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Comunità LAICHE di "recente" fondazione e NUOVE FORME DI VITA CONSACRATA

Ultimo Aggiornamento: 22/11/2014 16:26
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08/02/2011 18:16
 
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Nel venticinquesimo della Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo

Storia di un piccolo seme


di padre MASSIMO CAMISASCA

Nel settembre 1985 nasce la Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo. Nessuno di noi sei che firmammo l'atto costitutivo poteva sapere quale sarebbe stato il futuro di quel piccolo seme, così come oggi nessuno di noi - poco più che cento preti e quaranta seminaristi - può conoscere quale sarà lo sviluppo della nostra vita. Possiamo perciò soltanto lodare Dio per il passato, ringraziarlo per il presente e confidare in lui per il futuro.

In quel tempo Karol Wojtyla era Papa da quasi sette anni. La nostra nascita si iscrive in due cerchi concentrici: quello del movimento di Comunione e liberazione (Cl) e quello della Chiesa universale. Cl stava vivendo un periodo importante della sua storia.

Nel 1976 don Giussani, riconosciuto da tutti come responsabile del movimento dopo i turbolenti anni Sessanta, attraverso il suo insegnamento all'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano e guidando in prima persona la comunità degli universitari, iniziava e continuava un'opera di riforma della vita di Cl che intendeva radicare il popolo da lui nato in un'adesione profonda e personale al mistero di Cristo.

Sono anni ricchi di opere, segnati dalla nascita del Meeting di Rimini e dal sorgere del Movimento popolare. Vengono lanciati strumenti giornalistici che apriranno a molti giovani la strada di una nuova missione: dopo le vocazioni all'insegnamento, questa attenzione alla comunicazione fu un invito profetico di don Giussani a tutto il movimento.

Siamo all'inizio del pontificato di Giovanni Paolo II. Anni che vedono attorno alla figura del Papa polacco un'attenzione e un consenso progressivamente crescenti, ma anche voci dissenzienti. Giovanni Paolo II ha chiamato attorno a sé un consistente gruppo di prefetti e segretari di congregazioni che sostengono la sua opera in tutta la Chiesa. Penso al cardinale Ratzinger, a monsignor Cordes, a monsignor Moreira Neves, a monsignor Tomko, per citare soltanto alcuni tra quelli che più mi impressionavano.

In questo tempo, così luminoso e drammatico, è nata la Fraternità San Carlo. Se, nell'immediato essa sorse per un'intuizione di don Giussani e per le vicende personali di alcuni sacerdoti, in realtà poté crescere per la fecondità di grazie, di stimoli e di speranze propria di quel momento particolare che furono per la Chiesa e per Cl gli anni Ottanta.

Alla fine di quel decennio, esattamente nel 1989, il nostro istituto fu riconosciuto come società di vita apostolica di diritto diocesano dal cardinale Ugo Poletti, allora vicario del Papa per la diocesi di Roma.

Nel 1999 sarà riconosciuto come società di diritto pontificio dallo stesso Giovanni Paolo II. Nei dieci anni intercorsi tra i due riconoscimenti si sono poste le fondamenta della Fraternità. Si è consolidata la tradizione educativa della casa di formazione, sono nate le prime case nel mondo, si è confermata in noi la scelta della vita comune come via fondamentale dell'educazione e della missione. Solo nella comunione con i fratelli, segno sacramentale della comunione di Cristo, la nostra persona viene continuamente corretta e guidata verso Dio.
 
Tale comunione è la pietra preziosa che possiamo offrire agli uomini. Essa è luminosa proprio perché non viene da noi, non dipende dai nostri sforzi e porta in sé anche le nostre debolezze e perfino i nostri peccati.

Poi nel primo decennio del nuovo secolo abbiamo vissuto gli anni della malattia di don Giussani e di Giovanni Paolo II, esperienze di grande insegnamento per tutti noi. Si è andata approfondendo in coloro che hanno guidato la Fraternità la coscienza dell'importanza del silenzio, della preghiera, dello studio: strade decisive affinché ciascuno entri, per quanto possibile, nel segreto della volontà di Dio e della sua visione sull'uomo e sul mondo. Abbiamo scoperto ogni giorno di più l'importanza del fatto che i sacerdoti siano seguiti costantemente e capillarmente nella loro crescita e nel loro ministero. La Fraternità ha ora dei delegati del superiore generale che vivono nei vari continenti e seguono da vicino i membri e le case dell'istituto, integrando i viaggi del superiore e dei suoi consiglieri.

Nel 2005 a Giovanni Paolo II succede Papa Benedetto. A don Giussani succede, come presidente della Fraternità di Cl, don Julián Carrón. Nello stesso anno un fiore improvviso è nato fra di noi. Non l'avevamo preventivato, ma subito al suo apparire ne abbiamo capito l'importanza. Attraverso la vocazione di una ragazza, Rachele Paiusco, sono nate le missionarie di San Carlo, religiose che intendono costituire delle case in missione, così come i loro fratelli missionari di San Carlo, dedicandosi all'evangelizzazione. La nostra Fraternità si è dunque allargata: una famiglia in due istituti.

L'elezione di Joseph Ratzinger ha enormemente rallegrato tutti noi. Le due udienze private che mi ha concesso in questi anni e la prossima udienza generale a tutta la Fraternità sono ragione di gioia e gratitudine per l'affetto con cui il Papa ci segue e per la considerazione che mostra per il carisma che ci ha generati.

Quando penso a Benedetto XVI, mi vengono alla mente soprattutto Leone e Gregorio Magno, due Papi che hanno segnato con il loro magistero l'età tardoantica. Nelle parole del Pontefice, soprattutto in quelle a commento della liturgia nelle feste principali dell'anno, non c'è soltanto la profondità di una riflessione sul mistero di Cristo che vive nella liturgia della Chiesa, ma anche l'indicazione di un metodo che sentiamo particolarmente significativo per la nostra missione: la concentrazione sull'essenziale, la fiducia in Dio e non nei poteri mondani.

Nella prossima udienza, come un pellegrino desidero deporre ai piedi del Papa, successore di Pietro, il lavoro compiuto e le grazie ricevute in questi nostri primi venticinque anni di storia, umile contributo alla vita della Chiesa nella quale riconosciamo la madre che ci ha partorito. Gesto di ringraziamento a Dio da cui tutto abbiamo ricevuto.



(©L'Osservatore Romano - 9 febbraio 2011)


Per saperne di più clicca anche qui:
http://www.sancarlo.org/it/

                                  Pope Benedict XVI waves to pilgrims during his weekly general audience on February 9, 2011 at The Vatican.

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLA FRATERNITÀ SACERDOTALE DEI MISSIONARI DI SAN CARLO BORROMEO, 12.02.2011

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti all’Assemblea Generale della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, in occasione del 25° anniversario della fondazione della comunità.
Riportiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli e amici,

è con vera gioia che vivo questo incontro con voi, sacerdoti e seminaristi della Fraternità san Carlo, qui convenuti in occasione del venticinquesimo anniversario della sua nascita. Saluto e ringrazio il fondatore e superiore generale, Mons. Massimo Camisasca, il suo consiglio, e tutti voi, parenti ed amici, che fate corona alla comunità. In particolare, saluto l'Arcivescovo della Madre di Dio di Mosca, Mons. Paolo Pezzi, e Don Julián Carrón, Presidente dalla Fraternità di Comunione e Liberazione, che esprimono simbolicamente i frutti e la radice dell'opera della Fraternità san Carlo. Questo momento riporta alla mia memoria la lunga amicizia con Mons. Luigi Giussani e testimonia la fecondità del suo carisma.

In questa occasione, vorrei rispondere a due domande che il nostro incontro mi suggerisce: qual è il posto del sacerdozio ordinato nella vita della Chiesa? Qual è il posto della vita comune nell’esperienza sacerdotale?

La vostra nascita dal movimento di Comunione e Liberazione e il vostro riferimento vitale all'esperienza ecclesiale che esso rappresenta, pongono davanti ai nostri occhi una verità che si è andata riaffermando con particolare chiarezza dall'Ottocento in poi e che ha trovato una significativa espressione nella teologia del Concilio Vaticano II.

Mi riferisco al fatto che il sacerdozio cristiano non è fine a se stesso. Esso è stato voluto da Gesù in funzione della nascita e della vita della Chiesa. Ogni sacerdote, perciò, può dire ai fedeli, parafrasando sant'Agostino: Vobiscum christianus, pro vobis sacerdos. La gloria e la gioia del sacerdozio è di servire Cristo e il suo Corpo mistico. Esso rappresenta una vocazione bellissima e singolare all'interno della Chiesa, che rende presente Cristo, perché partecipa dell’unico ed eterno Sacerdozio di Cristo.

La presenza di vocazioni sacerdotali è un segno sicuro della verità e della vitalità di una comunità cristiana. Dio infatti chiama sempre, anche al sacerdozio; non vi è crescita vera e feconda nella Chiesa senza un'autentica presenza sacerdotale che la sorregga e la alimenti. Sono grato perciò a tutti coloro che dedicano le loro energie alla formazione dei sacerdoti e alla riforma della vita sacerdotale. Come tutta la Chiesa, infatti, anche il sacerdozio ha bisogno rinnovarsi continuamente, ritrovando nella vita di Gesù le forme più essenziali del proprio essere.

Le diverse possibili strade di questo rinnovamento non possono dimenticare alcuni elementi irrinunciabili. Innanzitutto un'educazione profonda alla meditazione e alla preghiera, vissute come dialogo con il Signore risorto presente nella sua Chiesa. In secondo luogo, uno studio della teologia che permetta di incontrare le verità cristiane nella forma di una sintesi legata alla vita della persona e della comunità: solo uno sguardo sapienziale può infatti valorizzare la forza che la fede possiede di illuminare la vita e il mondo, conducendo continuamente a Cristo, Creatore e Salvatore.

La Fraternità san Carlo ha sottolineato, durante il corso breve ma intenso della sua storia, il valore della vita comune. Anch'io ne ho parlato più volte nei miei interventi prima e dopo la mia chiamata al soglio di Pietro. «È importante che i sacerdoti non vivano isolati da qualche parte, ma stiano insieme in piccole comunità, si sostengano a vicenda e facciano così esperienza dello stare insieme nel loro servizio a Cristo e nella rinuncia per il regno dei Cieli e ne prendano anche sempre più coscienza» (Luce del mondo, Città del Vaticano 2010, 208). Sono sotto i nostri occhi le urgenze di questo momento. Penso per esempio alla carenza di sacerdoti. La vita comune non è innanzitutto una strategia per rispondere a queste necessità. Essa non è neppure, di per sé, solo una forma di aiuto di fronte alla solitudine e alla debolezza dell'uomo. Tutto questo ci può essere, certamente, ma soltanto se la vita fraterna viene concepita e vissuta come strada per immergersi nella realtà della comunione. La vita comune è infatti espressione del dono di Cristo che è la Chiesa, ed è prefigurata nella comunità apostolica, che ha dato luogo ai presbiteri. Nessun sacerdote infatti amministra qualcosa che gli è proprio, ma partecipa con gli altri fratelli a un dono sacramentale che viene direttamente da Gesù.

La vita comune perciò esprime un aiuto che Cristo dà alla nostra esistenza, chiamandoci, attraverso la presenza dei fratelli, ad una configurazione sempre più profonda alla sua persona. Vivere con altri significa accettare la necessità della propria continua conversione e soprattutto scoprire la bellezza di tale cammino, la gioia dell'umiltà, della penitenza, ma anche della conversazione, del perdono vicendevole, del mutuo sostegno. Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum (Sal 133,1).

Nessuno può assumere la forza rigenerante della vita comune senza la preghiera, senza guardare all’esperienza e all'insegnamento dei santi, in particolar modo dei Padri della Chiesa, senza una vita sacramentale vissuta con fedeltà. Se non si entra nel dialogo eterno che il Figlio intrattiene col Padre nello Spirito Santo nessuna autentica vita comune è possibile. Occorre stare con Gesù per poter stare con gli altri. È questo il cuore della missione. Nella compagnia di Cristo e dei fratelli ciascun sacerdote può trovare le energie necessarie per prendersi cura degli uomini, per farsi carico dei bisogni spirituali e materiali che incontra, per insegnare con parole sempre nuove, dettate dall'amore, le verità eterne della fede di cui hanno sete anche i nostri contemporanei.

Cari fratelli e amici, continuate ad andare in tutto il mondo per portare a tutti la comunione che nasce dal cuore di Cristo! L'esperienza degli Apostoli con Gesù sia sempre il faro che illumini la vostra vita sacerdotale! Incoraggiandovi a continuare sulla strada tracciata in questi anni, volentieri imparto la mia benedizione a tutti i sacerdoti e i seminaristi della Fraternità san Carlo, alle Missionarie di san Carlo, ai loro familiari e amici.

[Modificato da Caterina63 12/02/2011 12:54]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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