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DIFENDERE LA VERA FEDE

8 luglio 2013 visita (discutibile) del Papa a Lampedusa

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    Caterina63
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    00 06/07/2013 14:56
    [SM=g1740758]  I PRO E I CONTRI DI UNA VISITA DISCUTIBILE......
    una visita discutibile perchè purtroppo è intrisa di significato bonista e politico; discutibile perchè a differenza del Predecessore che definiva queste visite "VIAGGI APOSTOLICI o "Visita apostolica" qui l'apostolicità è messa in secondo piano, è una visita "umanitaria" come se il senso dell'apostolicità non portasse in sè il supporto di un sano e corretto spirito umanitario..... san Paolo, grande viaggiatore, e così gli altri Apostoli, non si diedero da fare per fare visite "umanitarie", ma delle vere visite apostoliche le quali, attraverso la predicazione e dunque l'apostolicità, recavano un benessere umanitario.....
    Discutibile quindi non la visita in sè (il Papa fa bene ad andare in questa veste in un luogo di morte, dolore ma anche di speranza per molti), ma le motivazione e il come verrebbe svolta secondo le note ufficiali della Santa Sede è tutto discutibile e persino inaccettabile... perchè è indispensabile che si facciano i nomi di quegli Stati e di quei governi europei che si sono lavati le mani davanti a questo dramma lasciando l'Italia a gestire da sola un flusso migratorio insostenibile.... Non ci dimentichiamo che se qualcuno di noi osasse varcare i confini di un altro Stato - pensiamo agli USA - senza documenti e senza soldi, non subiremmo il trattamento che gli italiani e quegli italiani di Lampedusa usano con carità e pazienza ai clandestini, ma veremmo cacciati via in malo modo con l'accusa di non osservare le leggi dello Stato ospitante.... e.... provate ad entrare nella Città del Vaticano senza documenti e senza invito, chiedete asilo politico al Papa e vediamo cosa risponderebbe..... perciò meno populismo e meno ipocrisia, lo chiediamo ai MEDIA affinchè non strumentalizzino la visita di preghiera ed umanitaria che il Papa fa in nome di Cristo...........



    Il Papa a Lampedusa. A santificare i clandestini


    05 luglio, 2013 | Permalink | Archiviato in: Attualità

    francesco lampedusaE come – mosso dalla sua “scientifica” istintività – voleva partecipare un tempo alla partita Roma-Lazio, con tutta la guerriglia urbana che ogni volta ne consegue, nella quale puntualmente ci scappa il morto, senza rendersi conto dei rischi ai quali avrebbe sottoposto se stesso, migliaia di persone, la città, le forze dell’ordine e gli stessi suoi uomini della scorta, – alla stessa maniera Papa Francesco ha ragionato annunciando d’improvviso il suo estemporaneo viaggio nell’isoletta di Lampedusa. Per la gioia di terzomondisti, fotografi e anime belle, nonché dei vendoliani, ossia i seguaci dell’antesignano del vendolismo, la buonanima del vescovo Tonino Bello, l’introduttore della bandiera arcobaleno nelle chiese italiane.

    Il prefetto della repubblica competente in quella martoriata terra non ha avuto la forza del prefetto di Roma per opporre, a quest’altra trovata mediatica del papa Argentino, un“no!”, come pure era politicamente opportuno per la pubblica sicurezza non solo dell’isola, non solo dell’Italia, ma pure degli aspiranti clandestini. E se non lui avrebbe dovuto farlo il ministro degli interni: ma come si fa ad avere tanto coraggio?

    Probabilmente Francesco non si è reso conto di tutti risvolti politici che questo viaggio-lampo avrà, e non è la prima volta che sottovaluta certi “gesti”, o forse li valuta e gli stanno bene. A lui. Ci va, a quanto dice, perché terra di “emergenze umanitarie”. Certo. Intanto però, in violazione delle leggi italiane, santifica fra le righe esattamente il fenomeno che tanto lo addolora: l’immigrazione. È giusto. Ma quando è clandestina bisogna andarci coi piedi di piombo. Perché si rischia non solo di sdoganarla, ma di incoraggiarla e incrementarla, e subliminalmente è questo il messaggio che passa. E che arriverà dritto dritto nell’Africa nera, agli occhi e alle orecchie prima ancora degli aspiranti clandestini dei loro traghettatori, ossia i criminali commercianti di carne umana che non esitano un secondo, se lo reputano opportuno a gettare uomini, bambini, donne incinte in mare e darsela a gambe. In questi ultimi anni è avvenuto migliaia di volte e migliaia di migliaia galleggiano sulle acque procellose di Lampedusa; e se non sono stati gettati in mare, sono stati trasportati alla meta dalle “carrette del mare” non solo in condizioni bestiali, ma in fin di vita. Dopo avergli prosciugato le tasche.
    papamobile
    A questo aggiungici il martirio quotidiano degli abitanti dell’isola, la cui vita è stata resa impossibile da ormai un decennio di “stato d’assedio” permanente, da parte dei clandestini e delle forze dell’ordine. Che non so quale reazione tributeranno al sicuro richiamo alla “solidarietà” dettata dal sentimentalismo che ha ispirato questa improvvida visita a uso e consumo delle telecamere, ancora una volta.

    E aggiungiamo di più: molti di quei clandestini che arrivano, e che si moltiplicheranno in seguito al viaggio del papa, non potendo il Paese digerire tale flusso immigratorio ridistribuendolo come forza lavoro, finiranno, come già son finiti, a ingrossare la criminalità organizzata, il lavoro clandestino e soprattutto lo spaccio di stupefacenti (basta girare la sera intorno a Termini, per Firenze, Perugia, per rendersi conto di che colossale giro di droga gestiscono gli africani immigrati clandestini). E naturalmente la prostituzione: persino nelle cittadine di provincia oggi si vede una cosa mai vista prima in periferia: sotto la luce del sole decine di prostitute africane in attesa di clienti. Spettacolo che un tempo era riservato alle sole grandi città. Spacciatori, lavoratori in nero, prostitute che invadono l’Italia, tutti quanti sono passati da Lampedusa. E la maggior parte di loro ancora delinque nel paese senza avere il permesso di soggiorno, né lo cerca: altrimenti sarebbero costretti a trovarsi un lavoro onesto e proprio perciò assai meno redditizio.

    Ma poi questo papa, proveniente dalla terra fatta in gran parte di immigrati, come è l’Argentina, figlio esso stesso di immigrati italiani, ne immagina una tipologia che non esiste più. Perché le ragioni profonde di questa immigrazione africana clandestina sono del tutto lontane dai motivi che spinsero gli italiani a cercare “fortuna” in Argentina. Anzitutto non è vero che cercassero “fortuna”: cercavano un posto dove non morire di fame loro, e campare la famiglia, lavorando duramente; e siccome l’Italia sabauda e liberale era l’ultimo posto dove poter ottenere queste pur basilari cose, straziandosi il cuore, partivano.

    Per buona parte dell’immigrazione clandestina odierna, così non è. Ormai è accertato che nei loro villaggi e città in Africa hanno non solo da vivere e mangiare ma anche da lavorare, e ci sarebbe bisogno di loro; ma tuttavia si decinono alla partenza verso Lampedusa in base a chimere tutte “materialistiche”, “occidentali”: la ricerca di una “vita all’occidentale” dicono, che immaginano facile, godibile, ricca, anarchica e consumistica, tutti i privilegi materiali che avremmo noialtri. Vale a dire, se vogliamo stare all’ambito cattolico e musulmano – che sono le fedi che in maggioranza i clandestini professano, semmai ne professano una – , tutti quegli eccessi che sia il cristianesimo, sia l’islamismo, sia la stessa predicazione di Francesco condannano.
    Ancora una volta: cui prodest?

    Ai primi tempi di questo pontificato, disorientato da tutte queste stravaganti trovate quotidiane, stavo lamentandomene con uno scrittore cattolico.
    Chiacchierando del più e del meno, gli avevo raccontato con un sorriso di una “trovata” di Francesco, che non si è mai saputo se fosse vera o fosse un diceria agiografica dei suoi laudatores:
    Il papa esce dalla porta e vede una guardia svizzera in piedi“. “Da quanto tempo è qui?”. Da tutta la nottata. Allora il papa rientra nel suo studio, prende una sedia, una merendina e gliele porta, poi aggiunge: “Se serve niente, bussi, io sto qui”. Come diceva Caltagirone al tuttofare di Andreotti, “che te serve gnente a Fra’?”. E naturalmente hanno trovato il modo di sbandierare la cosa ai quattro venti, come ogni stravaganza che s’inventa ogni giorno. Alcuni dicono “populismo”, altri “captaptio benevolentiae”, altri “esibizionismo scientifico”, le anime belle ci vedono “tanta umiltà”, un mio amico prete che all’inizio era entusiasta adesso ammette che “mi fa venire in mente il personaggio dell’Anticristo di Solovev”. Personalmente, vedo le cose per così come sono: ridicole. E mi fa sorridere. Senza contare che quella guardia svizzera lì d’ora in poi, se si vuol sedere durante il suo servizio, si sentirà ben in diritto di mandare a quel paese il suo capitano che eventualmente lo richiamasse all’ordine».

    Mi rispose l’antico scrittore cattolico, rassegnato: «Mi dicono comunque che anche nel Sudamerica finto, come l’Argentina (tutti immigrati che sognano di tornare in Europa) funziona così, con ‘ste chitarrate svenevoli al cuore, i sentimenti, le emozioni… Non a caso i preti sono tutti chiamati padrecitos… ».

    Dalla ragione e sentimento viene il sospetto si stia rapidamente passando alla irrazionalità e sentimentalismo. Con qualche schitarrata di sottofondo dalla Pampa che s’è trasferita a Roma. E prossima a sbarcare in tour estivo a Lampedusa. Auguri tanti agli abitanti.

    di Antonio Margheriti Mastino © 2013 Qelsi


    [SM=g1740771]

    riflessione:

    Ottime riflessioni che condivido per molte ragioni per altro a me vicine….
    Senza entrare nei particolari sottolineo solo uno degli aspetti peggiori di questo viaggio e che, mi auguro, non sia dipeso dal Papa: Francesco non dovrebbe incontrare alcuna autorità a parte il sindaco….
    Ora mi fermo e chiedo a Papa Francesco: santità, perdoni, ma chi è che si fa un mazzo così 24 ore su 24, sottopagato e senza straordinari, a turni estenuanti per andare in soccorso di queste barche piene di carne umana e che grazie a questi soccorsi molti si salvano?
    Sono quelle FORZE DELL’ORDINE che a quanto pare il Papa non andrà a salutare…. Francesco porterà la sua solidarietà soltanto agli immigrati, le forze dell’ordine sono così quella forza orscura per Francesco, indegna di un suo saluto?
    Mi reputo cattolica ma comincio a capire quei non cattolici che chiedono a questo punto al Papa di portarseli in casa questi immigrati, gli dia lui il lavoro, li metta lui in regola nella società civile, li nutri ogni giorno, li vesta ogni giorno.
    Francesco sarebbe capacissimo di farlo, io non lo metto in dubbio, ma col populismo e il bonismo non si risolvono i problemi, anzi, dopo averne tamponato qualcuno ci si ritroverebbe ancora più impantanati perchè, anche aprendo la Città del Vaticano a tutti i clandestini dandogli asilo politico…. nel giro di un mese il Vaticano andrebbe in fallimento, ed anche vendendo san Pietro non solo dopo due anni ristarebbero senza fondi ma riceverebbo lo sfratto dal nuovo proprietario ;-)
    Santità, i gesti sono belli e significativi, non c’è dubbio, ma qui non siamo in Argentina…. e la situazione è molto diversa.
    Porti pure la sua solidarietà, ma non dimentichi le Forze dell’Ordine che in Italia sono sottopagate e sono i veri angeli che per primi tirano fuori i clandestini dal rischio di una morte crudele…. non dimentichi che il suo predecessore fu attaccato per aver detto che oltre alla solidarietà, i migranti DEVONO OBBEDIRE ALLE LEGGI dello Stato che li riguardano… lo dirà anche lei questo?
    è capace di ricordare che senza le regole del gioco la partita non va avanti e nessuno si diverte più?
    Stia attento da chi le da consigli in Vaticano, guardi cosa hanno prodotto al suo predecessore….

    [SM=g1740733]


    [Modificato da Caterina63 08/07/2013 13:20]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 06/07/2013 22:29
    Papa Francesco atteso lunedì a Lampedusa

    Un viaggio
    per pregare

    di Mario Ponzi

    "Il Papa a Lampedusa viene per pregare e noi lo attendiamo pregando". L'arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, spiega così il clima di attesa che si vive nell'isola e in tutta l'arcidiocesi in queste ore che precedono l'arrivo di Papa Francesco. Venerdì sera ci sono state veglie in tutte le chiese agrigentine.

    "La partecipazione - sottolinea il presule - è stata eccezionale. Abbiamo voluto ringraziare il Signore per questo regalo dal cielo, che arriva dopo anni di sofferenza per tanti nostri fratelli immigrati i quali, fuggendo da guerre e povertà, hanno inseguito la speranza di un futuro migliore. E molti invece hanno trovato solo la morte". Ma "abbiamo anche chiesto al Signore - aggiunge l'arcivescovo - la grazia di dilatare i nostri cuori all'accoglienza dell'altro". Domenica sera, a poche ore dall'arrivo del Pontefice, una veglia si terrà anche a Lampedusa.

    È dunque la preghiera a scandire il ritmo dell'attesa. La stessa preghiera che caratterizzerà le poche ore che Papa Francesco trascorrerà sull'isola lunedì 8 luglio. Niente feste, nessun momento protocollare. Protagonisti saranno soltanto gli immigrati e i lampedusani che li ospitano. E sarà una preghiera, quella di Papa Francesco, realmente senza alcun confine, dedicata a quelle migliaia di persone senza nome e senza volto, probabilmente in gran parte musulmani, che il mare ha inghiottito mentre cercavano la salvezza dalla miseria e dalle violenze.


    Ma nel cuore del Santo Padre ci sono anche i lampedusani. Gente di mare, fiera, rocciosa, che conosce bene e pratica quella solidarietà che necessariamente lega proprio la gente del mare. Dopo anni e anni di sacrifici, quella stessa gente comincia però a perdere fiducia. Circola sull'isola una frase che la dice lunga sul loro stato d'animo: "Ormai ci dimenticano persino i santi". Effettivamente di promesse ne hanno ricevute tante. Soprattutto nei giorni più duri, quelli del 2011, quando non sapevano più dove accampare gli immigrati. Ma tutte sono andate regolarmente deluse. E se oggi l'entusiasmo si riaccende è perché sanno bene che il Papa viene tra loro non per fare promesse, ma per dimostrare concretamente il suo amore, la sua solidarietà e la sua preghiera.

    Non a caso il sindaco delle Pelagie, Giuseppina Nicolini, ha assicurato che "Lampedusa non si vestirà a festa per la visita di Papa Francesco. Vogliamo che veda l'isola così com'è. Certamente - spiega - faremo il possibile per essere accoglienti, per garantire sicurezza e ordine. Ma il Santo Padre deve vedere l'isola coi barconi ancora lì, così come è stata abbandonata nel corso degli anni". La comunità di Lampedusa non vuole dare un messaggio falsato: "Finalmente il mondo si accorgerà di noi. Nessuno, ne siamo tutti certi, dopo la visita del Papa potrà più chiudere gli occhi su questo dramma".

    Tuttavia, di un minimo di preparativi c'è stato bisogno. Per esempio sono stati demoliti i muri del campo sportivo dove il Papa celebrerà la messa. "Si è reso necessario - spiega il sindaco - altrimenti non avrebbe potuto contenere tutte le persone che assisteranno alla messa". Sono infatti attesi in oltre quindicimila. Giungeranno dal resto della Sicilia e da altre regioni. Sono stati per questo intensificati i collegamenti marittimi da e per le Pelagie. Con un traghetto sono giunti anche alcuni chilometri di transenne, dislocate lungo le strade che saranno percorse dal Papa, tra l'altro asfaltate di fresco.

    Essenziale il programma della visita. Il Santo Padre partirà alle 8 dall'aeroporto di Ciampino e atterrerà alle 9.15 a Lampedusa. Sarà accolto all'aeroporto dall'arcivescovo e dal sindaco. In auto, andrà a cala Pisana dove si imbarcherà per raggiungere via mare il porto dell'isola. Nella piccola traversata lo accompagneranno i pescatori sulle loro imbarcazioni. Al largo, nei pressi della porta d'Europa, il Papa lancerà una corona di fiori in memoria di quanti hanno perso la vita in mare. Alle 9.30, l'imbarcazione entrerà a punta Favarolo, dove solitamente attraccano quelle che trasportano gli immigrati. Sul molo il Santo Padre incontrerà una piccola rappresentanza di immigrati , poi si sposterà nel campo sportivo, in contrada Arena, vicino al luogo in cui sono ammassati i relitti delle imbarcazioni dei migranti. Alle 10 ci sarà la messa al termine della quale il Papa raggiungerà la parrocchia di San Gerlando. Alle 12.30 si trasferirà in aeroporto da dove ripartirà alla volta di Roma.



    (©L'Osservatore Romano 7 luglio 2013)



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 08/07/2013 13:26

     Alle ore 7.20 di questa mattina, il Santo Padre Francesco ha lasciato in auto la Domus Sanctae Marthae e si è recato all’aeroporto di Ciampino, dove, alle ore 8.00, è partito per recarsi in visita a Lampedusa.

    Al suo arrivo all’aeroporto di Lampedusa, il Papa è stato accolto dall’Arcivescovo di Agrigento, S.E. Mons. Francesco Montenegro, e dal Sindaco dell’Isola, la Dott.ssa Giuseppina Nicolini. Quindi il Santo Padre ha raggiunto in auto Cala Pisana dove si è imbarcato per raggiungere via mare il Porto di Lampedusa. I pescatori hanno accompagnato il Papa con le loro barche. Al largo Papa Francesco ha lanciato in mare una corona di fiori, in ricordo di quanti hanno perso la vita nelle traversate.


    Alle ore 9.30 l’imbarcazione con a bordo il Santo Padre è entrata nel Porto a Punta Favarolo. Sul Molo lo attendevano gruppi di Immigrati che il Papa ha salutato al suo passaggio. Quindi si è recato in auto presso il vicino campo sportivo "Arena", in località Salina, dove, alle ore 10.30, ha celebrato la Santa Messa.

    Nel corso della Celebrazione Eucaristica il Papa ha pronunciato l’omelia. Quindi, al termine della Santa Messa, dopo il saluto dell’Arcivescovo di Agrigento, S.E. Mons. Francesco Montenegro, il Santo Padre ha recitato una preghiera a Maria, Stella del Mare.

    Pubblichiamo di seguito l’omelia e le parole di saluto pronunciate al termine della Celebrazione Eucaristica da Papa Francesco:


        OMELIA DEL SANTO PADRE 

    Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte. Così il titolo dei giornali. Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta. Non si ripeta per favore. Prima però vorrei dire una parola di sincera gratitudine e di incoraggiamento a voi, abitanti di Lampedusa e Linosa, alle associazioni, ai volontari e alle forze di sicurezza, che avete mostrato e mostrate attenzione a persone nel loro viaggio verso qualcosa di migliore. Voi siete una piccola realtà, ma offrite un esempio di solidarietà! Grazie! Grazie anche all’Arcivescovo Mons. Francesco Montenegro per il suo aiuto, il suo lavoro e la sua vicinanza pastorale. Saluto cordialmente il sindaco signora Giusi Nicolini, grazie tanto per quello che lei ha fatto e che fa. Un pensiero lo rivolgo ai cari immigrati musulmani che, oggi, alla sera, stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con l’augurio di abbondanti frutti spirituali. La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie. A voi: o’scià!

    Questa mattina, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, vorrei proporre alcune parole che soprattutto provochino la coscienza di tutti, spingano a riflettere e a cambiare concretamente certi atteggiamenti.

    «Adamo, dove sei?»: è la prima domanda che Dio rivolge all’uomo dopo il peccato. «Dove sei Adamo?». E Adamo è un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere. E Dio pone la seconda domanda: «Caino, dov’è tuo fratello?». Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del fratello!

    Queste due domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro forza! Tanti di noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito.

    «Dov’è il tuo fratello?», la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non trovano accoglienza, non trovano solidarietà! E le loro voci salgono fino a Dio! E una volta ancora ringrazio voi abitanti di Lampedusa per la solidarietà. Ho sentito, recentemente, uno di questi fratelli. Prima di arrivare qui sono passati per le mani dei trafficanti, coloro che sfruttano la povertà degli altri, queste persone per le quali la povertà degli altri è una fonte di guadagno. Quanto hanno sofferto! E alcuni non sono riusciti ad arrivare.

    «Dov’è il tuo fratello?» Chi è il responsabile di questo sangue? Nella letteratura spagnola c’è una commedia di Lope de Vega che narra come gli abitanti della città di Fuente Ovejuna uccidono il Governatore perché è un tiranno, e lo fanno in modo che non si sappia chi ha compiuto l’esecuzione. E quando il giudice del re chiede: «Chi ha ucciso il Governatore?», tutti rispondono: «Fuente Ovejuna, Signore». Tutti e nessuno! Anche oggi questa domanda emerge con forza: Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo "poverino", e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!

    Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti "innominati", responsabili senza nome e senza volto.

    «Adamo dove sei?», «Dov’è il tuo fratello?», sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia dell’umanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi. Ma io vorrei che ci ponessimo una terza domanda: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?». Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del "patire con": la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere! Nel Vangelo abbiamo ascoltato il grido, il pianto, il grande lamento: «Rachele piange i suoi figli… perché non sono più». Erode ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a ripetersi… Domandiamo al Signore che cancelli ciò che di Erode è rimasto anche nel nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi come questo. «Chi ha pianto?». Chi ha pianto oggi nel mondo?

    Signore, in questa Liturgia, che è una Liturgia di penitenza, chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo Padre perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi. Perdono Signore!

    Signore, che sentiamo anche oggi le tue domande: «Adamo dove sei?», «Dov’è il sangue di tuo fratello?».

    ****************************

        PAROLE DEL SANTO PADRE AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA 

    Prima di darvi la benedizione voglio ringraziare una volta in più voi, lampedusani, per l'esempio di amore, per l'esempio di carità, per l'esempio di accoglienza che ci state dando, che avete dato e che ancora ci date. Il Vescovo ha detto che Lampedusa è un faro. Che questo esempio sia faro in tutto il mondo, perché abbiano il coraggio di accogliere quelli che cercano una vita migliore. Grazie per la vostra testimonianza. E voglio anche ringraziare la vostra tenerezza che ho sentito nella persona di don Stefano. Lui mi raccontava sulla nave quello che lui e il suo vice parroco fanno. Grazie a voi, grazie a lei, don Stefano.


    ************************

    Al termine della Santa Messa, il Papa raggiunge in auto la Parrocchia di San Gerlando per una breve sosta. Quindi, alle ore 12.30, lascia la Parrocchia e si trasferisce in auto all’aeroporto di Lampedusa da dove, alle ore 12.45, parte per rientrare a Roma.

    L’arrivo all’aeroporto di Ciampino è previsto per le 14.00.

    Il Santo Padre rientra quindi in Vaticano.




    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Preghiera alla Madonna di Lampedusa,
    Vergine del Mare e Porto Santo
    di Papa Francesco - 8 luglio 2013


     
    O Maria, stella del mare,
    ancora una volta ricorriamo a te,
    per trovare rifugio e serenità,
    per implorare protezione e soccorso.
     
    Madre di Dio e Madre nostra,
    volgi il tuo sguardo dolcissimo
    su tutti coloro che ogni giorno affrontano i pericoli del mare
    per garantire alle proprie famiglie il sostentamento necessario alla vita,
    per tutelare il rispetto del creato, per servire la pace tra i popoli.
     
    Protettrice dei migranti e degli itineranti,
    assisti con cura materna gli uomini, le donne e i bambini
    costretti a fuggire dalle loro terre in cerca di avvenire e di speranza.
    L’incontro con noi e con i nostri popoli 
    non si trasformi in sorgente di nuove e più pesanti schiavitù e umiliazioni.
     
    Madre di misericordia, 
    implora perdono per noi che, 
    resi ciechi dall’egoismo, ripiegati sui nostri interessi
    e prigionieri delle nostre paure,
    siamo distratti nei confronti delle necessità e delle sofferenze dei fratelli.
     
    Rifugio dei peccatori,
    ottieni la conversione del cuore 
    di quanti generano guerra, odio e povertà,
    sfruttano i fratelli e le loro fragilità, 
    fanno indegno commercio della vita umana.
     
    Modello di carità,
    benedici gli uomini e le donne di buona volontà,
    che accolgono e servono coloro che approdano su questa terra:
    l’amore ricevuto e donato sia seme di nuovi legami fraterni
    e aurora di un mondo di pace.
    Amen.

    [SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]






    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 10/07/2013 18:12
    [SM=g1740758] Siamo partiti con una vena di polemica e quindi, probabilmente, abbiamo prestato il fianco ai veri e ben più empi fomentatori delle strumentalizzazioni ai gesti ed alle parole del Pontefice perciò.... riteniamo saggio e corretto chiudere questa pagina con un attento esame e consiglio dall'articolo che segue e che condiviamo totalmente.....



    Salvate il Papa dai suoi interpreti
    di Riccardo Cascioli
    da LaBussolaquotidiana del 10-07-2013

    “Speriamo che capiscano questo gesto”, avrebbe confidato papa Francesco ai suoi collaboratori all’inizio della sua visita a Lampedusa, secondo quanto riportato da alcuni vaticanisti. Frase che esprimerebbe la consapevolezza del rischio fraintendimento che una presenza del Papa nell’isola dei naufraghi avrebbe comportato.

    Rischio puntualmente trasformatosi in realtà, visto che spesso e volentieri parole e gesti del papa – ma sarebbe meglio dire di tutti i Papi –vengono ridotti a uso e consumo di chi li riferisce. Figurarsi su un tema come quello dell’immigrazione. Così abbiamo assistito a un balletto indecoroso sulle parole del Papa che, in alcune interpretazioni, avrebbe addirittura inteso dare una spallata alla legge Bossi-Fini.

    Come abbiamo già detto ieri, in realtà il Papa ha posto la questione su tutt’altro piano, per cui appare piuttosto patetica la reazione – ad esempio - del presidente della Camera Laura Boldrini, ben contenta di poter affermare che il Papa è d’accordo con lei. Ma chissà se la Boldrini ha ascoltato quel passaggio dell’omelia in cui papa Francesco dice che l’origine della violenza sta nel peccato di Adamo, l’uomo che pretende di essere Dio, l’uomo che cancella Dio dal suo orizzonte. Invece di iscrivere d’ufficio il Papa nel partito di Vendola, la Boldrini farebbe molto meglio a pensare alle sue responsabilità nelle tragedie del mare, come di tutti quelli come lei che in questi anni hanno favorito in tutti i modi l’arrivo di immigrati illegali. Né si capisce come il ministro Cecile Kyenge ne abbia tratto spunto per riaffermare la necessità di garantire la cittadinanza per nascita. L’accoglienza umana, la partecipazione al dolore e alla sofferenza di chi vive certe esperienze, è altra cosa dal garantire l’impossibile, ovvero casa, lavoro e cittadinanza a tutto il mondo che eventualmente decidesse di sbarcare a Lampedusa.

    Bisogna ridire con chiarezza che una cosa è l’attenzione alla singola persona (e in questo non sono mai stati ringraziati abbastanza i militari italiani che hanno sempre fatto di tutto per trarre in salvo e accudire gli immigrati in pericolo di vita, anche quando era in vigore la politica dei “respingimenti”); e un’altra sono le politiche migratorie che - nel decidere il numero di immigrati a cui dare la possibilità di risiedere in un Paese - devono tenere conto di tanti fattori diversi che permettano una reale integrazione, oltre che delle norme di diritto internazionale.

    E quando il Papa ha fatto riferimento alle scelte socio-economiche che favoriscono migrazioni e tragedie, è assurdo ridurlo a una critica dell’Occidente o della globalizzazione. Dal punto di vista economico la globalizzazione ha portato vantaggi per tutti, anche se il processo non è privo di contraddizioni. Ma soprattutto, per la maggior parte di coloro che approdano sulle coste siciliane le scelte politiche dei paesi occidentali hanno avuto un rilievo marginale, se l'hanno avuto. Prendiamo il caso degli oltre 500 profughi arrivati solo ieri a Lampedusa: arrivano da Pakistan, Nigeria, Eritrea, Somalia. Vale a dire fuggono da povertà e persecuzione provocate dal fondamentalismo islamico o dagli ultimi residui di comunismo africano. E allora, la soluzione non è far arrivare mezza Asia e Africa in Italia, ma adoperarsi perché in quei paesi si creino quelle condizioni politiche ed economiche per cui fuggire non sia più necessario.

    Perché – dobbiamo tenerlo sempre a mente – coloro che muoiono in mare cercando di raggiungere le coste italiane non muoiono a causa della mancata accoglienza nostra, ma perché qualcuno ne ha facilitato la partenza dalle coste tunisine o libiche. E se non ci fossero state le nostre motovedette il bialncio sarebbe enormemente più grave.

    La reazione alle parole e ai gesti del Papa – in questa come in altre occasioni - pone però un problema di comunicazione che non può essere eluso. La quasi totalità dell’opinione pubblica si forma un giudizio su quanto il papa fa e dice leggendo i giornali o guardando i servizi in tv: sono un’infima minoranza coloro che seguono direttamente i suoi interventi o leggono integralmente i suoi discorsi. Nella fattispecie la stragrande maggioranza degli italiani ha un’idea di cosa ha detto il papa a Lampedusa dalle dichiarazioni della Boldrini o della Kyenge, tanto per fare un esempio. Questo dovrebbe spingere chi in Vaticano si occupa di comunicazione a trovare i modi per trasmettere il reale contenuto del messaggio del papa e, più in generale, del Magistero, non ultimo intervenendo quando ci sono distorsioni così plateali. Purtroppo si ha invece l’impressione,che a volte chi di dovere quasi si compiaccia di certe interpretazioni.

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    Così semplice, ma così difficile da capire. Papa Francesco parla con un linguaggio semplice, dice cose elementari, a volte – qualcuno sostiene – perfino banali. Eppure, paradossalmente, a comprenderlo veramente si fa fatica. Forse perché quelle sue parole semplici, per essere comprese devono prima buttare giù quel muro di pregiudizi e cose date per scontate che tengono prigioniero il nostro cuore.

    Così accadrà, e sta accadendo, anche per quel meraviglioso gesto della visita a Lampedusa che si è appena compiuta.

    Papa Francesco si muove e parla perché laddove noi vediamo notizie lui vede l’uomo. L’uomo che soffre, l’uomo che gioisce, l’uomo che desidera un’altra vita. Nel caso specifico dei migranti vede uomini e donne alla legittima ricerca di una vita migliore per sé e per i figli, che nel tentativo di raggiungere questo obiettivo passano attraverso enormi sofferenze e a volte perdono la vita. E queste morti, ha detto il Papa, sono “una spina nel cuore”. Non anzitutto un problema umanitario da affrontare, non un problema politico da risolvere: in seconda battuta sarà anche quello, ma anzitutto è “una spina nel cuore”. Come quella che hanno i genitori quando i figli si mettono su una strada cattiva o appena appena preoccupante. La “spina nel cuore” è ciò che accade quando un uomo è interessato al destino dell’altro, al suo bene, e soffre con lui, partecipa con lui.

    Per questo facciamo fatica a capire il Papa, ce lo ha ricordato lui stesso nell’omelia, siamo diventati insensibili al grido dell’altro. Siamo troppo preoccupati di difendere anzitutto delle posizioni. E allora cerchiamo prima di capire se il Papa è progressista o conservatore, se è in continuità con Benedetto XVI oppure rappresenta una rottura, di chi fa il gioco la sua visita a Lampedusa. E non lasciamo che invece parli al nostro cuore.

    Sarà senz’altro insopportabile sentire i commenti del presidente della Camera su questa visita, sarà certamente stomachevole ascoltare leader politici di ogni colore riempirsi la bocca con le parole di papa Francesco che condanna chi si arricchisce sulla povertà degli altri e indica le cause socio-politiche che sono all’origine di queste tragedie. Giudizi che vanno presi sul serio, ma che si possono tirare a destra e sinistra. Ma non sono questi il centro della vicenda.

    Ciò che ci deve interessare di questa visita a Lampedusa sono quella capacità del Papa, in ogni situazione, di guardare all’uomo e alla sua verità; e poi quelle domande che ha ripetuto insistentemente durante l’omelia e che sono rivolte a ognuno di noi: “Adamo, dove sei?”; “Caino, dov’è tuo fratello?”. L’uomo che si crede Dio è disorientato e finisce nel fare violenza, costruire un mondo di violenza. Ognuno di noi è Adamo, ognuno di noi è Caino, ci giriamo davanti al bisogno dell’altro, anche nella nostra famiglia, anche tra i nostri amici. “Dov’è tuo fratello? La voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio”.
    Soltanto se ci lasciamo trapassare da queste domande, possiamo cominciare a vedere il mondo, gli altri, in una luce diversa. E soprattutto essere più veri, più uomini.

    E non dobbiamo dimenticare che più importante ancora dell’omelia è il fatto che a Lampedusa il Papa abbia celebrato l’Eucarestia. Questo è il fatto reale, concreto, che vale più di mille parole. La vita non cambia per le parole ma perché si incontra qualcosa di vero, perché si sperimenta l'appartenenza alla Verità. Cristo è l’unica risposta che capovolge la situazione di Adamo e di Caino, è l’unica possibilità di dare un senso a quella “spina nel cuore” di cui il Papa ha parlato, è l’unica consolazione per chi vive nella sofferenza. E’ l’unico modo perché le domande che il Papa ha rivolto a ciascuno di noi non ci spingano all’angoscia, ma ci aprano a un amore più grande e una lieta operosità.



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    [Modificato da Caterina63 10/07/2013 18:25]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)