiana contro i cattolici.

L'udienza generale di Papa FrancescoAnche oggi la Chiesa è accusata di non essere “al passo coi tempi”.
Ora è anche peggio, perché ci si accorge meno della violenza del potere. È più subdola, anche per il fatto che non si sa più chi sia il nemico, che allora riconoscevi con i fucili in mano. Non solo, la mentalità mondana sta entrando nel cervello di molti cattolici. Mentre allora la maggioranza aveva resistito.

Morirono non solo religiosi ma anche laici: giovani, padri e madri di famiglia.
Non si tratta di eroi, ma di persone normali che vivevano una fede per cui valeva la pena dare la vita. E fu una sorpresa anche per la Chiesa: molti pensavano che la fede popolare degli spagnoli fosse insufficiente, folcloristica e sentimentale. Invece, davanti alla prova, emerse la sua forza semplice e cristallina, prima snobbata dagli intellettuali. La cosa impressionante è che in ogni città, senza conoscersi né mettersi d’accordo, morirono tutti allo stesso modo: invitati ad abiurare in cambio della vita, rifiutarono e morirono pregando per i loro assassini e urlando: “Viva Cristo Re”. Come accadeva anche in Messico o in Germania davanti alle SS di Hitler.

Vi furono casi di abiura?
Leggendo tutte le carte dei processi non si trova un solo caso di tradimento. Questo è miracoloso perché non è scontato che uno che ha fede non ceda o non tradisca.

Perché beatificarli proprio ora?
A cominciare fu Giovanni Paolo II, vissuto sia sotto il nazismo sia sotto il comunismo. Nel Novecento si pensava ancora ai martiri cristiani come a quelli morti durante l’impero romano. Invece i martiri sono tornati con i totalitarismi e le dittature. Il Papa voleva che ci si ricordasse di ciascuno di loro, che fosse mantenuta la memoria storica dei disastri provocati da un secolo che ha dimenticato Dio. Per questo anche papa Benedetto ha continuato con le beatificazioni.

E non sembra che sia finita.
Papa Francesco non fa che parlare di martirio, che significa testimonianza. Il Papa invita i cattolici ad andare controcorrente e a non piegarsi alle leggi mondane. Lo ha fatto il 17 di giugno incontrando la curia romana. E continua a ripeterlo anche ai giovani. Voglio chiudere con le sue parole che spiegano perché il martirio sia così attuale.
Sono quelle dell’Angelus dello scorso 23 di giugno: «Che cosa significa “perdere la vita per causa di Gesù”? Questo può avvenire in due modi: esplicitamente confessando la fede o implicitamente difendendo la verità. (…) Quante persone pagano a caro prezzo l’impegno per la verità! Quanti uomini retti preferiscono andare controcorrente, pur di non rinnegare la voce della coscienza, la voce della verità! Persone rette, che non hanno paura di andare controcorrente! E noi, non dobbiamo avere paura! Fra voi ci sono tanti giovani. A voi giovani dico: non abbiate paura di andare controcorrente, quando ci vogliono rubare la speranza, quando ci propongono questi valori che sono avariati, valori come il pasto andato a male e quando un pasto è andato a male, ci fa male; questi valori ci fanno male. Dobbiamo andare controcorrente! E voi giovani, siate i primi: andate controcorrente e abbiate questa fierezza di andare proprio controcorrente!».



[SM=g1740733]



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