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TESTO UFFICIALE: GUIDA PER I CATECHISTI

Ultimo Aggiornamento: 20/06/2010 18:00
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Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli

GUIDA PER I CATECHISTI

Documento di orientamento in vista della vocazione,
della formazione e della promozione dei Catechisti
nei territori di missione che dipendono dalla
Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli

Città del Vaticano 1993

Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Carissimi Sacerdoti,
Carissimi Catechisti,

In questo periodo storico, per diverse ragioni molto sensibile e favorevole all'influsso del messaggio cristiano, la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli ha riservato speciali cure ad alcune categorie di persone, che svolgono un ruolo decisivo nell'attività missionaria. Infatti, dopo aver esaminato la formazione nei seminari maggiori (1986) e la vita e il ministero dei sacerdoti (1989), la nostra Congregazione, nell'Assemblea Plenaria dell'aprile 1992, ha punto la sua attenzione sui laici catechisti.

Durante il secolare cammino dell'evangelizzazione, i catechisti hanno sempre avuto una parte molto importante. Oggi ancora, essi sono considerati "evangelizzatori insostituibili", come giustamente afferma l'Enciclica Redemptoris missio. Nel messaggio alla nostra Assemblea Plenaria, il Santo Padre ha riconfermato la singolarità del loro ruolo: "Durante i miei viaggi apostolici ho potuto constatare di persona che i catechisti offrono, soprattutto nei territori di missione, un 'contributo singolare e insostituibile alla propagazione della fede e della Chiesa (AG 17)'".

La Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli esperimenta direttamente l'indiscussa attualità dei catechisti laici. Sotto la guida dei sacerdoti, infatti, essi continuano ad annunciare con franchezza la "buona notizia" ai loro fratelli appartenenti ad altre religioni, preparandoli poi ad entrare nella comunità ecclesiale con il battesimo. Mediante l'istruzione religiosa, la preparazione ai sacramenti, l'animazione della preghiera e delle opere di carità, aiutano i battezzati a crescere nel fervore della vita cristiana. Dove i sacerdoti sono scarsi, essi vengono anche incaricati di guidare pastoralmente piccole comunità dislocate dal centro. Spesso sono chiamati a testimoniare la loro fedeltà sostenendo dure prove e dolorose privazioni. La storia passata e recente dell'evangelizzazione, inoltre, attesta la loro coerenza fino al dono della vita. Davvero i catechisti sono un vanto della Chiesa missionaria!

La presente Guida per i catechisti, frutto dell'ultima Plenaria, esprime la sollecitudine del Dicastero missionario in favore di questa "benemerita schiera" di apostoli laici. Essa contiene un materiale vasto e ordinato, che tocca diversi aspetti; dall'identità del catechista, alla sua scelta, formazione e spiritualità, ad alcuni fondamentali compiti apostolici e, infine, alla situazione economica.

Con molta speranza affido questa Guida ai Vescovi, ai Sacerdoti e agli stessi catechisti, invitandoli a prenderla in serio esame e ad attuarne le direttive. Ai Centri o Scuole per catechisti, in particolare, chiedo di fare riferimento a questo documento per i loro programmi di formazione e di insegnamento, mentre per i contenuti essi hanno già nelle mani il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato dopo l'Assemblea Plenaria.

L'attuazione attenta e fedele della Guida per i catechisti in tutte le Chiese dipendenti dal nostro Dicastero missionario, oltre a promuovere in modo rinnovato la figura del catechista, contribuirà a garantire una crescita unitaria in questo settore vitale per il futuro della missione nel mondo.

Questo è il mio sincero auspicio, che affido nella preghiera a Maria "Madre e Modello dei catechisti", perché lo faccia essere sempre più consolante realtà in tutte le giovani Chiese.

Il Santo Padre, conosciuto questo impegno del nostro Dicastero e visto il testo della Guida, ha molto apprezzato e incoraggiato l'iniziativa, impartendo di cuore la confortatrice benedizione apostolica, con particolare riguardo ai catechisti.

Roma, Festa di S. Francesco Saverio, 3 dicembre 1993

  Jozef Card. Tomko

Prefetto

INTRODUZIONE

 1. Servizio necessario. La Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (CEP) ha sempre dimostrato una speciale cura verso i catechisti, convinta che essi costituiscono, sotto la dipendenza dei Pastori, una forza di prim'ordine per l'evangelizzazione. Dopo aver emanato, nell'aprile del 1970, alcune direttive pratiche sui catechisti, conscia della propria responsabilità e tenuto conto dei profondi mutamenti avvenuti nel campo missionario, la CEP intende richiamare nuovamente l'attenzione sulla situazione attuale, sui problemi e sulle prospettive di sviluppo che riguardano questa benemerita schiera di apostoli laici. In tale proposito la CEP è confortata da numerosi e pressanti interventi del Santo Padre Giovanni Paolo II, il quale, durante i suoi viaggi apostolici, sa trovare ogni occasione per sottolineare l'attualità e la rilevanza dell'opera dei catechisti, quale "fondamentale servizio evangelico".

Si tratta di un obiettivo esigente ed impegnativo. Tenuto conto, però, che i catechisti, fin dai primi secoli del Cristianesimo e in ogni epoca di ripresa missionaria, hanno sempre dato e danno tutt'ora "un contributo singolare ed insostituibile alla propagazione della fede e della Chiesa", diventa pure obiettivo attraente e irrinunciabile.

In forza di queste constatazioni e dopo aver esaminato, nell'Assemblea Plenaria del 27-30 aprile 1992, tutte le informazioni e i suggerimenti pervenuti da un'ampia consultazione presso i Vescovi ed i centri catechistici dei territori di missione, la CEP ha approntato una Guida per i catechisti, in cui tratta sotto il profilo dottrinale, esistenziale ed operativo i principali aspetti circa la vocazione, l'identità, la spiritualità, la scelta e la formazione, i compiti missionari e pastorali, la rimunerazione e la responsabilità del Popolo di Dio circa i catechisti, nella situazione attuale ed in prospettiva futura.

Per ogni argomento viene proposto un obiettivo ideale, indicando però quali sono gli elementi indispensabili e realistici in campo missionario, perché un catechista possa definirsi tale. Le direttive sono volutamente espresse in forma generale, di modo che siano applicabili a tutti i catechisti nelle giovani Chiese. Spetta ai Pastori competenti specificarle sulla base delle esigenze e delle possibilità dei singoli luoghi.

I destinatari di questa guida sono, prima di tutto, i laici catechisti e poi anche tutti coloro che hanno relazione con essi, cioè i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i formatori ed i fedeli, a motivo della profonda connessione tra le varie componenti della comunità ecclesiale.

Prima che questa Guida vedesse la luce, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha approvato il Catechismo della Chiesa Cattolica, ordinandone la pubblicazione. E' nota l'importanza straordinaria, sia per la Chiesa che per ogni uomo di buona volontà, di questa ricca e sintetica "esposizione della fede della Chiesa e della dottrina cattolica, attestate o illuminate dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione apostolica e dal magistero". Pur trattandosi di un documento differente per finalità e contenuti, risulta subito evidente come il nuovo Catechismo possa offrire delle illuminazioni speciali a diversi punti della Guida e, soprattutto, come possa essere sicuro e autorevole punto di riferimento per la formazione e l'attività dei catechisti. Nella redazione finale del testo, quindi, si è avuto cura di indicare, particolarmente nelle note, i principali collegamenti con i temi esposti nel catechismo.

L'auspicio è che questa Guida possa costituire un punto di riferimento, di unità e di stimolo per i catechisti e, attraverso la loro opera, anche per le comunità ecclesiali. La CEP, perciò, l'affida con fiducia alle Conferenze Episcopali e ai singoli Ordinari come aiuto per la vita e l'apostolato dei loro catechisti e come base per rinnovare i Direttori nazionali e diocesani che li riguardano.

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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PARTE I

UN APOSTOLO SEMPRE ATTUALE

 I. IL CATECHISTA PER UNA CHIESA MISSIONARIA

2. Vocazione e identità. Nella Chiesa, ogni battezzato è chiamato per nome dallo Spirito Santo a portare il suo contributo per l'avvento del Regno di Dio. Dentro lo stato laicale, si danno varie vocazioni, ossia differenti cammini spirituali e apostolici che interessano i singoli ed i gruppi. Nell'alveo della vocazione laicale comune, fioriscono vocazioni laicali particolari.

All'origine della personalità del catechista, oltre ai Sacramenti del Battesimo e della Confermazione, c'è dunque una specifica chiamata dello Spirito, vale a dire un "carisma particolare riconosciuto dalla Chiesa" reso esplicito dal mandato del Vescovo. E' importante che il candidato catechista percepisca il significato soprannaturale ed ecclesiale di questa chiamata, di modo che sia in grado di rispondere come il Verbo eterno: "Ecco, io vengo" (Eb 10,7), o come il profeta: "Eccomi, manda me" (Is 6, 8).

Nella realtà missionaria, la vocazione del catechista è specifica, cioè dedicata alla catechesi, e generale per una collaborazione in quei servizi apostolici che servono per la fondazione della Chiesa e la sua crescita.

La CEP insiste sul valore e sulla specificità della vocazione del catechista. Ne consegue, per ognuno, la necessità di impegnarsi per scoprire, discernere e coltivare la propria vocazione.

Da queste premesse sulla vocazione, risulta che il catechista, operante nei territori di missione, ha una sua propria identità, che lo caratterizza rispetto al catechista operante nelle Chiese di antica fondazione, come lo stesso Magistero e la legislazione della Chiesa fanno chiaramente intendere.

In sintesi, il catechista nei territori di missione è identificato in forza di quattro elementi comuni e specifici: una chiamata dello Spirito; una missione ecclesiale; una collaborazione al mandato apostolico del Vescovo; un legame speciale con lo svolgimento dell'attività missionaria ad Gentes.

3. Ruolo. A questa identità è strettamente collegato il ruolo del catechista, che si svolge appunto in connessione con l'attività missionaria. E' un servizio che si presenta ampio e differenziato: insieme con la proclamazione esplicita del messaggio cristiano e con l'accompagnamento dei catecumeni, dei fratelli e delle sorelle ai sacramenti, fino alla maturità di fede in Cristo, è anche presenza e testimonianza; comprende la promozione dell'uomo; si traduce nell'inculturazione; diventa dialogo.

Per questo il Supremo Magistero, quando tratta del catechista "in terra di missione", manifesta una considerazione privilegiata e fa un discorso a largo respiro. Così la Redemptoris Missio descrive i catechisti come "operatori specializzati, testimoni diretti, evangelizzatori insostituibili, che rappresentano la forza basilare delle comunità cristiane, specie nelle giovani Chiese". Lo stesso Codice di Diritto Canonico fa una trattazione a parte per i catechisti impegnati nell'attività missionaria propriamente detta, e li descrive come "fedeli laici debitamente istruiti e eminenti per vita cristiana, perché, sotto la guida del missionario, si dedichino a proporre la dottrina evangelica e a organizzare gli esercizi liturgici e le opere di carità".

Questa ampia descrizione del catechista corrisponde alla concezione delineata nell'Assemblea Plenaria della CEP, nel 1970: "Il catechista è un laico specialmente incaricato dalla Chiesa, secondo le necessità locali, a far conoscere, amare e seguire Cristo da quanti ancora non lo conoscono e dai fedeli stessi".

Come per gli altri fedeli, anche al catechista possono essere affidati, secondo le norme canoniche, alcuni compiti connessi con il ministero sacro, che non esigono il carattere dell'Ordine. L'esecuzione di questi compiti, in veste di supplente, non fa del catechista un pastore, in quanto egli deriva la sua legittimazione direttamente dalla deputazione ufficiale data dai Pastori. Tuttavia giova ricordare una precisazione fatta in passato da questo stesso Dicastero: nella sua attività ordinaria, "il catechista non è un semplice supplente del sacerdote, ma è, di diritto, un testimone di Cristo nella comunità cui appartiene".

4. Categorie e compiti. I catechisti nei territori di missione non solo si differenziano da quelli operanti nelle Chiese di antica tradizione, ma si presentano con caratteristiche e modalità di azione molto diversificate da un'esperienza ecclesiale ad un'altra, tanto da risultare difficile farne una descrizione unitaria e sintetica.

Ai fini pratici, è utile tener presente che si può parlare di due categorie di catechisti: quelli a tempo pieno, che consacrano tutta la loro vita a questo servizio e, come tali, sono ufficialmente riconosciuti; quelli a tempo parziale, che offrono una collaborazione limitata, ma ugualmente preziosa. La proporzione tra queste due categorie varia da zona a zona, benché la linea di tendenza faccia vedere che i catechisti a tempo parziale sono di gran lunga più numerosi.

Ad entrambe le categorie sono affidati parecchi compiti o funzioni. Precisamente su questo piano si registrano le maggiori e più numerose diversificazioni. Sembra realistico il seguente prospetto globale, abbastanza illuminante per capire la situazione attuale nelle Chiese che dipendono dalla CEP:

- Catechisti con il compito specifico della catechesi, ai quali sono generalmente affidate queste attività: l'educazione nella fede dei giovani e degli adulti; la preparazione a ricevere i sacramenti dell'iniziazione cristiana dei candidati e delle loro famiglie; la collaborazione alle iniziative di supporto alla catechesi, come ritiri, incontri, ecc. I catechisti con questi tipi di attività sono più numerosi in quelle Chiese dove l'organizzazione dei servizi laicali è maggiormente sviluppata.

- Catechisti che collaborano nelle diverse forme di apostolato con i ministri ordinati in cordiale e stretta obbedienza. Le loro funzioni sono molteplici: dall'annuncio ai non cristiani alla catechesi ai catecumeni e ai battezzati, all'animazione della preghiera comunitaria, specialmente della liturgia domenicale in assenza del sacerdote; dall'assistenza ai malati alla celebrazione dei funerali; dalla formazione degli altri catechisti nei centri, alla guida dei catechisti volontari, alla sovrintendenza sulle iniziative pastorali; dalla promozione umana e della giustizia all'aiuto ai poveri, alle attività organizzative, ecc. I catechisti con tutti questi compiti sono prevalenti dove il territorio parrocchiale è vasto, con comunità di fedeli dislocate dal centro; oppure anche quando i parroci, per mancanza di sacerdoti, si scelgono collaboratori laici a tempo pieno.

Il dinamismo delle giovani Chiese e la loro situazione socio-culturale favoriscono il sorgere o il permanere di diverse altre funzioni apostoliche. Così esistono i maestri di religione nelle scuole, con l'incarico di insegnare la religione agli studenti battezzati e di fare la prima evangelizzazione a quelli non ancora cristiani. Questi prevalgono dove l'autorità dello Stato ammette l'insegnamento religioso nelle proprie scuole, e sono pure importanti dove esiste una struttura scolastica della Chiesa o dove essa è impegnata a ricuperare la propria presenza in scuole statalizzate. Esistono anche i così detti catechisti domenicali, per l'insegnamento della religione in scuole organizzate dalla parrocchia in connessione con la liturgia festiva, specialmente dove lo Stato non lo permette nelle proprie. Vanno pure tenuti presenti quanti operano nei quartieri delle grandi città, nelle nuove zone urbane, presso i militari, gli immigrati, i carcerati, ecc. Secondo le differenti esperienze e sensibilità ecclesiali, queste funzioni sono considerate come proprie del catechista, oppure come forme di servizio laicale alla Chiesa e alla sua missione. La CEP considera la molteplicità e la varietà di questi compiti come l'espressione della ricchezza dello Spirito che opera nelle giovani Chiese. Li raccomanda tutti all'attenzione dei Pastori. Chiede, tuttavia, di potenziare quelli che meglio rispondono alle esigenze attuali, con uno sguardo privilegiato sulle prospettive future.

C'è un altro aspetto che non va sottovalutato. Per il fatto che i catechisti appartengono a diverse categorie di persone, la possibilità di incidenza della loro attività varia a seconda dell'ambiente e delle culture in cui operano. Così, per esempio, l'uomo sposato sembra più indicato per svolgere il compito di animatore di comunità, specialmente laddove la cultura lo considera tutt'ora naturalmente capo nella società; la donna in genere, è ritenuta più idonea per l'educazione dei ragazzi e per la promozione cristiana dell'ambiente femminile; l'adulto è giudicato più stabile, specialmente se sposato, con in più la possibilità di testimoniare coerentemente il valore cristiano del matrimonio; il giovane, invece, è preferibile per il contatto con i ragazzi e per quelle iniziative che richiedono maggior tempo libero.

Per ultimo, giova tener presente che, accanto ai catechisti laici, svolge la catechesi un gran numero di religiosi e religiose, i quali, per il fatto di essere consacrati, sono in grado di dare una singolare testimonianza in ordine alla missione e, di conseguenza, sono chiamati ad essere disponibili e preparati, in modo proprio, per questo compito. Ne consegue che, in pratica, i religiosi e le religiose svolgono delle mansioni proprie dei catechisti e che soprattutto, in forza della loro stretta collaborazione con i sacerdoti, hanno spesso una parte attiva a livello direzionale. Per tali ragioni, la CEP raccomanda il coinvolgimento dei religiosi e delle religiose, come avviene già in molte parti, in questo importante settore della vita ecclesiale, specialmente sul piano della formazione e dell'accompagnamento dei catechisti.

5. Prospettive di sviluppo nel prossimo futuro. La tendenza generale, che la CEP fa sua e incoraggia, è di mantenere e potenziare la figura del catechista in quanto tale, indipendentemente dai compiti che svolge. Il valore del catechista e la sua incidenza apostolica sono sempre decisivi per la missione della Chiesa.

La CEP, partendo dalla propria esperienza a carattere universale, offre alcune piste per promuovere e illuminare una riflessione in tal senso:

- la precedenza assoluta va data alla qualità. Il problema comune e riconosciuto sembra essere la scarsità di soggetti adeguatamente preparati. L'obiettivo prioritario e immediato per tutti, dunque, sia la persona del catechista. Ciò avrà conseguenze pratiche sui criteri di scelta, sul processo formativo e sull'accompagnamento. Sono illuminanti le parole del Santo Padre: "Per un così fondamentale servizio evangelico occorrono numerosi operai. Tuttavia, senza trascurare il numero, oggi occorre puntare, con tutte le energie, soprattutto alla qualità del catechista".

- Tenuto conto dell'attuale rilancio della missione ad gentes , il futuro del catechista nelle giovani Chiese sarà sicuramente caratterizzato dallo zelo missionario. Il catechista, perciò, sia sempre di più qualificato come apostolo laico di frontiera. Nel futuro egli dovrà continuare a distinguersi, come in passato, per la sua incidenza insostituibile nell'attività missionaria ad gentes.

- Non basta stabilire un obiettivo, ma bisogna scegliere i mezzi idonei per raggiungerlo. Ciò vale anche per la qualificazione del catechista. Si tratta di stabilire programmi concreti, procurarsi strutture adeguate e mezzi economici, rinvenire formatori preparati, in modo da assicurare al catechista la migliore idoneità possibile. Ovviamente l'entità dei mezzi e il grado di qualificazione variano secondo le possibilità reali di ogni Chiesa, ma un obiettivo minimo deve essere raggiunto da tutti, senza cedere alle difficoltà.

- I quadri dei responsabili sono da potenziare. Si prevede che occorreranno ovunque almeno alcuni catechisti professionali, preparati in appositi centri, i quali, sotto la direzione dei Pastori e posti nei punti chiave dell'organizzazione catechistica, curino la preparazione delle nuove leve, le introducano e le guidino nello svolgimento delle loro funzioni. Questi quadri dovranno esistere ai vari livelli: parrocchiale, diocesano e nazionale, e saranno una garanzia per il buon funzionamento di un settore tanto importante per la vita della Chiesa.

- Oltre a queste linee per un rinnovamento in prospettiva dei catechisti, la CEP constata che nel prossimo futuro, con tutta probabilità, alcuni compiti avranno uno sviluppo, perché se ne intravedono i sintomi. Si tratta di individuare come agiranno i protagonisti del domani.

In questo preciso contesto, converrà dare un impulso speciale a quei catechisti che hanno uno spiccato spirito missionario, i quali "diventino essi stessi animatori missionari delle loro comunità ecclesiali e siano disposti, se lo Spirito interiormente li chiama e i Pastori li inviano, ad andare fuori del proprio territorio per annunciare il Vangelo, preparare i catecumeni al Battesimo e costruire nuove comunità ecclesiali".

Avranno un futuro crescente anche i catechisti impegnati espressamente nella catechesi, perché le giovani Chiese si stanno sviluppando, moltiplicando i servizi apostolici laicali, distinti da quello del catechista. Così pure saranno utili catechisti specializzati. Tra di essi vanno notati quelli che si impegnano per una rinascita cristiana in quelle comunità, ove la maggioranza della gente è battezzata, ma è scarso il grado di istruzione religiosa e di vita di fede. Altri catechisti ancora stanno emergendo e vanno presi in considerazione, perché dovranno rispondere a sfide già in parte attuali, come l'urbanizzazione, la crescente scolarità, con particolare riferimento agli ambienti universitari e, più in generale, in rapporto ai giovani; così pure le migrazioni con il fenomeno dei rifugiati, la secolarizzazione serpeggiante, i cambiamenti politici, la cultura di massa favorita dai mass media, ecc.

La CEP segnala la portata di queste prospettive e la necessità di non eluderle, ben sapendo che le scelte concrete e la loro graduale attuazione spettano ai Pastori locali. Le Conferenze Episcopali e i singoli Vescovi, facciano un programma di promozione del catechista per il futuro, tenendo conto di queste piste preferenziali valide per tutti, con speciale attenzione all'urgenza della dimensione missionaria sia nella formazione che nell'attività del catechista. Questi programmi non siano generici, ma circostanziati e adatti alle esigenze locali, di modo che ogni Chiesa abbia i catechisti che le servono ora e sviluppi e prepari quei catechisti che, in previsione, saranno più rispondenti alle proprie necessità, in futuro.

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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II. LINEE DI SPIRITUALITA' DEL CATECHISTA

6. Necessità e natura della spiritualità del catechista. E' necessario che il catechista abbia una profonda spiritualità, cioè viva nello Spirito, che lo aiuti a rinnovarsi continuamente nella sua specifica identità.

La necessità di una spiritualità propria per il catechista deriva dalla sua vocazione e missione. Di conseguenza, nella sua spiritualità, è contenuto, con nuova e speciale motivazione, un appello alla santità. La felice espressione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II: "il vero missionario è il santo" può essere applicata al catechista senza alcuna esitazione. Come ogni fedele, il catechista "è chiamato alla santità e alla missione", cioè a realizzare la propria vocazione "col fervore dei santi".

La spiritualità del catechista è strettamente legata alla sua condizione di "cristiano" e di "laico", reso partecipe, in misura propria, dell'ufficio profetico, sacerdotale e regale di Cristo. L'indole propria del laico è quella "secolare", con il "dovere specifico, ciascuno secondo la propria condizione, di animare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico e in tal modo di rendere testimonianza a Cristo, particolarmente nel trattare tali realtà e nell'esercizio dei compiti secolari".

Quando il catechista è sposato, la vita matrimoniale fa parte della sua spiritualità. Come giustamente afferma il Papa: "Ai catechisti sposati è richiesto di testimoniare con coerenza il valore cristiano del matrimonio, vivendo il sacramento in piena fedeltà ed educando responsabilmente i loro figli". Questa spiritualità connessa con il matrimonio può avere un'incidenza favorevole e caratteristica nella stessa attività del catechista, il quale farà bene coinvolgere la sposa ed i figli nel suo servizio, di modo che tutta la famiglia diventi lodevolmente una cellula di irradiazione apostolica.

La spiritualità del catechista è collegata anche con la sua vocazione apostolica, e conseguentemente si esprime in alcuni atteggiamenti qualificanti, che sono: apertura alla Parola, cioè a Dio, alla Chiesa e, di conseguenza, al mondo; autenticità di vita; ardore missionario; spirito mariano.

7. Apertura alla Parola. L'ufficio del catechista è essenzialmente unito alla comunicazione della Parola. La prima attitudine spirituale del catechista, dunque, è in connessione con la Parola contenuta nella rivelazione, predicata dalla Chiesa, celebrata nella liturgia e vissuta specialmente dai santi. Ed è sempre un incontro con Cristo, nascosto nella sua Parola, nell'Eucaristia, nei fratelli. Apertura alla Parola significa, in definitiva, apertura a Dio, alla Chiesa e al mondo.

- Apertura a Dio Uno e Trino, il quale sta nel più intimo della persona e dà un senso a tutta la sua vita: convinzioni, criteri, scala di valori, decisioni, relazioni, comportamenti, ecc.. Il catechista deve lasciarsi attrarre nella sfera del Padre, che comunica la Parola; del Cristo, Verbo incarnato, che pronuncia tutte e solo le Parole udite dal Padre (cf. Gv 8,26; 12,49); dello Spirito Santo, che illumina la mente per far comprendere tutta la Parola e riscalda il cuore per amarla e attuarla fedelmente (cf. Gv 16,12-14).

E' dunque una spiritualità radicata nella Parola viva, con dimensione Trinitaria, come è la salvezza e la missione universale. Ciò comporta un atteggiamento interiore coerente, che consiste nel partecipare all'amore del Padre, che vuole che tutti gli uomini giungano alla conoscenza della verità e siano salvati (cf. 1Tm 2,4); nel realizzare la comunione con Cristo, in modo di condividere i suoi stessi "sentimenti" (Fil 2,5) e vivere, come Paolo, l'esperienza della sua continua presenza confortatrice: "Non avere paura (...), perché io sono con te" (At 18, 9-10); nel lasciarsi plasmare dallo Spirito e trasformare in testimoni coraggiosi del Cristo e annunziatori illuminati della Parola.

- Apertura alla Chiesa, di cui il catechista è membro vitalmente inserito, che contribuisce a costruire, da cui è mandato. Alla Chiesa è affidata la Parola, perché la conservi fedelmente, l'approfondisca con l'ausilio dello Spirito Santo e la proclami a tutti gli uomini.

Questa Chiesa, quale Popolo di Dio e Corpo Mistico di Cristo, richiede nel catechista un profondo senso di appartenenza e di responsabilità, perché ne è membro vivo e attivo; quale sacramento universale di salvezza, richiede volontà di viverne il mistero e la multiforme grazia, per esserne arricchito e divenirne segno visibile nella comunità dei fratelli. Il servizio del catechista non è mai un atto individuale o isolato, ma sempre profondamente ecclesiale.

L'apertura alla Chiesa si esprime nell'amore filiale verso di essa, nella dedizione al suo servizio e nella capacità di soffrire per la sua causa. In particolare, si esprime nell'attaccamento e obbedienza al Romano Pontefice, centro di unità e vincolo di comunione universale, come pure al proprio Vescovo, padre e guida della Chiesa particolare. Il catechista deve partecipare responsabilmente alla vicenda terrena della Chiesa pellegrina, che è per natura sua missionaria, e ne deve condividere anche la tensione verso l'incontro definitivo e beatificante con lo Sposo.

Il senso ecclesiale proprio della spiritualità del catechista si esprime, dunque, con un sincero amore verso la Chiesa, ad imitazione di Cristo che "ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei" (Ef 5,25). Si tratta di un amore attivo e totalizzante, che diventa partecipazione alla sua missione di salvezza fino a dare, se occorre, la propria vita per essa.

- Apertura missionaria al mondo, luogo dove si realizza il piano salvifico, che trae origine dalla "fonte d'amore", cioè dalla carità eterna del Padre; dove storicamente il Verbo ha posto la sua tenda per abitare con gli uomini e redimerli (cf. Gv 1,14); dove lo Spirito Santo è stato effuso per santificare i figli e costituirli Chiesa, per avere accesso per Cristo al Padre, in un solo Spirito (cf. Ef 2,18).

Il catechista avrà, dunque, un senso di apertura e di attenzione alle necessità del mondo, al quale sa di essere costantemente inviato, che sente suo campo di lavoro, pur senza appartenervi appieno (cf. Gv 17,14-21). Ciò significa che dovrà mantenersi inserito nel contesto degli uomini, suoi fratelli, senza isolarsi o tirarsi indietro per paura delle difficoltà o per amore di tranquillità; manterrà il senso soprannaturale della vita e la fiducia nell'efficacia della Parola che, uscita dalla stessa bocca di Dio, non torna senza operare un sicuro effetto di salvezza (cf. Is 55,11).

Il senso di apertura al mondo caratterizza la spiritualità del catechista in forza della "carità apostolica", la stessa di Gesù Buon Pastore, che venne "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Gv 11,52). Il catechista sia dunque l'uomo della carità, che avvicina ogni fratello per annunciargli che è amato e salvato da Dio, assieme a tutta la famiglia degli uomini.

8. Coerenza e autenticità di vita. Il compito del catechista impegna tutta la sua persona. Deve apparire evidente che il catechista, prima di annunciare la Parola, la fa sua e la vive. "Il mondo (...) domanda evangelizzatori che parlino di un Dio che essi conoscono e che sia loro familiare, come se vedessero l'Invisibile".

Ciò che il catechista propone non sia una scienza meramente umana, neppure la somma delle sue personali opinioni, ma il contenuto della fede della Chiesa, unica in tutto il mondo, che egli vive per primo, che ha esperimentato e di cui è testimone.

Da qui scaturisce la necessità della coerenza e dell'autenticità di vita per il catechista. Prima di fare la catechesi, egli deve essere catechista. La verità della sua vita è la nota qualificante della sua missione. Quale stridore sarebbe se un catechista non vivesse ciò che propone e se parlasse di un Dio studiato, ma poco familiare! Il catechista applichi a sé quanto l'evangelista Marco dice riguardo la vocazione degli apostoli: "Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare" (Mc 3,14-15).

L'autenticità di vita si esprime attraverso la preghiera, l'esperienza di Dio, la fedeltà all'azione dello Spirito Santo. Ciò comporta una intensità e un ordine interiore ed esteriore, pur adattandosi alle varie situazioni personali e familiari di ciascuno. Si può obiettare che il catechista, in quanto laico, vive una situazione che non gli permette di strutturarsi la vita spirituale quasi fosse un consacrato e che, di conseguenza, deve accontentarsi di un tono più modesto. In ogni situazione reale della vita, sia nel lavoro che nel ministero, è possibile per tutti, sacerdoti, religiosi e laici, realizzare una elevata comunione con Dio e un ritmo di preghiera ordinata e vera; non solo, ma anche crearsi spazi di silenzio per entrare più profondamente nella contemplazione dell'Invisibile. Più vera e intensa sarà la sua vita spirituale e più sarà evidente la sua testimonianza ed efficace la sua attività.

E' altresì importante che il catechista cresca interiormente nella pace e gioia di Cristo, per essere l'uomo della speranza, del coraggio, che tende all'essenziale (cf. Rm 12,12). Cristo, infatti, "èla nostra gioia" (Ef 2,14). Egli dona agli apostoli la sua gioia, perché la loro "gioia sia piena" (Gv 15,11).

Il catechista sia dunque il seminatore della gioia e della speranza pasquale, a nome della Chiesa. Infatti, "il dono più prezioso che la Chiesa possa offrire al mondo contemporaneo, disorientato ed inquieto, è di formare in esso cristiani sicuri nell'essenziale e umilmente lieti nella loro fede".

9. Ardore missionario. Un catechista che viva a contatto con moltitudini di non cristiani, come avviene nei territori di missione, in forza del Battesimo e della vocazione speciale, non può non sentire come rivolte a sé le parole del Signore: "Ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre" (Gv 10,16); "andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15).

Inoltre per poter affermare come Pietro e Giovanni davanti al Sinedrio: "noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato" (At 4,20) e realizzare come Paolo l'ideale del ministero apostolico: "l'amore di Cristo ci spinge" (2Cor 5,14), è necessario che nel catechista sia radicato un forte spirito missionario. Questo spirito diventa apostolicamente operativo se esistono alcune premesse di rilievo: anzitutto il catechista sarà forte nelle sue convinzioni interiori e irradierà entusiasmo e coraggio, senza mai vergognarsi del Vangelo (cf. Rm 1,16). Lasci pure che i sapienti di questo mondo cerchino le realtà immediate e gratificanti; lui si glorierà soltanto nel Cristo che gli dà forza (cf. Col 1,29) e non vorrà sapere né predicare altro che "Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Cor 1,24). Come giustamente afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, dalla "amorosa conoscenza di Cristo nasce irresistibile il desiderio di annunziare, di 'evangelizzare' e di condurre gli altri al 'sì' della fede in Gesù Cristo. Nello stesso tempo, si fa anche sentire il bisogno di conoscere sempre meglio questa fede".

Inoltre, il catechista cercherà di mantenere in sé la stessa convinzione interiore del pastore che "va dietro" alla pecora perduta, "finché non la ritrova" (Lc 15,4); o della donna che "cerca attentamente" la dramma smarrita, "finché non la ritrova" (Lc 15,8). E' una convinzione che produce zelo apostolico: "mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto faccio per il Vangelo" (1Cor 9,22-23; cf 2Cor 12,15); "guai a me se non predicassi il Vangelo" (1Cor 9,16). Queste urgenze interiori di Paolo potranno aiutare il catechista a far crescere in sé lo zelo, che è necessaria conseguenza della sua vocazione speciale, ma anche della sua volontà di risposta e lo impegneranno ad annunciare Cristo con franchezza e a collaborare attivamente per la costruzione e la crescita della comunità ecclesiale.

Lo spirito missionario, infine, richiede anche che il catechista imprima nel suo intimo il contrassegno dell'autenticità: la croce gloriosa. Il Cristo che il catechista ha imparato a conoscere è "crocifisso" (1Cor 2,2); quello che egli annuncia è ancora il "Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani" (1Cor 1,23), che il Padre ha risuscitato dai morti il terzo giorno (cf. At 10,40). Il catechista, quindi, sappia vivere il mistero della morte e risurrezione di Cristo, con speranza, in ogni situazione di limite e di sofferenza personale, di avversità familiari, di ostacoli nel servizio apostolico, con l'intenzione di percorrere lo stesso cammino del Signore: "completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

10. Spirito mariano. Per una vocazione singolare, Maria vide il Figlio di Dio "crescere in sapienza, età e grazia" (Lc 2,52). Ella è stata la Maestra che lo ha "formato alla conoscenza umana delle Scritture e della storia del disegno di

Dio sul suo popolo, nell'adorazione del Padre". Ella è stata altresì "la prima dei suoi discepoli". Come ha arditamente affermato S. Agostino, l'essere discepola fu per Maria più importante che l'essere madre. Si può affermare con ragione e gioia che Maria è un "catechismo vivente", "madre e modello del catechista".

La spiritualità del catechista, come quella di ogni cristiano e maggiormente di ogni apostolo, sia arricchita da profondo spirito mariano. Prima di spiegare agli altri la figura di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, ne viva la presenza nel proprio intimo e manifesti, assieme alla comunità, una sincera pietà mariana. Sappia trovare in Maria un modello semplice ed efficace, da realizzare in sé e da proporre: "La Vergine infatti nella sua vita fu modello di quell'amore materno, del quale devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini".

L'annuncio della Parola è sempre collegato con la preghiera, la celebrazione eucaristica e la costruzione della comunione fraterna. La comunità primitiva ha vissuto questa ricca realtà (cf. At 2-4), radunata assieme a Maria, la Madre di Gesù (cf. At 1,14).

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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III. ATTEGGIAMENTI DEL CATECHISTA DI FRONTE A DETERMINATE SITUAZIONI ATTUALI

11. Servizio alla comunità e attenzione a singole categorie. I destinatari del servizio del catechista sono vari ed appartengono a diverse categorie: giovani e adulti, uomini e donne, studenti e lavoratori, sani e malati, cattolici, fratelli separati e non battezzati. Tuttavia, non è la stessa cosa essere catechista di catecumeni che si preparano al battesimo, oppure responsabile di un villaggio di cristiani, con il compito di seguire le varie attività pastorali, o catechista per l'insegnamento della religione nelle scuole, o per la preparazione ai sacramenti, o in un quartiere di città, o in campagna, ecc.

In concreto, perciò, ogni catechista promuoverà la conoscenza e la comunione tra i membri della comunità, si occuperà delle persone affidate alle sue cure e si manterrà preparato a comprenderle nelle loro particolari esigenze per poterle aiutare. Da questo punto di vista i catechisti si differenziano per compiti propri e per preparazione specifica.

Questa situazione di fatto suggerisce che il catechista possa conoscere in antecedenza la sua destinazione e che sia introdotto alla particolare categoria di persone che dovrà servire. A tale scopo risulteranno utili i suggerimenti mirati che il Magistero ha offerto, specialmente nel Direttorio Catechistico Generale, nn. 77-97 e nella Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae, nn. 34-35.

Nel vasto campo apostolico, il catechista è chiamato ad esprimere una speciale attenzione verso gli ammalati e gli anziani, a motivo della loro fragilità fisica e psichica, che li rende bisognosi di speciale solidarietà e di assistenza.

Il catechista avvicini l'ammalato e lo aiuti a comprendere il senso profondo e redentivo del mistero cristiano della croce, in unione a Gesù che si è addossato il peso delle nostre malattie ( cf. Mt 8,17; Is 53,4). Visiti spesso gli ammalati, offra loro il conforto della Parola e, quando ne è incaricato, quello dell'Eucaristia.

Il catechista segua da vicino anche l'anziano, il quale ha un ruolo qualificato nella Chiesa, come giustamente riconosce Giovanni Paolo II, definendolo: "il testimone della tradizione di fede (cf. Sal 44,2; Es 12,26-27), il maestro di vita (cf. Sir 6,34; 8,11-12), l'operatore di carità". Aiutare l'anziano per un catechista significa anzitutto collaborare perché la sua famiglia lo tenga inserito quale "testimone del passato e ispiratore di saggezza ai giovani"; inoltre fargli sentire la vicinanza della comunità e incoraggiarlo a vivere con fede i suoi inevitabili limiti e, in certi casi, anche la solitudine. Il catechista non manchi di preparare l'anziano all'incontro con il Signore, aiutandolo a percepire la gioia che deriva dalla speranza cristiana nella vita eterna.

C'è ancora da tener presente la sensibilità che il catechista deve esprimere per comprendere ed aiutare determinate situazioni difficili, quali: gli sposi uniti irregolarmente, i figli di sposi separati o divorziati, ecc.. Davvero al catechista è richiesto di partecipare ed esprimere l'immensa "compassione" del cuore di Cristo (cf. Mt 9,36; Mc 6,34; 8,2; Lc 7,13).

12. Esigenza di inculturazione. Come tutta l'attività evangelizzatrice, anche la catechesi è chiamata a portare la forza del Vangelo nel cuore della cultura e delle culture. Il processo di inculturazione richiede tempi lunghi, perché è un processo profondo, globale e graduale. Attraverso di esso, come spiega Giovanni Paolo II "la Chiesa incarna il Vangelo nelle diverse culture e, nello stesso tempo, introduce i popoli con le loro culture nella sua stessa comunità; trasmette ad esse i propri valori, assumendo ciò che di buono c'è in esse e rinnovandole dall'interno".

I catechisti, in quanto apostoli, entrano necessariamente nel dinamismo di questo processo. Oltre ad una preparazione specifica, che non può prescindere dallo studio dell'antropologia culturale e dei linguaggi più idonei all'inculturazione, essi hanno bisogno di essere aiutati ad operare, per la loro parte e nella pastorale d'insieme, conforme le direttive che la Chiesa ha dato su questo particolare argomento e che possono essere così sintetizzate:

- Il messaggio evangelico, anche se non si identifica mai con una cultura, necessariamente si incarna nelle culture. Di fatto, fin dall'inizio del Cristianesimo, si è incarnato in alcune culture. Bisogna tenerne conto per non privare le nuove Chiese di valori che ormai sono patrimonio della Chiesa universale.

- Il Vangelo ha una forza rigeneratrice, in grado di rettificare non pochi elementi delle culture nelle quali penetra, quando non sono compatibili con esso.

- Il soggetto primario dell'inculturazione sono le comunità ecclesiali del luogo, che vivono un'esperienza quotidiana di fede e carità inserite in una particolare cultura; tocca ai Vescovi indicare le principali piste da percorrere per evidenziare i valori di una determinata cultura; gli esperti servono da stimolo e aiuto.

- L'inculturazione è genuina quando viene guidata da due principi: si fonda sulla Parola di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura e si muove in aderenza alla tradizione della Chiesa e alle direttive del Magistero, e non contraddice all'unità voluta dal Signore.

- La pietà popolare, intesa come l'insieme di valori, credenze, attitudini ed espressioni desunte dalla religione cattolica, purificata però dai difetti connessi con l'ignoranza o con la superstizione, esprime la sapienza del Popolo di Dio ed è una forma privilegiata di inculturazione del Vangelo in una data cultura.

Per partecipare positivamente a questo processo, il catechista si conformi alle precedenti direttive, che favoriscono in lui un atteggiamento illuminato e aperto; si inserisca con serietà nel piano pastorale, approvato dalla competente autorità della Chiesa, evitando di avventurarsi in esperienze solitarie, che potrebbero disorientare gli altri fedeli; ravvivi la speranza apostolica, convinto che la forza del Vangelo è in grado di penetrare qualsiasi cultura, arricchendola e rafforzandola dall'interno.

13. Promozione umana e scelta dei poveri. Tra l'annuncio del Vangelo e la promozione dell'uomo c'è una "stretta connessione". Si tratta, infatti, dell'unica missione della Chiesa. "Col messaggio evangelico la Chiesa offre una forza liberatrice e fautrice di sviluppo proprio perché porta alla conversione del cuore e della mentalità, fa riconoscere la dignità di ciascuna persona, dispone alla solidarietà, all'impegno, al servizio dei fratelli, inserisce l'uomo nel progetto di Dio, che è la costruzione del regno di pace, di giustizia a partire già da questa vita. E' la prospettiva biblica dei 'cieli nuovi e terra nuova' (cf Is 65,17; 2Pt 3,13; Ap 21,1), la quale ha inserito nella storia lo stimolo e la meta per l'avanzamento dell'umanità".

E' risaputo che la Chiesa rivendica per sé una missione di ordine "religioso", da realizzarsi però nella storia e nella vita reale dell'umanità, e quindi in forma non disincarnata.

Portare i valori del Vangelo nel campo economico, sociale e politico è compito preminente dei laici. Il catechista ha un suo ruolo importante e caratteristico nel settore della promozione umana, sviluppo e difesa della giustizia. Vivendo nel contesto sociale assieme a tutti gli altri fratelli, è in grado di comprendere, interpretare e risolvere le situazioni e i problemi alla luce del Vangelo. Sappia, quindi, essere vicino alla gente, la stimoli a prendere coscienza della realtà in cui vive per migliorarla e, quando occorre, abbia il coraggio di farsi voce dei più deboli per difenderne i diritti.

Sul piano operativo, quando è necessario realizzare iniziative di aiuto, il catechista agisca sempre unitamente alla comunità, in un programma d'insieme, sotto la guida dei Pastori.

A questo punto, emerge necessariamente un altro aspetto collegato con la promozione: la scelta preferenziale dei poveri. Il catechista, soprattutto quando è impegnato nell'apostolato in generale, ha il dovere di assumere questa scelta ecclesiale, che non è esclusiva, ma una forma di primato della carità. Sia convinto che alla base del suo interessamento e aiuto per i poveri c'è la carità, perché, come afferma esplicitamente il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II: "L'amore è e resta il movente della missione".

Il catechista tenga presente che per i poveri si intendono anzitutto quanti sono in ristrettezze economiche, che in diverse zone di missione sono numerosi; questi fratelli devono poter sentire l'amore materno della Chiesa, anche se non vi fanno ancora parte, per essere incoraggiati a sostenere e superare le loro difficoltà con la forza della fede cristiana ed essere aiutati a diventare essi stessi agenti del proprio sviluppo integrale. Ogni atto caritativo della Chiesa, come tutta l'attività missionaria, infatti "apporta ai poveri la luce e lo stimolo per il vero sviluppo".

Oltre ai non abbienti, i catechisti avvicinino e aiutino, perché sono ugualmente poveri, anche gli oppressi, i perseguitati, gli emarginati e tutte le persone che vivono in situazione di grave necessità, come gli handicappati, i disoccupati, i prigionieri, i rifugiati, i drogati, i malati di AIDS, ecc..

14. Senso ecumenico. La divisione tra i cristiani contraddice alla volontà di Cristo, è di scandalo al mondo e "danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura".

Tutte le comunità cristiane hanno il dovere di "partecipare al dialogo ecumenico e alle altre iniziative destinate a realizzare l'unità dei cristiani". Nei territori di missione, però, questo impegno assume un'urgenza speciale al fine di non vanificare la preghiera di Gesù al Padre: "siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21).

Il catechista, in forza della sua missione, è necessariamente coinvolto in questa dimensione apostolica e deve collaborare a far maturare la coscienza ecumenica nella comunità, iniziando dai catecumeni e neofiti. Di conseguenza, coltivi un profondo desiderio di unità, si inserisca volentieri nel dialogo con i fratelli di altre confessioni cristiane e si impegni generosamente nelle iniziative ecumeniche secondo il suo ruolo, seguendo le direttive della Chiesa, specificate sul posto dalla Conferenza Episcopale e dal Vescovo. In particolare si impegni a seguire le direttive circa la collaborazione ecumenica nella catechesi e nell'insegnamento della religione nelle scuole.

La sua azione sarà veramente ecumenica se, con coraggio, saprà "insegnare che la pienezza delle verità rivelate e dei mezzi di salvezza istituiti da Cristo si trova nella Chiesa cattolica"; così pure se saprà "fare una presentazione corretta e leale delle altre Chiese e comunità ecclesiali, delle quali lo Spirito di Cristo non rifiuta di servirsi come mezzi di salvezza".

Nell'ambiente in cui opera, il catechista faccia il possibile per avere rapporti amichevoli con i responsabili delle altre confessioni, in accordo e, quando ne è incaricato, in rappresentanza dei Pastori; eviti di fomentare inutili contese e concorrenze; aiuti i fedeli a convivere in armonia e rispetto con i cristiani non-cattolici, realizzando pienamente e senza alcuna soggezione la sua identità cattolica; promuova l'impegno comune tra coloro che credono in Dio di essere "costruttori di pace".

15. Dialogo con i fratelli di altre religioni. Il dialogo interreligioso è una parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. L'annuncio e il dialogo, infatti, sono orientati verso la comunicazione della verità salvifica. Il dialogo è un'attività indispensabile nei rapporti tra la Chiesa cattolica e le altre religioni e merita di essere preso in seria considerazione. Si tratta, di un dialogo della salvezza, che si realizza in Cristo.

Anche i catechisti, il cui compito prioritario nella missione è l'annuncio, devono essere aperti, preparati ed impegnati in questo tipo di dialogo. Siano perciò aiutati a comprenderne il valore e ad attuarlo, tenendo conto delle indicazioni del Magistero e, in particolare, di quelle della Redemptoris Missio, del documento congiunto Dialogo e Annuncio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e della CEP e del Catechismo della Chiesa Cattolica, che comportano:

- Ascolto dello Spirito, che soffia dove vuole (cf. Gv 3, 8), nel rispetto di ciò che Egli ha operato nell'uomo, per raggiungere quella purificazione interiore, senza della quale il dialogo non porta frutti di salvezza.

- Conoscenza corretta delle religioni presenti nel territorio: della loro storia e organizzazione; dei valori che, quali "semi del Verbo", possono costituire una "preparazione al Vangelo"; dei limiti ed errori, che si oppongono alla verità evangelica, e che vanno rispettivamente completati e corretti.

- Convinzione di fede che la salvezza viene da Cristo e che perciò, il dialogo non dispensa dall'annuncio; che la Chiesa è la via ordinaria di salvezza e solo essa possiede la pienezza della verità rivelata e dei mezzi salvifici. Come ha riconfermato S.S. Giovanni Paolo II, riferendosi alla Redemptoris Missio: non si può "mettere sullo stesso piano la rivelazione di Dio in Cristo e le scritture o tradizioni di altre religioni. Un teocentrismo che non riconoscesse Cristo nella sua piena identità sarebbe inaccettabile per la fede cattolica. (...) Il mandato missionario di Cristo, perennemente valido, è un esplicito invito a fare discepole tutte le genti e battezzarle, perché si apra per loro la pienezza del dono di Dio". Di conseguenza il dialogo non deve indurre al relativismo religioso.

- Collaborazione pratica con gli organismi religiosi non cristiani per risolvere le grandi sfide all'umanità, quali la pace, la giustizia, lo sviluppo, ecc.. Inoltre, occorre un atteggiamento di stima e di accoglienza verso le persone. E' la carità del Padre comune che deve unire la famiglia degli uomini in ogni opera di bene.

Nel realizzare un dialogo così impegnativo il catechista non sia lasciato solo. Da parte sua, egli si mantenga integrato nella comunità. Ogni iniziativa di dialogo interreligioso va portata avanti in base a programmi approvati dal Vescovo e, quando occorre, dalla Conferenza Episcopale o dalla Santa Sede, e nessun catechista agisca per conto proprio, meno ancora contro le direttive comuni.

Infine, si deve credere al dialogo, anche quando la via per realizzarlo è difficile e incompresa. Il dialogo a volte è l'unico modo per testimoniare Cristo, è sempre una via verso il Regno e darà sicuramente i suoi frutti, anche se tempi e momenti sono riservati al Padre (cf.At 1,7).

16. Attenzione alla diffusione delle sètte. Il proliferare delle sètte di origine cristiana e non cristiana costituisce attualmente una sfida pastorale per la Chiesa in tutto il mondo. Nei territori di missione esse sono un serio ostacolo alla predicazione del Vangelo e alla crescita ordinata delle giovani Chiese, perché ne intaccano l'integrità della fede e la compattezza della comunione.

Esistono zone più vulnerabili e persone maggiormente esposte al loro influsso. Ciò che le sètte pretendono di offrire gioca apparentemente in loro favore, perché è presentato come una risposta "immediata" e "semplice" a bisogni sentiti dalla gente ed i mezzi che usano sono collegati alla sensibilità e cultura locali.

Come è risaputo, il Magistero della Chiesa ha più volte messo in guardia nei confronti delle sètte, incoraggiando a considerarne la diffusione attuale come un'occasione di "serio ripensamento" da parte della Chiesa. Più che una campagna contro le sètte, nei territori di missione si deve impostare un rilancio di "missionarietà".

Il catechista, oggi, si presenta come uno degli operatori più idonei per superare positivamente questo fenomeno. Avendo il compito di donare la Parola e di accompagnare la crescita nella vita cristiana, il catechista è nella condizione ideale per aiutare le persone, sia cristiani che non cristiani, a comprendere quali siano le vere risposte ai loro bisogni, senza ricorrere alle pseudo-sicurezze delle sètte. Inoltre, essendo un laico secolare, può operare più capillarmente, con una conoscenza delle situazioni più diretta e vissuta.

Le linee operative preferenziali per un catechista sono: conoscere bene il contenuto delle sètte e specialmente le questioni che le sètte sfruttano per attaccare la fede e la Chiesa, per far capire alla gente l'inconsistenza della loro proposta religiosa; curare l'istruzione e il fervore di vita delle comunità cristiane per arginarne la corrosione; intensificare l'annuncio e la catechesi per prevenire la diffusione delle sètte. Il catechista, dunque, si impegni ad un'opera silenziosa, perseverante e positiva verso le persone, per illuminarle, proteggerle ed eventualmente liberarle dall'influsso delle sètte.

Non si dimentichi che molte sètte sono intolleranti e proselitistiche e, in genere, si dimostrano aggressive verso il Cattolicesimo. Non è pensabile un dialogo costruttivo con la maggior parte di esse, anche se si deve partire dal rispetto e comprensione delle persone. Questo dato di fatto richiede che l'opera della Chiesa sia compatta per non prestare il fianco a confusioni; ed anche ecumenica, perché l'espansione delle sètte presenta una minaccia pure alle altre denominazioni cristiane. Operativamente il catechista rimanga inserito nel programma pastorale comune approvato dai Pastori competenti.


 

Fraternamente CaterinaLD

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PARTE II

SCELTA E FORMAZIONE DEL CATECHISTA

 IV. SCELTA OCULATA

17. Importanza della selezione e preparazione dell'ambiente. Un problema di fondo è la difficoltà di stabilire quale grado di convinzione di fede e quale chiarezza di motivazioni vocazionali un candidato veramente debba avere per essere accettato. All'origine di questo problema ci sono molte cause, più o meno incidenti secondo i posti, tra le quali emergono: la differente maturità religiosa delle comunità ecclesiali, la scarsezza numerica di persone idonee e disponibili, la situazione socio-politica, l'inadeguatezza della preparazione scolastica di base, le difficoltà economiche. Questo stato di cose può ingenerare una specie di rassegnazione, cui bisogna reagire.

La CEP insiste sul principio che una buona selezione dei candidati è la condizione preliminare per avere catechisti idonei. Di conseguenza, come si è già detto, incoraggia a mirare prima di tutto alla qualità, fin dalla scelta iniziale. Occorre che i Pastori abbiano questa convinzione come un ideale da raggiungere, anche se con gradualità, e non accettino facilmente dei compromessi. Inoltre, suggerisce di puntare sulla formazione dell'ambiente, promuovendo la conoscenza del ruolo del catechista nella comunità e soprattutto tra i giovani, così che siano più numerosi coloro che si sentono attratti ad impegnarsi in questo servizio ecclesiale.

Non si dimentichi, poi, che l'apprezzamento da parte dei fedeli per questo ruolo è direttamente proporzionato al modo con cui i pastori trattano i loro catechisti, ne valorizzano le attribuzioni e ne rispettano le responsabilità. Un catechista realizzato, responsabile e dinamico, operante con entusiasmo e che esprima gioia nell'esercizio del proprio compito, apprezzato e giustamente rimunerato, è il migliore promotore della propria vocazione.

18. Criteri di selezione. Per scegliere un candidato al compito di catechista occorre sapere quali criteri sono "essenziali" e quali no. Ai fini pratici, è indispensabile che in tutte le Chiese sia fissato un elenco di criteri di selezione, di modo che quanti sono incaricati a scegliere i candidati abbiano punti di riferimento. Stilare tale elenco con criteri che siano sufficienti, precisi, realistici e controllabili, spetta all'autorità locale, l'unica in grado di valutare le esigenze e le possibilità di farvi fronte.

Anche su questo punto, conviene tener conto delle seguenti indicazioni generali, con l'obiettivo di pervenire ad un comportamento omogeneo in tutte le zone di missione, nel rispetto delle necessarie e inevitabili differenze.

- Alcuni criteri si riferiscono alla persona del catechista: pregiudiziale vincolante è che non si accetti mai nessuno che non abbia motivazioni positive o che chieda di diventare catechista perché non è stato capace di trovare un'altra occupazione più onorevole o redditizia. In senso positivo, i criteri devono riguardare: la fede del candidato, che si manifesta nella sua pietà e nello stile di vita quotidiana; l'amore per la Chiesa e la comunione con i Pastori; lo spirito apostolico e l'apertura missionaria; l'amore per i fratelli, con una propensione al servizio generoso; la preparazione intellettuale di base; un buon apprezzamento nella comunità; tutte quelle capacità umane, morali e tecniche che sono collegate alle funzioni proprie del catechista, come il dinamismo, la capacità di buone relazioni, ecc.

- Altri criteri si riferiscono all'atto della selezione: trattandosi di un servizio ecclesiale, la decisione spetta al Pastore, generalmente al parroco. La comunità sarà necessariamente coinvolta, a livello di segnalazione e di valutazione del candidato. Il Vescovo, al quale il parroco presenterà i candidati, pure interverrà, personalmente o tramite incaricato, almeno in un tempo successivo, per confermare autorevolmente la scelta e, alla fine, per conferire la missione ufficiale.

- Ci sono criteri speciali per essere accettati in un centro o scuola per catechisti: oltre a quelli generali validi per tutti, ogni centro stabilisce alcuni criteri propri di accettazione, che tengano conto delle caratteristiche del centro stesso, specialmente in riferimento alla preparazione scolastica richiesta come base, alle condizioni di partecipazione, ai programmi di formazione, ecc.

Queste indicazioni generali devono essere specificate concretamente in loco, senza omettere nessuno degli ambiti indicati, ma precisandoli e completandoli sulla base di ciò che la propria realtà richiede e consente.

V. CAMMINO DI FORMAZIONE

19. Necessità di un'adeguata formazione. Perché le comunità ecclesiali abbiano catechisti sufficienti e idonei, oltre ad una scelta oculata, è indispensabile puntare sulla preparazione, cui è legata la qualità.

La necessità di preparare i catechisti è richiamata con convinzione e senza soste dal Magistero della Chiesa, perché qualsiasi attività apostolica "che non sia sostenuta da persone veramente formate è condannata al fallimento".

Giova notare che i documenti del Magistero richiedono per il catechista una formazione "globale" e "specifica". Globale nel senso cioè di abbracciare tutte le dimensioni della sua personalità, senza trascurarne nessuna. Specifica, nel senso di essere informata alle caratteristiche del servizio, che è chiamato a svolgere in forma suppletiva, di annunciare la Parola ai lontani e ai vicini, di guidare la comunità, di animare e, quando occorre, di presiedere l'assemblea orante, di servire i fratelli nelle varie necessità spirituali e materiali. Si ha una conferma a queste affermazioni nelle parole del Santo Padre Giovanni Paolo II: "Privilegiare la qualità significa, perciò, privilegiare un'adeguata formazione di base ed un costante aggiornamento. E' questo un impegno fondamentale, che tende ad assicurare alla missione della Chiesa personale qualificato, programmi completi e strutture adeguate, abbracciando tutte le dimensioni della formazione, da quella umana a quella spirituale, dottrinale, apostolica e professionale".

Si tratta, dunque, di una formazione esigente per l'interessato e impegnativa per quanti devono concorrere a realizzarla. La CEP la sottolinea quale compito proprio degli Ordinari.

20. Unità e armonia nella personalità del catechista. Nel vivere la propria vocazione, i catechisti, come ogni fedele laico, "devono essere formati a quell'unità di cui è segnato il loro stesso essere di membri della Chiesa e di cittadini della

società umana". Non ci possono essere piani paralleli e differenti nella vita del catechista: quello "spirituale" con i suoi valori ed esigenze; quello "secolare" con le sue espressioni; quello "apostolico" con i suoi impegni; ecc..

Per ottenere l'unità e l'armonia della persona è sicuramente importante educare e disciplinare le proprie tendenze caratteriali, intellettuali, emozionali, ecc., per favorirne la crescita e seguire un ordinato programma di vita; è decisivo, però, andare in profondità e toccare il principio e la fonte dell'identità del catechista, che è la "persona" di Cristo Gesù.

L'oggetto essenziale e primordiale della catechesi, come è risaputo, è la persona di Gesù di Nazareth, "unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità" (Gv 1,14), "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). E' il "mistero di Cristo" (Ef 3,4), nella sua integrità, "nascosto da secoli e da generazioni" (Col 1,26), che deve essere rivelato. Ne consegue che la preoccupazione del catechista dev'essere appunto quella di trasmettere, con il proprio insegnamento e comportamento, la dottrina e la vita di Gesù. L'essere e l'operare del catechista dipendono inscindibilmente dall'essere e dall'operare di Cristo. L'unità e l'armonia del catechista vanno lette appunto in quest'ottica cristocentrica e costruite attorno ad una "profonda familiarità col Cristo e col Padre", nello Spirito. Non si insiste mai a sufficienza su questo punto, volendo rinnovare la figura del catechista, in questo momento decisivo per la missione della Chiesa.

21. Maturità umana. Già nella scelta è importante fare attenzione che il candidato sia in possesso di qualità umane di base e dimostri l'attitudine ad un cammino di crescita. L'obiettivo da raggiungere, su questo piano, è che il catechista sia una persona umanamente matura e idonea per un compito responsabile e comunitario.

Ci sono, perciò alcuni aspetti precisi da prendere in considerazione: anzitutto, la sfera propriamente umana, con quanto è connesso: equilibrio psicofisico; buona salute, responsabilità, onestà, dinamismo; etica professionale e familiare; spirito di sacrificio, di fortezza, di perseveranza; ecc. Inoltre, l'idoneità alle funzioni di catechista: facilità di relazioni umane, di dialogo con le diverse credenze religiose e la propria cultura; idoneità alla comunicazione; disposizione alla collaborazione; funzione di guida; serenità di giudizio, comprensione e realismo; capacità di dare consolazione e speranza; ecc.. Infine, alcune doti caratteristiche per particolari situazioni o ambienti: essere operatori di pace; idonei all'impegno di promozione, di sviluppo, di animazione socio-culturale; sensibili ai problemi della giustizia, della sanità, ecc.

Queste qualità umane, educate con una sana pedagogia, formano una personalità matura e completa, ideale per un catechista.

22. Profonda vita spirituale. La missione di educatore nella fede richiede nel catechista una intensa vita spirituale. E' questo l'aspetto culmine e più prezioso della sua personalità e, perciò, la dimensione privilegiata della sua formazione. Il vero catechista è il santo.

La vita spirituale del catechista si incentra in una profonda comunione di fede e di amore con la persona di Gesù, che lo ha chiamato e lo manda. Come Gesù, il solo Maestro (cf. Mt 23,8), il catechista serve i fratelli con l'insegnamento e con le opere, che sono sempre gesti di amore (cf. At 1,1). Compiere la volontà del Padre, che è un atto di carità salvifica verso gli uomini, è il cibo anche del catechista, come lo è stato per Gesù (cf. Gv 4,34). La santità di vita, realizzata nella prospettiva dell'identità di laico e di apostolo, sia dunque l'ideale da raggiungere nell'esercizio del servizio di catechista.

La formazione spirituale si svolge in un processo di fedeltà a "Colui che è il principio ispiratore di tutta l'opera catechistica e di coloro che la compiono: lo Spirito del Padre e del Figlio: lo Spirito Santo".

Il modo più idoneo per raggiungere questo alto grado di maturità interiore è una intensa vita sacramentale e di preghiera.

Dalle esperienze più significative e realistiche emerge un ideale di vita di preghiera, che la CEP propone almeno per quei catechisti che, sia pure in forma suppletiva, guidano una comunità, o che lavorano a tempo pieno, o che collaborano molto da vicino con il sacerdote, specialmente per i così detti quadri:

- Partecipazione all'Eucarestia con regolarità e, dove è possibile, ogni giorno, sostenendosi con il "pane della vita" (Gv 6,34), per formare "un corpo solo" con i fratelli (cf. 1Cor 10,17) e offrire se stesso al Padre, assieme al corpo e al sangue del Signore.

- Liturgia vissuta nelle sue varie dimensioni, per crescere personalmente e per aiutare la comunità.

- Recita di qualche parte della Liturgia delle Ore, specialmente delle Lodi e del Vespro, per unirsi alla lode che la Chiesa rivolge al Padre "dal sorgere del sole al suo tramonto" (Sal 113,3).

- Meditazione giornaliera, specialmente sulla Parola di Dio, in atteggiamento di contemplazione e di risposta; l'esperienza dimostra che la meditazione regolare, come la lectio divina anche per i laici, mette ordine nella vita e garantisce una armoniosa crescita spirituale.

- Preghiera personale, che nutra la comunione con Dio durante lo svolgersi delle occupazioni giornaliere, con speciale attenzione alla pietà mariana.

- Frequenza al Sacramento della Penitenza, per la purificazione interiore e il fervore dello spirito.

- Partecipazione ai ritiri spirituali, per una ripresa personale e comunitaria.

Solo se nutre la vita interiore con preghiera abbondante e ben fatta, il catechista può conseguire quel grado di maturità spirituale propria del suo ruolo. Siccome l'adesione al messaggio cristiano, che è frutto della grazia e della libertà, in ultima analisi non dipende dall'abilità del catechista, bisogna che la sua attività sia accompagnata dalla preghiera.

Può capitare che a motivo della scarsità di persone disponibili e idonee, si corra il rischio di accontentarsi di avere catechisti con un tono spirituale piuttosto basso. La CEP incoraggia a resistere a tali soluzioni pragmatiche, perché questa figura di apostolo possa mantenere il suo posto qualificato nella Chiesa, senza scadimenti, come anche l'attuale momento di impegno missionario richiede.

Per la vita spirituale del catechista è necessario procurare mezzi proporzionati. Il primo è senza dubbio la direzione spirituale. Sono da incoraggiare quelle diocesi che incaricano uno o più sacerdoti per guidare spiritualmente i catechisti, raggiungendoli nei loro posti di lavoro. E' però insostituibile assicurare l'opera costante di un direttore spirituale, che il catechista si sceglie tra i sacerdoti facilmente raggiungibili. Questo settore va potenziato. Soprattutto i parroci stiano vicino ai loro catechisti, e si preoccupino di seguirli nella loro crescita spirituale, prima ancora che nell'efficacia del loro lavoro.

Sono anche da raccomandare le iniziative parrocchiali o diocesane finalizzate alla formazione interiore dei catechisti, come le scuole di preghiera, le convivenze di fraternità e di condivisione spirituale, i ritiri spirituali. Queste iniziative non isolano i catechisti, ma li aiutano a crescere nella spiritualità propria e nella comunione tra di loro.

Ogni catechista, infine, sia convinto che la comunità cristiana è luogo idoneo anche per coltivare la propria vita interiore. Mentre guida e anima la preghiera dei fratelli, il catechista riceve a sua volta da essi uno stimolo e un esempio per mantenersi nel fervore e per crescere come apostolo.

23. Preparazione dottrinale. E' evidente la necessità della preparazione dottrinale per i catechisti, allo scopo di acquisire il contenuto essenziale della dottrina cristiana e di essere in grado di comunicarla in modo chiaro e vitale, senza lacune o deviazioni.

Per tutti i candidati si richiede una preparazione scolastica di base, ovviamente proporzionata alla situazione generale del paese. Su questo punto sono note le difficoltà esistenti ove la scolarità è bassa. Non si può cedere senza reagire a queste difficoltà. Anzi, bisogna tendere ad elevare il grado di studio base richiesto per essere accettati, di modo che tutti i candidati siano preparati a seguire un corso di "cultura religiosa superiore", senza la quale, oltre a soffrire un senso di inferiorità nei confronti di quanti hanno studiato, risultano effettivamente meno capaci di affrontare certi ambienti e risolvere nuove problematiche.

Per quanto riguarda i contenuti, rimane attuale e valido il quadro completo della "formazione teologico-dottrinale, antropologica, metodologica" come è presentato dal Direttorio Catechistico Generale, emanato dalla Congregazione del Clero, nel 1971. Per i territori di missione, però, si richiedono speciali precisazioni e aggiunte, che questo Dicastero aveva già in parte espresso nell'Assemblea Plenaria del 1970 e che ora riprende e sviluppa sulla base della Lettera Enciclica Redemptoris Missio:

- In forza del fine proprio dell'attività missionaria, gli elementi fondamentali della formazione dottrinale del catechista saranno la Teologia sulla Trinità, la Cristologia e l'Ecclesiologia, viste in una sintesi globale, sistematica e progressiva del messaggio cristiano. Impegnato a far conoscere e amare Cristo, Dio e Uomo, egli ne farà l'oggetto di apprendimento e interiorizzazione. Impegnato a far conoscere e amare la Chiesa, egli si familiarizzerà con la sua tradizione, storia e con la testimonianza dei grandi modelli, quali sono i Padri e i Santi.

- Il grado di cultura religiosa e teologica varia da posto a posto e a seconda che l'insegnamento viene proposto in un centro per catechisti o mediante corsi brevi. Comunque, per tutti si assicuri un minimo conveniente, fissato dalla Conferenza Episcopale o dal singolo Vescovo, in base però al criterio generale, ricordato sopra, della necessità di apprendere una cultura religiosa superiore.

- La Sacra Scrittura continui ad essere il soggetto principale di insegnamento e costituisca l'anima di tutto lo studio teologico. Ove occorre, venga potenziato. Attorno alla Sacra Scrittura sia strutturato un programma che comprenda le principali branche della teologia. Si tenga presente che il catechista deve essere abilitato alla pastorale biblica, in vista anche del confronto con le confessioni non cattoliche e con le sètte che usano la Bibbia in modo non sempre corretto.

- La Missiologia, almeno nei suoi elementi portanti, va proposta anche ai catechisti, per garantire loro un'adeguata preparazione dottrinale circa questo aspetto essenziale della loro vocazione.

- Dovendo diventare animatore della preghiera comunitaria, il catechista ha bisogno di approfondire convenientemente lo studio della Liturgia.

- A seconda delle necessità locali, saranno inseriti o potenziati alcuni soggetti di studio, come per esempio la dottrina, le credenze e i riti principali delle altre religioni o le diversità teologiche delle Chiese o delle comunità ecclesiali non cattoliche operanti nella zona.

- Speciale attenzione meritano alcuni soggetti che rendono la preparazione intellettuale del catechista più radicata e attualizzata, come: l'inculturazione del Cristianesimo in quella particolare cultura; la promozione umana e della giustizia in quella speciale situazione socio-economica; la storia del paese; la conoscenza delle pratiche religiose, della lingua, dei problemi e delle esigenze dell'ambiente cui è destinato.

- Riguardo la preparazione metodologica, si tenga presente che molti catechisti operano in svariati campi della pastorale, e che quasi tutti sono a contatto con appartenenti ad altre religioni. Perciò vanno introdotti non solo all'insegnamento della catechesi, ma anche a tutte quelle attività che fanno parte del primo annuncio e della vita di una comunità ecclesiale.

- Sarà pure importante offrire ai catechisti contenuti collegati alle nuove situazioni che stanno emergendo nel contesto della loro vita. Nei programmi di studio, partendo dalla realtà attuale e dalle previsioni, si inseriscono pure materie che aiutino ad affrontare i fenomeni dell'urbanizzazione, secolarizzazione, industrializzazione, migrazioni, cambiamenti socio-politici, ecc.

- Occorre insistere perché la formazione teologica sia globale e non settoriale. I catechisti infatti, hanno bisogno di vivere una comprensione unitaria della fede, che favorisca appunto l'unità e l'armonia della loro personalità e anche del loro servizio apostolico.

- In questo momento, è necessario sottolineare la speciale importanza che assume, per la preparazione dottrinale dei catechisti, il Catechismo della Chiesa Cattolica. In esso, infatti, è contenuta una ordinata sintesi della Rivelazione e della perenne fede cattolica, come la Chiesa intende proporre a se stessa e alla comunità degli uomini del nostro tempo. Come afferma il Santo Padre Giovanni Paolo II, nella Costituzione Apostolica Fidei depositum, nel Catechismo sono contenute "cose nuove e cose antiche (cf. Mt 13,52), poiché la fede è sempre la stessa e insieme è sorgente di luci sempre nuove". Il servizio che il Catechismo si propone è attinente e attuale per ogni catechista. La stessa Costituzione Apostolica attesta che esso viene offerto ai Pastori e ai fedeli perché serva loro per compiere, all'interno e all'esterno della comunità ecclesiale, "la loro missione di annunciare la fede e di chiamare alla vita evangelica". In più, esso viene "offerto ad ogni uomo che ci domandi ragione della speranza che è in noi (cf. 1Pt 3,15) e che voglia conoscere ciò che la Chiesa cattolica crede". Non c'è dubbio che i catechisti troveranno nel nuovo Catechismo una sorgente di ispirazione e una miniera di conoscenze per la loro specifica missione.

A queste indicazioni si deve aggiungere un invito a procurare i mezzi necessari per la formazione intellettuale dei catechisti. Tra di essi primeggiano le scuole apposite; risultano altresì di grande efficacia i corsi brevi programmati nelle diocesi o parrocchie, l'istruzione individuale da parte di un sacerdote o di un catechista esperto, l'uso dei sussidi. E' bene che l'educazione intellettuale valorizzi metodologie composite e a portata di mano, quali le lezioni scolastiche, il lavoro in gruppo, l'esame dei casi pratici, le ricerche e lo studio individuale.

Anche la dimensione intellettuale della formazione, dunque, si presenta come molto esigente e richiede impiego di personale qualificato, di strutture e di mezzi economici. E' una sfida che va affrontata e vinta con coraggio, sano realismo e intelligente programmazione, in quanto questo settore è uno dei più sofferti nel momento presente.

Ogni catechista si impegni al massimo nello studio per divenire una lampada che illumina il cammino dei fratelli (cf. Mt 5,14-16). Per questo sia lui per primo lieto nella fede e nella speranza (cf. Fil 3,1; Rm 12,12); abbia la saggezza di proporre solo i contenuti solidi della dottrina ecclesiale, nella fedeltà al Magistero; non si permetta mai di turbare le coscienze, soprattutto dei giovani, con teorie "che servono più a vane discussioni che al disegno divino manifestato nella fede" (1Tm 1,4).

In definitiva, è dovere del catechista unire in se stesso la dimensione intellettuale con quella spirituale. Giacché esiste un unico Maestro, il catechista sia consapevole che solo il Signore Gesù insegna, mentre lui lo fa "nella misura in cui è il suo portavoce, consentendo al Cristo di insegnare per bocca sua".

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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24. Senso pastorale. La dimensione pastorale della formazione riguarda l'esercizio della triplice funzione: profetica, sacerdotale e regale del battezzato laico. Il catechista, perciò, richiede di venire introdotto ad esercitare l'annuncio e la catechesi, ad aiutare i fratelli a vivere la fede e rendere culto a Dio, ed a compiere i servizi pastorali nella comunità.

Gli atteggiamenti principali da educare nei candidati sono: spirito di responsabilità pastorale e leadership; generosità nel servizio; dinamismo e creatività; comunione ecclesiale e obbedienza ai Pastori.

Questo tipo di formazione richiede istruzioni teoretiche, al fine di illustrare i principali ambiti apostolici nei quali un catechista può intervenire, così che ne conosca bene le esigenze e i modi di darvi una risposta. E' pure necessario che siano spiegate le caratteristiche dei destinatari, se fanciulli, adolescenti, giovani o adulti; se studenti o lavoratori; se battezzati o no; se appartenenti a piccole comunità o a movimenti; se sani o ammalati; se ricchi o poveri, ecc., e i differenti modi di rapportarsi con essi.

La formazione pastorale richiede, inoltre, esercitazioni pratiche, specialmente all'inizio, sotto la guida di maestri, o del sacerdote, o di qualche catechista sperimentato.

In particolare si assicuri ai catechisti la preparazione pastorale sacramentale, di modo che possano aiutare i fedeli a comprendere meglio il significato religioso dei segni e ad accostarsi con fiducia a queste fonti perenni di vita soprannaturale. Non si dimentichi l'importanza di accompagnare i cristiani provati dalla sofferenza a vivere la grazia propria del Sacramento dell'Unzione degli infermi.

Istruzioni teoriche ed esercitazioni pratiche siano armonizzate, secondo il possibile, di modo che l'introduzione all'impegno apostolico risulti graduale e completo.

Per quanto riguarda la preparazione al servizio specifico della catechesi, giova rimandare espressamente al Direttorio Catechistico Generale, in particolare dove sono spiegati gli "elementi di metodologia".

25. Zelo missionario. La dimensione missionaria è strettamente legata alla stessa identità di catechista e caratterizza ogni sua attività apostolica. Di conseguenza va privilegiata nella formazione, facendo attenzione che ad ogni catechista venga garantita una congrua introduzione teorica e pratica ad impegnarsi come cristiano laico nel percorrere quelle tappe progressive che sono proprie dell'attività missionaria:

- Essere attivamente presente nella società degli uomini, offrendo una testimonianza autentica di vita, instaurando una convivenza sincera, collaborando nella carità per risolvere i problemi comuni.

- Annunziare con franchezza (cf. At 4,13; 28,31) la verità su Dio e su colui che Egli ha inviato per la salvezza di tutti, Gesù Cristo Signore (cf. 2Tm 1,9-10), di modo che gli appartenenti ad altre religioni, ai quali aprirà il cuore lo Spirito Santo (cf. At 16,14), possano credere e liberamente convertirsi.

- Incontrare i seguaci di altre religioni senza pregiudizi e con un dialogo franco e aperto.

- Preparare i catecumeni nel cammino di introduzione graduale al mistero della salvezza, alla pratica delle norme evangeliche e alla vita religiosa, liturgica e caritativa del popolo di Dio.

- Costruire la comunità, accompagnando i candidati a ricevere il Battesimo e gli altri sacramenti dell'iniziazione cristiana, così che entrino a far parte della Chiesa di Cristo, che è profetica, sacerdotale e regale.

- In dipendenza dai Pastori e in collaborazione con gli altri fedeli, compiere quegli esercizi che, secondo il piano pastorale, sono finalizzati alla maturazione della Chiesa particolare. Questi servizi sono collegati alle diverse necessità di ogni Chiesa e contraddistinguono il catechista dei territori di missione. Ne consegue che l'attività formativa deve aiutare il catechista ad affinare la propria sensibilità missionaria, rendendolo capace di scoprire e di coinvolgersi in tutte le situazioni favorevoli al primo annuncio.

Giova ripetere il pensiero di Giovanni Paolo II già riportato sopra, secondo cui i catechisti, quando sono ben formati allo spirito missionario, diventano essi stessi animatori missionari della propria comunità ecclesiale ed incidono fortemente nell'evangelizzazione dei non cristiani, disposti ad essere mandati dai Pastori fuori della propria Chiesa o nazione. I Pastori, consci della propria responsabilità, sappiano valorizzare al massimo questa insostituibile schiera di apostoli e li aiutino a crescere sempre più nello zelo missionario.

26. Attitudine ecclesiale. Il fatto che la Chiesa è per sua natura missionaria e che è inviata e destinata all'evangelizzazione di tutti gli uomini porta ad una doppia convinzione: che l'azione apostolica non è un atto individuale e isolato; e che va compiuta in comunione ecclesiale a partire dalla Chiesa particolare con il suo Vescovo.

Queste constatazioni fatte da Paolo VI in relazione agli evangelizzatori, possono essere applicate a pieno titolo ai catechisti, il cui ruolo è una realtà eminentemente ecclesiale e quindi comunitaria. Il catechista, infatti, è inviato dai Pastori e agisce con la missione ricevuta dalla Chiesa e in nome di essa. La sua azione, di cui non è padrone ma umile servo, ha legami istituzionali e nell'ordine della grazia con l'azione di tutta la Chiesa.

Gli atteggiamenti principali che si devono curare per educare convenientemente un catechista in questa dimensione comunitaria sono:

- L'attitudine all'ubbidienza apostolica ai Pastori, in spirito di fede, come Gesù che "spogliò se stesso assumendo la condizione di servo (...), facendosi obbediente fino alla morte" (Fil 2,7-8; cf Eb 5,8; Rm 5,19). Questa obbedienza apostolica sia accompagnata da un atteggiamento di responsabilità, in quanto il ministero di catechista, dopo la scelta e il mandato, è esercitato dalla persona chiamata e resa idonea interiormente dalla grazia dello Spirito.

In questo contesto dell'ubbidienza apostolica diventa quanto mai opportuno il mandato o la missione canonica, come viene fatto in molte Chiese, in cui emerge il legame tra la missione di Cristo, della Chiesa con quella del catechista. E' consigliabile una speciale funzione liturgica o liturgicamente ispirata, debitamente approvata, compiuta nella comunità da cui parte il catechista, durante la quale il Vescovo o un suo delegato esprime il mandato, compiendo un gesto che ne indichi il significato, come ad esempio l'imposizione del crocifisso o la consegna dei Vangeli. E' conveniente che questo rito del mandato sia diverso per solennità a seconda che il catechista è a tempo pieno o solo parziale.

- Capacità di collaborazione ai vari livelli: il senso comunitario produce necessariamente nell'individuo un'attitudine operativa di collaborazione, che va educata e sostenuta. Il catechista sappia tener conto di tutte le componenti della comunità ecclesiale in cui è inserito, e operare in unità con esse. Un particolare richiamo va fatto alla collaborazione con gli altri laici impegnati nella pastorale, specialmente in quelle Chiese dove sono più sviluppati i servizi laicali distinti da quello del catechista. Per saper collaborare a questo livello non basta una convinzione interiore, ma occorre pure l'uso dei mezzi adatti al lavoro d'insieme, quali sono la programmazione e la revisione in comune delle varie opere e attività. Questo legame di unità tra tutte le forze è compito specialmente dei Pastori, ma la saggezza di un catechista dovrà puntare a favorire la convergenza di quanti operano nel raggio della sua azione.

Il catechista sappia soffrire per la Chiesa, sostenendo le fatiche connesse con l'apostolato fatto in comune e accettando le imperfezioni dei membri della Chiesa, ad imitazione di Cristo che ha amato la Chiesa donandosi per lei (cf. Ef 5, 25).

L'educazione al senso comunitario venga curata fin dall'inizio, con esperienze programmate, realizzate e revisionate in gruppo dai candidati.

27. Operatori della formazione. Un problema di capitale importanza nel settore della formazione dei catechisti è quello di avere formatori idonei e sufficienti. Quando si parla di operatori si deve tener presente il quadro completo delle persone coinvolte nella formazione.

Anzitutto i catechisti siano convinti che il loro primo formatore è Cristo Signore, il quale forma attraverso lo Spirito Santo (cf. Gv 16,12-15). Ciò comporta in essi spirito di fede e attitudine alla preghiera e al raccoglimento, per fare spazio alla pedagogia divina. L'educazione di apostoli, infatti, è eminentemente un'arte che si esprime sul piano soprannaturale.

La persona è la prima responsabile della propria crescita interiore, cioè di come rispondere alla chiamata divina. La coscienza di questa responsabilità spinga il catechista a dare una risposta attiva e creativa, impegnandosi e assumendosi tutte le responsabilità del proprio progresso di vita.

Il catechista opera in comunione, al servizio e con l'ausilio della comunità ecclesiale. Anche la comunità, dunque, è chiamata a collaborare per la formazione dei suoi catechisti, specialmente assicurando loro un ambiente positivo e fervoroso, accogliendoli per ciò che sono e offrendo loro la dovuta collaborazione. Nella comunità, i Pastori svolgono un servizio di guida anche come educatori dei catechisti. Ciò comporta in essi un interessamento particolare e, nei candidati, confidenza e coerenza nel seguirne le direttive. Il Vescovo e il parroco sono, in forza del loro ruolo, i formatori nati dei catechisti.

I formatori, cioè quelli che la Chiesa incarica di aiutare i catechisti a realizzare il programma educativo, sono come i "compagni di viaggio", il cui servizio qualificato è molto prezioso. Sono anzitutto i responsabili dei centri per catechisti e anche quanti curano la formazione di base e quella permanente dei candidati al di fuori dei centri. E' importante che si scelgano formatori idonei i quali, oltre ad essere eccellenti per senso di Chiesa e vita cristiana, siano dotati di una preparazione apposita per questo compito e godano di un'esperienza personale per aver esercitato essi stessi il servizio catechistico. E' bene che i formatori siano costituiti in gruppo (équipe, team) possibilmente di sacerdoti, religiosi, laici, sia uomini che donne, scelti soprattutto tra i catechisti sperimentati. In questo modo la formazione risulterà più completa e incarnata. I candidati abbiano confidenza verso i loro formatori e li considerino guide indispensabili che la Chiesa amorevolmente offre loro per raggiungere la più alta maturità.

28. Formazione di base. Il processo formativo che precede l'inizio del ministero catechistico non è uguale in tutte le Chiese, a motivo della differente organizzazione e possibilità, e varia anche se viene realizzato in un centro o al di fuori di esso.

Bisogna insistere perché a tutti i catechisti sia offerto un minimo sufficiente di formazione iniziale, senza la quale non sono in grado di rispondere convenientemente alla loro missione. A tale scopo, ecco alcuni criteri e indirizzi, che contribuiranno a promuovere e guidare le scelte operative:

- Conoscenza del soggetto: è necessario che il candidato sia conosciuto personalmente e nel suo ambiente culturale. Senza questa conoscenza di base, la formazione risulterà piuttosto una semplice istruzione e sarà poco personalizzata.

- Attenzione alla realtà socio-ecclesiale: è importante che i catechisti siano educati in forma non astratta, ma incarnata nella realtà in cui vivono e operano. L'attenzione alle situazioni ecclesiali e sociali offre punti di riferimento concreti e garantisce una formazione maggiormente situata.

- Continuità e gradualità nella formazione: i candidati siano aiutati a raggiungere tutti gli obiettivi della formazione in modo progressivo e graduale, rispettando i ritmi di crescita di ognuno e le necessarie differenze dei vari momenti. Non si pretenda di avere un catechista completo fin dall'inizio, ma lo si aiuti a crescere senza interruzioni e scompensi.

- Metodo ordinato e completo: tenendo conto dell'ambiente di missione e degli indirizzi di una sana pedagogia, occorre che il metodo formativo sia: esperienziale, arricchito cioè da confronti, programmati e guidati, con le situazioni ecclesiali, culturali e sociali del luogo; integrale, che miri alla crescita della persona in tutti i suoi aspetti e valori; dialogante, con uno scambio continuo tra la persona e Dio, il formatore, la comunità; liberante, al fine di sciogliere il catechista da qualsiasi condizionamento conscio e inconscio, in contrasto con il messaggio evangelico; armonico, tendente ad assumere l'essenziale e a condurre all'unità interiore.

- Progetto di vita: una pedagogia valida aiuta l'individuo a costruirsi un progetto di vita, che fissi gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli, ma in modo realistico. Ogni catechista sia educato, sin dall'inizio, a farsi un programma ordinato, nel quale venga curata prima di tutto l'identità e lo stile di vita, poi anche le qualità necessarie per l'apostolato.

- Dialogo formativo: è l'incontro personale tra il candidato e il formatore. E' un incontro importante per illuminare, stimolare e accompagnare il progresso nella formazione. Il catechista sia aperto con il formatore e instauri con lui un dialogo costruttivo e regolare. Nel dialogo formativo ha un posto singolare la direzione spirituale, che raggiunge l'intimo profondo della persona e l'aiuta ad aprirsi alla grazia, in modo che cresca in sapienza.

- In contesto comunitario: la comunità cristiana, dove il catechista vive e svolge la sua attività, è il necessario luogo di confronto, proposta e discernimento di vita per tutti i suoi membri e particolarmente per quelli che realizzano una vocazione apostolica. I catechisti possono scoprire progressivamente nella comunità come si attua il progetto divino di salvezza. Nessuna vera educazione apostolica può avvenire al di fuori del contesto comunitario.

Questi indirizzi pedagogici siano tenuti presenti laddove esiste una buona struttura per la formazione di base. Tuttavia, anche dove si è soltanto all'inizio, essi possono servire da stimolo e da orientamento per i Pastori e per gli stessi candidati. Si eviti assolutamente di improvvisare la preparazione dei catechisti o di lasciarla alla loro esclusiva iniziativa.

29. Formazione permanente. Il carattere evolutivo della persona, il dinamismo proprio dei sacramenti del Battesimo e della Confermazione, il processo di continua conversione e di crescita nella carità apostolica, il rinnovamento della cultura, l'evoluzione della società e il continuo perfezionamento delle metodiche didattiche richiedono al catechista di mantenersi in stato di formazione durante tutto il periodo del suo servizio attivo. Questo impegno riguarda sia i dirigenti che i semplici catechisti e coinvolge tutte le dimensioni della loro formazione: umana, spirituale, dottrinale e apostolica.

La formazione permanente assume caratteristiche particolari secondo le diverse situazioni: all'inizio dell'impegno apostolico, è un'introduzione al servizio, necessaria per ogni catechista, che consiste in istruzioni teoretiche ed in esperienze pratiche guidate. Durante lo svolgimento dell'attività, la formazione permanente è rinnovamento continuo per mantenersi idonei ai vari impegni che, a loro volta, possono mutare. Qui si garantisce la qualità dei catechisti, evitando logoramenti lungo il trascorrere del tempo. In certi casi di speciale difficoltà, di stanchezza, di cambiamento di posto o di occupazione, ecc., la formazione permanente diventa maturazione e ripresa, aiutando il catechista a ricuperare il fervore iniziale.

La responsabilità della formazione permanente non può essere demandata unicamente agli enti centrali; essa richiede di essere curata anche dai diretti interessati e dalle singole comunità, in considerazione del fatto che esistono realtà diversificate da persona a persona e da luogo a luogo.

Oltre a riaffermare la validità di tutti questi principi, è necessario incentivare l'uso di strumenti utili alla formazione permanente. In vero, a questo proposito, esistono ostacoli derivanti da ristrettezze economiche, carenza di personale qualificato, scarsezza di libri e di altro materiale didattico, distanze e inadeguatezza dei mezzi di trasporto, ecc. Pur tuttavia la formazione permanente dei catechisti rimane un imperativo indiscutibile. Gli sforzi che i responsabili stanno già compiendo al riguardo vanno incoraggiati. L'obiettivo è che ovunque si crei un'organizzazione sufficiente e si facciano iniziative concrete, di modo che nessun catechista venga trascurato nella sua crescita continua.

Tra le iniziative in favore della formazione permanente sono in prima fila quelle curate dai centri, che seguono gli ex allievi, almeno nel primo periodo, attraverso la corrispondenza circolare e individuale, l'invio di materiale, le visite sul posto da parte dei formatori, gli incontri di revisione nei centri stessi. I centri sono ambienti quanto mai adatti per organizzare corsi di rinnovamento e riqualificazione in favore dei catechisti in qualsiasi momento del loro servizio.

Le diocesi, se non hanno un centro cui riferirsi, cercheranno altri ambienti per realizzare i loro programmi di formazione permanente, che generalmente consistono in brevi corsi, incontri giornalieri, ecc., animati da personale appositamente incaricato a livello diocesano. Analogamente si deve agire nelle singole parrocchie o in gruppi di parrocchie vicine che collaborano tra loro.

Per la formazione permanente non sono sufficienti iniziative isolate, ma occorrono programmi organici, che prevedano un rinnovamento ciclico sui vari aspetti della personalità del catechista. Così non basta curare la professionalità del lavoro; bisogna privilegiare sempre l'identità della persona. Merita particolare sottolineatura ogni programma a carattere spirituale, perché questa dimensione è di gran lunga la principale.

Non si dimentichi la necessità che il catechista rimanga radicato nella sua comunità, per realizzare la formazione continua nel suo contesto e assieme agli altri fedeli. Nello stesso tempo si miri a sviluppare la dimensione universale, valorizzando gli incontri tra catechisti di diverse Chiese particolari.

Infine, al di là delle iniziative organizzate, la formazione permanente è affidata agli interessati. Ogni catechista, perciò, prenda a cuore il proprio continuo progresso e si impegni personalmente con tutte le forze, convinto che nessuno può sostituirsi alla sua responsabilità primaria.

30. Mezzi e strutture di formazione. Tra i mezzi di formazione emergono i centri o scuole per catechisti. E' sintomatico che i documenti della Chiesa, dall'Ad Gentes alla Redemptoris Missio, insistano sull'importanza di favorire "la creazione e il potenziamento delle scuole (o centri) per catechisti, che, approvate dalle Conferenze Episcopali, rilascino titoli ufficialmente riconosciuti da queste ultime".

Quando si parla di centri per catechisti ci si riferisce a realtà molto differenti: da organismi sviluppati, capaci di ospitare a lungo i candidati con un programma di formazione organico, fino a strutture essenziali, per piccoli gruppi o corsi brevi, o anche solo per incontri giornalieri.

Il maggior numero dei centri sono diocesani o interdiocesani; diversi anche nazionali, o continentali o internazionali. Questi diversi livelli dei centri si completano a vicenda e vanno tutti promossi.

Esistono elementi comuni a questi centri, come il programma formativo che fa del centro un luogo di crescita nella fede, la possibilità di residenza, l'insegnamento scolastico inframezzato da esperienze pastorali e soprattutto la presenza di un gruppo di formatori. Esistono anche elementi propri, che rendono i centri molto diversi l'uno dall'altro, tra i quali: lo standard minimo richiesto di preparazione scolastica, che è proporzionato a quello nazionale; le condizioni per l'accettazione dei candidati; la durata del corso e della residenza; le caratteristiche dei candidati stessi: solo uomini o solo donne o entrambi; giovani o adulti; sposati o non sposati o coppie; sensibilità e accentuazioni diverse nei contenuti e metodi formativi, che si adattano alla realtà locale; formazione specifica o meno per le spose dei catechisti; rilascio o no di un diploma.

E' importante che esista una certa connessione tra i centri, soprattutto a livello nazionale, sotto la responsabilità della Conferenza Episcopale. Questa connessione è favorita da incontri regolari tra tutti i formatori dei vari centri e dallo scambio di sussidi didattici. In questo modo si tende all'unità della formazione e vengono potenziati i singoli centri attraverso l'arricchimento che deriva dall'esperienza altrui.

L'importanza dei centri non si limita all'attività formativa diretta verso le persone. Essi possono diventare fucine di riflessione su temi importanti di carattere apostolico, quali: i contenuti della catechesi, l'inculturazione, il dialogo interreligioso, i metodi pastorali, ecc., in supporto alla responsabilità dei Pastori.

Oltre ai centri o scuole, vanno menzionati i corsi e gli incontri, di diversa durata e composizione, organizzati dalle diocesi e parrocchie, in special modo quelli con la partecipazione del Vescovo e dei parroci. Sono mezzi formativi molto validi e, in certe zone o situazioni, diventano l'unico modo di offrire una buona formazione. Questi corsi non si contrappongono ai programmi dei centri, ma servono per prolungarne l'influsso o, come avviene molto spesso, per compensarne la mancanza.

Sia per l'attività dei centri che per quella dei corsi, sono indispensabili gli strumenti didattici: libri, audiovisivi, e tutto quel materiale che serve per preparare bene un catechista. E' compito dei Pastori responsabili far sì che i luoghi di formazione siano forniti di tale materiale in proporzione alla loro entità. E' lodevole la consuetudine di scambiarsi i mezzi didattici tra un centro e l'altro e tra una diocesi e un'altra. Talvolta sono utili interscambi tra nazioni confinanti e omogenee per situazione socio-religiosa.

La CEP insiste sul fatto che non basta proporsi obiettivi elevati nella formazione, ma che occorre individuare ed usare i mezzi efficaci. Perciò, oltre a ribadire la priorità assoluta di formatori, da preparare bene e sostenere, la CEP chiede che si operi ovunque un potenziamento dei centri. Anche qui si impone sano realismo, per evitare di fare un discorso solo teorico. L'obiettivo raggiungibile è di fare in modo che a tutte le diocesi venga offerta la possibilità di formare un certo numero dei loro catechisti, almeno i quadri, in un centro. Oltre a ciò, di incrementare le iniziative sul posto, particolarmente gli incontri programmati e guidati, perché sono indispensabili per la prima formazione di chi non ha potuto frequentare un centro, e per la formazione permanente di tutti.

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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PARTE III

LE RESPONSABILITA' VERSO IL CATECHISTA

VI. RIMUNERAZIONE DEL CATECHISTA

31. Questione economica in generale. La questione economica, per comune ammissione, sembra uno degli ostacoli più seri per procurarsi sufficienti catechisti. Ovviamente, il problema non si pone riguardo ai maestri di religione nelle scuole, quando sono stipendiati dallo Stato. Quanto, invece, agli altri catechisti rimunerati dalla Chiesa, in particolare per quelli che hanno una famiglia a carico, il punto cruciale è la proporzione tra ciò che ricevono e le esigenze della vita. Le conseguenze negative si fanno sentire su diversi aspetti: sulla scelta, in quanto persone capaci preferiscono impieghi meglio rimunerati; sull'impegno, in quanto diventa necessario svolgere altri lavori per integrare le entrate; sulla formazione, perché molti non sono in grado di partecipare ai corsi; sulla perseveranza e sui rapporti con i Pastori. Inoltre, in talune culture un lavoro viene apprezzato in proporzione a come è rimunerato; di conseguenza, i catechisti rischiano di essere considerati una sotto-categoria di lavoratori.

32. Soluzioni pratiche. La retribuzione del catechista sia ritenuta una questione di giustizia e non di libera contribuzione. I catechisti sia a tempo pieno, che a tempo parziale, vanno retribuiti secondo norme precise, stabilite a livello di diocesi e parrocchia, tenuto conto della condizione finanziaria della Chiesa particolare, della situazione personale e familiare del catechista, nel contesto economico generale dello Stato. Siano considerati con speciale attenzione i catechisti ammalati, invalidi e anziani.

La CEP, come nel passato, continuerà ad impegnarsi per suscitare e distribuire contributi economici in favore dei catechisti, secondo le possibilità. Nello stesso tempo, insiste sulla necessità di tendere con tutte le forze ad una soluzione più stabile del problema.

I bilanci economici delle diocesi e delle parrocchie, perciò, destinino a questa opera una congrua e proporzionata aliquota delle entrate, seguendo il criterio di dare la precedenza alle spese per la formazione. Così anche i fedeli si facciano carico del mantenimento dei catechisti, soprattutto quando si tratta dell'animatore del loro villaggio. La qualità delle persone, in particolare quelle impegnate nell'apostolato diretto, ha la precedenza sulle strutture. Non vengano quindi distorti per altri fini o decurtati i bilanci destinati ai catechisti.

Un particolare incoraggiamento merita l'impegno economico a favore dei centri per catechisti. Questo sforzo è degno di encomio e sicuramente contribuirà all'incremento della vita cristiana nel prossimo futuro, perché la catechesi attiva ed efficace è la base della formazione del Popolo di Dio.

Siano pure promossi e aumentati i catechisti volontari, che si impegnano a collaborare a tempo parziale, con regolarità, ma senza una vera rimunerazione in quanto hanno già un altro impiego fisso. Questa linea è più realistica per quelle comunità ecclesiali che hanno già un certo grado di sviluppo. Ovviamente sarà necessario educare i fedeli a considerare la vocazione del catechista una missione più che un impiego per vivere. Inoltre, occorrerà ripensare l'organizzazione e la distribuzione dei catechisti.

In sintesi, il problema economico richiede una soluzione a partire dalla Chiesa locale. Tutte le altre iniziative sono un buon contributo e vanno potenziate, ma è in loco che si deve trovare la soluzione radicale, specialmente con un'oculata amministrazione, che rispetti le precedenze apostoliche, e con l'educazione della comunità a contribuire economicamente.

VII. RESPONSABILITA' DEL POPOLO DI DIO

33. Responsabilità della comunità. La CEP sente il bisogno di esprimere un riconoscimento grato e pubblico ai Vescovi, ai sacerdoti e alle comunità dei fedeli per la cura attenta che hanno dimostrato verso i catechisti. Questo loro atteggiamento è una garanzia per l'annuncio missionario e per la maturazione delle giovani Chiese.

I catechisti, infatti, sono apostoli di frontiera, senza dei quali "Chiese ora fiorenti non sarebbero state edificate" e in più sono una delle componenti essenziali della comunità, radicati in essa in forza del Battesimo, della Confermazione e della loro vocazione, con il diritto e il dovere di poter crescere in pienezza e operare con responsabilità.

E' significativo che Giovanni Paolo II, nella Lettera Enciclica Redemptoris Missio, faccia questo apprezzamento sui catechisti nei territori di missione: "Tra i laici che diventano evangelizzatori si trovano in prima fila i catechisti. (...) Anche col moltiplicarsi dei servizi ecclesiali ed extra-ecclesiali il ministero dei catechisti rimane sempre necessario ed ha particolari caratteristiche". Queste espressioni confermano quanto lo stesso Sommo Pontefice aveva affermato nell'Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae: "Sono i catechisti in terra di missione coloro che meritano, in modo del tutto speciale, questo titolo di 'catechisti'". Ai catechisti si può applicare con verità la parola del Signore: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19), perché essi "legittimamente attendono al ministero della Parola".

I catechisti siano valorizzati nell'organizzazione della comunità ecclesiale. Sarà molto utile che sia garantita una loro presenza significativa negli organismi di comunione e partecipazione apostolica, quali ad esempio i consigli pastorali diocesani e parrocchiali.

Non si dimentichi che il numero dei catechisti è in continuo aumento e che dal loro attuale impegno molto dipende la qualità delle future comunità cristiane. Esistono situazioni nella società moderna che richiedono la presenza dei catechisti, perché sono laici che vivono le situazioni secolari e le possono illuminare con la luce del Vangelo, operando dall'interno della società. Oggi nel contesto della teologia del laicato i catechisti occupano necessariamente un posto di rilievo.

Tutte queste considerazioni incidono sull'urgenza di potenziare i catechisti quanto al numero con una adeguata promozione vocazionale, e soprattutto quanto alla qualità, con un'attenta e globale programmazione formativa.

34. Responsabilità primaria dei Vescovi. I Vescovi, come primi "responsabili della catechesi", sono anche i primi responsabili dei catechisti. Il Magistero contemporaneo e la legislazione rinnovata della Chiesa insistono sopra questa responsabilità originaria dei Vescovi legata al loro ruolo di successori degli Apostoli sia come Collegio che come Pastori nelle Chiese particolari.

La CEP raccomanda ai singoli Vescovi e alle Conferenze Episcopali di continuare con ogni energia e, quando occorre, di potenziare la loro cura in favore dei catechisti, tenendo conto di tutti gli aspetti che li riguardano: dallo stabilire i criteri per la scelta, al promuovere i programmi e le strutture di formazione, all'uso dei mezzi proporzionati per il sostentamento, ecc. I Vescovi curino personalmente i catechisti, instaurando un rapporto profondo e possibilmente individuale con essi. Nel caso che ciò non sia fattibile, potrebbe essere utile nominare un apposito vicario episcopale.

Forte della propria esperienza, la CEP indica anche alcuni ambiti preferenziali di intervento, quali:

- Coscientizzare la comunità diocesana e quelle parrocchiali, con speciale attenzione ai presbiteri, circa l'importanza e il ruolo dei catechisti.

- Fare o rinnovare i Direttori catechistici per quelle parti che interessano la figura e la formazione del catechista, a livello di nazione o diocesi, di modo che ci sia chiarezza e unità nell'applicare alla situazione locale le rispettive indicazioni del Direttorio Catechistico Generale, dell'Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae e quelle della presente Guida per i catechisti.

- Garantire un minimo di attrezzature per la preparazione specifica dei catechisti, a livello diocesano e parrocchiale, di modo che nessuno sia immesso nel suo compito senza esservi preparato; inoltre fondare o potenziare scuole o centri appositi.

- Puntare sulla creazione dei quadri in ogni diocesi e parrocchia, cioè di quei gruppi di catechisti ben formati nei centri e con adeguata esperienza, i quali, come si è già detto, in collaborazione con il Vescovo e i sacerdoti, possano farsi carico della formazione e dell'accompagnamento di altri catechisti volontari, ed essere posti nei punti chiave per l'attuazione dei programmi catechistici.

- Sovvenire, con un'oculata programmazione economica e coinvolgendo la comunità, alle necessità collegate con la formazione, l'attività e la vita dei catechisti.

Oltre a questi ambiti prioritari di intervento, giova ripetere che il modo eminente e globale con il quale i Vescovi possono attuare la responsabilità verso i catechisti è manifestare il loro amore paterno con un costante interessamento e con incontri di persona.

35. Cura da parte dei presbiteri. I presbiteri, particolarmente i parroci, come educatori nella fede e collaboratori immediati del Vescovo, hanno un ruolo immediato e insostituibile nella promozione del catechista. Essi che, come pastori, devono riconoscere, promuovere e coordinare i vari carismi all'interno della comunità, seguano in modo particolare i catechisti, che condividono con loro la fatica dell'annuncio. Li considerino e accettino come persone responsabili del ministero loro affidato e non come meri esecutori di programmi prestabiliti. Ne promuovano il dinamismo e la creatività. Educhino inoltre la comunità a responsabilizzarsi nella catechesi, accogliendo i catechisti, collaborando con essi e sostenendoli economicamente, tenendo conto se hanno una famiglia a carico.

In questa speciale ottica, risulta decisiva l'educazione del clero, a partire dai seminari, perché sia in grado di apprezzare, favorire e valorizzare convenientemente il catechista, come figura eminente di apostolo e suo speciale collaboratore nella vigna del Signore.

36. Attenzione da parte dei formatori. La preparazione dei catechisti è generalmente affidata a persone qualificate sia nei centri che nelle parrocchie. Questi formatori hanno un ruolo di forte responsabilità e rendono un contributo prezioso alla Chiesa. Siano, dunque, consapevoli della loro vocazione e del valore del compito che sono chiamati a svolgere.

Quando una persona accetta il mandato di formare i catechisti si consideri l'espressione concreta della cura dei Pastori e si impegni a seguire le loro direttive. Così pure sappia vivere la dimensione ecclesiale di questo mandato, realizzandolo in spirito comunitario e seguendo programmi d'insieme.

Come si è già ricordato sopra, il formatore dei catechisti sia fornito di doti spirituali, morali e pedagogiche. In particolare abbia una intensa vita cristiana, di modo che possa educare soprattutto con la propria testimonianza. Stia vicino ai catechisti, trasmettendo loro fervore ed entusiasmo.

Ogni diocesi faccia il possibile per avere un gruppo di formatori di catechisti, composto possibilmente da sacerdoti, religiosi, suore e laici, che possano essere inviati nelle parrocchie a preparare gli aspiranti, in comunità e individualmente.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/04/2010 23:25
 
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CONCLUSIONE

37. Una speranza per la missione del terzo millennio. Le direttive contenute in questa Guida sono proposte con speranza come un ideale per tutti i catechisti.

I catechisti sono da tutti stimati per la loro partecipazione all'attività missionaria e per le loro caratteristiche che raramente si incontrano nelle comunità ecclesiali fuori della missione. Il loro numero è in crescita e, negli ultimi anni, oscilla tra i 250.000 e 350.000. Per molti missionari, essi sono un aiuto insostituibile; si può dire, la loro mano destra e talvolta la loro lingua. Spesso hanno saputo sostenere la fede delle giovani comunità nei tempi difficili e le loro famiglie hanno dato molte vocazioni sacerdotali e religiose.

Come non stimare questi "animatori fraterni di comunità nascenti"? Come non proporre loro gli ideali più elevati, pur nella consapevolezza delle difficoltà oggettive e dei limiti personali ?

Non si può concludere più efficacemente questo documento che con le stesse vibranti parole rivolte da Giovanni Paolo II ai catechisti dell'Angola, durante la sua ultima visita apostolica : " Tante volte è dipeso da voi il consolidamento delle nuove comunità cristiane, per non dire la prima pietra della loro fondazione, con il primo annuncio del Vangelo a quanti non lo conoscevano. Se i missionari non potevano essere presenti o sono dovuti partire in tutta fretta subito dopo il primo annuncio, siete stati voi, i catechisti, a sostenere e formare i catecumeni, a preparare il popolo cristiano ai sacramenti, a insegnare la catechesi e ad assumervi l'animazione della vita cristiana nei loro villaggi o nei loro quartieri (...). Ringraziate il Signore per il dono della vostra vocazione, per mezzo della quale Cristo vi ha chiamati e scelti tra gli altri uomini e donne, affinché foste strumenti della sua salvezza. Rispondete con generosità alla vostra vocazione e avrete il vostro nome scritto nel cielo (cf. Lc 10,20)".

La CEP confida che, con l'aiuto di Dio e della Vergine Maria, questa Guida possa imprimere un nuovo impulso al continuo rinnovamento dei catechisti, di modo che il loro generoso contributo continui ad essere valido e fruttuoso anche per la missione del terzo millennio.

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell'Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto, il 16 giugno 1992 ha approvato la presente Guida per i Catechisti e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla sede della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, il 3 dicembre 1993, nella Festa di San Francesco Saverio.

Jozef Card. Tomko, Prefetto

Giuseppe Uhac, Arcivescovo tit. di Tharros, Segretario

Fraternamente CaterinaLD

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ESORTAZIONE APOSTOLICA
CATECHESI TRADENDAE
DI SUA SANTITA'
GIOVANNI PAOLO II
ALL'EPISCOPATO, AL CLERO
E AI FEDELI
DI TUTTA LA CHIESA CATTOLICA
CIRCA LA CATECHESI
NEL NOSTRO TEMPO

INTRODUZIONE

L'ultima consegna di Cristo

1. La catechesi è stata sempre considerata dalla chiesa come uno dei suoi fondamentali doveri, poichè prima di risalire al Padre, il Signore risorto diede agli apostoli un'ultima consegna: quella di render discepole tutte le genti ed insegnar loro ad osservare tutto ciò che egli aveva prescritto. In tal modo, egli affidava loro la missione ed il potere di annunciare agli uomini ciò che essi stessi avevano udito, visto con i loro occhi, contemplato e toccato con le loro mani riguardo al Verbo della vita. Nello stesso tempo, egli affidava loro la missione ed il potere di spiegare con autorità tutto quello che aveva ad essi insegnato: le sue parole, i suoi atti, i suoi miracoli, i suoi precetti. E dava loro lo Spirito per assolvere una tale missione.

Ben presto fu chiamato catechesi l'insieme degli sforzi intrapresi nella chiesa per fare discepoli, per aiutare gli uomini a credere che Gesù è il Figlio di Dio, affinchè, mediante la fede, essi abbiano la vita nel suo nome, per educarli ed istruirli in questa vita e costruire il corpo di Cristo. La chiesa non ha cessato di consacrare a questo scopo le sue energie.

Sollecitudine di Paolo VI

2. I papi più recenti hanno riservato alla catechesi un posto eminente nella loro sollecitudine pastorale. Con i suoi gesti, la sua predicazione, la sua autorevole interpretazione del concilio Vaticano II - da lui considerato come il grande catechismo dei tempi moderni -, con l'intera sua vita il mio venerato predecessore Paolo VI ha servito la catechesi della chiesa in modo particolarmente esemplare. Egli ha approvato, il 18 marzo 1971, il Direttorio generale della catechesi, preparato dalla Congregazione per il clero, un direttorio che rimane quale documento fondamentale per stimolare ed orientare il rinnovamento catechetico in tutta la chiesa. Egli ha istituito, nel 1975, il Consiglio internazionale per la catechesi. Egli ha definito magistralmente il ruolo ed il significato della catechesi nella vita e nella missione della chiesa, quando si è rivolto ai partecipanti al I congresso internazionale della catechesi, il 25 settembre 1971, ed è ritornato esplicitamente su tale argomento nell'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi. Egli ha voluto che la catechesi, specialmente quella che si rivolge ai fanciulli ed ai giovani, fosse il tema della IV assemblea generale del sinodo dei vescovi, celebrata durante il mese di ottobre del 1977, alla quale io stesso ebbi la gioia di partecipare.

Un Sinodo fecondo

3. Alla fine del sinodo, i padri presentarono al papa una ricchissima documentazione comprendente i diversi interventi fatti nel corso della loro assemblea, le conclusioni dei gruppi di lavoro, il messaggio che, col suo consenso, essi avevano inviato al popolo di Dio e, soprattutto, l'ampia serie di «Proposizioni», in cui esprimevano il loro parere su moltissimi aspetti della catechesi nell'ora presente.

Questo sinodo ha lavorato in un'atmosfera eccezionale di gratitudine e di speranza. Esso ha ravvisato nel rinnovamento catechetico un dono prezioso dello Spirito santo alla chiesa contemporanea, un dono al quale, dappertutto nel mondo, le comunità cristiane, ad ogni livello, rispondono con una generosità e una dedizione inventiva che suscitano ammirazione. Il discernimento necessario poteva, quindi, esercitarsi su di una realtà ben viva e trovare nel popolo di Dio una grande disponibilità alla grazia del Signore ed alle direttive del magistero.

Senso di questa esortazione

4. E' nel medesimo clima di fede e di speranza che io vi indirizzo oggi, venerabili fratelli e cari figli e figlie, questa esortazione apostolica. Di un tema estremamente vasto essa non manterrà che alcuni aspetti, più attuali e salienti, per consolidare i felici risultati del sinodo. Essa riprende, nella sostanza, le considerazioni che papa Paolo VI aveva preparato, utilizzando abbondantemente la documentazione lasciata dal sinodo. Papa Giovanni Paolo I - il cui zelo ed i cui doni di catechista hanno meravigliato tutti noi - le aveva raccolte e si apprestava a pubblicarle, quando fu improvvisamente richiamato a Dio. A noi tutti egli ha dato l'esempio di una catechesi centrata sull'essenziale e, al tempo stesso, popolare, fatta di gesti e di parole semplici, capace di toccare i cuori. Io riprendo, dunque, l'eredità di questi due pontefici per rispondere alla richiesta dei vescovi, espressamente formulata a conclusione della IV assemblea generale del sinodo ed accolta dal pontefice Paolo VI nel suo discorso di chiusura. Ciò faccio anche per assolvere uno dei compiti primari della mia funzione apostolica. La catechesi, del resto, è stata sempre una preoccupazione centrale nel mio ministero di sacerdote e di vescovo.

Mio ardente desiderio è che questa esortazione apostolica, diretta a tutta la chiesa, rafforzi la solidità della fede e della vita cristiana, dia nuovo vigore alle iniziative in corso, stimoli la creatività - con la necessaria vigilanza - e contribuisca a diffondere nelle comunità la gioia di portare al mondo il mistero del Cristo.

I.

ABBIAMO UN SOLO MAESTRO: GESU' CRISTO

Mettere in comunione con la persona di Cristo

5. La IV assemblea generale del sinodo dei vescovi ha insistito spesso sul cristocentrismo di ogni autentica catechesi. Noi possiamo qui mantenere i due significati della parola, i quali non si oppongono nè si escludono, ma piuttosto si richiamano e si completano a vicenda.

Si vuole sottolineare, innanzitutto, che al centro stesso della catechesi noi troviamo essenzialmente una persona: quella di Gesù di Nazaret, «unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità», il quale ha sofferto ed è morto per noi ed ora, risorto, vive per sempre con noi. E' Gesù che è «la via, la verità e la vita» e la vita cristiana consiste nel seguire Cristo, nella «sequela Cristi». L'oggetto essenziale e primordiale della catechesi è - per usare un'espressione cara a san Paolo, come pure alla teologia contemporanea - «il mistero del Cristo». Catechizzare è, in un certo modo, condurre qualcuno a scrutare questo mistero in tutte le sue dimensioni: «Mettere in piena luce l'economia del mistero... Comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perchè siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio». E', dunque, svelare nella persona di Cristo l'intero disegno di Dio, che in essa si compie. E' cercare di comprendere il significato dei gesti e delle parole di Cristo, dei segni da lui operati, poichè essi ad un tempo nascondono e rivelano il suo mistero. In questo senso, lo scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo: egli solo può condurre all'amore del Padre nello Spirito e può farci partecipare alla vita della santa Trinità.

Trasmettere la dottrina di Cristo

6. Ma il cristocentrismo, in catechesi, significa pure che mediante essa non si vuole che ciascuno trasmetta la propria dottrina o quella di un altro maestro, ma l'insegnamento di Gesù Cristo, la verità che egli comunica o, più esattamente, la verità che egli è. Bisogna dire dunque che nella catechesi è Cristo, Verbo incarnato e Figlio di Dio, che viene insegnato, e tutto il resto lo è in riferimento a lui; e che solo Cristo insegna, mentre ogni altro lo fa nella misura in cui è il suo portavoce, consentendo al Cristo di insegnare per bocca sua. La costante preoccupazione di ogni catechista - quale che sia il livello delle sue responsabilità nella chiesa - dev'essere quella di far passare, attraverso il proprio insegnamento ed il proprio comportamento, la dottrina e la vita di Gesù. Egli non cercherà di fermare su se stesso, sulle sue opinioni ed attitudini personali l'attenzione e l'adesione dell'intelligenza e del cuore di colui che sta catechizzando; e, soprattutto, non cercherà di inculcare le sue opinioni ed opzioni personali, come se queste esprimessero la dottrina e le lezioni di vita del Cristo. Ogni catechista dovrebbe poter applicare a se stesso la misteriosa parola di Gesù: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato». E' questo che fa s. Paolo trattando una questione di primaria importanza: «Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso». Quale frequentazione assidua della parola di Dio trasmessa dal magistero della chiesa, quale profonda familiarità col Cristo e col Padre, quale spirito di preghiera, quale distacco da sè deve avere un catechista per poter dire: «La mia dottrina non è mia»!

Il Cristo docente

7. Questa non è un corpo di verità astratte: essa è comunicazione del mistero vivente di Dio. La qualità di colui che l'insegna nel vangelo e la natura del suo insegnamento sorpassano del tutto quelle dei «maestri»in Israele, grazie al legame unico che passa tra ciò che egli dice, ciò che fa e ciò che è. Resta il fatto, tuttavia, che i vangeli riferiscono chiaramente alcuni momenti in cui Gesù insegna. «Gesù fece e insegnò»: in questi due verbi che aprono il libro degli Atti, san Luca unisce ed insieme distingue due poli nella missione di Cristo.

Gesù ha insegnato: è, questa, la testimonianza che dà di se stesso: «Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare». E' l'osservazione ammirata degli evangelisti, sorpresi di vederlo sempre e in ogni luogo nell'atto di insegnare, in un modo e con un'autorità fino ad allora sconosciuti. «Di nuovo le folle si radunavano intorno a lui, ed egli, come era solito, di nuovo le ammaestrava»; «ed essi erano colpiti dal suo insegnamento, perchè insegnava, come avendo autorità». E' quanto rilevano anche i suoi nemici, per ricavarne un motivo di accusa, di condanna: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui».

L'unico «maestro»

8. Colui che insegna a questo modo merita, ad un titolo del tutto speciale, il nome di «maestro». Quante volte, in tutto il nuovo testamento e specialmente nei vangeli, gli è dato questo titolo di maestro! Sono evidentemente i dodici, gli altri discepoli, le moltitudini degli ascoltatori che, con un accento di ammirazione, di confidenza e di tenerezza, lo chiamano maestro. Perfino i farisei ed i sadducei, i dottori della legge, i giudici in generale non gli rifiutano questo appellativo: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia vedere un segno»; «Maestro, che debbo fare per ottenere la vita eterna?». Ma è soprattutto Gesù stesso, in momenti particolarmente solenni e molto significativi, a chiamarsi maestro: «Voi mi chiamate maestro e signore, e dite bene, perchè lo so no»; egli proclama la singolarità, il carattere unico della sua condizione di maestro: «Voi non avete che un maestro: il Cristo». Si comprende come, nel corso di duemila anni, in tutte le lingue della terra, uomini di ogni condizione, razza e nazione, gli abbiano dato con venerazione questo titolo, ripetendo ciascuno nel modo suo proprio il grido di Nicodemo: «Sappiamo che sei un maestro venuto da Dio».

Questa immagine del Cristo docente, maestosa insieme e familiare, impressionante e rassicurante, immagine disegnata dalla penna degli evangelisti e spesso evocata in seguito dall'iconografia sin dall'età paleo-cristiana - tanto è seducente - amo evocarla, a mia volta, all'inizio di queste considerazioni intorno alla catechesi nel mondo contemporaneo.

Docente mediante tutta la sua vita

9. Ciò facendo, non dimentico che la maestà del Cristo docente, la coerenza e la forza persuasiva uniche del suo insegnamento si spiegano soltanto perchè le sue parole, le sue parabole ed i suoi ragionamenti non sono mai separabili dalla sua vita e dal suo stesso essere. In questo senso, tutta la vita del Cristo fu un insegnamento continuo: i suoi silenzi, i suoi miracoli, i suoi gesti, la sua preghiera, il suo amore per l'uomo, la sua predilezione per i piccoli e per i poveri, l'accettazione del sacrificio totale sulla croce per la redenzione del mondo, la sua risurrezione sono l'attuazione della sua parola ed il compimento della rivelazione. Talchè per i cristiani il Crocifisso è una delle immagini più sublimi e più popolari di Gesù docente.

Tutte queste considerazioni, che sono nel solco delle grandi tradizioni della chiesa, rinvigoriscono in noi il fervore verso Cristo, il maestro che rivela Dio agli uomini e l'uomo a se stesso; il maestro che salva, santifica e guida, che è vivo, parla, scuote, commuove, corregge, giudica, perdona, cammina ogni giorno con noi sulla strada della storia; il maestro che viene e che verrà nella gloria.

Solo in una profonda comunione con lui i catechisti troveranno la luce e la forza per l'autentico ed auspicato rinnovamento della catechesi.

II.

UN'ESPERIENZA ANTICA QUANTO LA CHIESA

La missione degli apostoli

10. L'immagine del Cristo docente si era impressa nello spirito dei dodici e dei primi discepoli, e la consegna: «Andate..., ammaestrate tutte le nazioni» ha orientato l'intera loro vita. Di questo offre testimonianza san Giovanni nel suo vangelo, quando riferisce le parole di Gesù: «Non vi chiamo più servi, perchè il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perchè tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi». Non sono già essi che hanno scelto di seguire Gesù, ma è Gesù che li ha scelti, li ha tenuti con sè e li ha posti, fin dal tempo anteriore alla pasqua, perchè vadano e portino frutto ed il loro frutto rimanga. E' per questo che, dopo la risurrezione, egli affida loro formalmente la missione di rendere discepole tutte le genti.

L'insieme del libro degli Atti degli apostoli testimonia che essi sono stati fedeli alla vocazione e alla missione ricevuta. I membri della prima comunità cristiana vi appaiono «assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere». Si trova qui senza dubbio l'immagine permanente di una chiesa che, grazie all'insegnamento degli apostoli, nasce e si nutre continuamente della parola del Signore, la celebra nel sacrificio eucaristico e ne dà testimonianza al mondo nel segno della carità.

Allorchè gli avversari si adombrano per l'attività degli apostoli, è perchè sono «contrariati di vederli insegnare al popolo», e l'ordine che dànno è di non insegnare più nel nome di Gesù. Ma noi sappiamo che, proprio su questo punto, gli apostoli hanno ritenuto giusto obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.

La catechesi nell'età apostolica

11. Gli apostoli non tardarono a condividere con altri il ministero dell'apostolato. Essi trasmettono ai loro successori il compito di insegnare; compito che affidano, altresì, ai diaconi fin dalla loro istituzione: Stefano, «pieno di grazia e di potenza», non cessa di insegnare, mosso com'è dalla sapienza dello Spirito. Gli apostoli si associano, nel loro compito di insegnare, «molti altri discepoli»; ed anche dei semplici cristiani, dispersi dalla persecuzione, «andavano per il paese e diffondevano la parola di Dio». San Paolo è per eccellenza l'araldo di questo annuncio, da Antiochia fino a Roma, dove l'ultima immagine che abbiamo di lui negli Atti è quella di un uomo che insegnava «le cose riguardanti il signore Gesù Cristo, con tutta franchezza». Le numerose sue lettere prolungano ed approfondiscono il suo insegnamento. Anche le lettere di Pietro, di Giovanni, di Giacomo e di Giuda sono altrettante testimonianze circa la catechesi dell'età apostolica.

I vangeli, i quali, prima di essere scritti, sono stati l'espressione di un insegnamento orale trasmesso alle comunità cristiane, recano più o meno evidente una struttura catechetica. Il racconto di san Matteo non è stato forse chiamato il vangelo del catechista, e quello di san Marco il vangelo del catecumeno?

Presso i padri della chiesa

12. La chiesa continua questa missione di magistero degli apostoli e dei loro primi collaboratori. Facendosi essa stessa, giorno dopo giorno, discepola del Signore, è giustamente chiamata «madre e maestra». Da Clemente romano ad Origene, l'età post-apostolica vede nascere delle opere notevoli. Poi si assiste a questo fatto impressionante: vescovi e pastori tra i più prestigiosi, soprattutto nel secoli III e IV, considerano come una parte importante del loro ministero episcopale dare istruzioni orali o di comporre trattati catechetici. E' l'epoca di Cirillo di Gerusalemme e di Giovanni Crisostomo, di Ambrogio e di Agostino, durante la quale si vedono fiorire per la penna di tanti padri della chiesa opere che restano per noi dei modelli.

Come sarebbe possibile richiamare qui, sia pure molto brevemente, la catechesi che ha sostenuto la diffusione ed il cammino della chiesa nelle diverse epoche della storia, in tutti i continenti e nei contesti sociali più diversi? Certamente, non sono mai mancate le difficoltà; ma la parola del Signore - secondo l'espressione dell'apostolo Paolo - ha compiuto la sua corsa attraverso i secoli, si è diffusa ed è stata glorificata.

Nei concili e nell'attività missionaria

13. Il ministero della catechesi attinge energie sempre nuove dai concili. Il concilio di Trento costituisce a tale proposito un esempio che va sottolineato: esso ha dato alla catechesi una priorità nelle sue costituzioni e nei suoi decreti; esso è all'origine del «Catechismo romano», che porta anche il nome di «tridentino» e costituisce un'opera di primo piano, come riassunto della dottrina cristiana e della teologia tradizionale ad uso dei sacerdoti; esso ha suscitato nella chiesa una notevole organizzazione della catechesi; esso ha stimolato i chierici ai loro doveri di insegnamento catechetico; esso ha prodotto, grazie all'opera di santi teologi, quali san Carlo Borromeo, san Roberto Bellarmino o san Pietro Canisio, la pubblicazione di catechismi che in rapporto al loro tempo sono dei veri modelli. Possa il concilio Vaticano II suscitare uno slancio ed un lavoro simile ai nostri giorni!

Anche le missioni costituiscono un terreno privilegiato per l'attuazione della catechesi. Così, dopo circa duemila anni, il popolo di Dio non ha smesso di educarsi nella fede, secondo forme adatte alle diverse condizioni dei credenti ed alle molteplici congiunture ecclesiali.

La catechesi è intimamente legata a tutta la vita della chiesa. Non soltanto l'estensione geografica e l'aumento numerico, ma anche, e più ancora, la crescita interiore della chiesa, la sua corrispondenza col disegno di Dio, dipendono essenzialmente da essa. Di quelle esperienze, che abbiamo or ora ricordato dalla storia della chiesa, numerose lezioni - tra molte altre - meritano di esser messe in evidenza.

Catechesi: diritto e dovere della chiesa

14. E' evidente, prima di tutto, che per la chiesa la catechesi è stata sempre un dovere sacro e un diritto inprescrittibile. Da una parte, è certamente un dovere, nato dalla consegna del Signore e che incombe su coloro i quali, nella nuova alleanza, ricevono la chiamata al ministero di pastori. D'altra parte, si può egualmente parlare di diritto: da un punto di vista teologico, ogni battezzato, per il fatto stesso del battesimo, possiede il diritto di ricevere dalla chiesa un insegnamento e una formazione che gli permettano di raggiungere una vera vita cristiana; nella prospettiva, poi, dei diritti dell'uomo, ogni persona umana ha il diritto di cercare la verità religiosa e di aderirvi liberamente, cioè sottratta ad ogni «coercizione da parte di singoli individui, di gruppi sociali o di qualsiasi potestà umana, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, nè sia impedito... di agire secondo la sua coscienza».

E' per questo che l'attività catechetica deve potersi svolgere in circostanze favorevoli - di tempo e di luogo -, aver accesso ai mass-media e ad altri strumenti di lavoro appropriati senza discriminazione verso i genitori, i catechizzati o i catechisti. Al presente, questo diritto è certamente sempre più riconosciuto, almeno a livello dei suoi grandi principi, come ne fan fede dichiarazioni o convenzioni internazionali, in cui - quali che siano i loro limiti - si possono riconoscere i voti della coscienza di una gran parte degli uomini di oggi. Ma questo diritto è violato da numerosi stati, fino al punto che dare, o far dare, o ricevere la catechesi diventa un delitto passibile di sanzioni. E' con forza che, in unione con i padri sinodali, io elevo la mia voce contro ogni discriminazione nel campo della catechesi, mentre lancio di nuovo un insistente appello ai responsabili, perchè cessino del tutto queste costrizioni che pesano sulla libertà umana in generale e sulla libertà religiosa in particolare.

Compito prioritario

15. La seconda lezione riguarda il posto stesso della catechesi nei programmi pastorali della chiesa. Più questa - a livello locale e universale - si dimostra capace di dare la priorità alla catechesi rispetto ad altre opere e iniziative, i cui risultati potrebbero essere più spettacolari, più trova nella catechesi un mezzo di consolidamento della sua vita interna come comunità di credenti e della sua attività esterna come missionaria. La chiesa, in questo XX secolo che volge al termine, è invitata da Dio e dagli avvenimenti - i quali sono altrettanti appelli da parte di Dio - a rinnovare la sua fiducia nell'azione catechetica come in un compito assolutamente primordiale della sua missione. Essa è invitata a consacrare alla catechesi le sue migliori risorse di uomini e di energie, senza risparmiare sforzi, fatiche e mezzi materiali, per meglio organizzarla e per formare un personale qualificato. Non si tratta di un semplice calcolo umano, ma di un atteggiamento di fede. E un atteggiamento di fede si riferisce sempre alla fedeltà di Dio, che non manca mai di rispondere.

Responsabilità comune e differenziata

16. Terza lezione: la catechesi è stata sempre e resterà un'opera, di cui tutta la chiesa deve sentirsi e voler essere responsabile. Ma i membri della chiesa hanno responsabilità distinte, che derivano dalla missione di ciascuno. I pastori, in virtù del loro stesso ministero, hanno, a diversi livelli, la più alta responsabilità per la promozione, l'orientamento, la coordinazione della catechesi. Il papa, da parte sua, ha la viva coscienza della responsabilità primaria che grava su di lui in questo settore: egli vi trova motivi di preoccupazione pastorale, ma soprattutto una sorgente di gioia e di speranza. I sacerdoti, i religiosi e le religiose hanno lì un terreno privilegiato per il loro apostolato. I genitori hanno, ad un altro livello, una responsabilità singolare. I maestri, i diversi ministri della chiesa, i catechisti e, d'altra parte, i responsabili delle comunicazioni sociali hanno tutti, in misura diversa, responsabilità ben precise in questa formazione della coscienza credente, formazione importante per la vita della chiesa e che si riflette sulla vita della società stessa. Uno dei migliori frutti dell'assemblea generale del sinodo, consacrato interamente alla catechesi, potrà essere quello di risvegliare, in tutta la chiesa e in ciascuno dei suoi settori, una coscienza viva ed attiva di questa responsabilità, differenziata ma comune.

Rinnovamento continuo ed equilibrato

17. La catechesi, infine, ha bisogno di un rinnovamento continuo in un certo allargamento del suo stesso concetto, nei suoi metodi, nella ricerca di un linguaggio adatto, nell'utilizzazione di nuovi mezzi di trasmissione del messaggio. Questo rinnovamento non ha sempre un eguale valore, e i padri sinodali hanno voluto realisticamente riconoscere, accanto ad un innegabile progresso nella vitalità dell'attività catechistica e di iniziative promettenti, i limiti ed anche le «deficienze» di ciò che è stato realizzato finora, Questi limiti sono particolarmente gravi, quando rischiano di intaccare l'integrità del contenuto. Il «Messaggio al popolo di Dio» ha messo bene in rilievo che, per la catechesi, «la ripetizione abitudinaria, che respinge ogni cambiamento, e l'improvvisazione sconsiderata, che affronta i problemi con leggerezza, sono egualmente pericolose». La ripetizione abitudinaria porta alla stagnazione, al letargo e, in definitiva, alla paralisi. L'improvvisazione sconsiderata genera il turbamento dei catechizzati e dei loro genitori, quando si tratta di fanciulli, le deviazioni d'ogni specie, la rottura e finalmente la rovina totale dell'unità, E' necessario che la chiesa dia prova oggi - come ha saputo fare in altre epoche della sua storia - di sapienza, di coraggio e di fedeltà evangelica, nella ricerca e nella messa in opera di vie e di prospettive nuove per l'insegnamento catechetico.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/04/2010 23:29
 
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III.

LA CATECHESI NELL'ATTIVITA' PASTORALE E MISSIONARIA DELLA CHIESA

La catechesi: una tappa dell'evangelizzazione

18. La catechesi non può essere dissociata dall'insieme delle iniziative pastorali e missionarie della chiesa. Essa ha nondimeno una sua specificità circa la quale la IV assemblea generale del sinodo dei vescovi, sia nella sua fase preparatoria che durante il suo svolgimento, si è spesso interrogata. Tale problema preoccupa anche l'opinione pubblica, nella chiesa e al di fuori.

Non è qui il luogo di dare una definizione rigorosa e formale della catechesi, essendo stata sufficientemente illustrata nel Direttorio generale della catechesi. Spetta agli specialisti arricchirne sempre di più il concetto e le articolazioni.

Di fronte alle incertezze della pratica, ricordiamo semplicemente alcuni punti essenziali - del resto, già stabilmente fissati nei documenti della chiesa - per un'esatta comprensione della catechesi, senza i quali si rischierebbe di non afferrarne tutto il significato e la portata.

In linea generale, si può qui ritenere che la catechesi è un'educazione della fede dei fanciulli, dei giovani e degli adulti, la quale comprende in special modo un insegnamento della dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana. A questo titolo, senza confondersi formalmente con essi, la catechesi si articola in un certo numero di elementi della missione pastorale della chiesa, che hanno un aspetto catechetico, preparano la catechesi o ne derivano: primo annuncio del vangelo, o predicazione missionaria mediante il kèrigma per suscitare la fede; apologetica o ricerca delle ragioni per credere; esperienza di vita cristiana; celebrazione dei sacramenti; integrazione nella comunità apostolica e missionaria.

Ricordiamo, prima di tutto, che tra catechesi ed evangelizzazione non c'è nè separazione o opposizione, e nemmeno un'identità pura e semplice, ma esistono stretti rapporti d'integrazione e di reciproca complementarietà.

L'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, dell'8 dicembre 1975, circa l'evangelizzazione nel mondo moderno, sottolineava giustamente che l'evangelizzazione - il cui scopo è di recare la buona novella a tutta l'umanità, perchè ne viva - è una realtà ricca, complessa e dinamica, fatta di elementi, o - se si preferisce - di momenti essenziali e differenti tra di loro, che occorre comprendere nel loro insieme, nell'unità di un unico movimento. La catechesi è appunto uno di questi momenti - e quanto importante! - di tutto il processo di evangelizzazione.

Catechesi e primo annuncio del vangelo

19. La specificità della catechesi, distinta dal primo annuncio del vangelo, che ha suscitato la conversione, tende al duplice obiettivo di far maturare la fede iniziale e di educare il vero discepolo di Cristo mediante una conoscenza più approfondita e più sistematica della persona e del messaggio del nostro signore Gesù Cristo.

Ma nella pratica catechetica, questo ordine esemplare deve tener conto del fatto che spesso la prima evangelizzazione non c'è stata. Un certo numero di bambini, battezzati nella prima infanzia, vengono alla catechesi parrocchiale senza aver ricevuto nessun'altra iniziazione alla fede, e senza aver ancora nessun attaccamento esplicito e personale con Gesù Cristo, ma avendo soltanto la capacità di credere, infusa nel loro cuore dal battesimo e dalla presenza dello Spirito santo; e i pregiudizi dell'ambiente familiare poco cristiano o dello spirito positivista dell'educazione creano subito un certo numero di riserve. E bisogna aggiungere altri bambini non battezzati, per i quali i genitori non accettano che tardivamente l'educazione religiosa: per certe ragioni pratiche, la loro tappa catecumenale si svolgerà spesso, in gran parte, nel corso della catechesi ordinaria. Inoltre, molti pre-adolescenti e adolescenti, battezzati e partecipi sia di una catechesi sistematica, sia dei sacramenti, rimangono ancora per lungo tempo esitanti nell'impegnare la loro vita per Gesù Cristo, quando addirittura non cercano di evitare una formazione religiosa in nome della loro libertà. Infine, gli adulti medesimi non sono al riparo dalle tentazioni del dubbio e dell'abbandono della fede, in conseguenza dell'ambiente incredulo. Ciò vuol dire che la «catechesi» deve spesso sforzarsi non soltanto di nutrire e di insegnare la fede, ma di suscitarla incessantemente con l'aiuto della grazia, di aprire i cuori, di convertire, di preparare un'adesione globale a Gesù Cristo per coloro che sono ancora alle soglie della fede. Questa preoccupazione ispira in parte il tono, il linguaggio, il metodo della catechesi.

Fine specifico della catechesi

20. Il fine specifico della catechesi, nondimeno, rimane quello di sviluppare, con l'aiuto di Dio, una fede ancora germinale, di promuovere in pienezza e di nutrire quotidianamente la vita cristiana dei fedeli di tutte le età. Si tratta, infatti, di far crescere, a livello di conoscenza e nella vita, il seme della fede deposto dallo Spirito santo col primo annuncio ed efficacemente trasmesso col battesimo.

La catechesi tende, dunque, a sviluppare la comprensione del mistero di Cristo alla luce della Parola, perchè l'uomo tutto intero ne sia impregnato. Trasformato dall'azione della grazia in nuova creatura, il cristiano si pone così alla sequela di Cristo e, nella chiesa, impara sempre meglio a pensare come lui, a giudicare come lui, ad agire in conformità con i suoi comandamenti, a sperare secondo il suo invito.

Più precisamente, lo scopo della catechesi, nel quadro generale dell'evangelizzazione, è di essere la fase dell'insegnamento e della maturazione, cioè il tempo in cui il cristiano, avendo accettato mediante la fede la persona di Gesù Cristo come il solo Signore ed avendogli dato un'adesione globale mediante una sincera conversione del cuore, si sforza di conoscere meglio questo Gesù, al quale si è abbandonato: conoscere il suo «mistero», il regno di Dio che egli annuncia, le esigenze e le promesse contenute nel suo messaggio evangelico, le vie che egli ha tracciato per chiunque lo voglia seguire.

Se è vero, dunque, che essere cristiano significa dire di sì il Gesù Cristo, occorre ricordare che questo «sì» ha due livelli: esso consiste nell'abbandonarsi alla parola di Dio appoggiandosi ad essa, ma significa ancora, in una seconda istanza, sforzarsi di conoscere sempre meglio il senso profondo di questa Parola.

Necessità di una catechesi sistematica

21. Nel suo discorso di chiusura della IV assemblea generale del sinodo, il pontefice Paolo VI si rallegrava nel «constatare che era stata sottolineata da tutti l'assoluta necessità di una catechesi ben ordinata e coerente, poichè un tale approfondimento dello stesso mistero cristiano distingue fondamentalmente la catechesi da tutte le altre forme di annuncio della parola di Dio».

Di fronte alle difficoltà pratiche debbono essere sottolineate, tra le altre, alcune caratteristiche di tale insegnamento:

  • esso deve essere un insegnamento sistematico, non improvvisato, secondo un programma che gli consenta di giungere ad uno scopo preciso;
  • un insegnamento che insista sull'essenziale, senza pretendere di affrontare tutte le questioni disputate, nè di trasformarsi in ricerca teologica o in esegesi scientifica;
  • un insegnamento, tuttavia, sufficientemente completo, che non si fermi al primo annuncio del mistero cristiano, quale noi abbiamo nel kèrigma;
  • un'iniziazione cristiana integrale, aperta a tutte le componenti della vita cristiana.

Senza dimenticare l'interesse che hanno le molteplici occasioni di catechesi in relazione con la vita personale, familiare, sociale, o ecclesiale - occasioni che bisogna saper cogliere e sulle quali ritornerò al cap. VI - io insisto sulla necessità di un insegnamento cristiano organico e sistematico, perchè da diverse parti si tende a minimizzarne l'importanza.

Catechesi ed esperienza vitale

22. E' vano contrapporre l'ortoprassi all'ortodossia: il cristianesimo è inseparabilmente l'una e l'altra cosa. Le convinzioni ferme e ponderate spingono all'azione coraggiosa e retta: lo sforzo per educare i fedeli a vivere oggi come discepoli del Cristo esige e facilita una scoperta approfondita del mistero del Cristo nella storia della salvezza.

E' altrettanto vano sostenere l'abbandono di uno studio serio e sistematico del messaggio di Cristo in nome di un metodo che privilegia l'esperienza vitale. «Nessuno può raggiungere la verità integrale con una semplice esperienza privata, cioè senza una spiegazione adeguata del messaggio di Cristo, che è via, verità e vita» (Gv 14,6).

Non si contrapporrà, parimenti, una catechesi che parta dalla vita ad una catechesi tradizionale, dottrinale e sistematica. La catechesi autentica è sempre iniziazione ordinata e sistematica alla rivelazione che Dio ha fatto di se stesso all'uomo in Cristo Gesù, rivelazione custodita nella memoria profonda della chiesa e nelle sacre scritture, e costantemente comunicata, mediante una trasmissione vivente ed attiva, da una generazione all'altra. Ma una tale rivelazione non è isolata dalla vita, nè a questa è giustapposta artificialmente. Essa riguarda il senso ultimo dell'esistenza che essa stessa illumina completamente, per ispirarla o per esaminarla alla luce del Vangelo.

E' per questo che possiamo applicare ai catechisti ciò che il concilio Vaticano II ha affermato in maniera particolare dei sacerdoti: educatori - dell'uomo e della vita dell'uomo - nella fede.

Catechesi e sacramenti

23. La catechesi è intrinsecamente collegata con tutta l'azione liturgica e sacramentale, perchè è nei sacramenti e, soprattutto, nell'eucaristia che Gesù Cristo agisce in pienezza per la trasformazione degli uomini.

Nella chiesa primitiva, catecumenato e iniziazione ai sacramenti del battesimo e dell'eucaristia si identificavano. Benchè la chiesa abbia cambiato la sua prassi in questo settore negli antichi paesi cristiani, il catecumenato non è mai stato abolito; esso, anzi, conosce un risveglio ed è largamente praticato nelle giovani chiese missionarie, in ogni caso, la catechesi conserva sempre un riferimento ai sacramenti. Da una parte, una forma eminente di catechesi è quella che prepara ai sacramenti, ed ogni catechesi conduce necessariamente ai sacramenti della fede. D'altra parte, un'autentica pratica dei sacramenti ha necessariamente un aspetto catechetico. In altri termini, la vita sacramentale si impoverisce e diviene ben presto un ritualismo vuoto, se non è fondata su una seria conoscenza del significato dei sacramenti. E la catechesi diventa intellettualistica, se non prende vita nella pratica sacramentale.

La catechesi e comunità ecclesiale

24. La catechesi, infine, ha uno stretto legame con l'azione responsabile della chiesa e dei cristiani nel mondo. Chiunque ha aderito a Gesù Cristo e si sforza di consolidare questa fede per mezzo della catechesi ha bisogno di viverla nella comunione con coloro che hanno fatto lo stesso cammino. La catechesi rischia di divenire sterile, se una comunità di fede e di vita cristiana non accoglie il catecumeno ad un certo grado della sua catechesi. E' per questo che la comunità ecclesiale, a tutti i livelli è doppiamente responsabile in rapporto alla catechesi: essa ha la responsabilità di provvedere alla formazione dei suoi membri, ma ha anche quella di accoglierli in un ambiente, in cui potranno vivere nel modo più pieno ciò che hanno appreso.

La catechesi è parimenti aperta al dinamismo missionario. Se essa è fatta bene, i cristiani sentiranno la preoccupazione di render testimonianza della loro fede, di trasmetterla ai loro figlioli, di farla conoscere agli altri, di servire in tutte le maniere la comunità umana.

Necessità della catechesi in senso lato per la maturazione e la forza della fede

25. Così, dunque, grazie alla catechesi, il kèrygma evangelico - primo annuncio pieno di calore, che un giorno ha sconvolto l'uomo portandolo alla decisione di donarsi a Gesù Cristo per mezzo della fede - viene a poco a poco approfondito, sviluppato nei suoi corollari impliciti, spiegato da un discorso che fa appello anche alla ragione, orientato verso la pratica cristiana nella chiesa e nel mondo. Tutto questo non è meno evangelico del kèrygma, checchè ne dicano alcuni secondo i quali la catechesi giungerebbe necessariamente a razionalizzare, ad inaridire e, in definitiva, a spegnere tutto quel che di vivo, di spontaneo e di vibrante vi è nel kèrygma. Le verità che sono approfondite nella catechesi sono le stesse che hanno toccato il cuore dell'uomo, quando egli le ha ascoltate per la prima volta. Il fatto di conoscerle meglio, lungi dall'attenuarle o dall'inaridirle, deve renderle ancor più provocatorie e decisive per la vita.

Nella concezione or ora esposta, la catechesi mantiene l'ottica tutta pastorale, sotto la quale il sinodo ha voluto considerarla. Questo senso largo della catechesi non contraddice, ma comprende, oltrepassandolo, il senso più stretto, una volta impiegato comunemente nelle esposizioni didattiche: il semplice insegnamento delle formule, che esprimono la fede.

In definitiva, la catechesi è necessaria tanto per la maturazione della fede dei cristiani, quanto per la loro testimonianza nel mondo: essa vuole portare i cristiani «all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo»; essa vuole, altresì, renderli pronti a dar ragione della loro speranza dinanzi a tutti coloro che ad essi ne chiedono conto.

IV.

TUTTA LA BUONA NOVELLA ATTINTA ALLA FONTE

Il contenuto del messaggio

26. Essendo la catechesi un momento o un aspetto dell'evangelizzazione, il suo contenuto non potrà essere altro che quello dell'evangelizzazione nella sua interezza: il medesimo messaggio - la buona novella della salvezza - una volta, cento volte ascoltato ed accolto nel cuore, viene incessantemente approfondito nella catechesi mediante la riflessione e lo studio sistematico; mediante una presa di coscienza, sempre più impegnativa, delle sue ripercussioni nella vita personale di ciascuno; mediante il suo insegnamento nell'insieme organico ed armonioso che è l'esistenza cristiana nella società e nel mondo.

La fonte

27. La catechesi attingerà sempre il suo contenuto alla fonte viva della parola di Dio, trasmessa nella tradizione e nella Scrittura, giacchè «la sacra tradizione e la sacra scrittura costituiscono l'unico deposito inviolabile della parola di Dio, affidato alla chiesa», come ha ricordato il concilio Vaticano II, il quale ha auspicato che «il ministero della parola, cioè la predicazione pastorale, la catechesi e ogni tipo d'istruzione cristiana... abbia nella stessa parola della Scrittura il suo salutare nutrimento e il suo santo rigoglio».

Parlare della tradizione e della Scrittura come di fonte della catechesi vuol dire sottolineare che quest'ultima deve imbeversi e permearsi del pensiero, dello spirito e degli atteggiamenti biblici ed evangelici mediante un contatto assiduo con i testi medesimi; ma vuol dire, altresì, ricordare che la catechesi sarà tanto più ricca ed efficace, quanto più leggerà i testi con l'intelligenza ed il cuore della chiesa, e quanto più s'ispirerà alla riflessione ed alla vita bimillenaria della chiesa stessa.

L'insegnamento, la liturgia e la vita della chiesa scaturiscono da questa fonte e ad essa riportano sotto la guida dei pastori e, segnatamente, del magistero dottrinale che il Signore ha loro affidato.

Il Credo, espressione dottrinale privilegiata

28. Un'espressione privilegiata dell'eredità vivente, che essi hanno ricevuto in custodia, si trova nel «Credo» o, più concretamente, nei «simboli», che, in certi momenti cruciali, han riproposto in sintesi felici la fede della chiesa. Nel corso dei secoli, un elemento importante della catechesi era precisamente questa «trasmissione del simbolo» (o di un riassunto della fede), seguita dalla trasmissione del «Padre nostro». Questo rito espressivo è stato reintrodotto ai nostri giorni nell'iniziazione dei catecumeni. Non bisognerebbe trovare per esso un'adeguata e più ampia utilizzazione, per dare rilievo a quella tappa tra tutte importante nella quale un nuovo discepolo di Gesù sceglie, con piena lucidità e coraggio, il contenuto di ciò che d'ora in avanti egli approfondirà seriamente?

Il mio predecessore Paolo VI ha voluto riunire nel Credo del popolo di Dio, proclamato in occasione del XIX centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo, gli elementi essenziali della fede cattolica, soprattutto quelli che offrivano una più grande difficoltà, oppure che rischiavano di essere misconosciuti. E', questo, un riferimento sicuro per il contenuto della catechesi.

Elementi da non dimenticare

29. Lo stesso sommo pontefice ha ricordato, nel III capitolo dell'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, «il contenuto essenziale, la sostanza viva» dell'evangelizzazione. E' necessario, per la catechesi stessa, tenere presente ciascuno di questi elementi, come pure la sintesi vivente, nella quale essi sono stati integrati.

Qui, dunque, mi limiterò ad alcuni semplici richiami. Ciascuno vede, per esempio, quanto interessi far conoscere al fanciullo, all'adolescente, a colui che progredisce nella fede, «ciò che di Dio si può conoscere»; di poter, in un certo senso, dir loro: «quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio»; di esporre ad essi brevemente il mistero del Verbo di Dio fatto uomo e che opera la salvezza dell'uomo mediante la sua pasqua, cioè mediante la sua morte e la sua risurrezione, ma anche mediante la sua predicazione, mediante i segni che egli ha compiuto, mediante i sacramenti della sua permanente presenza in mezzo a noi. I padri del sinodo sono stati ben ispirati, quando hanno chiesto che ci si guardi dal ridurre Cristo alla sola umanità ed il suo messaggio ad una dimensione puramente terrena, ma che lo si riconosca come il Figlio di Dio, il mediatore che ci dà libero accesso presso il Padre, nello Spirito.

E' importante dispiegare agli occhi dell'intelligenza e agli occhi del cuore, sotto la luce della fede, questo sacramento della sua presenza, che è il mistero della chiesa, assemblea di uomini peccatori, ma nello stesso tempo santificati e che costituiscono la famiglia di Dio riunita dal Signore, sotto la guida di coloro che «lo Spirito santo ha posto come vescovi a pascere la chiesa di Dio».

E' importante spiegare che la storia degli uomini, con i suoi contrassegni di grazia e di peccato, di grandezza e di miseria, è assunta da Dio nel suo figlio Gesù Cristo e «offre già qualche abbozzo del secolo futuro».

E' importante, infine, rivelare senza esitazione di sorta le esigenze, di materiale rinunzia, ma anche di gioia, di quella che l'apostolo Paolo amava definire «vita nuova», «nuova creazione», «essere o esistere in Cristo», «vita eterna in Cristo Gesù», che non è altro che la vita nel mondo, ma una vita secondo le beatitudini ed una vita chiamata a proiettarsi e a trasfigurarsi nell'aldilà.

Di qui l'importanza, nella catechesi, delle esigenze morali personali corrispondenti al vangelo, degli atteggiamenti cristiani di fronte alla vita e di fronte al mondo, siano essi eroici o molto semplici: noi li chiamiamo virtù cristiane, o virtù evangeliche. Di qui anche la preoccupazione che la catechesi avrà di non omettere, ma di chiarire, invece, come conviene - nel suo sforzo di educazione alla fede - alcune realtà, quali l'azione dell'uomo per la sua liberazione integrale, la ricerca di una società più solidale e fraterna, le lotte per la giustizia e per la costruzione della pace.

Non si dovrebbe pensare, d'altronde, che questa dimensione della catechesi sia del tutto nuova. Fin dall'epoca patristica, sant'Ambrogio e san Giovanni Crisostomo, per non citare che essi, avevano messo in luce le conseguenze sociali delle esigenze del vangelo e, in età molto più vicina a noi, il Catechismo di san Pio X citava esplicitamente tra i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio il fatto di opprimere i poveri, come quello di defraudare gli operai del loro giusto salario. Specialmente dopo la Rerum novarum, la preoccupazione sociale è attivamente presente nell'insegnamento catechetico dei papi e del vescovi. Molti dei padri sinodali hanno domandato, con giustificata insistenza, che il ricco patrimonio dell'insegnamento sociale della chiesa trovasse il suo posto, in forma appropriata, nella formazione catechetica comune dei fedeli.

Integrità del contenuto

30. A proposito del contenuto della catechesi, tre punti importanti meritano ai nostri giorni una particolare attenzione.

Il primo riguarda l'integrità del contenuto. Affinchè l'offerta della propria fede sia perfetta, colui che diventa discepolo di Cristo ha il diritto di ricevere la «parola della fede» non mutilata, non falsificata, non diminuita, ma completa ed integrale, in tutto il suo rigore e in tutto il suo vigore. Tradire in qualche cosa l'integrità del messaggio significa svuotare pericolosamente la catechesi stessa e compromettere i frutti che il Cristo e la comunità ecclesiale hanno il diritto di aspettarsi. Non è certamente un caso, se il mandato finale di Gesù nel vangelo di Matteo porta l'impronta di una certa totalità: «Mi è stato dato ogni potere... Ammaestrate tutte le nazioni..., insegnando loro ad osservare tutto... Io sono con voi tutti i giorni». Per questo, quando un uomo, intuendo «la sublimità della conoscenza di Gesù Cristo», incontrato nella fede, porta in sè il desiderio, forse oscuro, di conoscerlo di più e meglio mediante una predicazione e un insegnamento «secondo la verità che è in Gesù», nessun pretesto è valido per rifiutargli una parte qualsiasi di questa conoscenza. Che cosa sarebbe una catechesi che non desse tutto il loro posto alla creazione dell'uomo ed al suo peccato, al disegno di redenzione del nostro Dio ed alla sua lunga e amorosa preparazione e attuazione, all'incarnazione del Figlio di Dio, a Maria - l'Immacolata, la Madre di Dio sempre vergine, elevata in corpo ed anima alla gloria celeste - ed alla sua funzione nel mistero della salvezza, al mistero di iniquità operante nelle nostre vite ed alla potenza di Dio che ce ne libera, alla necessità della penitenza e dell'ascetica, ai gesti sacramentali e liturgici, alla realtà della presenza eucaristica, alla partecipazione alla vita divina quaggiù sulla terra e nell'aldilà, ecc.? Di conseguenza, nessun catechista autentico potrebbe compiere legittimamente, di suo arbitrio, una selezione nel deposito della fede tra ciò che egli ritiene importante e ciò che ritiene senza importanza, per insegnare quello e rifiutare questo.

Per mezzo di metodi pedagogici adeguati

31. Di qui una seconda osservazione: può darsi che, nella presente situazione della catechesi, ragioni di metodo o di pedagogia suggeriscano di organizzare in un modo piuttosto che in un altro la trasmissione delle ricchezze del contenuto della catechesi. Del resto, l'integrità non dispensa dall'equilibrio nè dal carattere organico e gerarchizzato, grazie ai quali si darà alle verità da insegnare, alle norme da trasmettere, alle vie della vita cristiana da indicare, l'importanza che rispettivamente loro compete. Può anche darsi che un certo linguaggio si riveli preferibile per trasmettere questo contenuto a tale persona o a tal gruppo di persone. Una scelta sarà valida nella misura in cui, lungi dall'essere imposta da teorie o da pregiudizi più o meno soggettivi, o contrassegnati da una determinata ideologia, sarà ispirata dall'umile preoccupazione di cogliere meglio un contenuto che deve rimanere intatto. Il metodo e il linguaggio utilizzati devono rimanere veramente degli strumenti per comunicare la totalità, e non già una parte delle «parole di vita eterna» o delle «vie della vita».

Dimensione ecumenica della catechesi

32. Il grande movimento, certamente ispirato dallo Spirito di Gesù, che, da ormai un certo numero d'anni, spinge 1a chiesa cattolica a cercare con altre chiese o confessioni cristiane la ricomposizione della perfetta unità voluta dal Signore, mi porta a parlare del carattere ecumenico della catechesi. Questo movimento ha assunto pieno rilievo nel concilio Vaticano II e, a partire dal concilio, ha conosciuto nella chiesa una nuova ampiezza, che si è concretata in una serie impressionante di fatti e di iniziative, ormai conosciute da tutti.

La catechesi non può essere estranea a questa dimensione ecumenica, allorchè tutti i fedeli, secondo la propria capacità e posizione nella chiesa, sono chiamati a partecipare al movimento verso l'unità.

La catechesi avrà una dimensione ecumenica, se, senza rinunziare a insegnare che la pienezza delle verità rivelate e dei mezzi di salvezza istituiti da Cristo si trova nella chiesa cattolica, tuttavia lo fa con un sincero rispetto, nelle parole e nei fatti, verso le comunità ecclesiali che non sono in perfetta comunione con questa chiesa.

In tale contesto, è cosa di estrema importanza fare una presentazione corretta e leale delle altre chiese e comunità ecclesiali, delle quali lo Spirito di Cristo non rifiuta di servirsi come di mezzi di salvezza; e «tra gli elementi o beni, dal complesso dei quali la stessa chiesa è edificata e vivificata, alcuni, anzi parecchi e segnalati, possono trovarsi fuori dei confini visibili della chiesa cattolica». Tra l'altro, una tale presentazione aiuterà i cattolici, da una parte, ad approfondire la loro fede e, dall'altra, li metterà in condizione di conoscere meglio e di stimare gli altri fratelli cristiani, facilitando così la ricerca in comune del cammino verso la piena unità, nella verità tutta intera. Essa dovrebbe anche aiutare i non cattolici a conoscere meglio e ad apprezzare la chiesa cattolica e la sua convinzione di essere lo «strumento generale della salvezza».

La catechesi avrà una dimensione ecumenica, se, inoltre, essa suscita ed alimenta un vero desiderio dell'unità; e più ancora, se ispira sforzi sinceri - compreso lo sforzo per purificarsi nell'umiltà e nel fervore dello Spirito, al fine di sgomberare gli ostacoli lungo la strada - non in vista di un facile irenismo fatto di omissioni e di concessioni sul piano dottrinale, ma in vista dell'unità perfetta, quando il Signore lo vorrà e secondo le vie che egli vorrà.

La catechesi, infine, sarà ecumenica, se essa si sforza di preparare i fanciulli ed i giovani, come pure gli adulti cattolici, a vivere in contatto con i non-cattolici, vivendo la loro identità cattolica nel rispetto della fede degli altri.

Collaborazione ecumenica nel campo della catechesi

33. In situazioni di pluralità religiosa, i vescovi possono giudicare opportune, o anche necessarie, determinate esperienze di collaborazione nel campo della catechesi tra cattolici ed altri cristiani, ad integrazione della catechesi normale che i cattolici in ogni caso devono ricevere. Tali esperienze trovano il loro fondamento teologico negli elementi che sono comuni a tutti i cristiani. Tuttavia, la comunione di fede tra i cattolici e gli altri cristiani non è completa e perfetta; ci sono anzi, in certi casi, divergenze profonde. Di conseguenza, questa collaborazione ecumenica è per sua stessa natura limitata: essa non deve mai significare una «riduzione» ad un minimum comune. La catechesi, per di più, non consiste soltanto nell'insegnare la dottrina, ma nell'iniziare a tutta la vita cristiana, facendo partecipare pienamente ai sacramenti della chiesa. Di qui la necessità, laddove sia in atto un'esperienza di collaborazione ecumenica nel campo della catechesi, di vigilare a che la formazione dei cattolici sia ben assicurata, nella chiesa cattolica, in materia di dottrina e di vita cristiana.

Non pochi vescovi hanno segnalato, nel corso del sinodo, i casi - sempre più frequenti, dicevano - nei quali l'autorità civile o altre circostanze impongono, nelle scuole di alcuni paesi, un insegnamento della religione cristiana - con i suoi manuali, orari di corso, ecc. - comuni ai cattolici ed ai non-cattolici. E' appena il caso di dire che non si tratta di una vera catechesi. Pure, un tale insegnamento ha anche un'importanza ecumenica, quando presenta con lealtà la dottrina cristiana. Nel caso in cui le circostanze imponessero questo insegnamento, è importante che sia in altro modo assicurata, con tanta maggior cura, una catechesi specificamente cattolica.

Problema dei manuali concernenti le diverse religioni

34. Bisogna aggiungere a questo punto un'altra osservazione, che si pone nella medesima linea, anche se in un'ottica diversa. Si dà il caso che certe scuole di stato mettano a disposizione degli alunni libri nei quali sono presentate, a titolo culturale - storico, morale o letterario - le diverse religioni, ivi compresa la religione cattolica. Una presentazione oggettiva dei fatti storici, delle varie religioni e delle diverse confessioni cristiane può, in questo caso, contribuire ad una migliore comprensione reciproca. Si vigilerà allora nel fare tutto il possibile, perchè la presentazione sia veramente oggettiva, al riparo di sistemi ideologici e politici o di pregiudizi ritenuti scientifici, che ne deformerebbero il senso autentico. Ad ogni modo, questi manuali non possono evidentemente essere considerati come opere catechetiche: perchè siano tali, mancano ad essi la testimonianza di credenti che espongono la fede ad altri credenti e la comprensione dei misteri cristiani e della specificità cattolica, quali si ricavano dall'interno della fede.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/04/2010 23:30
 
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V.

TUTTI HANNO BISOGNO DI ESSERE CATECHIZZATI

L'importanza dei fanciulli e dei giovani

35. Il tema, che è stato indicato dal mio predecessore Paolo VI alla IV assemblea generale del sinodo dei vescovi, aveva questo titolo; «La catechesi, in questo nostro tempo, con particolare riferimento ai fanciulli e ai giovani». L'ascesa dei giovani costituisce, senza dubbio, il fenomeno più ricco di speranza ed insieme di inquietudine per una buona parte del mondo d'oggi. Alcuni paesi, specialmente quelli del terzo mondo, hanno più della metà della popolazione al di sotto dei venticinque o trent'anni. Ciò significa milioni e milioni di fanciulli e di giovani, che si preparano al loro avvenire di adulti. E non si tratta solo di un fattore numerico: alcuni recenti avvenimenti, così come la cronaca quotidiana, ci dicono che questa innumerevole moltitudine di giovani, anche se qui e là è dominata dall'incertezza e dalla paura, o è sedotta dall'evasione nell'indifferenza e nella droga, e perfino tentata dal nichilismo e dalla violenza, rappresenta tuttavia nella maggioranza la grande forza che, tra non pochi rischi, si propone di costruire la civiltà avvenire.

Ora, nella nostra sollecitudine pastorale noi ci chiediamo: come rivelare a questa moltitudine di fanciulli e di giovani Gesù Cristo, Dio fatto uomo, e rivelarlo non soltanto nell'esaltazione di un primo incontro fuggevole, ma mediante la conoscenza ogni giorno più approfondita e più luminosa della sua persona, del suo messaggio, del disegno di Dio ch'egli ha voluto rivelare, dell'invito ch'egli rivolge a ciascuno, del regno ch'egli vuole inaugurare in questo mondo con il «piccolo gregge» di coloro che credono in lui, e che non sarà completo se non nell'eternità? Come far conoscere il senso, la portata, le esigenze fondamentali, la legge d'amore, le promesse, le speranze di questo regno?

Ci sono non poche osservazioni da fare circa le caratteristiche specifiche, che la catechesi assume nelle diverse tappe della vita.

I bambini

36. Un momento spesso decisivo è quello in cui il bambino riceve dai genitori e dall'ambiente familiare i primi elementi della catechesi, che forse non saranno altro che una semplice rivelazione del Padre celeste, buono e provvidente, verso il quale egli impara a volgere il proprio cuore. Brevissime preghiere, che il bambino imparerà a balbettare, saranno l'inizio di un dialogo amorevole con questo Dio nascosto, del quale comincerà ad ascoltare in seguito la parola. Dinanzi ai genitori cristiani non potrei mai insistere troppo su questa iniziazione precoce, nella quale le facoltà del bambino sono integrate in un rapporto vitale con Dio: opera capitale, che richiede un grande amore e un profondo rispetto del bambino, il quale ha diritto ad una presentazione semplice e vera della fede cristiana.

I fanciulli

37. Seguirà ben presto, nella scuola o nella chiesa, nella parrocchia o nell'ambito dell'assistenza religiosa nel colleggio cattolico o nella scuola di stato, parallelamente all'apertura ad una cerchia sociale più larga, il momento di una catechesi destinata a introdurre il fanciullo, in modo organico, nella vita della chiesa e comprendente anche una preparazione immediata alla celebrazione dei sacramenti: catechesi didattica, ma rivolta a dare una testimonianza nella fede; catechesi iniziale, ma non frammentaria, poichè dovrà rivelare, sia pure in maniera elementare, tutti i principali misteri della fede e la loro incidenza nella vita morale e religiosa del ragazzo; catechesi, che dà un senso ai sacramenti, ma che nello stesso tempo dai sacramenti vissuti riceve una dimensione vitale, che le impedisce di rimanere soltanto dottrinale, e comunica al fanciullo la gioia di essere testimone di Cristo nel particolare ambiente in cui vive.

Gli adolescenti

38. Vengono poi la pubertà e l'adolescenza, con tutto ciò che una tale età rappresenta di grandezza e di rischio. E' un momento di scoperta di se stesso e del proprio universo interiore, momento di progetti generosi, momento in cui zampillano il sentimento dell'amore, gli impulsi biologici della sessualità e il desiderio di stare insieme, momento di una gioia particolarmente intensa, connessa con la scoperta inebriante della vita. Spesso, però, è anche l'età degli interrogativi più profondi, delle ricerche ansiose e perfino frustranti, di una certa diffidenza verso gli altri con dannosi ripiegamenti su se stessi, l'età talvolta delle prime sconfitte e delle prime amarezze. La catechesi non dovrà ignorare tali aspetti facilmente cangianti di questo delicato periodo della vita. Una catechesi capace di condurre l'adolescente ad una revisione della propria vita e al dialogo, una catechesi che non ignori i suoi grandi problemi - il dono di sè, la fede, l'amore e la sua mediazione che è la sessualità - potrà essere decisiva. La rivelazione di Gesù Cristo come amico, come guida e come modello, ammirevole e tuttavia imitabile; la rivelazione del suo messaggio capace di dare risposta agli interrogativi fondamentali; la rivelazione del disegno di amore del Cristo salvatore, come incarnazione del solo vero amore e come possibilità di unire gli uomini: tutto ciò potrà offrire la base per una autentica educazione nella fede. E soprattutto i misteri della passione e della morte di Gesù, ai quali san Paolo attribuisce il merito della sua gloriosa risurrezione, potranno dire molto alla coscienza e al cuore dell'adolescente e proiettare una luce sulle sue prime sofferenze e su quelle del mondo da lui scoperto.

I giovani

39. Con la giovinezza giunge l'ora delle prime grandi decisioni. Sostenuto forse dai membri della sua famiglia e dagli amici, e tuttavia lasciato a se stesso e alla propria coscienza morale, il giovane dovrà prendere su di sè la responsabilità del suo destino in maniera sempre più frequente e determinante. Bene e male, grazia e peccato, vita e morte si scontreranno sempre di più dentro di lui, certamente come categorie morali, ma anche e soprattutto come opzioni fondamentali, che egli dovrà accogliere o rigettare con lucidità e con senso di responsabilità. E' evidente che una catechesi, la quale denunci l'egoismo in nome della generosità, che senza semplicismi o senza schematismi illusori offra il senso cristiano del lavoro, del bene comune, della giustizia e della carità, una catechesi della pace tra le nazioni e della promozione della dignità umana, dello sviluppo, della liberazione, quali sono presentate nei recenti documenti della chiesa, integra felicemente nello spirito dei giovani una buona catechesi delle realtà propriamente religiose, che non deve mai essere trascurata. La catechesi assume allora un'importanza considerevole, poichè è il momento in cui il vangelo potrà essere presentato, compreso e accolto in quanto capace di dare un senso alla vita e, quindi, di ispirare atteggiamenti altrimenti incomprensibili: rinuncia, distacco, mansuetudine, senso dell'Assoluto e dell'invisibile ecc., altrettanti elementi che permetteranno di identificare questo giovane tra i suoi compagni come un discepolo di Gesù Cristo.

La catechesi prepara così ai grandi impegni cristiani della vita di adulto. Per quel che riguarda, ad esempio, le vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa, è certo che molte di esse sono sbocciate nel corso di una catechesi ben fatta durante l'infanzia e durante l'adolescenza.

Dalla prima infanzia alle soglie della maturità, la catechesi diventa, pertanto, una scuola permanente della fede e segue le grandi tappe della vita, come un faro che rischiara la strada al bambino, all'adolescente e al giovane.

Adattamento della catechesi ai giovani

40. E' di conforto costatare che, durante la IV assemblea generale del sinodo e negli anni che l'hanno seguita, la chiesa ha largamente condiviso questa preoccupazione: come fare la catechesi ai bambini e ai giovani? Dio voglia che l'attenzione, così risvegliata, duri per lungo tempo nella coscienza della chiesa! In questo senso, il sinodo è stato prezioso per tutta la chiesa, quando si è sforzato di tratteggiare con la maggior precisione possibile il volto complesso della gioventù d'oggi; quando ha mostrato che questa gioventù adopera un linguaggio, nel quale occorre saper tradurre con pazienza e saggezza, senza tradirlo, il messaggio di Gesù; quando ha dimostrato che, a dispetto delle apparenze, questa gioventù porta, anche se spesso in modo confuso, più ancora che una disponibilità ed un'apertura, un vero desiderio di conoscere questo «Gesù chiamato Cristo»: quando ha rivelato, finalmente, che l'opera della catechesi, se la si vuol compiere con rigore e serietà, è oggi più ardua e faticosa che mai, a causa degli ostacoli e delle difficoltà di ogni sorta che si ergono davanti a lei, ma anche più confortante che mai, a causa della profondità delle risposte che essa riceve da parte dei bambini e dei giovani. Si tratta di un tesoro, sul quale la chiesa può e deve contare negli anni avvenire.

Alcune categorie di giovani destinatari della catechesi richiedono una speciale attenzione a motivo della loro condizione particolare.

Gli handicappati

41. Si tratta, innanzitutto, dei fanciulli e dei giovani handicappati fisici e mentali. Essi hanno diritto a conoscere, come gli altri coetanei, il «mistero della fede». Le difficoltà più grandi, che essi incontrano, rendono ancor più meritori i loro sforzi e quelli dei loro educatori. E' motivo di soddisfazione costatare che alcuni organismi cattolici, particolarmente consacrati ai giovani handicappati, hanno voluto portare al sinodo un rinnovato desiderio di affrontar meglio questo importante problema. Essi meritano di essere vivamente incoraggiati in tale ricerca.

I giovani senza sostegno religioso

42. Il mio pensiero va poi ai fanciulli ed ai giovani, sempre più numerosi, i quali, nati e educati in un focolare non cristiano o, almeno, non praticante, sono desiderosi di conoscere la fede cristiana. Dovrà essere loro assicurata una catechesi adeguata, affinchè possano crescere nella fede e viverne progressivamente, malgrado la mancanza di sostegno e, forse anche, malgrado l'opposizione che incontrano nel loro ambiente.

Gli adulti

43. Continuando nella serie dei destinatari della catechesi, non posso ora fare a meno di mettere in rilievo una delle più costanti preoccupazioni dei padri sinodali, imposta con forza ed urgenza dalle esperienze che sono in corso nel mondo intero: si tratta del problema centrale della catechesi degli adulti. E', questa, la principale forma della catechesi, in quanto si rivolge a persone che hanno le più grandi responsabilità e la capacità di vivere il messaggio cristiano nella sua forma pienamente sviluppata. La comunità cristiana non potrebbe fare una catechesi permanente senza la diretta e sperimentata partecipazione degli adulti, siano essi i destinatari o i promotori dell'attività catechetica. Il mondo, nel quale i giovani sono chiamati a vivere ed a testimoniare la fede che la catechesi vuole approfondire e consolidare, è governato dagli adulti: la fede di costoro dovrebbe, dunque, essere continuamente illuminata, stimolata o rinnovata, per penetrare le realtà temporali di cui essi sono responsabili. Così, per essere efficace, la catechesi deve essere permanente, e sarebbe davvero vana se si arrestasse proprio alle soglie dell'età matura, poichè essa si rivela non meno necessaria agli adulti, anche se certamente sotto un'altra forma.

I quasi catecumeni

44. Tra questi adulti, che hanno bisogno di catechesi, la nostra preoccupazione pastorale e missionaria va a coloro i quali, nati ed educati in regioni non ancora cristianizzate, non hanno mai potuto approfondire la dottrina cristiana, che le circostanze della vita un giorno hanno fatto loro incontrare; va a coloro che hanno ricevuto nella loro infanzia una catechesi corrispondente a quell'età, ma si sono poi allontanati da ogni pratica religiosa e si ritrovano, in età matura, con cognizioni religiose piuttosto infantili; va a coloro che risentono di una catechesi precoce, mal condotta o male assimilata; va a coloro che, pur essendo nati in un paese cristiano, anzi in un contesto sociologicamente cristiano, non sono mai stati educati nella loro fede e, come adulti, sono dei veri catecumeni.

Catechesi diversificate e complementari

45. Gli adulti di qualsiasi età e le stesse persone di età avanzata - le quali meritano una particolare attenzione, in ragione della loro esperienza e dei loro problemi - sono, dunque, destinatari della catechesi quanto i fanciulli, gli adolescenti e i giovani. Bisognerebbe, inoltre, parlare dei migranti, delle persone emarginate dalla evoluzione moderna, delle persone che abitano nei quartieri di grandi metropoli spesso sprovvisti di chiese, di locali e di strutture appropriate... Come non esprimere per tutti costoro l'auspicio che si moltiplichino le iniziative destinate alla loro formazione cristiana mediante gli strumenti appropriati (sistemi audiovisivi, opuscoli, incontri, conferenze) in modo che molti adulti possano sia supplire ad una catechesi che è rimasta insufficiente o deficiente, sia completare armoniosamente, ad un livello più alto, quella che hanno ricevuto durante l'infanzia, sia anche arricchirsi in questo campo al punto da poter aiutare più seriamente gli altri?

Importa, altresì, che la catechesi dei fanciulli e dei giovani, la catechesi permanente, la catechesi degli adulti non siano dei compartimenti-stagno, senza comunicazione tra loro. Ancor più importa che non ci sia rottura tra di esse. Al contrario, bisogna favorire la loro perfetta complementarietà: gli adulti hanno molto da offrire ai fanciulli in materia di catechesi, ma essi pure possono riceverne molto per la crescita della loro vita cristiana.

Bisogna ripeterlo: nessuno nella chiesa di Gesù Cristo dovrebbe sentirsi dispensato dal ricevere la catechesi. E' questo anche il caso dei giovani seminaristi, dei giovani religiosi, come di tutti coloro che sono chiamati al compito di pastori e di catechisti; essi lo assolveranno tanto meglio, quanto più sapranno mettersi umilmente alla scuola della chiesa, la grande catechista ed insieme la grande catechizzata.

VI.

ALCUNE VIE E MEZZI DELLA CATECHESI

Mezzi di comunicazione sociale

46. Dall'insegnamento orale degli apostoli e dalle lettere circolanti tra le chiese fino ai mezzi più moderni, la catechesi non ha mai cessato di ricercare le vie ed i mezzi più adatti per svolgere la sua missione, con l'attiva partecipazione delle comunità e sotto l'impulso dei pastori. Un tale sforzo deve continuare.

Il mio pensiero si rivolge spontaneamente alle grandi possibilità che offrono i mezzi di comunicazione sociale ed i mezzi di comunicazione di gruppo: televisione, radio, stampa, dischi, nastri registrati, tutto il settore degli audiovisivi. Gli sforzi compiuti in questi campi sono tali che danno le più grandi speranze. L'esperienza dimostra, ad esempio, la risonanza di un insegnamento radiofonico o televisivo, che sappia congiungere un'espressione estetica qualificata ad una rigorosa fedeltà al magistero. La chiesa ha al presente molte occasioni di trattare tali problemi - come durante le «giornate» delle comunicazioni sociali -; sicchè non è qui necessario dilungarsi su di essi, nonostante la loro capitale importanza.

Molteplici luoghi, momenti o riunioni da valorizzare

47. Il mio pensiero va parimenti ai diversi momenti di grande importanza, nei quali la catechesi ha un posto già pronto: ad esempio, i pellegrinaggi diocesani, regionali e nazionali, che molto si avvantaggiano se sono incentrati su un tema scelto con cura, a partire dalla vita di Cristo, della Vergine e dei santi; le missioni tradizionali, spesso abbandonate troppo in fretta, e che sono insostituibili per un rinnovamento periodico e vigoroso della vita cristiana - bisogna appunto riprenderle e rinnovarle -; i circoli biblici, i quali debbono andare oltre all'esegesi per far vivere della parola di Dio; le riunioni delle comunità ecclesiali di base, nella misura in cui esse corrispondono ai criteri esposti nell'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi. Ricordo, ancora, i gruppi di giovani, che in certe regioni, sotto varie denominazioni e fisionomie (ma con lo stesso scopo di far conoscere Gesù Cristo e di vivere del vangelo), si moltiplicano e fioriscono come in una primavera assai confortante per la chiesa: gruppi di azione cattolica, gruppi caritativi, gruppi di preghiera, gruppi di riflessione cristiana ecc. Questi gruppi suscitano non poca speranza per la chiesa di domani. Ma, in nome di Gesù, io scongiuro i giovani che li compongono, i loro responsabili, i sacerdoti che ad essi consacrano il meglio del loro ministero: non permettete a nessun costo che questi gruppi, occasioni privilegiate d'incontro, ricchi di tanti valori di amicizia e di solidarietà giovanile, di gioia e di entusiasmo, di riflessione sui fatti e sulle cose, manchino di uno studio serio della dottrina cristiana. Essi, allora, rischierebbero (il pericolo, purtroppo, si è già più volte verificato) di deludere i loro aderenti e la chiesa stessa.

Lo sforzo catechistico che è possibile fare in questi diversi luoghi, e in molti altri ancora, ha tanto migliori possibilità di essere accolto e di portare i suoi frutti, quanto più ne rispetterà la particolare natura. Inserendovisi in maniera appropriata, detto sforzo attuerà quella diversità e complementarietà di contatti, che gli permettono di sviluppare tutta la ricchezza del suo concetto, con la triplice dimensione di parola, di memoria e di testimonianza - di dottrina, di celebrazione e di impegno nella vita -, che il messaggio del sinodo al popolo di Dio ha messo in evidenza.

L'omelia

48. Questa osservazione vale più ancora per la catechesi che vien fatta nel quadro liturgico e, in particolare, durante l'assemblea eucaristica: rispettando la natura specifica ed il ritmo proprio di questo quadro, l'omelia riprende l'itinerario di fede, proposto dalla catechesi, e lo porta al suo naturale compimento; parimenti, essa spinge i discepoli del Signore a riprendere ogni giorno il loro itinerario spirituale nella verità, nell'adorazione e nel rendimento di grazie. In questo senso si può dire che la pedagogia catechetica trova essa pure la sua origine ed il suo compimento nell'eucaristia, entro l'orizzonte completo dell'anno liturgico. La predicazione, incentrata sui testi biblici, deve permettere allora, a sua volta, di familiarizzare i fedeli con l'insieme dei misteri della fede e delle norme della vita cristiana. Bisogna dedicare grande attenzione all'omelia: nè troppo lunga nè troppo breve, sempre accuratamente preparata, sostanziosa e appropriata, e riservata ai ministri ordinati. Tale omelia deve avere il suo posto in ogni eucaristia domenicale e festiva, ma anche nella celebrazione dei battesimi, delle liturgie penitenziali, dei matrimoni, dei funerali. E' questo uno dei vantaggi del rinnovamento liturgico.

Opere catechetiche

49. In questo complesso di vie e di mezzi - ogni attività della chiesa ha una dimensione catechetica - le opere di catechismo, lungi dal perdere la loro importanza essenziale, assumono un nuovo rilievo. Uno degli aspetti maggiori del rinnovamento della catechesi consiste oggi nella revisione e nella moltiplicazione dei libri catechetici, avvenute quasi dappertutto nella chiesa. Opere numerose ed assai riuscite hanno visto la luce e rappresentano una vera ricchezza a servizio dell'insegnamento catechetico. Ma occorre parimenti riconoscere, con onestà ed umiltà, che questa fioritura e questa ricchezza hanno comportato saggi e pubblicazioni equivoche e dannose ai giovani ed alla vita della chiesa. Abbastanza spesso, qua e là, per la preoccupazione di trovare il linguaggio migliore o di essere alla moda in quanto attiene ai metodi pedagogici, alcune opere catechetiche disorientano i giovani ed anche gli adulti sia con l'omissione, cosciente o incosciente, di elementi essenziali alla fede della chiesa, sia col dare eccessiva importanza a certi temi a scapito di altri, sia soprattutto con una visione globale di tipo abbastanza orizzontale, che non è conforme all'insegnamento del magistero della chiesa.

Non basta, dunque, che si moltiplichino le opere catechetiche. Perchè esse rispondano alla loro finalità, sono indispensabili diverse condizioni:

  • che siano realmente collegate alla vita concreta della generazione alla quale si rivolgono, tenendo ben presenti le sue inquietudini ed i suoi interrogativi, le sue lotte e le sue speranze;
  • che si sforzino di trovare il linguaggio comprensibile a questa generazione;
  • che s'impegnino ad esporre tutto il messaggio del Cristo e della sua chiesa, senza nulla trascurare nè deformare, pur presentandolo secondo un asse e una struttura che mettono in rilievi l'essenziale;
  • che mirino veramente a provocare in coloro che devono servirsene una maggiore conoscenza dei misteri di Cristo, in vista di una vera conversione e di una vita sempre più conforme al volere di Dio.

I catechismi

50. Tutti coloro che si assumono il grave compito di preparare questi strumenti catechetici e, a maggior ragione, il testo dei catechismi, non possono farlo senza l'approvazione dei pastori, che hanno l'autorità di darla, nè senza ispirarsi, con la maggior aderenza possibile, al Direttorio generale della catechesi, il quale rimane la norma di riferimento.

A questo proposito, non posso omettere di rivolgere un fervido incoraggiamento alle conferenze episcopali di tutto il mondo: che esse intraprendano con pazienza, ma anche con ferma risolutezza, l'imponente lavoro da compiere d'intesa con la sede apostolica, per approntare dei catechismi ben fatti, fedeli ai contenuti essenziali della rivelazione ed aggiornati per quanto riguarda la metodologia, capaci di educare ad una fede solida le generazioni cristiane dei tempi nuovi.

Questo breve accenno ai mezzi ed alle vie della catechesi contemporanea non esaurisce la ricchezza delle «proposizioni», elaborate dai padri sinodali. E' un fatto confortante pensare che in ogni paese è in atto al presente una preziosa collaborazione per un rinnovamento più organico e più sicuro di questi aspetti della catechesi. Come dubitare che la chiesa possa trovare le persone esperte ed i mezzi adatti per rispondere, con la grazia di Dio, alle esigenze complesse della comunicazione con gli uomini del nostro tempo.

VII.

COME FARE LA CATECHESI

Diversità dei metodi

51. L'età e lo sviluppo intellettuale dei cristiani, il loro grado di maturità ecclesiale e spirituale e molte altre circostanze personali esigono che la catechesi adotti metodi diversi, per attingere il suo scopo specifico: l'educazione alla fede. Tale varietà è richiesta anche, su un piano più generale, dall'ambiente socio-culturale, nel quale la chiesa svolge la sua opera catechetica.

La varietà nei metodi è un segno di vita ed una ricchezza. E' così che l'hanno considerata i padri della IV assemblea generale del sinodo, pur richiamando l'attenzione sulle condizioni indispensabili perchè essa sia utile e non pregiudizievole all'unità dell'insegnamento dell'unica fede.

Al servizio della Rivelazione e della conversione

52. La prima questione di ordine generale, che si presenta, concerne il rischio e la tentazione di mescolare indebitamente all'insegnamento catechetico prospettive ideologiche, scoperte o larvate, soprattutto di natura politico-sociale, o opzioni politiche personali. Allorchè tali prospettive prevalgono sul messaggio centrale che si deve trasmettere, fino a oscurarlo e a renderlo secondario, anzi fino a subordinarlo ai propri fini, la catechesi viene snaturata sin nelle sue radici. Il sinodo ha giustamente insistito sulla necessità, per la catechesi, di tenersi al di sopra di tendenze unilaterali divergenti - di evitare «dicotomie» - anche sul terreno delle interpretazioni teologiche date a simili questioni. E' sulla rivelazione che la catechesi cercherà di regolarsi: la rivelazione quale la trasmette il magistero universale della chiesa, nella sua forma solenne o ordinaria. Questa rivelazione è quella di un Dio creatore e redentore, il cui Figlio, venuto tra gli uomini nella loro carne, entra non solamente nella storia personale di ciascun uomo, ma nella stessa storia umana, della quale egli diventa il centro. Questa rivelazione è, dunque, quella del cambiamento radicale dell'uomo e dell'universo, di tutto ciò che costituisce il tessuto dell'esistenza umana, sotto l'influsso della buona novella di Gesù Cristo. Una catechesi così concepita oltrepassa ogni moralismo formalista, benchè includa una vera morale cristiana. Essa oltrepassa, soprattutto, ogni «messianismo» temporale, sociale e politico. Essa cerca di raggiungere l'uomo nel profondo.

Incarnazione del messaggio nelle culture

53. Affronto, a questo punto, una seconda questione. Come ho detto recentemente ai membri della Commissione biblica, «il termine acculturazione, o inculturazione, pur essendo un neologismo, esprime molto bene una delle componenti del grande mistero dell'incarnazione». Della catechesi, come dell'evangelizzazione in generale, possiamo dire che è chiamata a portare la forza del vangelo nel cuore della cultura e delle culture. Per questo, la catechesi cercherà di conoscere tali culture e le loro componenti essenziali; ne apprenderà le espressioni più significative; ne rispetterà i valori e le ricchezze peculiari. E' in questo modo che essa potrà proporre a tali culture la conoscenza del mistero nascosto ed aiutarle a far sorgere, dalla loro propria viva tradizione, espressioni originali di vita, di celebrazione e di pensiero che siano cristiani. Converrà, tuttavia, tener presenti due cose:

  • da una parte, il messaggio evangelico non è puramente e semplicemente isolabile dalla cultura, nella quale esso si è da principio inserito (l'universo biblico e, più concretamente, l'ambiente culturale, in cui è vissuto Gesù di Nazaret), e neppure è isolabile, senza un grave depauperamento, dalle culture, in cui si è già espresso nel corso dei secoli; esso non sorge per generazione spontanea da alcun «humus» culturale; esso da sempre si trasmette mediante un dialogo apostolico, che è inevitabilmente inserito in un certo dialogo di culture.
  • dall'altra parte, la forza del vangelo è dappertutto trasformatrice e rigeneratrice. Allorchè essa penetra una cultura, chi si meraviglierebbe se ne rettifica non pochi elementi? Non ci sarebbe catechesi, se fosse il vangelo a dover alterarsi al contatto delle culture.

Dimenticando questo, si arriverebbe semplicemente a ciò che san Paolo chiama, con espressione molto forte, «render vana la croce di Cristo».

Ben diverso è il metodo che parte, con saggezza e discernimento, da elementi - religiosi o di altra natura - che appartengono al patrimonio culturale di un gruppo umano per aiutare le persone a comprendere meglio l'integrità del mistero cristiano. Gli autentici maestri in catechesi sanno che una catechesi «s'incarna» nelle differenti culture o nei differenti ambienti: basta pensare ai popoli tanto diversi, ai giovani del nostro tempo, alle circostanze diversificate in cui si trova la gente al giorno d'oggi; essi non accettano, peraltro, che la catechesi s'impoverisca con l'abdicazione o l'attenuazione del suo messaggio, a causa di adattamenti, anche di linguaggio, che comprometterebbero «il buon deposito» della fede, o a causa di concessioni in materia di fede o di morale; essi sono persuasi che la vera catechesi finisce per arricchire queste culture, aiutandole a superare i lati deficienti, o addirittura inumani esistenti in esse, e comunicando ai loro valori legittimi la pienezza del Cristo.

Contributo delle devozioni popolari

54. Un'altra questione di metodo concerne la valorizzazione, da parte dell'insegnamento catechetico, degli elementi validi della pietà popolare. Io penso a quelle devozioni che son praticate in certe regioni dal popolo fedele con un fervore ed una purezza di intenzione commoventi, anche se la fede, che vi sta alla base, deve essere purificata e perfino rettificata sotto non pochi aspetti. E penso a certe preghiere facili da comprendere, che tante persone semplici amano ripetere. E penso a certi atti di pietà, praticati col desiderio sincero di fare penitenza o di piacere al Signore. Alla base della maggior parte di queste preghiere o di queste pratiche, accanto ad elementi da eliminare, ve ne sono altri i quali, se ben utilizzati, potrebbero servire benissimo a far progredire nella conoscenza del mistero di Cristo e del suo messaggio: l'amore e la misericordia di Dio, l'incarnazione del Cristo, la sua croce redentrice e la sua risurrezione, l'azione dello Spirito in ciascun cristiano e nella chiesa, il mistero dell'aldilà, le virtù evangeliche da praticarsi, la presenza del cristiano nel mondo ecc. E perchè dovremmo far appello a certi elementi non cristiani - e perfino anticristiani -, rifiutando di appoggiarci su elementi, i quali, anche se han bisogno di essere riveduti ed emendati, hanno qualcosa di cristiano alla loro radice?

La memorizzazione

55. L'ultima questione metodologica, che è opportuno almeno sottolineare - essa è stata più di una volta dibattuta nel sinodo - è quella della memorizzazione. Gli inizi della catechesi cristiana, che coincisero con una civiltà soprattutto orale, hanno fatto il più ampio ricorso alla memorizzazione. La catechesi, in seguito, ha conosciuto una lunga tradizione di apprendimento mnemonico delle principali verità. Noi sappiamo tutti che questo metodo può presentare certi inconvenienti: il minore non è certo quello di prestarsi ad un'assimilazione insufficiente, talvolta quasi nulla, riducendosi tutto il sapere a formule che vengono ripetute senza che siano state approfondite. Questi inconvenienti, uniti alle caratteristiche diverse della nostra civiltà, hanno condotto qua e là alla soppressione quasi completa - alcuni dicono, ahimè, definitiva - della memorizzazione nella catechesi. Nondimeno, voci molto autorevoli si sono fatte sentire in occasione della IV assemblea generale del sinodo per riequilibrare assennatamente la funzione della riflessione e della spontaneità, del dialogo e del silenzio, dei lavori scritti e della memoria. D'altronde, determinate culture tengono tuttora in gran conto la memorizzazione.

Mentre nell'insegnamento profano di certi paesi, si levano sempre più numerose le critiche intorno alle conseguenze spiacevoli della svalutazione di questa facoltà umana, che è la memoria, perchè non dovremmo cercare di ridare ad essa valore nella catechesi, in maniera intelligente ed anche originale, tanto più che la celebrazione, o «memoria» dei grandi fatti della storia della salvezza esige che se ne abbia una conoscenza esatta? Una certa memorizzazione delle parole di Gesù, di importanti passi biblici, dei dieci comandamenti, delle formule di professione di fede, dei testi liturgici, delle preghiere fondamentali, delle nozioni-chiave della dottrina... lungi dall'esser contraria alla dignità dei giovani cristiani, o dal costituire un ostacolo al dialogo personale col Signore, è una reale necessità, come hanno ricordato con vigore i padri sinodali. Bisogna essere realisti. I fiori della fede e della pietà - se così si può dire - non spuntano nelle zone desertiche di una catechesi senza memoria. La cosa essenziale è che questi testi memorizzati siano al tempo stesso interiorizzati, compresi a poco a poco nella loro profondità, per diventare sorgente di vita cristiana personale e comunitaria.

La pluralità dei metodi nella catechesi contemporanea può essere segno di vitalità e di genialità. In tutti i casi, quel che importa è che il metodo prescelto si riferisca, in definitiva, a una legge che è fondamentale per tutta la vita della chiesa: quella della fedeltà a Dio e della fedeltà all'uomo, in uno stesso atteggiamento di amore.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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VIII.

LA GIOIA DELLA FEDE IN UN MONDO DIFFICILE

Affermare l'identità cristiana

56. Noi viviamo in un mondo difficile, nel quale l'angoscia derivante dal vedere le migliori realizzazioni dell'uomo sfuggirgli di mano e rivoltarsi contro di lui, crea un clima d'incertezza. E' appunto entro questo mondo che la catechesi deve aiutare i cristiani ad essere, per la loro gioia e per il servizio di tutti, «luce» e «sale». Ciò esige sicuramente che essa li rafforzi nella loro propria identità e che si sottragga essa stessa di continuo all'ambiente di esitazioni, di incertezze e di svigorimento. Fra le molte difficoltà, che sono altrettante sfide per la fede, io ne rilevo soltanto qualcuna per aiutare la catechesi a superarle.

In un mondo indifferente

57. Si parlava molto, qualche anno fa, di mondo secolarizzato e di èra post-cristiana. Le mode passano...; resta, però, una realtà profonda. I cristiani di oggi debbono essere formati per vivere in un mondo che per larga parte ignora Dio o che, in materia religiosa, al posto di un dialogo esigente e fraterno, stimolante per tutti, decade troppo spesso in un indifferentismo livellatore, quando non resta arroccato in un atteggiamento sprezzante di «sospetto», in nome dei suoi progressi in materia di «spiegazioni» scientifiche. Per riuscire a «tenere» in questo mondo, per offrire a tutti un «dialogo di salvezza», nel quale ciascuno si senta rispettato nella sua dignità veramente fondamentale, quella di ricercatore di Dio, noi abbiamo bisogno di una catechesi che insegni ai giovani ed agli adulti delle nostre comunità ad essere lucidi e coerenti nella loro fede, ad affermare con serenità la loro identità cristiana e cattolica, a «vedere l'invisibile» e ad aderire così fortemente all'assoluto di Dio, da poterlo testimoniare entro una civiltà materialista, che lo nega.

Con la pedagogia originale della fede

58. L'irriducibile originalità dell'identità cristiana ha per corollario e condizione una non meno originale pedagogia della fede. Tra le numerose e prestigiose scienze umane, che registrano ai nostri giorni un immenso progresso, la pedagogia è senza dubbio una delle più importanti. Le conquiste delle altre scienze - biologia, psicologia, sociologia - le offrono elementi preziosi. La scienza dell'educazione e l'arte dell'insegnare sono oggetto di continue rimesse in discussione, in vista di un migliore adattamento o di una più grande efficacia, con risultati peraltro diversi.

Ora, vi è anche una pedagogia della fede, e non si parlerà mai abbastanza di quel che una tale pedagogia della fede può arrecare alla catechesi. E' normale, infatti, adattare in favore dell'educazione della fede le tecniche sperimentate e perfezionate dell'educazione in quanto tale. Occorre, tuttavia, tener conto in ogni istante della fondamentale originalità della fede. Quando si parla della pedagogia della fede, non si tratta di trasmettere un sapere umano, anche se il più elevato; si tratta di comunicare nella sua integrità la rivelazione di Dio. Dio medesimo, nel corso della storia sacra e soprattutto nel vangelo, si è servito di una pedagogia, che deve restare come modello per la pedagogia della fede. Una tecnica non ha valore, nella catechesi, se non nella misura in cui si pone al servizio della trasmissione della fede e dell'educazione alla fede; in caso contrario non ha alcun valore.

Linguaggio adatto al servizio del «Credo»

59. Un problema che si avvicina al precedente è quello del linguaggio. Ognuno sa quanto tale questione sia scottante al giorno d'oggi. Non è pure paradossale constatare come gli studi contemporanei, nel campo della comunicazione, della semantica e della scienza dei simboli, per esempio, diano una notevole importanza al linguaggio, e come d'altronde il linguaggio sia oggigiorno utilizzato abusivamente al servizio della mistificazione ideologica, della massificazione del pensiero, della riduzione dell'uomo alla condizione di oggetto?

Tutto ciò esercita influssi notevoli nel campo della catechesi. Ad essa incombe, infatti, il preciso dovere di trovare un linguaggio adatto ai fanciulli ed ai giovani del nostro tempo in generale, come a numerose altre categorie di persone: linguaggio per gli intellettuali, per gli uomini di scienza; linguaggio per gli handicappati ecc. Sant'Agostino aveva già incontrato un tale problema ed aveva contribuito a risolverlo, per il suo tempo, con la nota opera De catechizandis radibus. In catechesi come in teologia, la questione del linguaggio senza alcun dubbio, fondamentale. Ma non è superfluo ricordarlo qui: la catechesi non potrebbe ammettere alcun linguaggio che, sotto qualsiasi pretesto, anche se presentato come scientifico, avesse come risultato quello di snaturare il contenuto del Credo. E meno ancora conviene un linguaggio che inganni o che seduca. La legge suprema è, al contrario, che i grandi progressi nella scienza del linguaggio debbono poter essere messi al servizio della catechesi, perchè essa possa più agevolmente «dire» o «comunicare» ai fanciulli, agli adolescenti, ai giovani e agli adulti di oggi tutto il contenuto dottrinale, senza alcuna deformazione.

Ricerca e certezza di fede

60. Una sfida più sottile deriva a volte dalla concezione stessa della fede. Talune scuole filosofiche contemporanee, che sembrano esercitare una forte influenza su alcune correnti teologiche e, per loro tramite, sulla prassi pastorale, sottolineano volentieri che l'atteggiamento fondamentale dell'uomo è quello di una ricerca all'infinito, una ricerca che non raggiunge mai il suo oggetto. In teologia questa visione delle cose afferma molto categoricamente che la fede non è una certezza, ma un interrogativo, che non è una chiarezza, ma un salto nel buio!

Queste correnti di pensiero hanno certamente il vantaggio di ricordarci che la fede riguarda cose che non sono ancora possedute, perchè sono sperate, cose che non si vedono ancora se non «in uno specchio, in maniera confusa», e che Dio abita sempre in una luce inaccessibile. Esse ci aiutano a non fare della fede cristiana un atteggiamento di immobilismo, ma piuttosto una marcia in avanti, come quella di Abramo. A più forte ragione si deve evitare di presentare come certe le cose che non lo sono.

Tuttavia, non bisogna cadere - come avviene molto spesso - nell'eccesso opposto. La Lettera agli ebrei dice che «la fede è il fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono». Se noi non ne abbiamo il pieno possesso, ne abbiamo una garanzia ed una prova. Quando noi educhiamo i fanciulli, gli adolescenti ed i giovani, non presentiamo loro un concetto della fede del tutto negativo - come un non-sapere assoluto, una sorta di cecità, un mondo di tenebre -, ma sforziamoci di mostrar loro che la ricerca umile e coraggiosa del credente, lungi dal partire dal nulla, da semplici illusioni, da opinioni fallibili, da incertezze, si fonda sulla parola di Dio, il quale nè si inganna nè inganna, e si edifica di continuo sulla roccia incrollabile di tale Parola. E' la ricerca dei magi al seguito di una stella, ricerca in ordine alla quale Pascal, riprendendo un pensiero di sant'Agostino, scriveva in termini così profondi: «Tu non mi cercheresti, se non mi avessi già trovato».

E', altresì, uno scopo della catechesi quello di offrire ai giovani catecumeni quelle certezze, semplici, ma solide, che li aiutino a cercare di più e meglio la conoscenza del Signore.

Catechesi e teologia

61. In questo contesto, mi sembra importante che sia ben compreso il legame che c'è tra la catechesi e la teologia.

Questo legame appare con ogni evidenza profondo e vitale a chi comprende la missione insostituibile della teologia a servizio della fede. Non c'è da meravigliarsi, pertanto, che ogni scossa nel campo teologico provochi ugualmente ripercussioni sul terreno della catechesi. Ora la chiesa, in questo immediato post-concilio, vive un momento importante, ma rischioso, della ricerca teologica.

Alcuni padri sinodali, venuti da tutti i continenti hanno affrontato tale questione con un linguaggio molto netto: essi hanno parlato di un «equilibrio instabile», che dalla teologia rischia di passare alla catechesi, ed hanno, altresì, sottolineato la necessità di apportare un rimedio a tale inconveniente. Il pontefice Paolo VI aveva anch'egli affrontato il problema in termini non meno netti nell'introduzione alla sua Solenne professione di fede, e nell'esortazione apostolica che ricordava il quinto anniversario della chiusura del concilio Vaticano II.

Conviene insistere nuovamente su questo punto. Consapevoli dell'influsso delle loro ricerche e delle loro affermazioni sull'insegnamento catechetico, i teologi e gli esegeti hanno il dovere di stare molto attenti a non far passare come verità certe ciò che appartiene, al contrario, all'àmbito delle questioni opinabili o della disputa tra esperti. I catechisti avranno, a lor volta, la saggezza di cogliere nel campo della ricerca teologica ciò che può illuminare la loro riflessione ed il loro insegnamento, attingendo come i teologi stessi alle vere fonti, nella luce del magistero. Si asterranno dal turbare l'animo dei fanciulli e dei giovani, a questo stadio della loro catechesi, con teorie peregrine, con vari problemi e con sterili discussioni, spesso condannate da san Paolo nelle sue «Lettere Pastorali».

Il dono più prezioso, che la chiesa possa offrire al mondo contemporaneo, disorientato ed inquieto, è di formare in esso cristiani sicuri nell'essenziale ed umilmente lieti nello loro fede. La catechesi questo insegnerà loro, e ne trarrà vantaggio essa stessa per prima: «L'uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in lui con tutto se stesso, deve «appropriarsi» ed assimilare tutta la realtà dell'incarnazione e della rendenzione per ritrovare se stesso».

IX.

IL COMPITO RIGUARDA TUTTI NOI

Incoraggiamento a tutti i responsabili

62. Ora, fratelli e figli carissimi, vorrei che le mie parole, concepite come una grave ed ardente esortazione del mio ministero di pastore della chiesa universale, infiammassero i vostri cuori come le lettere dell'apostolo Paolo indirizzate ai suoi collaboratori nell'opera di evangelizzazione, Tito e Timoteo, come la lettera di sant'Agostino, allorchè scriveva al diacono Deogratias, scoraggiato di fronte al suo compito di catechista, un autentico piccolo trattato sulla gioia del catechizzare. Sì, desidero seminare abbondantemente nel cuore di tutti i responsabili, così numerosi e diversi, dell'insegnamento religioso e dell'addestramento alla vita secondo il vangelo, il coraggio, la speranza, l'entusiasmo!

I Vescovi

63. Mi rivolgo, innanzitutto, a voi, miei fratelli vescovi: il concilio Vaticano II vi ha già ricordato esplicitamente i vostri doveri nel campo della catechesi, ed i padri della IV assemblea generale del sinodo li hanno anch'essi fortemente sottolineati.

A questo riguardo voi, fratelli carissimi, avete una missione particolare nelle vostre chiese: voi siete in esse i primissimi responsabili della catechesi, siete i catecheti per eccellenza. Voi condividete pure col papa, nello spirito della collegialità episcopale, l'onere della catechesi in tutta quanta la chiesa. Consentite, dunque, che io vi parli a cuore aperto!

So bene che siete impegnati in un ministero episcopale ogni giorno più complesso e logorante. Siete sollecitati da mille impegni: dalla formazione dei nuovi sacerdoti alla presenza attiva in mezzo alle comunità dei fedeli; dalla celebrazione viva e degna del culto e dei sacramenti all'impegno della promozione umana e della difesa dei diritti della persona. Ebbene, che l'impegno di promuovere una catechesi attiva ed efficace non ceda per nulla a qualsiasi altra preoccupazione! Questo impegno vi spingerà a trasmettere voi stessi ai vostri fedeli la dottrina della vita. Ma esso deve anche spingervi ad assumere nelle vostre diocesi, in corrispondenza con i programmi della conferenza episcopale a cui appartenete, l'alta direzione della catechesi, pur circondandovi di collaboratori competenti e degni di fiducia. Il vostro ruolo principale sarà quello di suscitare e di mantenere nelle vostre chiese una autentica passione per la catechesi, una passione che si incarni in un'organizzazione adeguata ed efficace, che metta in opera le persone, i mezzi, gli strumenti, come pure tutte le risorse economiche necessarie. Siate certi che, se la catechesi è fatta bene nelle chiese locali, tutto il resto si farà più facilmente. D'altronde - c'è bisogno di dirvelo? - se il vostro zelo deve imporvi a volte il compito ingrato di denunciare deviazioni, correggere errori, vi procurerà ben più spesso la gioia e la consolazione di veder fiorire le vostre chiese, perchè la catechesi è ivi offerta ai fedeli secondo la volontà del Signore.

I Sacerdoti

64. Quanto a voi, sacerdoti, ecco un terreno, sul quale siete i collaboratori immediati dei vostri vescovi. Il concilio vi ha chiamati «educatori nella fede»; come potreste voi esserlo maggiormente che dedicando il meglio dei vostri sforzi alla crescita delle vostre comunità nella fede? Che voi siate titolari di una parrocchia, o insegnanti di scuola, di liceo o di università, responsabili della pastorale a qualsiasi livello, animatori di piccole o grandi comunità e soprattutto di gruppi di giovani, la chiesa attende da voi che non trascuriate nulla in ordine ad un'opera catechetica ben strutturata e ben orientata. I diaconi e gli altri ministri, se avete la fortuna di disporne, sono per ciò vostri collaboratori nati. Tutti i credenti hanno il diritto alla catechesi, tutti i pastori hanno il dovere di provvedervi. Alle autorità civili domanderò sempre di rispettare la libertà dell'insegnamento catechetico; ma voi, ministri di Gesù Cristo - ve ne supplico con tutte le mie forze - non permettete mai che, per mancanza di zelo, o in conseguenza di qualche malaugurata idea preconcetta, i fedeli restino privi della catechesi. Che non si abbia a dire: «I bambini chiedevano il pane e non c'era chi lo spezzasse loro».

I Religiosi e le Religiose

65. Molte famiglie religiose, maschili e femminili, sono sorte per l'educazione cristiana dei fanciulli e dei giovani, soprattutto dei più abbandonati. Nel corso della storia, i religiosi e le religiose si sono trovati molto impegnati nell'attività catechetica della chiesa, svolgendo in essa un lavoro particolarmente adatto ed efficace. Nel momento in cui si desidera accentuare i legami tra religiosi e pastori e, di conseguenza, la presenza attiva delle comunità religiose e dei loro membri nei progetti pastorali delle chiese locali, io esorto con tutto il cuore voi, che la consacrazione religiosa deve rendere ancor più disponibili al servizio della chiesa, a prepararvi nel miglior modo possibile al compito catechetico, secondo le diverse vocazioni dei vostri istituti e le missioni che vi sono affidate, recando dappertutto questa preoccupazione. Che le comunità consacrino il massimo delle loro capacità e delle loro possibilità all'opera specifica della catechesi!

I Catechisti laici

66. Io intendo ringraziare, a nome di tutta la chiesa, voi catechisti parrocchiali, laici, uomini ed in numero ancor maggiore donne, che dappertutto nel mondo vi siete dedicati all'educazione religiosa di numerose generazioni. La vostra attività, spesso umile e nascosta, ma compiuta con zelo ardente e generoso, è una forma eminente di apostolato laicale, particolarmente importante laddove, per differenti ragioni, i fanciulli ed i giovani non ricevono una conveniente formazione religiosa in seno alle loro famiglie. Quanti di noi hanno ricevuto da persone come voi le prime nozioni del catechismo e la preparazione al sacramento della riconciliazione, alla prima comunione ed alla confermazione? La IV assemblea generale del sinodo non vi ha certo dimenticati. Insieme con essa, io vi incoraggio a continuare la vostra collaborazione alla vita della chiesa.

Ma sono i catechisti in terra di missione coloro che meritano, in modo del tutto speciale, questo titolo di «catechisti». Nati da famiglie già cristiane, o convertiti un giorno al cristianesimo ed istruiti dai missionari o da un altro catechista, essi consacrano in seguito la loro vita, per lunghi anni, a catechizzare i fanciulli e gli adulti dei loro paesi. Chiese ora fiorenti non sarebbero state edificate senza di loro. Io mi rallegro per gli sforzi compiuti dalla Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli al fine di perfezionare sempre meglio la formazione di questi catechisti. Io rievoco con riconoscenza la memoria di coloro che il Signore ha già chiamato a sè, mentre invoco l'intercessione di coloro che dai miei predecessori sono stati elevati alla gloria degli altari. Io incoraggio di tutto cuore coloro che sono all'opera, ed auspico che molti altri prendano il loro posto, e che il loro numero si accresca per un'opera tanto necessaria alla missione.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Nella parrocchia

67. Desidero ora richiamare il contesto concreto, in cui operano abitualmente tutti questi catechisti, ritornando ancora in forma più sintetica sui «luoghi» della catechesi, alcuni dei quali sono già stati menzionati nel capitolo VI: parrocchia, famiglia, scuola, movimento.

Se è vero che si può catechizzare in qualsiasi luogo, tengo tuttavia a sottolineare - conformemente al desiderio di moltissimi vescovi - che la comunità parrocchiale deve restare l'animatrice della catechesi ed il suo luogo privilegiato. Certamente in molti paesi, la parrocchia è stata come scossa dal fenomeno dell'urbanizzazione. Alcuni hanno forse accettato con eccessiva facilità che essa fosse giudicata sorpassata, se non addirittura destinata a sparire, a tutto vantaggio di piccole comunità più adatte e più efficaci. Lo si voglia o no, la parrocchia resta un punto capitale di riferimento per il popolo cristiano, ed anche per i non praticanti. Il realismo ed il buon senso, perciò, consigliano di continuare nella strada che tende a restituire alla parrocchia, dove sia necessario, strutture più adeguate e, soprattutto, un nuovo slancio grazie al crescente inserimento in essa di membri qualificati, responsabili e generosi. Detto questo, e tenuto conto della necessaria diversità dei luoghi di catechesi, nella parrocchia stessa, nelle famiglie che accolgono fanciulli o adolescenti, nell'insegnamento religioso presso le scuole statali, nelle istituzioni scolastiche cattoliche, nei movimenti di apostolato che riservano speciali tempi alla catechesi, nei centri aperti a tutti i giovani, nei fine-settimana dedicati alla formazione spirituale ecc., è sommamente importante che tutti questi canali catechetici convergano veramente verso la stessa confessione di fede, verso una stessa appartenenza alla chiesa, verso impegni nella società che siano vissuti nello stesso spirito evangelico: «...un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre». E' per questo che ogni parrocchia importante ed ogni raggruppamento di parrocchie più piccole hanno il grave dovere di formare dei responsabili completamente dediti all'animazione catechetica - sacerdoti, religiosi, religiose e laici -, di prevedere l'attrezzatura necessaria per ogni aspetto della catechesi, di moltiplicare e di adattare i luoghi di catechesi nella misura possibile ed utile, di vigilare sulla qualità della formazione religiosa e sull'integrazione dei diversi gruppi nel corpo ecclesiale.

In breve, senza stabilire monopoli nè rigide uniformità, la parrocchia resta - come ho detto - il luogo privilegiato della catechesi. Essa deve ritrovare la propria vocazione, che è quella di essere una casa di famiglia, fraterna ed accogliente, dove i battezzati e i cresimati prendono coscienza di essere popolo di Dio. Lì il pane della buona dottrina ed il pane dell'eucaristia sono ad essi spezzati in abbondanza nel contesto di un medesimo atto di culto; di lì essi sono rinviati quotidianamente alla loro missione apostolica, in tutti i cantieri della vita del mondo.

Nella famiglia

68. L'azione catechetica della famiglia ha un carattere particolare e, in un certo senso, insostituibile, giustamente sottolineato dalla chiesa e, segnatamente, dal concilio Vaticano II. Questa educazione alla fede da parte dei genitori - educazione che deve iniziare dalla più giovane età dei figli - si esplica già quando i membri di una famiglia si aiutano vicendevolmente a crescere nella fede grazie alla loro testimonianza cristiana, spesso silenziosa, ma perseverante nel ritmo di una vita quotidiana vissuta secondo il vangelo. Essa è più incisiva quando, in coincidenza con gli avvenimenti familiari - quali la recezione dei sacramenti, la celebrazione di grandi feste liturgiche, la nascita di un bambino, una circostanza luttuosa - ci si preoccupa di esplicitare in seno alla famiglia il contenuto cristiano o religioso di tali avvenimenti. Occorre, però, andare più lontano: i genitori cristiani si sforzeranno di seguire e di riprendere nel contesto familiare la formazione più metodica ricevuta altrove. Il fatto che la verità sulle principali questioni della fede e della vita cristiana siano così riprese in un ambiente familiare, impregnato di amore e di rispetto, permetterà sovente di dare ai figli un'impronta decisiva e tale da durare per la vita. I genitori stessi traggono vantaggio dallo sforzo che ciò comporta, perchè in tale dialogo catechetico ognuno riceve e dona.

La catechesi familiare, pertanto, precede, accompagna ed arricchisce ogni altra forma di catechesi. Inoltre, laddove una legislazione antireligiosa pretende persino di impedire l'educazione alla fede, laddove una diffusa miscredenza o un invadente secolarismo rendono praticamente impossibile una vera crescita religiosa, «questa che si potrebbe chiamare chiesa domestica» resta l'unico ambiente, in cui fanciulli e giovani possono ricevere un'autentica catechesi. Così i genitori cristiani non si sforzeranno mai abbastanza per prepararsi ad un tale ministero di catechisti dei loro figli e per esercitarlo con uno zelo instancabile. Ed occorre, parimenti, incoraggiare le persone o le istituzioni che, mediante contatti individuali, mediante incontri o riunioni ed ogni genere di strumenti pedagogici, aiutano questi genitori a svolgere il loro compito: essi rendono un inestimabile servizio alla catechesi.

Nella scuola

69. A fianco della famiglia ed in collegamento con essa, la scuola offre alla catechesi possibilità non trascurabili. Nei paesi, purtroppo sempre più rari, nei quali è possibile dare un'educazione alla fede all'interno del contesto scolastico, è dovere per la chiesa il farlo nel modo migliore possibile. Ciò si riferisce innanzitutto - com'è evidente - alla scuola cattolica: meriterebbe questa ancora un tale nome se, pur brillando per un livello d'insegnamento assai elevato nelle materie profane, le si potesse rimproverare, con fondati motivi, una negligenza, o una deviazione nell'impartire l'educazione propriamente religiosa? Nè si dica che questa sarebbe sempre data implicitamente o, in maniera indiretta! Il carattere proprio e la ragione profonda della scuola cattolica, per cui appunto i genitori cattolici dovrebbero preferirla, consistono precisamente nella qualità dell'insegnamento religioso integrato nell'educazione degli alunni. Se le istituzioni cattoliche devono rispettare la libertà di coscienza, e cioè evitare di pesare sulla coscienza dall'esterno mediante pressioni fisiche o morali, specialmente per quanto riguarda gli atti religiosi degli adolescenti, essi tuttavia hanno il grave dovere di proporre una formazione religiosa che si adatti alle situazioni, spesso assai diverse, degli allievi, ed altresì di far loro comprendere che la chiamata di Dio a servirlo in spirito e verità, secondo i comandamenti di Dio e i precetti della chiesa, senza costringere l'uomo, non lo obbliga di meno in coscienza.

Ma io penso, altresì, alla scuola non confessionale ed alla scuola pubblica. Esprimo il vivissimo auspicio che, rispondendo ad un ben chiaro diritto della persona umana e delle famiglie e nel rispetto della libertà religiosa di tutti, sia possibile a tutti gli alunni cattolici di progredire nella loro formazione spirituale col contributo di un insegnamento religioso che dipende dalla chiesa, ma che, a seconda dei paesi, può essere offerto dalla scuola, o nel quadro della scuola, o ancora nel quadro di un'intesa con i pubblici poteri circa gli orari scolastici, se la catechesi ha luogo soltanto in parrocchia o in altro centro pastorale. In effetti, anche dove esistono difficoltà oggettive, ad esempio quando gli alunni sono di religioni diverse, bisogna disporre gli orari scolastici in modo da consentire ai cattolici di approfondire la loro fede e la loro esperienza religiosa, sotto la guida di educatori qualificati, sacerdoti o laici.

Certo, molti elementi vitali, oltre la scuola, contribuiscono ad influenzare la mentalità dei giovani: svaghi, ambiente sociale, ambiente di lavoro. Ma coloro che compiono gli studi ne restano necessariamente influenzati, sono iniziati a valori culturali o morali nel clima dell'istituto d'insegnamento, sono messi a confronto con molteplici idee ricevute a scuola: è necessario che la catechesi tenga largamente conto di questa scolarizzazione per raggiungere realmente gli altri elementi del sapere e dell'educazione, in modo che il vangelo sia assorbito nella mentalità degli alunni sul terreno della loro formazione e l'armonizzazione della loro cultura sia fatta alla luce della fede. Io incoraggio, perciò, i sacerdoti, i religiosi, le religiose ed i laici, che si impegnano a sostenere la fede di questi alunni. E' questa, del resto, l'occasione per riaffermare qui la mia ferma convinzione che il rispetto manifestato alla fede cattolica dei giovani sino al punto di facilitarne l'educazione, il radicamento, il consolidamento, la libera espressione e la pratica, farebbe certamente onore a qualsiasi governo, quale che sia il sistema sul quale esso si basa, o l'ideologia a cui s'ispira.

Nei movimenti

70. Occorre, infine, incoraggiare le associazioni, i movimenti ed i gruppi di fedeli, siano essi destinati alla pratica della pietà, all'apostolato diretto, alla carità ed all'assistenza, alla presenza cristiana nelle realtà temporali. Tutti quanti raggiungeranno meglio i loro specifici scopi e serviranno meglio la chiesa se, nella loro organizzazione interna e nel loro metodo d'azione, sapranno dare un posto importante ad una seria formazione religiosa dei loro membri. In questo senso, ogni associazione di fedeli in seno alla chiesa ha il dovere di essere, per definizione, educatrice della fede.

Appare in tal modo più chiara la parte attribuita ai laici nella catechesi odierna, sempre sotto la direzione pastorale dei loro vescovi, come del resto hanno sottolineato a più riprese le «Proposizioni» formulate dal sinodo.

Gli Istituti di formazione

71. Un tale contributo dei laici, del quale noi dobbiamo essere riconoscenti al Signore, costituisce nello stesso tempo una sfida per la nostra responsabilità di pastori. Questi catechisti laici, infatti, debbono essere accuratamente formati a quel che è, se non un ministero formalmente istituito, per lo meno una funzione di grandissimo rilievo nella chiesa. Ora una tale formazione ci sollecita ad organizzare dei centri ed istituti appropriati, che siano assiduamente seguiti dai vescovi. E', questo, un settore nel quale si rivela feconda e fruttuosa una collaborazione diocesana, interdiocesana, anzi nazionale. Ed è qui, parimenti, che l'aiuto materiale, offerto dalle chiese più favorite alle loro sorelle più povere, avrà modo di manifestare la sua massima efficacia: che cosa di meglio può offrire una chiesa ad un'altra chiesa, se non aiutare a crescere da se stessa come chiesa?

A tutti coloro che lavorano generosamente al servizio del vangelo ed ai quali ho qui espresso il mio vivo incoraggiamento, io vorrei rammentare una consegna che era cara al mio venerato predecessore Paolo VI: «In quanto evangelizzatori, noi dobbiamo offrire (...) l'immagine (...) di persone mature nella fede, capaci di ritrovarsi insieme al di sopra delle tensioni concrete, grazie alla ricerca comune, sincera e disinteressata della verità. Sì, la sorte dell'evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla chiesa. E' questo un motivo di responsabilità, ma anche di conforto»

CONCLUSIONE

Lo Spirito santo, maestro interiore

72. Al termine di questa esortazione apostolica, lo sguardo del cuore si volge verso colui che è il principio ispiratore di tutta l'opera catechetica, e di coloro che la compiono: lo Spirito del Padre e del Figlio, lo Spirito santo.

Nel descrivere la missione che tale Spirito avrebbe avuto nella chiesa, Cristo adopera queste parole significative: «Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». Ed aggiunge: «Quando... verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera..., vi annunzierà le cose future».

Lo Spirito è, dunque, promesso alla chiesa ed a ciascun fedele come un Maestro interiore che, nel segreto della coscienza e del cuore, fa comprendere ciò che s'è bensì udito, ma che non si è in grado di afferrare. «Lo Spirito santo istruisce fin d'ora i fedeli - diceva a questo proposito sant'Agostino - nella misura in cui ciascuno è capace di intendere le cose spirituali, e accende nel loro cuore un desiderio di conoscere tanto più vivo quanto più ognuno progredisce nella carità, grazie alla quale ama le cose che già conosce e desidera conoscere quelle che ignora».

Missione dello Spirito è, inoltre, quella di trasformare i discepoli in testimoni di Cristo: «Egli mi renderà testimonianza e anche voi mi renderete testimonianza».

Ma c'è di più. Secondo san Paolo, che sintetizza su questo punto una teologia latente in tutto il Nuovo Testamento, è tutto l'«essere cristiano», tutta la vita cristiana, vita nuova di figli di Dio, che è una vita secondo lo Spirito. Soltanto lo Spirito ci consente di dire a Dio: «Abbà, Padre!». Senza lo Spirito noi non possiamo dire: «Gesù è Signore». Dallo Spirito provengono tutti i carismi che edificano la chiesa, comunità di cristiani. E' in questo senso che san Paolo affida ad ogni discepolo di Cristo la consegna: «Siate ricolmi dello Spirito». Sant'Agostino è molto esplicito: «Il fatto che crediamo ed operiamo ci appartiene in ragione della libera scelta della nostra volontà, e tuttavia l'uno e l'altro vien dato dallo Spirito di fede e di carità».

La catechesi, che è crescita nella fede e maturazione della vita cristiana verso la pienezza, è conseguentemente opera dello Spirito santo, opera che egli soltanto può suscitare ed alimentare nella chiesa.

Questa costatazione, nata dalla lettura dei testi or ora citati come anche di altri numerosi passi del nuovo testamento, ci conduce a due convinzioni.

Innanzitutto, è chiaro che la chiesa, quando adempie la missione, che è sua, di far catechesi - come, del resto, ogni cristiano che in tale missione s'impegna nella chiesa ed in nome della chiesa - deve essere pienamente cosciente di agire come strumento vivente e docile dello Spirito santo. Invocare costantemente questo Spirito, essere in comunione con lui, sforzarsi di conoscere le sue autentiche ispirazioni, deve essere l'atteggiamento della chiesa docente e di ogni catechista.

E' necessario, poi, che il desiderio profondo di comprendere meglio l'azione dello Spirito e di abbandonarsi sempre maggiormente a lui - dato che «stiamo vivendo nella chiesa un momento privilegiato dello Spirito», come rilevava il mio predecessore Paolo VI nella sua esortazione apostolica Evangelii nuntiandi - susciti un risveglio catechetico. In effetti, il «rinnovamento nello Spirito» sarà autentico ed avrà una vera fecondità nella chiesa, non tanto nella misura in cui susciterà carismi straordinari, quanto piuttosto nella misura in cui porterà il più grande numero possibile di fedeli, sulle strade della vita quotidiana, allo sforzo umile, paziente, perseverante per conoscere sempre meglio il mistero di Cristo e per testimoniarlo.

Io qui invoco sulla chiesa catechizzante questo Spirito del Padre e del Figlio, e lo supplico di rinnovare in essa il dinamismo catechetico.

Maria, madre e modello del discepolo

73. Che la Vergine della pentecoste ci ottenga tutto questo con la sua intercessione! Per una vocazione singolare, ella vide il Figlio Gesù «crescere in sapienza, età e grazia». Sulle sue ginocchia e poi ascoltandola, nel corso della vita nascosta di Nazaret, questo Figlio, che era l'Unigenito del Padre pieno di grazia e di verità, fu da lei formato alla conoscenza umana delle Scritture e della storia del disegno di Dio sul suo popolo, nell'adorazione del Padre. Ella è stata, d'altra parte, la prima dei suoi discepoli: prima nel tempo, perchè già ritrovandolo nel tempio ella riceve dal figlio adolescente lezioni, che conserva nel cuore; la prima soprattutto, perchè nessuno fu mai «ammaestrato da Dio» ad un grado simile di profondità. Madre e discepola al tempo stesso, diceva di lei sant'Agostino, aggiungendo arditamente che l'esser discepola fu per lei più importante che l'esser madre. Non è senza ragione che nell'aula sinodale fu detto di Maria che è «un catechismo vivente», «madre e modello dei catechisti».

Possa, dunque, la presenza dello Spirito santo, grazie alle preghiere di Maria, concedere alla chiesa uno slancio senza precedenti nell'opera catechetica, che ad essa è essenziale! La chiesa allora adempirà efficacemente, questo tempo di grazia, la missione inalienabile ed universale ricevuta dal suo Maestro: «Andate... e ammaestrate tutte le nazioni».

Con la mia apostolica bendizione.

Dato a Roma, presso san Pietro, 16 ottobre dell'anno 1979, secondo di Pontificato.

GIOVANNI PAOLO II

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Orientamenti e itinerari di formazione dei Catechisti
Sussidio Pastorale



Ufficio Catechistico Nazionale - Anno 1991


PRESENTAZIONE

«Nelle nostre comunità c’è una ricchezza in atto, uno dei segni più promettenti con il quale il Signore non cessa di confortarci e di sorprenderci: il movimento dei catechisti». Così, come vescovi, ci siamo espressi riconsegnando «Il rinnovamento della catechesi», testo n. 1 del Catechismo per la vita cristiana. Lo scenario suggestivo della riconsegna è stato il convegno nazionale dei catechisti nell’aprile 1988, che ha rappresentato un appuntamento significativo, emblematico e carico di speranza. Il santo padre Giovanni Paolo Il, in quell’occasione, volle affidare una consegna: «Essere catechisti di qualità, disse, ecco ciò a cui deve aspirare chi oggi si impegna in questo importante compito: esserlo secondo quelle caratteristiche che la chiesa autenticamente propone».

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Il convegno a Bologna dei direttori degli uffici catechistici

Dalla fede
l'azione educativa


di Marco Tibaldi


L'educazione è parte integrante della missione della Chiesa. È con questa convinzione che si sono conclusi, giovedì 17 a Bologna, i lavori del 44° congresso dei direttori degli uffici catechistici diocesani promosso dalla Conferenza episcopale italiana (Cei). Nella sua relazione di sintesi il direttore dell'Ufficio catechistico nazionale, don Guido Benzi, ha evocato un'immagine che ben riassume i lavori e le prospettive future scaturite dal convegno:  la Chiesa come Mysterium Lunae.

Dopo aver richiamato il suo simbolismo, commentando un passo dell'Exaemeron di sant'Ambrogio, Benzi ha sottolineato i due aspetti che più legano la Chiesa alla sua attività di maestra e madre della fede:  "La Chiesa, come la "Luna crescente" nel rinnovarsi della sua presenza, è soggetta, in forza della Grazia dello Spirito, a una vita sempre nuova, a un rigenerarsi, generando alla luce e alla vita del Cristo i cristiani. E, infine, la Chiesa, come l'"astro rifulgente", irraggia nel plenilunio pasquale, la luce del Cristo, e annuncia la verità del Vangelo della morte e risurrezione del Figlio di Dio".

La Chiesa, oggi come ieri, riceve da Cristo - "colui che dà origine alla fede e la porta a compimento" (Ebrei, 12, 2) - tutto ciò che le serve per poter, a sua volta, accompagnare altri nella crescita dell'esperienza di vita cristiana.

La sottolineatura che è stata data nei quattro giorni di convegno, in linea con le indicazioni progettuali della Cei, è stata quella relativa al tema dell'educazione. Per questo motivo, il convegno si è dato dei momenti di ascolto delle molteplici declinazioni del tema educativo. La prima è quella pedagogica, tema affrontato da Maria Teresa Moscato dell'Università di Bologna.

Dal suo versante, la Moscato ha ribadito l'importanza del legame intrinseco che esiste tra esperienza religiosa ed educazione, al punto che l'elisione della prima cancella anche la seconda:  "E c'è ancora un elemento essenziale che confluisce nella sparizione dell'idea di educazione, ed è la progressiva riduzione dell'esperienza - e della pratica - religiosa nelle generazioni adulte:  non sto dicendo che dal momento che è sparita l'idea di educazione non educhiamo più alla religiosità. Sto dicendo che, al contrario, nella misura in cui non siamo più religiosi non riusciamo a percepire la necessità dell'educazione e la responsabilità comune verso di essa".

Così come la fede è una salvaguardia per la retta ragione, altrettanto l'esperienza religiosa è custode dell'importanza dell'educazione complessiva delle nuove generazioni. È questo una sorta di leit motiv che è risuonato anche in altre relazioni come, per esempio, nella sottolineatura posta da Paola Bignardi, membro del Comitato per il progetto culturale della Cei, sul ruolo e l'importanza della comunità ecclesiale come comunità educante, così come è stata pensata dal documento base Il rinnovamento della catechesi fino a oggi. Da queste indicazioni, ha ricordato la Bignardi, deve scaturire un percorso di verifica e ripensamento:  "Oggetto della verifica cui le nostre comunità sono chiamate è il volto attraente che esse sanno mostrare, facendo percepire il valore dell'invito di Papa Benedetto a Verona:  far "emergere soprattutto quel grande "sì' che in Gesù Cristo Dio ha detto all'uomo e alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza"".

Particolarmente significativa è stata, infine, la tavola rotonda, condotta da don Carmelo Sciuto, dell'ufficio catechistico nazionale, che ha posto a tema la questione decisiva delle alleanze educative. Originale ed efficace è stata la modalità scelta che ha visto, mediante l'utilizzo di video e interviste precedentemente preparate, il coinvolgimento dei diversi protagonisti dell'attività educativa ecclesiale, a cominciare dai direttori degli uffici competenti della Cei ma coinvolgendo anche le famiglie, i catecumeni, i parroci, i catechisti, gli insegnanti di religione, i capi scout, gli educatori dei ragazzi di Azione cattolica provenienti da varie realtà italiane. Oltre all'importanza dei temi trattati, ciò che è emerso è la vera forza di cui dispone la compagine ecclesiale nel raccogliere le impegnative sfide dell'emergenza educativa.


(©L'Osservatore Romano - 20 giugno 2010)
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