00 17/10/2013 17:22

Il Papa ad Albano Laziale dal 9 al 14 marzo per gli esercizi spirituali della Quaresima



Papa Francesco si trasferirà con la Curia Romana dalla sera di domenica del 9 marzo prossimo fino al venerdì successivo, 14 marzo, nella cittadina romana di Albano Laziale, per gli esercizi spirituali della Quaresima.

Il luogo scelto per il soggiorno è la “Casa Divin Maestro” dei Paolini. Le meditazioni saranno tenute da don Angelo De Donatis, del clero di Roma. Lo scopo – comunica la Segreteria di Stato – è di poter risiedere in modo riservato e silenzioso, lontano dagli uffici del lavoro abituale, per potersi dedicare con maggiore raccoglimento agli Esercizi Spirituali.




del sito Radio Vaticana 



[SM=g1740771] 

Monsignor Angelo De Donatis. Nato a Casarano in provincia di Lecce, è sacerdote incardinato a Roma. Dopo un periodo di attività pastorale nelle Parrocchie, è stato nominato Direttore Spirituale presso il Seminario Romano. E’ stato un impegno che gli ha permesso di conoscere e condurre tanti giovani alla consacrazione a Dio nel Sacerdozio, nonché alla Vita Religiosa. Da alcuni anni è Parroco di San  Marco al Campidoglio, piccola Parrocchia al Centro di Roma che ha trasformato in un Centro di Spiritualità, attento a tutte le realtà circostanti.

L’attività di don Angelo si rivolge alla formazione di Sacerdoti, curando particolarmente quelli giovani; si presta per giornate di ritiro a Sacerdoti, Religiose e Religiosi, a Corsi di Esercizi, guidate con la sapienza della Parola e della Dottrina dei Padri della Chiesa. E’ un ottimo coadiutore dell’U.S.M.I. Nazionale, prestandosi per il “Trimestre sabbatico” nel quale, quest’anno, terrà anche gli Esercizi Spirituali. Continua è la sua opera di guida per molti sacerdoti e religiose nella direzione spirituale.



Per comprendere chi è Don Angelo De Donatis, invitiamo a leggere gli Esercizi Spirituali che tenne nel 2009..... 


 
Mons. Angelo De Donatis de donatis

Consacrati nella verità, di Angelo De Donatis

Esercizi spirituali tenuti ai presbiteri della Diocesi di Roma, Sacrofano, 16-20 novembre 2009. Il testo è stato tratto direttamente dalla registrazione e non è stato rivisto dall’autore. Anche la sistemazione redazionale è nostra e ha il solo scopo di facilitare la lettura on-line.

La redazione di Presbiterio Romano  

 

La prima cosa che mi viene da dire è che siamo qui per scoprire cosa Dio vuole dire a ciascuno di noi. Al primo posto non c’è né la guida che conduce gli Esercizi, né ciascuno di noi, ma Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La prima indicazione biblica che possiamo usare per entrare in questa esperienza spirituale è Is 55,11, un versetto soltanto, ma importante, perché questo versetto  ci dice

Così sarà della Parola uscita dalla mia bocca, non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’avevo mandata.

Dobbiamo entrare con fede in questo versetto. Se siamo venuti agli esercizi con questo desiderio della Parola, non ritorneremo alla nostra vita quotidiana senza sentirne il beneficio. Sentiamo il cuore veramente bisognoso di questa Parola perché la nostra vita diventi conforme a quello che ci sarà donato. Cosa sono gli esercizi spirituali? Sono tempo di grazia speciale per ciascuno di noi, sono un dono, e l’augurio che ci possiamo fare è quello di lasciarci sorprendere da Dio, lasciare che la nostra vita ancora si sorprenda. Chiediamo a Lui la grazia di saper ascoltare soprattutto con l’orecchio interno, ascoltare la Parola, non noi stessi, prendere seriamente quello che ascolto e cercare di trovare dei collegamenti con la vita personale, cercare dei legami tra quello che ascolto e la mia storia personale. Non partiamo dalla nostra vita, ma dalla Parola, con il desiderio di scoprire cosa il Signore vuole dire alla mia vita. Gli esercizi allora includono tre aspetti:

Praticare il raccoglimento: è una cosa necessaria, non mi lascio disturbare da nessun’altra cosa tranne che da quello che mi viene offerto, occorre mantenere una concentrazione sulla proposta. Devo meditare sui brani che mi vengono proposti, non su altro. Tante volte c’è la tentazione di portarsi dietro qualche cosa per recuperare qualche lettura, ma è bene rimanere sulla proposta che viene fatta, perché c’è un filo rosso da seguire e se voglio trovarlo non posso distrarmi, è necessario rimanere sui testi che mi vengono proposti e questo mi aiuterà anche a rinnovare alcune cose della mia vita.

Ascoltare: il raccoglimento serve per ascoltare, tra le tante voci che abitano il nostro cuore, quella voce, la Sua, per entrare in dialogo con Lui. Il raccoglimento ha l’obiettivo di ascoltare profondamente, che poi è obbedire, è un ascolto fatto con cuore di figli.

Dialogare personalmente con Dio: è la conversazione interiore, è la preghiera e la preghiera è la consapevolezza che nessuno di noi è solo, non siamo soli. Il Papa lo ripete spesso nelle sue catechesi o nella lectio divina, siamo in compagnia. Riconosco di essere con qualcuno in questa vita, percepisco di essere alla presenza di Dio e di essere profondamente amato da Lui. Allora tutto diventa preghiera.

Il significato spirituale di questi giorni

Sapere lo scopo di questi giorni ci aiuta a non dimenticare il perché siamo qui. Certo ognuno di noi ha dei motivi personali per cui è venuto, però c’è anche qualcosa che “ritorna” negli esercizi. Prima di tutto il significato spirituale degli esercizi è riscoprire in una nuova luce il Dio personale, perché è sempre una nuova scoperta della sua Persona. Lui veramente è l’unico Assoluto, è la meta di ogni persona, poi lo vedremo successivamente, è il senso della vita dell’uomo. Un altro significato spirituale è riconoscere il bisogno di liberarmi da me stesso, saper riconoscere la mia schiavitù, il mio egoismo. Il terzo significato spirituale è lasciarmi convertire, sono qui principalmente per convertirmi, non importa se mi piace o non mi piace, l’importante è il desiderio di un cambiamento, che ci sia questo desiderio di un cambiamento, di una novità di vita. Conversione non è solo perdere o morire, è trovare un’alternativa migliore, perché se c’è una morte c’è anche una resurrezione. Da questo nascerà poi una profonda gratitudine a Dio, proprio per la sua azione in noi. Allora il primo esercizio che vi consiglio di fare questa mattina è semplicissimo, scrivere poche righe per rispondere a questa domanda: “Perché sono venuto qui? Perché voglio vivere questi esercizi spirituali?”

Se vogliamo utilizzare la parola di oggi, il vangelo che la Chiesa ci consegna in questa giornata, potremmo utilizzare la domanda che Gesù fa al cieco: “Che cosa vuoi che io faccia per te?” Mettiamo per iscritto questa risposta perché ci aiuterà poi, alla fine degli esercizi, a vedere come il Signore ha risposto a quello che gli abbiamo chiesto. Credo che sia importante, tutte le volte che iniziamo un’esperienza di questo tipo, mettere a fuoco questo desiderio: “Perché sono venuto? Cosa voglio vivere in questi esercizi? Cosa mi aspetto? Perché sono qui?”. Tenere fisso lo scopo è importante e poi partiamo da Is 55,11 come vi ho suggerito.

Vorrei dire ancora una parola sul significato spirituale di questi giorni, sul bisogno di liberarmi da me stesso. Chi ha fatto qualche volta gli esercizi con me, quando era in Seminario, si ricorda che insisto sempre su questa dimensione. Credo che l’esperienza degli esercizi spirituali sia data per prendere una certa distanza da quello che noi viviamo. Distanza soprattutto da noi stessi, perché bene o male, più o meno, viviamo troppo appiccicati a noi stessi, siamo troppo presenti a noi stessi, costantemente presenti, siamo preoccupati della nostra immagine, siamo anche preoccupati dei nostri sentimenti, delle nostre emozioni, dei nostri affetti. Allora bisogna prendere le distanze da queste cose. E ancora questo ci aiuta a prendere la distanza dal piccolo mondo in cui noi viviamo, perché per quanto grande sia è sempre piccolo, è fatto delle nostre conoscenze, dei nostri rapporti, delle nostre cose, e per quanto possa essere vero, soddisfacente o tormentoso, è sempre un piccolo mondo. Occorre cercare un respiro un po’ più grande, un orizzonte più aperto, ecco come posso liberarmi da un certo egoismo anche personale. Se vogliamo dare ancora qualche altro contenuto alla parola distanza, io direi che quando si fanno gli esercizi bisogna anche saper prendere la distanza dal proprio passato. Il Signore ci aiuta in questo, perché per Lui la distanza dal proprio passato ha un nome molto bello, si chiama perdono, questo significa saper prendere la distanza dal proprio passato, il passato per noi è innanzitutto perdono, è una realtà perdonata, sanata, è una realtà redenta. Non posso pensare il mio passato in maniera diversa. Ancora, dobbiamo prendere la distanza dal presente e questo anche ha un nome molto bello, si chiama eternità. Il presente non è la nostra condizione, non lo è mai, non è la condizione eterna, anche se il presente è il luogo della nostra salvezza, è il momento in cui io  incontro Dio, ma non è il nostro posto definitivo, e allora il presente lo devo vivere così, non posso dimenticare l’eternità, perché in quel caso dimentico tutto. Dobbiamo prendere distanza anche dal futuro, soprattutto dal futuro immaginato, cioè dall’immagine di quello che noi dovremmo essere, che potremmo essere, che certamente saremo e, soprattutto, la distanza dalle paure che il futuro ci causa. Perché ci dà tanto desiderio, ma anche tanta paura, e la paura nasce dall’estrema preoccupazione di se stessi. Quando dobbiamo difendere qualcosa di noi, allora abbiamo paura. Se non dobbiamo difendere più niente di noi, la paura non c’è. Athenagoras, alla fine della sua vita, diceva:

La guerra più dura è la guerra contro se stessi.
Bisogna arrivare a disarmarsi.
Ho perseguito questa guerra per anni, ed è stata terribile.
Ma sono stato disarmato.
Non ho più paura di niente, perché l’amore caccia il timore.

Sono disarmato della volontà di aver ragione,
di giustificarmi squalificando gli altri.
Non sono più sulle difensive,
gelosamente abbarbicato alle mie ricchezze.
Accolgo e condivido.
Non ci tengo particolarmente alle mie idee, ai miei progetti.
Se uno me ne presenta di migliori, o anche di non migliori, ma buoni, accetto senza rammaricarmene.
Ho rinunciato al comparativo.
Ciò che è buono, vero e reale è sempre per me il migliore.

Ecco perché non ho più paura.
Quando non si ha più nulla, non si ha più paura.
Se ci si disarma, se ci si spossessa,
ci si apre al Dio-Uomo che fa nuove tutte le cose,
allora Egli cancella il cattivo passato
e ci rende un tempo nuovo in cui tutto è possibile.

Il futuro ci crea paura perché abbiamo un bene da conservare e non una vita da donare, abbiamo a volte paura di perdere questa vita, abbiamo così paura che poi finiamo con il perderci e allora la parola da usare riguardo al futuro è fiducia. Dio è fedele e la fiducia nasce dalla fedeltà di Dio, di Dio Padre. Queste tre parole possono aiutarci a ri-concepire il nostro vissuto: perdono, eternità, fiducia. Proviamo a ripensarci con queste tre chiavi e poi chiediamo al Signore la grazia di saper prendere la distanza da quello che pensiamo di noi stessi, distanza dai giudizi, sia quando sono depressivi, perché abbiamo dei momenti in cui proviamo pensieri e giudizi depressivi, ma anche distanza dai momenti di esaltazione, dove invece noi siamo capaci di tutto, in cui sono gli altri che non ci amano, ci giudicano, ci osservano. Tutto questo significa distanziarsi dai bilanci, dai resoconti, dai decreti personali. E qual è il risultato di questa impostazione? Avere una dimensione umile di noi stessi, sentirci veramente più provvisori. Noi siamo una realtà in costruzione, anche se a volte non lo vogliamo, se ci fa male pensarci così, la realtà è questa, noi siamo un cantiere aperto, dove si lavora continuamente. La nostra vita è così, abbiamo solo una garanzia, quella di essere amati dal Padre. Concludendo questa piccola introduzione direi soprattutto di chiedere al Signore la distanza dai nostri amori, se così si può dire, da tutto il bisogno di affetto, perché è quello che abbiamo più presente. C’è una voragine mai colmata ed è causa di tanti dolori, sia nostri che altrui. Sappiamo quanto questa dimensione sia impegnativa nella nostra vita. Cosa vuol dire prendere un po’ di distanza dal bisogno di affetto? Potremmo interpretarlo come non vedersi solo come persone che hanno il diritto di essere amate, e cominciare a vedere come noi amiamo, come riusciamo a stare nel momento in cui ci sembra di non essere amati, come rimaniamo, come riusciamo a vivere quel momento, come gestiamo la solitudine. Prendere le distanze non significa rinnegare questo bisogno, perché sappiamo che è impossibile, non possiamo farlo, ma riuscire a dare una misura, non è quindi questione di negare, ma di ridimensionare, dare una proporzione, tutto sommato si tratta di mettere ordine in questa dimensione della nostra vita. Dare una misura, mettere ordine, sono termini fondamentali nella vita spirituale, la letteratura monastica è piena di questi discorsi, ma vale per ogni cristiano, per ogni battezzato.







[Modificato da Caterina63 17/10/2013 17:54]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)