00 25/05/2012 23:40
 
Educarsi ed educare alla legalità.
Le Regole e il senso etico in una società di persone con diritti e doveri.
Il “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco e la legalità
Obiettivi
  1. Conoscere le varie interpretazioni che ha avuto il binomio “buon cristiano e onesto cittadino” lungo la storia.
  2. Capire i significati diversi con contenuti differenziati dell’espressione “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco.
  3. Prendere coscienza che il profilo del “buon cristiano e onesto cittadino” si sviluppa in un ambiente adatto.
  4. Prendere coscienza che il “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco è una persona in cammino verso la maturità spirituale, ecclesiale e sociale.
Il “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco e la legalità
Introduzione
Oggi viviamo in una società che ci vuole far credere che tutto sia uguale, il vero ed il falso, il bello ed il brutto, che lo studente vale tanto quanto l’insegnante, che non si devono mettere voti per non traumatizzare i cattivi studenti. Ci vogliono far credere che la vittima conta meno del delinquente. Che i vandali sono buoni e che la polizia è cattiva. Lo slogan di moda è “vivere senza obblighi e godere senza limiti”.
Siamo, infatti, passati da una società della disciplina, dove c’è il conflitto tra regola e trasgressione, tra pulsione e divieto, ad una società dell’efficienza e della performance spinta, per cui il disagio psichico non è più determinato da un conflitto tra il permesso ed il proibito, ma da un senso di inadeguatezza, di insufficienza, se non addirittura di fallimento nella capacità di spingere a tutto gas il possibile fino al limite dell’impossibile. Nella nostra società è saltato il concetto di limite. E in assenza di un limite, il vissuto soggettivo non può che essere di inadeguatezza, se non di ansia, ed infine di inibizione. Le famiglie si allargano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa dei giovani per condurli sulle vie del divertimento e del consumismo, dove ciò che si consuma è la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa. Il disagio non è del singolo individuo, ma l’individuo è solo la vittima di una diffusa mancanza di prospettive e di progetti, fino alla perdita di senso e di legami affettivi[1].
Oggi molti, perfino fra i credenti, non accettano senza discutere i comandamenti morali formulati dalla Chiesa, ma vogliono riflettervi e, in definitiva, decidere loro cosa è bene e cosa è male. E molti sostengono che, in questo modo, ciascuno si fa la morale come gli fa comodo col risultato che la società moderna è diventata una babele etica in cui tutto è permesso[2].
Davanti ad una realtà, come quella che è stata presentata precedentemente, rimane di urgente attualità il richiamo forte che Giovanni Paolo II fece a Napoli Capodimonte il 10 novembre 1990, durante l’udienza agli amministratori pubblici della Campania: “Non c’è chi non veda l’urgenza di un grande recupero di moralità personale e sociale, di legalità. Sì, urge un recupero di legalità!.. da una restaurata moralità sociale a tutti i livelli deriverà un nuovo senso di responsabilità nell’agire pubblico, come pure un ampliamento dei luoghi di formazione sociale ed un più motivato impulso alle diverse forme di partecipazione e di volontariato”[3].
Esiste la tentazione di pensare che la nostra realtà sociale sia più difficile di quella vissuta da don Bosco. Io penso che ogni epoca abbia i propri inconvenienti. Certamente, oggi nella società e nella Chiesa, stiamo vivendo una situazione molto complessa. Socialmente si vuole vivere come se Dio non esistesse, si è creata una certa cultura relativista, edonista, permissivista e consumista. D’altra parte la Chiesa sta vivendo momenti critici in riferimento alla morale e all’etica: gli abusi sessuali dei preti e dei religiosi/e, la crisi vocazionale, la fragilità vocazionale, etc.
Il mezzo sovrano di bonifica sociale è, secondo la chiara scelta “educazionista” operata da don Bosco, la formazione della coscienza morale e religiosa del giovane. Questa convinzione del Santo Torinese si riassume nella formula: “buon cristiano ed onesto cittadino”. Dice don Bosco: “la porzione dell’umana Società, su cui sono fondate le speranze del presente e dell’avvenire, la porzione degna dei più attenti riguardi è, senza dubbio, la Gioventù. Questa, se rettamente educata, ci sarà ordine e moralità, al contrario, vizio e disordine. La sola Religione è capace di cominciare e compiere la grande opera di una vera educazione”[4].
Noi Exallievi di Don Bosco ed i membri della Famiglia Salesiana per rispondere alla nostra realtà sociale attingiamo al Sistema Educativo di don Bosco. Penso che ogni azione o progetto educativo debba puntare ad una progettualità formativa che assicuri la moralità, la legalità e la socialità.
 
Il binomio “buon cristiano e onesto cittadino” ha una lunga tradizione.
I cristiani non sono stati indifferenti al fenomeno “cittadino”. Fin dai primi tempi hanno sottolineato l’importanza della “città terrena”. La salvezza che annuncia e vive la comunità cristiana non è un’astrazione estranea al divenire storico. I valori evangelici si concretizzano mediante l’impegno per migliorare la terra e la società.
La Letteraa Diogneto (180 d.C.) indirizzata a un tale Diogneto d’Atene che era interessato a conoscere alcuni aspetti riguardo alle credenze e al modo di vivere dei cristiani.
L’anonimo autore risponde in questi termini: “I cristiani – è detto – non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per il modo di vestire. Non abitano mai città loro proprie, non si servono di un gergo particolare, né conducono uno speciale genere di vita (…). Sono sparpagliati nelle città greche e barbare, secondo che a ciascuno è toccato in sorte. Si conformano alle usanze locali nel vestire, nel cibo, nel modo di comportarsi; e tuttavia, nella loro maniera di vivere, manifestano il meraviglioso paradosso, riconosciuto da tutti, della loro società spirituale. Abitano ciascuno nella loro patria, ma come immigrati che hanno il permesso di soggiorno. Adempiono a tutti i loro doveri di cittadini, eppure portano i pesi della vita sociale con interiore distacco. Ogni terra straniera per loro è patria, ma ogni patria è terra straniera. Si sposano e hanno figli come tutti, ma non abbandonano i neonati. Mettono vicendevolmente a disposizione la mensa, ma non le donne. Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma col loro modo di vivere vanno ben al di là delle leggi[5].
Comunque, per quanto lontano cronologicamente e culturalmente dal testo riportato, don Bosco sembra condividere analoghe preoccupazioni. Il cristiano non è un “separato”, un “esoterico”. È insieme cittadino del cielo e della terra e, in quanto tale, prende sul serio anche operativamente la duplice e unitaria vocazione.
Nel Post-Concilio di Trento, il concetto di “educazione alla cittadinanza” nasce col Cardinale Silvio Antoniano (1540-1603): egli sottolinea che la necessità di formare il “buon cristiano” è, dunque, associata necessariamente all’utile ed onesto cittadino”, “all’uomo virtuoso, ed utile per la patria”. Il suo cristiano è un cittadino operoso e responsabile nella “città” terrena e celeste. Il “buon cristiano” è, dunque, associato necessariamente all’“utile ed onesto cittadino”, all’“uomo virtuoso, ed utile per la patria”.
Secondo Charles Rollin (Rettore dell’Università di Parigi), il modello dell’uomo pienamente educato passa dall’ideale “umanistico” del cristiano “cittadino” del mondo e della “polis”. La formazione culturale deve approdare al duplice fine: formare l’uomo onesto, cioè l’uomo inserito nella società, virtuoso, disinteressato, probo, “buon figlio, buon genitore, buon padrone, buon amico, buon cittadino”; “l’uomo onesto, l’uomo probo, il buon cittadino, il buon magistrato”; e ancor più, a coronamento e perfezionamento, formare l’uomo religioso, più in concreto, rigenerato a Cristo, il cristiano, che tutto indirizza a Dio e tutto opera in vista della felicità imperitura del cielo[6].
La disputa sul cristiano “buon cittadino” assume una colorazione particolare nel corso della Rivoluzione Francese e con la proclamazione dei principi di uguaglianza e di libertà. Il Giuntella ne riassume i contenuti nella formula “solo il cristiano può essere buon cittadino”[7].
Gregorio Luigi Barnaba Chiaromonti, vescovo di Imola e futuro Papa Pio VII, in riferimento al nuovo “stato democratico” si rivolge ai preti in cura d’anima della sua diocesi, pregandoli di “spiegare ai popoli la vera natura della libertà, e dell’eguaglianza, onde animarli ai loro doveri, mentre fate loro conoscere i loro diritti. Così avremo de’ buoni cristiani per il cielo, e dei salvi, utili e generosi cittadini per la patria, e per tutta la nostra Repubblica” (il cristiano perfetto “cittadino” repubblicano)[8].
Identici concetti si trovano in un opuscolo anonimo: La Religione cattolica amica della democrazia. Istruzione d’un teologo al clero ed al popolo romano (1797). “Felice democrazia, dove i costumi del popolo sono regolati sulla maestosa e divina morale del Vangelo!”.
Il 28 maggio 1856 su richiesta dell’amico Mons. Annibale Capalti (futuro cardinale) il poeta romano Gioacchino Belli (1791-1863) componeva un grazioso dialogo per un saggio di bambini di un asilo infantile romano. I due piccoli attori, Leone e Pasquale, lo concludevano in questo modo:
L. (…) Luce brillò di sentimenti umani. Dono è del vostro amor…
P. Pei poverelli.
L. Voi ci affidaste a generose mani che ci educano onesti cittadini, e quello che val di più …
P. Buoni cristiani.
Il vescovo Domenico M. Villa (1818-1882) pur adoperando formule spesso identiche a don Bosco, si distingue nelle accentuazioni. Egli, vescovo di Parma (1872-1882), sottolinea: la religione è l’insostituibile sorgente della vera felicità, sia individuale che sociale. “Siate religiosi e sarete felici”. L’istruzione religiosa è il mezzo sovrano per promuovere la felicità individuale e sociale, temporale ed eterna: “Siate dunque sinceri cristiani e buoni patrioti e sarete, anche per gli esempi delle religiose e sociali virtù, i veri amici del popolo”[9]. Dell’istruzione e dell’educazione cristiana è frutto naturale sia il buon cristiano che l’onesto o utile cittadino. Egli mette anche in evidenza con particolare vigore il rigoroso rapporto di causalità tra i due termini, con l’assoluta priorità della realtà religiosa. “Non basta vivere da galantuomo per essere cristiano, ma bisogna vivere da cristiano per essere galantuomo”[10]. “Amate sì la patria (…) ma cattolicamente, perché non può essere buon cittadino chi prima non è vero Cristiano”[11]. Un altro punto fermo del Villa è quello di escludere dall’idea del “buon cittadino” cristiano la connotazione liberale. Il Cattolico liberale non è né buon cristiano né buon cittadino.
Questa piccola carrellata lungo la storia ci fa capire che la formula “buon cristiano e onesto cittadino” ha avuto grandi ed impegnati promotori, certamente ognuno con delle accentuazioni diverse.
 
Il binomio “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco.
Nel linguaggio di don Bosco è ricorrente, con diverse varianti, la formula “buon cristiano e onesto cittadino”. È una forma abituale durante una parte notevole della sua vita. L’espressione appare portatrice di significati diversi, con contenuti differenziati, chiaramente definiti anche dal contesto letterario e storico nel quale viene adoperata ed enunciata.
Ricercando i testi, dove la formula è presente, si è arrivati ad individuare le connessioni ed i contesti entro i quali si specificano i diversi significati. Ne risulta la seguente sequenza di temi[12]:
  1. La “condizione giovanile”: la “gioventù pericolante” nel corpo e nell’anima e “pericolosa” nella società. “Se io nego un tozzo di pane a questi giovani pericolanti e pericolosi li espongo a grave rischio dell’anima e del corpo.  (…) Qui non trattasi di soccorrere un individuo in particolare, ma di porgere un tozzo di pane a giovani cui la fame pone al più gran pericolo di perdere la moralità e la religione”[13].
Gioventù, educazione, società. “Qui [a Lucca] sarebbe a promuovere un’opera di grande utilità, perché col ritirare, istruire, educare i giovanetti pericolanti si fa un bene a tutta la civile società. Se la gioventù è bene educata avremo col tempo una generazione migliore; se no, fra poco sarà composta di uomini sfrenati ai vizi, al furto, all’ubriachezza, al mal fare[14].
  • Il cristiano con diritto di cittadinanza in tre diverse città. “La elemosina che si elargisce in favore delle opere Salesiane si estende al corpo e all’anima, alla società e alla religione, al tempo e alla eternità”[15].  Cittadino della città terrena e della città celeste. “Vi presento un metodo di vivere breve e facile, ma sufficiente perché possiate diventare la consolazione dei vostri parenti, l’onore della patria, buoni cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo[16]
  • Cittadino di due diverse città in terra, civile ed ecclesiale. “Per non lasciare incompleta una impresa, da cui dipende un lieto o triste avvenire di tanti giovanetti, si fa umile ricorso a tutti coloro che amano il bene della religione e della civile Società[17].
Cittadino di una “città nuova”, in una nuova civiltà. “Queste lunghe e pericolose escursioni apostoliche fecero sempre meglio conoscere la necessità di fondare residenze di Sacerdoti in più siti, a fine di poter raggiungere i selvaggi, istruirli, incivilirli, formarne un popolo cristiano e salvarli nell’anima e nel corpo”[18].
  1. Un progetto educativo plenario e differenziato, cristiano e civile. La formula “buoni cristiani e onesti cittadini” ritorna quando si parla del progetto educativo previsto per “i giovani poveri e abbandonati”. Educazione umana e educazione religiosa ne sono i due poli. “Dalla carità vostra aspetto il pane ed il necessario alla vita ed alla buona istruzione ed educazione cristiana e civile ai giovanetti ricoverati, ed a quelli che si sperano di accettare in seguito, e che, poveri ed abbandonati, non hanno altro patrimonio che il vostro buon cuore”[19]Il buon cristiano per l’onesto cittadino.
Utilità sociale della religione. L’idea che la religione costituisca il presidio più sicuro della vita sociale e politica è familiare anche a don Bosco. [Alessandro Severo] Persuaso che la sola religione è sostegno degli imperi, la sola che possa formare la felicità dei popoli, si mise a praticarla egli stesso, e a farla rispettare universalmente (…). Amava il Cristianesimo, udiva volentieri a parlare del Vangelo”[20].
  • Buon cittadino “perché” buon cristiano? La formula “buon cittadino perché buon cristiano” non ricorre letteralmente nel linguaggio di don Bosco. Se ne trovano espressioni equivalenti, anche se non numerose: il che dimostra, in don Bosco, l’assenza di quell’“integralismo”, che, invece, si è potuto osservare fortemente sottolineato dal vescovo Domenico Villa (“bisogna vivere da cristiano per essere galantuomo”). In poche parole: Lo scopo [dell’Oratorio] si è di radunare i giovani per farli onesti cittadini col renderli buoni cristiani[21].
L’armonia di buon cristiano e onesto cittadino. Nella relazione di Giovanni Bonetti sul primo incontro di don Bosco con il ministro Urbano Rattazzi, nella primavera del 1854, si trova un’interessante notazione: Rattazzi “soleva dire che il Governo era obbligato a proteggere cotale istituzione [= l’Oratorio], perché cooperava efficacemente a scemare gli inquilini delle prigioni, e a formare dei savii cittadini, nel mentre che ne faceva dei buoni cristiani[22]. Due persuasioni sono implicitamente presenti in questa osservazione di un ministro laico e anticlericale, amico e benefattore di don Bosco: l’essere buon cristiano è compatibile con l’essere buon cittadino; l’essere buon cittadino non esclude l’essere buon cristiano. L’originalità di don Bosco educatore sta nel fare l’uno e l’altro. L’azione benefica ed educativa di don Bosco è la quotidiana dimostrazione di un programma di conciliazione, che poi nel 1884 don Bosco dichiarerà assegnatogli da Leone XIII: “voi avete la missione di far vedere al mondo che si può essere buon cattolico e nello stesso tempo buono e onesto cittadino”[23].
  • Il cristiano nel mondo. Ciò implica in don Bosco un’idea precisa del “buon cristiano”. Persona di “eternità”, egli è anche ben radicato nel mondo, dove è chiamato a operare la sua “eterna salute” con l’esercizio delle buone opere, il lavoro, la carità[24].
  • Il buon cristiano e l’onesto cittadino in operosa coabitazione. La formula ha un duplice valore: apologetico (difesa) e positivo. In un secolo che eredita la critica illuministica della religione cristiana come mitica, oscurantista, è ovvio che don Bosco rivendichi alla propria fede la dignità di veicolo massimo di umanizzazione e di civilizzazione. Per questo l’apologia diventa, in don Bosco, anche affermazione di principio: la religione cattolica, religione “salvifica”, si rivolge a tutto l’uomo; non si ferma all’anima, non mira solo alla città celeste; vuole l’uomo “salvo” anche nel corso dell’esistenza terrena, compresa l’essenziale dimensione sociale. Il buon cristiano può, deve essere ed è anche buon cittadino. Non è un “alienato” o perché tutto proteso al cielo o perché scarsamente interessato ai beni terrestri o perché più o meno patologicamente assillato dalla “salute eterna” o perché unicamente preoccupato dei “diritti” della Chiesa e del Papa. Egli è insieme “buon cristiano e onesto cittadino”[25].
  • Il buon cristiano latente nell’onesto cittadino. “I risultati finora ottenuti furono assai soddisfacenti; giacché non pochi giovanetti in procinto di mettersi per la mala vita, mercé le cure che loro si usano, ora battono il sentiero dell’onesto cittadino con grande vantaggio loro e della civile società”[26].
In contesti più vasti, lavoro, religione e virtù sono presentati quali mezzi di salvezza per i tanti “giovani pericolanti”, in un grande disegno di rigenerazione sociale, fondato sulla triade “laica” “Lavoro, Istruzione, Umanità”[27]. È evidente che il “programma” suppone un regime di “cristianità”, secondo cui la religione è il fondamento della morale e ambedue di un rassicurante ordine sociale[28].
Il “Buon cristiano e onesto cittadino”è il programma educativo di don Bosco, convinto che la rigenerazione della società passa attraverso l’esperienza cristiana, la quale conduce e dà qualità all’impegno culturale e sociale.Egli è persuaso che i valori umani vengano assunti e purificati dalla vita di fede, potenziati dalla grazia. S’impegna perciò a valorizzare l’umano nel cristiano, a promuovere tutto ciò che è positivo nella creazione per evangelizzare la società. Vede nella vita di Grazia lo svelarsi pieno della dignità dei figli di Dio. Mai però l’attenzione di don Bosco è rivolta esclusivamente alla dimensione soprannaturale. Ha davanti a sé giovani concreti dei quali si prende cura provvedendo cibo, istruzione, lavoro e aiutandoli a inserirsi nella società in modo onesto ed attivo[29].
 
La formula “buon cristiano e onesto cittadino” con le varianti[30] che ricorrono sotto la penna e nella bocca di don Bosco.
Don Bosco è fedele alla formula “buon cristiano e onesto cittadino”, anche se a volte utilizza altre parole, vediamo alcuni esempi:
  • Farli onesti cittadini e buoni cristiani[31];
  • Farsi buoni cristiani ed onesti artigiani[32];
  • Possano diventar tutti buoni cittadini e buoni cristiani[33];
  • Fare tutti buoni cristiani ed onesti cittadini[34];
  • Educare la gioventù all’onore del cristiano ed al dovere del buon cittadino[35];
  • Divenivano buoni cristiani ed onesti cittadini[36];
  • Fare quel po’ di bene che posso ai giovanetti abbandonati, adoperandomi con tutte le forze affinché diventino buoni cristiani in faccia alla religione, onesti cittadini in mezzo alla civile società[37];
  • Preparare buoni cristiani alla Chiesa, onesti cittadini alla civile società[38];
  • Farne buoni cittadini e buoni cristiani è lo scopo che ci proponiamo[39];
  • Farne buoni Cristiani ed onesti cittadini[40];
  • Sono (…) utili cittadini e buoni cristiani[41];
  • Diventano buoni cristiani, onesti cittadini[42];
  • Entrando un giovane in quest'Oratorio deve persuadersi che questo è luogo di religione, in cui si desidera di fare dei buoni cristiani ed onesti cittadini[43];
  • Ridonarli alla civile società buoni cristiani e buoni cittadini[44];
  • Educati a virtù cristiane e civili (...) farne buoni cristiani ed onesti cittadini[45];
  • Si tratta di renderli onesti Cittadini e buoni Cristiani[46];
  • Vivere sempre da buoni cristiani e da savii cittadini[47];
  • Speranza che essi diventino buoni cristiani, onesti ed utili cittadini[48];
  • Sont maintenant de bons chrétiens et d'honnêtes citoyens[49];
  • Io godo assai nel sapere che voi (...) vivete da buoni cristiani, da cittadini Onorati[50];
  • Dovunque vi troviate mostratevi sempre buoni cristiani e uomini probi[51];
  • Scopo dei nostri collegi è di formare dei buoni cristiani, e degli onesti cittadini[52];
  • Per essere poi ridonati alla civile Società buoni cristiani, onesti cittadini[53];
  • Escono buoni Cristiani e bravi cittadini[54];
  • Ritornarli alla Società buoni cristiani ed onesti cittadini[55];
  • Educarli in modo da farne buoni cittadini e veri cristiani[56];
  • Apprendendo a vivere da buoni cristiani e da savii cittadini[57];
  • Ammaestrati a vivere da buoni cristiani e savii cittadini[58];
  • Diventano buoni cristiani, savii cittadini[59];
  • Rendendoli buoni cristiani ed utili cittadini[60];
  • Continuate dunque ad essere buoni cristiani e savii cittadini[61];
  • Dare alla civile società dei membri utili, alla Chiesa dei cattolici virtuosi, al Cielo dei fortunati abitatori[62];
  • Farne buoni cittadini e buoni cristiani[63];
  • Ridonarli (...) alla civile società buoni cristiani, onesti cittadini[64];
  • Faran vedere al mondo come si possa (...) essere cristiani e nello stesso tempo onesti e laboriosi cittadini[65];
  • Istruirli, educarli e farne così dei buoni cristiani ed onesti cittadini[66];
  • Quanti buoni figliuoli, quanti padri cristiani ed onesti, quanti migliori cittadini di più non potremmo dare alle famiglie, alla Chiesa, alla società![67];
  • Rendersi buoni cristiani ed onesti cittadini[68];
  • Restituirli alla famiglia, alla società, alla Chiesa buoni figliuoli, savii cittadini, esemplari cristiani[69];
Don Bosco ripeteva molto questa formula “buon cristiano e onesto cittadino”. Lo dimostra l’intera rassegna appena abbozzata. Ma ciò non toglie nulla alla lucidità dei significati. Essi rispondono alla chiarezza delle scelte educative concrete. Anche se l’uso della formula può rispondere spesso a esigenze di propaganda e ricerca di solidarietà (simpatia, sostegno dell’opinione pubblica, aiuti finanziari), essa rispecchia soprattutto una sicura posizione di vita e di azione.




[SM=g1740771] continua...........

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)