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Festa Liturgica di CRISTO RE (preghiera e studio), 21 Novembre Presentazione di Maria Bambina

Ultimo Aggiornamento: 22/11/2015 13:57
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06/11/2012 21:07
 
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Si dedica totalmente al Signore

«Maria è la donna del silenzio, da una parte, ma anche del sì a Cristo senza condizioni o limitazioni» (Salvatore M. Perrella, osm).

La celebrazione liturgica della Presentazione della Beata Vergine Maria, che nel calendario della Chiesa cattolica è ricordata il giorno 21 novembre, trova la sua origine legata alla dedicazione della chiesa di Santa Maria Nuova, costruita presso il Tempio di Gerusalemme nell'anno 543. È una festa che era celebrata in Oriente fin dal sec. IV e Roma la accolse nel suo calendario nel sec. XIV. Per gli orientali la Theotokos (Madre di Dio) è il vero tempio in cui si offre l'unico culto gradito a Dio; per gli occidentali Maria è l'adolescente radiosa che realizza la sua consacrazione totale ed esemplare al Signore, secondo la felice affermazione di san Francesco di Sales: «Maria è un'offerta quale il Signore la vuole». Si sa che di Maria di Nazaret non si posseggono precise notizie storiche prima del momento dell'Annunciazione e i quattro Vangeli non ci offrono indicazioni sulla precedente vita della fanciulla. Possediamo invece racconti particolari, anche significativi nelle loro espressioni, nei cosiddetti "Vangeli apocrifi", ed è interessante leggere quanto ci descrive, in riferimento all'atto della Presentazione di Maria al Tempio, il testo del Protovangelo di Giacomo.

«La bambina aveva tre anni ed essi (i genitori Gioacchino e Anna) entrarono nel Tempio del Signore e il sacerdote la ricevette, la baciò e la benedisse, dicendo: "Il Signore ha magnificato il suo nome per tutte le generazioni. In te, nell'ultimo dei giorni, il Signore manifesterà la sua redenzione ai figli di Israele". E la mise sul terzo gradino dell'altare, e il Signore Dio mandò su di lei la sua grazia; ed ella si mise a danzare e tutti nella casa di Israele l'amarono. E i suoi genitori andarono via meravigliandosi e lodando il Signore Dio, perché la bambina non si voltava indietro. E Maria rimase nel Tempio del Signore, come una colomba nella sua dimora». Al di là del valore storico o meno del racconto, la Chiesa ha sempre invitato, sia nella celebrazione liturgica della festa e sia nella devozione popolare, a porre soprattutto l'attenzione sul valore religioso e teologico dell'episodio della Presentazione. Il fatto non deve essere visto tanto in se stesso, quanto piuttosto come simbolo di una verità più alta: quella della totale consacrazione a Dio della Vergine fin dai primi istanti della sua esistenza. Da sempre la Chiesa ha venerato la sublime santità di Maria e molto presto la riflessione cristiana si è fermata sulla misteriosa preparazione di questa anima eletta al compito che Dio le ha affidato.

Giovannino de’ Grassi (1350 ca.-1398), Presentazione di Maria al Tempio, Biblioteca nazionale, Firenze.
Giovannino de' Grassi (1350 ca.-1398), Presentazione di Maria
al Tempio, Biblioteca nazionale, Firenze.

Anche grandi artisti, come Giotto, Tiziano, Tintoretto..., si sono ispirati a questa scena della Presentazione di Maria al Tempio, offrendoci opere altamente qualificate ed espressive. Ne è un felice esempio la miniatura di copertina, opera di Giovannino de' Grassi, esposta nella Biblioteca nazionale di Firenze. In un dittico, a forma quasi di sequenza filmica, l'autore esprime in un'unica rappresentazione due momenti distinti dell'avvenimento: a sinistra Anna tiene tra le braccia la figlia ancora piccola che la accarezza teneramente, mentre Gioacchino le guarda con dolcezza; a destra la bambina, ormai più grandicella, giunta al Tempio si dirige sicura verso l'altare dove il sacerdote stende le braccia in segno di accoglienza. L'interno del Tempio è tappezzato con una stoffa riccamente decorata e trapunta d'oro, sulla quale si staglia la sontuosa veste del sacerdote. Il tutto è contornato da soli d'oro e nei tondi agli angoli vengono raffigurati i simboli dei quattro Evangelisti. La festa liturgica della Presentazione di Maria è diventata modello di chi dedica la propria vita totalmente al Signore, la Giornata pro Orantibus. Benedetto XVI a questo proposito ebbe a dire che questa è un'occasione «quanto mai opportuna per ringraziare il Signore per il dono di tante persone che, nei monasteri e negli eremi, si dedicano totalmente a Dio nella preghiera, nel silenzio e nel nascondimento… Rendiamo grazie al Signore, che nella sua provvidenza, ha voluto le comunità di clausura, maschili e femminili. Non facciamo mancare loro il nostro sostegno spirituale ed anche materiale, affinché possano compiere la loro missione, quella di mantenere viva nella Chiesa l'ardente attesa del ritorno di Cristo. Invochiamo per questo l'intercessione di Maria, che, nella memoria della sua Presentazione al Tempio, contempliamo come madre e modello della Chiesa, che riunisce in sé entrambe le vocazioni: alla verginità e al matrimonio, alla vita contemplativa e a quella attiva».

Giovanni Ciravegna

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Irripetibile Maria

La Vergine santa di Nazaret è stata il luogo dell'"avvento" di Dio nella carne del mondo, senza perdere nulla della sua piena umanità, della sua femminilità profonda.

Il riferimento a Maria, la donna, vuole evidenziare la concretezza di colei di cui si parla, la corposità storica della giovane donna d'Israele, cui è stato dato di diventare la madre del Messia. Certamente non è possibile ricavare dai Vangeli una «biografia» di Maria, così come non è possibile in base ad essi ricostruire una «biografia» di Gesù, dato il loro carattere di testimonianza pasquale, che tende a rileggere in profondità con gli occhi della fede, illuminati dall'esperienza dell'incontro col Risorto, soltanto quegli aspetti e momenti della vicenda pre-pasquale, che si rivelano maggiormente ricchi di messaggio. Tuttavia, la molteplice attestazione delle fonti, il principio dell'irriducibilità di alcuni dati fondamentali al mondo in cui furono espressi (primo fra questi l'idea della concezione verginale) e il criterio della continuità e omogeneità del messaggio evangelico nel suo insieme, consentono di rilevare alcuni tratti della figura storica di Maria. La grandezza di ciò che le è avvenuto non deve così far dimenticare l'umiltà della sua condizione, la quotidianità delle sue fatiche nella famiglia di Nazaret, l'oscurità dell'itinerario di fede in cui ella è avanzata, i condizionamenti ricevuti dall'ambiente che la circondava, la densità piena e vera del suo essere donna e dell'aver conosciuto gli stati differenti dell'esperienza femminile: vergine, madre, sposa. Maria non è un mito, né una vaga astrazione: ella è proprio la «vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe», che sta «in una città della Galilea, chiamata Nazaret», borgo piuttosto insignificante e disprezzato (cf Gv 1,46), e porta un nome abbastanza comune nel suo ambiente (Miryam in ebraico, cf Lc 1,26ss).

Dal racconto evangelico traspare la fede profonda di questa donna, che si è lasciata totalmente plasmare dal Signore e ha saputo accompagnare il proprio Figlio nel cammino di un'esistenza segnata dai disegni misteriosi dell'Eterno. Maria è stata una donna profonda e meditativa (cf Lc 2,19 e 51), esperta nel silenzio e nell'ascolto della Parola di Dio (la «spada» che, secondo la profezia di Simeone, le avrebbe trafitto l'anima: cf Lc 1,35), donna forte nel dolore, nella più pura tradizione delle grandi madri ebraiche, donna che ha saputo passare dal rapporto del tutto naturale della sua maternità, tenera e affettuosa, al discepolato della fede incondizionata. È donna ricca della delicatezza della carità, capace di prevenire il bisogno altrui e di soccorrerlo: così fa con la cugina Elisabetta (cf Lc 1,39ss) e con i giovani sposi di Cana (cf Gv 2,1-11).

F. De Mura, Maria ed Elisabetta (sec. XVIII), Pinacoteca provinciale, Bari.
F. De Mura, Maria ed Elisabetta (sec. XVIII), Pinacoteca provinciale, Bari.

Alla scuola del Figlio. È la «serva del Signore» (Lc 1,38) che, alla scuola del Figlio, entra nella comunità messianica, la Chiesa (cf Gv 2,12), e ne vive il mistero delle origini, in un'esperienza analoga a quella sperimentata nella propria vicenda personale (cf At 1,14 e 2,1-4 e le analogie fra quest'ultimo testo e Lc 1,35). Al «discepolo dell'amore» questa donna, umile e forte, silenziosa e insieme incisiva nelle parole decisive che pronuncia nel Vangelo, è affidata, perché per volontà del Figlio morente appartiene ormai in modo vitale al suo mondo, al mondo della Chiesa, nuovo Israele. In lei il popolo del compimento viene ad incontrarsi a tal punto col popolo della speranza e dell'attesa che la fede pasquale ha riconosciuto nella sua figura la «figlia di Sion», che esulta nella gioia del tempo messianico (cf Lc 1,28 e Sof 3,14ss), la «donna» Israele-Gerusalemme- Chiesa, che entra nell'ora escatologica (cf Gv 2,1-11; 19,25-27 e Ap 12): e questo riconoscimento è avvenuto certamente anche sulla base dei tratti profondamente ebraici della sua personalità di donna, che ha saputo vivere nel modo più alto la fede e la speranza messianica, sperimentandone in se stessa in maniera inaudita e stupefacente il compimento e insieme il nuovo inizio.

G. Gelfi, Le nozze di Cana (1994), chiesa parrocchiale del Cristo Re, Saiano (Brescia).
G. Gelfi, Le nozze di Cana (1994), chiesa parrocchiale del Cristo Re, Saiano (Brescia).

Questa donna concreta, Maria di Nazaret, è stata il luogo dell'avvento di Dio nella carne del mondo, senza perdere nulla della sua piena umanità, della sua femminilità profonda. Nella scelta di questa donna per l'inaugurazione dell'alleanza, Dio manifesta un compiacimento gratuito. (Egli) vuole valorizzare la personalità femminile, senza basare questo valore su alcun altro titolo umano. Maria è scelta come donna, una donna che non ha bisogno di raccomandazioni speciali e che possiede, nella sua persona e nella sua qualità di donna, tutto quanto è necessario per vivere da alleata di Dio e compiere la sua missione. Donna concreta scelta da Dio per realizzare il nuovo inizio del mondo, Maria non è un caso dell'universale, ma – esattamente al contrario – è la «Virgo singularis», la Vergine irripetibile nella sua storicità unica, il concreto femminile della persona, che l'Eterno ha eletto per la rivelazione del Mistero: dal Figlio suo, l'«Universale concreto», la norma e l'archetipo dell'umano, la Vergine Madre riceve, proprio nella sua determinata singolarità, una certa partecipazione all'universalità del disegno salvifico.

Senza cessare di essere la concreta donna che è, Maria riflette l'universalità del Figlio nella sua natura femminile. Non è l'Universale che prende per noi l'apparenza del Personale, per rendersi afferrabile in una qualche espressione mitica, o che diviene più o meno personale, ricevendo in tal modo una sorta di sovraggiunto attributo: è piuttosto il Personale che, esattamente nella misura in cui realizza più in profondità, per il tramite di determinate condizioni, il suo carattere proprio, diventa universale. È la persona di Maria che, attuando il suo essere donna nell'accoglienza pura del Mistero, diventa «benedetta fra tutte le donne», come è «benedetto il frutto del suo grembo», Gesù (cf Lc 1,42). Non si tratta, pertanto, di sviluppare una «ontologia del femminile», partendo dalla figura di Maria, vergine-madre-sposa: i rischi di astrattezza di una simile ricerca dell'eterno femminino (Goethe) sono stati giustamente denunciati dagli sviluppi del pensiero femminista. Si tratta piuttosto di indagare qualche aspetto del mistero racchiuso in ogni donna, e quindi reciprocamente in ogni uomo, a partire dal «caso» assolutamente singolare, che è la donna «Vergine Madre, figlia del suo Figlio» (Dante). Il significato universale di Maria, dunque, sta o cade con la sua singolarità di donna concreta: quanto più questa singolarità femminile sarà colta, tanto più il suo valore di archetipo per la dimensione femminile dell'essere umano si lascerà percepire e il mistero in lei riposto dall'Eterno si farà penetrare.

Icona del Mistero. È questo gioco di visibile concretezza e di invisibile profondità che fa parlare di Maria come di una icona: sull'esempio della fede pasquale, testimoniata nel Nuovo Testamento, a Maria ci si avvicina con la trepidazione e la violenza della fede. Il mondo liturgico, l'icona... si chiudono sui propri segni, diventano cifre e attendono la "violenza della fede" di cui parla il Vangelo (Lc 16,16), che è la sola che sia in grado di spezzare i sigilli del Libro della vita, affinché la Vita sgorghi. Maria è «icona» perché sin dalle origini è oggetto di questa innamorata violenza della fede: basti pensare al denso simbolismo con cui la presenta il Vangelo di Giovanni. La Vergine Madre è «icona» perché in lei si offre il duplice movimento, che ogni icona tende a trasmettere: la discesa e l'ascesa, l'antropologia di Dio e la teologia dell'uomo. In lei risplende l'elezione dell'Eterno e il libero consenso della fede in lui; Maria è (icona) perché in lei si compie la rivelazione del nascosto, l'apocalisse dell'ultimo tempo, la presenza dell'Eterno nella storia e insieme perché in lei si offre all'occhio del cuore credente la finestra del mistero, il ponte fra il visibile e l'invisibile.

Guardare a Maria, la donna, significa, allora, orientarsi verso un discorso di fede su di lei saldamente ancorato al dato biblico nella determinatezza e nella sua corposità, e insieme aperto a sondare la profondità di questo dato nella continuità con l'ininterrotta tradizione credente della Chiesa, a partire dalle sue prime origini. Si potrebbe affermare che la testimonianza biblica su Maria ha i caratteri dell'icona, in quanto insieme narrativa e simbolica: tale deve essere perciò ogni mariologia che, in obbedienza alla Parola di Dio, voglia scrutare nella donna eletta da Dio il Mistero in lei offerto, contemplando con la «violenza della fede» l'icona della «Madre del Signore». La donna Maria ha conosciuto nella sua esistenza terrena la triplice condizione di vergine, madre e sposa, senza mai nulla perdere di ciascuno dì questi tre aspetti, tanto da essere la madre verginale del Figlio eterno e la vergine sposa della nuova alleanza. Il carattere di una simile mariologia, narrativa e simbolica insieme, sarà profondamente biblico, tale da unire alle sorgenti le due vie, che reciprocamente si integrano nella contemplazione dell'icona: la via della verità e la via della bellezza, la concretezza del racconto e la nutriente densità del simbolo. Per queste sue caratteristiche, radicate nella testimonianza oggettiva della Scrittura ricevuta nella storia della fede, questa mariologia farà non di meno appello alla soggettività di chi contempla: se il visibile dell'icona è percepibile a tutti, l'invisibile si offre a chi vi si avvicina con cuore umile e con docilità interiore. Allora soltanto, al di là delle parole, si realizzerà l'incontro e i sigilli del Libro si schiuderanno alla contemplazione del cuore.

Giuseppe Daminelli, smm





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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