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2012 Cinquantesimo del Concilio Vaticano II: a che punto siamo?

Ultimo Aggiornamento: 11/06/2013 09:45
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02/02/2012 22:56
 
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Da Vatican-insider
[SM=g1740733] Fine della ricreazione dottrinale nella Chiesa cattolica?


Il Concilio Vaticano II
L’editorialista del Figaro si interroga sul vero significato della recente Nota sull’Anno della Fede inaugurato proprio nell’anniversario del Vaticano II
Jean-Marie Guénois
Roma

Se non si tratta di una vendetta della storia, poco ci manca. Il cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II che sta per essere celebrato nella Chiesa cattolica nel 2012, potrebbe segnare paradossalmente il tramonto dello..."spirito del Concilio" che ne fu tuttavia la grande promessa.

Lo "spirito del Concilio" rappresentava "l'apertura" della Chiesa cattolica verso il mondo e verso le altre religioni. "Lo spirito del Concilio" costituiva "La" firma del Concilio Vaticano II, il suo carattere distintivo. Era il motore di ciò che è stato definito da circa mezzo secolo il "progressismo" nella Chiesa.

 Un recente dibattito su "l’ultimo dei Mohicani" animato da Mons. Daucourt vescovo di Nanterre ,illustra in modo esatto questo spirito e i suoi limiti.
Tuttavia si profila una sorta di limitazione dell’apertura. Solo frutto di immaginazione? Non proprio. Per rendersene conto è sufficiente studiare la "nota con indicazioni pastorali per l’Anno della fede" che è stato pubblicato a Roma sabato 7 gennaio dalla Congregazione per la Dottrina della fede. Questo testo  segna la direzione dell’"anno della fede", lanciato da papa Benedetto XVI.

 Quest’anno speciale è destinato a rinvigorire la fede dei cattolici nel mondo. Sarà infatti inaugurato l’11 ottobre 2012... giorno dell’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. E non è un dettaglio insignificante.

 Ecco alcune citazioni che permettono di farsi un’idea precisa:

- La nota chiede "un impegno rinnovato per un’adesione convinta e cordiale all’insegnamento del Successore di Pietro".

- Insiste sulla "conoscenza dei contenuti della dottrina cattolica", "l'approfondimento dei principali documenti del Concilio Vaticano II" e "lo studio del Catechismo della Chiesa cattolica".

- Attende la "preparazione di strumenti di lavoro di carattere apologetico" (quindi di difesa della religione cattolica ndr) come risposta "alla sfida delle sette, ai problemi legati alla secolarizzazione e al relativismo".

- Auspica la correzione dei catechismi nazionali che non sarebbero "in pieno accordo con il Catechismo o manifesterebbero delle lacune".

- Fissa come priorità "l'annuncio del Cristo resuscitato, la Chiesa sacramento della salvezza, la missione dell’evangelizzazione nel mondo di oggi".

- Incoraggia il ricorso più frequente al "sacramento della penitenza". Con un’attenzione ai "peccati contro la fede".

- Vuole un’intensificazione della "celebrazione della fede nella liturgia e nell’Eucaristia".

- E spera nelle omelie basate sull’"incontro con il Cristo, i contenuti fondamentali del Credo, la fede e la Chiesa"...

 In breve, l’idea principale, si potrebbe dire l’asse politico di questo documento, è quello di realizzare un "approfondimento della dottrina cattolica" e di impegnarsi nella nuova evangelizzazione tramite un’adesione più convinta al Signore Gesù". Fine della storia.
Certamente, si troveranno qua e là delle raccomandazioni ecumeniche o interreligiose, ma leggendo meglio, manca il cuore. Questi assi non sono, non più, delle priorità.
Si può sempre sottovalutare il valore di questa "nota" che non ha l’autorità di un’enciclica. Ciò è vero sul piano tecnico. Ma questa è tuttavia molto di più di una semplice nota perché non è nient’altro che la realizzazione programmatica di una politica che papa Benedetto XVI aveva già annunciato nel 2005. La politica del suo pontificato.
Nove mesi dopo la sua elezione aveva indicato, come linea d’azione, un’"interpretazione" del Concilio Vaticano II non più secondo "l'ermeneutica della discontinuità e della rottura" ma secondo "l'ermeneutica della riforma", ossia, "in continuità" con la grande tradizione della Chiesa.
Non si tratta più di un voto di fede ma di un programma ormai ben organizzato che ha come obiettivo la realizzazione di una riforma interna della Chiesa, lenta ma certa. Sincronizza gli orologi dottrinali nella Chiesa cattolica. E suggerisce la fine di una certa "ricreazione dottrinale" in cui era possibile tutto e il contrario di tutto nella grande casa cattolica.
Questo programma sarà seguito? Innanzitutto sarà ampiamente criticato: negli ambienti progressisti sarà l’affossatore del "vero concilio"; negli ambienti integralisti sarà il complice di un "falso concilio". E’ difficile il mestiere di Papa!
Al di là di questa dialettica semplicistica, non bisogna perdere di vista l’evoluzione di fondo che sta caratterizzando oggi la Chiesa cattolica. Per questa volta, questa visione si sposa con lo spirito di questa nota e la anima. Alcuni vi vedono un semplice ritorno alla normalità, si tratta piuttosto di un asse strategico: la Chiesa cattolica sta cominciando a reagire al suo declino occidentale. Il nuovo concistoro che vedrà la nomina di 22 nuovi cardinali il 18 febbraio prossimo, conferma questa direzione.
Se "lo spirito del Concilio" muore, sarebbe "lo spirito cattolico" a ritornare?


VERSIONE ORIGINALE DEL BLOG
http://blog.lefigaro.fr/religioblog/2012/01/fin-de-la-recreation-doctrinal.html

[SM=g1740771]

Alla Lateranense aperto il ciclo di conferenze "Rileggere il Concilio"

Intervista con mons. Dal Covolo (RadioVaticana)

Nell’anno del 50.mo anniversario del Vaticano II, si è aperto ieri all’Università Lateranense il ciclo di conferenze "Rileggere il Concilio", in collaborazione con il Centre Saint-Louis de France e l’ambasciata di Francia presso la Santa Sede. In ognuno dei sei incontri previsti, uno storico e un teologo prenderanno in esame importanti documenti conciliari: le quattro Costituzioni, il Decreto sull’ecumenismo, la Dichiarazione sulla libertà religiosa. A spiegare le finalità dell’intera iniziativa, al microfono di Davide Maggiore, è stato mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Lateranense, che ha presieduto la prima conferenza, dedicata alla Costituzione Sacrosanctum Concilium:
R. - Di fronte a una situazione nella quale molti interpretano il Concilio in modi differenti, mi pare importante assumere elementi in più per poter dare una valutazione più sicura, più affidabile. E questo deve essere fatto proprio a un livello scientifico, quale quello di una Università pontificia.

D. – Rileggere il Concilio significa anche inquadrarlo all’interno della grande tradizione della Chiesa, mostrando quelli che sono gli elementi di continuità con essa?
R. – Questa è proprio la linea del Magistero del Papa Benedetto XVI che noi intendiamo convalidare attraverso questa ricerca – che si inaugura solo adesso, ma lo faremo nell’arco di questi anni – condotta sulla rivisitazione di archivi che finora non sono stati sufficientemente consultati.

D. – Il Beato Giovanni Paolo II ha scritto: “Per molti il messaggio del Concilio Vaticano II è stato percepito innanzitutto mediante la riforma liturgica”, che è oggetto della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium”…
R. – Ritengo che la Sacrosanctum Concilium vada ristudiata oggi e attentamente: la liturgia è centrale nella tradizione della Chiesa. C’è un’interazione reciproca tra il modo di celebrare e di pregare e i contenuti della nostra fede. (mg)

A inquadrare dal punto di vista storico e spirituale la Sacrosanctum Concilium è stato, al microfono di Davide Maggiore, il prof. Philippe Chenaux, docente di Storia della Chiesa moderna e contemporanea alla Lateranense e direttore del Centro studi e ricerche sul Concilio Vaticano II della stessa Università:
R. – E’ stato il primo documento approvato dal Concilio, all’origine della grande riforma liturgica post-conciliare. Tuttavia, è un documento che è passato un po’ nell’ombra, rispetto ad altri, nei commenti fatti dopo il Concilio. Anche perché è stato superato dalla riforma che esso stesso ha suscitato negli anni che seguirono al Concilio. Dunque, mi sembra giusto iniziare questa rilettura dei grandi documenti del Concilio con questa Costituzione, Sacrosanctum Concilium.

D. – La Sacrosanctum Concilium si inscrive nell’intera storia della Chiesa...
R. – E’ ovviamente un posto particolare: occupa il movimento liturgico, che nacque alla fine del 1800, nelle gradi abbazie benedettine e che, dopo la Prima Guerra Mondiale, si spostò verso gli ambienti della Gioventù cattolica e poi anche verso le parrocchie. Lo stesso Pio XII dedicò una grande Enciclica, Mediator Dei, nel 1947, alla liturgia, che è una forma di riconoscimento di questo movimento liturgico, che troverà poi la sua consacrazione durante il Concilio Vaticano II.

D. – Quali possono essere definiti i frutti più duraturi della Sacrosanctum Concilium?
R. – Essa ha previsto una migliore partecipazione dei fedeli alla liturgia. La liturgia è la preghiera ufficiale della Chiesa, e dunque non riguarda solo il sacerdote ma l’intera comunità dei fedeli. Per questo, era anche importante introdurre, nella liturgia, le lingue volgari. (vv)

Radio Vaticana


[SM=g1740733]

le Cinque Piaghe

 

Le cinque piaghe del Corpo Mistico e Liturgico secondo Mons. Schneider

 
 
Mons. Athanasius Schneider (*) è l'instancabile pellegrino al servizio della liturgia tradizionale che fa il giro del mondo per incoraggiare fedeli e sacerdoti ad avere il vero spirito della Chiesa nella celebrazione della Santa Messa. Secondo lui, la liturgia della Chiesa è ferita da cinque piaghe che sono come le Cinque Piaghe del Corpo di Gesù.

 
Ecco alcuni brani della sua recente conferenza:

La prima piaga, la più evidente, è la celebrazione del sacrificio della messa in cui il prete celebra volto verso i fedeli, specialmente durante la preghiera eucaristica e la consacrazione, il momento più alto e più sacro dell'adorazione dovuta a Dio. Questa forma esteriore corrisponde per sua natura più al modo in cui ci si comporta quando si condivide un pasto. Ci si trova in presenza di un circolo chiuso. E questa forma non è assolutamente conforme al momento della preghiera ed ancor meno a quello dell'adorazione.

La seconda piaga è la comunione sulla mano diffusa dappertutto nel mondo. Non soltanto questa modalità di ricevere la comunione non è stata in alcun modo evocata dai Padri conciliari del Vaticano II, ma apertamente introdotta da un certo numero di vescovi in disobbedienza verso la Santa Sede e nel disprezzo del voto negativo nel 1968 della maggioranza del corpo episcopale.

La terza piaga, sono le nuove preghiere dell'offertorio. Esse sono una creazione interamente nuova e non sono mai state usate nella Chiesa. Esse esprimono meno l'evocazione del mistero del sacrificio della croce che quella di un banchetto, richiamando le preghiere del pasto ebraico del sabato. Nella tradizione più che millenaria della Chiesa d'Occidente e d'Oriente, le preghiere dell'offertorio sono sempre state espressamente incardinate al sacrificio della croce.

La quarta piaga è la sparizione totale del latino
nell'immensa maggioranza delle celebrazioni eucaristiche della forma ordinaria nella totalità dei paesi cattolici.

La quinta piaga è l'esercizio dei sevizi liturgici di lettori e di accoliti donne, così come l'esercizio degli stessi servizi in abito civile penetrando nel coro durante la Santa Messa direttamente oltre lo spazio riservato ai fedeli
. Quest'abitudine non è giammai esistita nella Chiesa, o per lo meno non è mai stata la benvenuta. Essa conferisce alla messa cattolica il carattere esteriore di qualcosa di informale, il carattere e lo stile di un'assemblea piuttosto profana.
 
Conferenza completa di Mons. Schneider su Chiesa e Post Concilio
(*) Mons. Schneider è Vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Santa Maria d’Astana, Segretario della Conferenza dei vescovi cattolici del Kazakhstan

[Modificato da Caterina63 07/04/2012 15:45]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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