00 20/05/2015 20:44

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 20 maggio 2015

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La Famiglia - 15. Educazione

Oggi, cari fratelli e sorelle, voglio darvi il benvenuto perché ho visto fra di voi tante famiglie, buongiorno a tutte le famiglie! Continuiamo a riflettere sulla famiglia. Oggi ci soffermeremo a riflettere su una caratteristica essenziale della famiglia, ossia la sua naturale vocazione a educare i figli perché crescano nella responsabilità di sé e degli altri. Quello che abbiamo sentito dall’apostolo Paolo, all’inizio, è tanto bello: «Voi figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino” (Col 3, 20-21) . Questa è una regola sapiente: il figlio che è educato ad ascoltare i genitori e a obbedire ai genitori i quali non devono comandare in una maniera brutta, per non scoraggiare i figli. I figli, infatti, devono crescere senza scoraggiarsi, passo a passo. Se voi genitori dite ai figli: “Saliamo su quella scaletta” e prendete loro la mano e passo dopo passo li fate salire, le cose andranno bene. Ma se voi dite: “Vai su!” – “Ma non posso” – “Vai!”, questo si chiama esasperare i figli, chiedere ai figli le cose che non sono capaci di fare. Per questo, il rapporto tra genitori e figli deve essere di una saggezza, di un equilibrio tanto grande. Figli, obbedite ai genitori, ciò piace a Dio. E voi genitori, non esasperate i figli, chiedendogli cose che non possono fare. E questo bisogna fare perché i figli crescano nella responsabilità di sé e degli altri.

Sembrerebbe una constatazione ovvia, eppure anche ai nostri tempi non mancano le difficoltà. E’ difficile educare per i genitori che vedono i figli solo la sera, quando ritornano a casa stanchi dal lavoro. Quelli che hanno la fortuna di avere lavoro! E’ ancora più difficile per i genitori separati, che sono appesantiti da questa loro condizione:  poverini, hanno avuto difficoltà, si sono separati e tante volte il figlio è preso come ostaggio e il papà gli parla male della mamma e la mamma gli parla male del papà, e si fa tanto male. Ma io dico ai genitori separati: mai, mai, mai prendere il figlio come ostaggio! Vi siete separati per tante difficoltà e motivi, la vita vi ha dato questa prova, ma i figli non siano quelli che portano il peso di questa separazione, non siano usati come ostaggi contro l’altro coniuge, crescano sentendo che la mamma parla bene del papà, benché non siano insieme, e che il papà parla bene della mamma. Per i genitori separati questo è molto importante e molto difficile, ma possono farlo.

Ma, soprattutto, la domanda: come educare? Quale tradizione abbiamo oggi da trasmettere ai nostri figli?

Intellettuali “critici” di ogni genere hanno zittito i genitori in mille modi, per difendere le giovani generazioni dai danni – veri o presunti – dell’educazione familiare. La famiglia è stata accusata, tra l’altro, di autoritarismo, di favoritismo, di conformismo, di repressione affettiva che genera conflitti.

Di fatto, si è aperta una frattura tra famiglia e società, tra famiglia e scuola, il patto educativo oggi si è rotto; e così, l’alleanza educativa della società con la famiglia è entrata in crisi perché è stata minata la fiducia reciproca. I sintomi sono molti. Per esempio, nella scuola si sono intaccati i rapporti tra i genitori e gli insegnanti. A volte ci sono tensioni e sfiducia reciproca; e le conseguenze naturalmente ricadono sui figli.

D’altro canto, si sono moltiplicati i cosiddetti “esperti”, che hanno occupato il ruolo dei genitori anche negli aspetti più intimi dell’educazione. Sulla vita affettiva, sulla personalità e lo sviluppo, sui diritti e sui doveri, gli “esperti” sanno tutto: obiettivi, motivazioni, tecniche. E i genitori devono solo ascoltare, imparare e adeguarsi.

Privati del loro ruolo, essi diventano spesso eccessivamente apprensivi e possessivi nei confronti dei loro figli, fino a non correggerli mai: “Tu non puoi correggere il figlio”. Tendono ad affidarli sempre più agli “esperti”, anche per gli aspetti più delicati e personali della loro vita, mettendosi nell’angolo da soli; e così i genitori oggi corrono il rischio di autoescludersi dalla vita dei loro figli. E questo è gravissimo! Oggi ci sono casi di questo tipo. Non dico che accada sempre, ma ci sono. La maestra a scuola rimprovera il bambino e fa una nota ai genitori.

Io ricordo un aneddoto personale. Una volta, quando ero in quarta elementare ho detto una brutta parola alla maestra e la maestra, una brava donna, ha fatto chiamare mia mamma. Lei è venuta il giorno dopo, hanno parlato fra loro e poi sono stato chiamato. E mia mamma davanti alla maestra mi ha spiegato che quello che io ho fatto era una cosa brutta, che non si doveva fare; ma la mamma lo ha fatto con tanta dolcezza e mi ha chiesto di chiedere perdono davanti a lei alla maestra. Io l’ho fatto e poi sono rimasto contento perché ho detto: è finita bene la storia. Ma quello era il primo capitolo! Quando sono tornato a casa, incominciò il secondo capitolo… Immaginatevi voi, oggi, se la maestra fa una cosa del genere, il giorno dopo si trova i due genitori o uno dei due a rimproverarla, perché gli “esperti” dicono che i bambini non si devono rimproverare così. Sono cambiate le cose! Pertanto i genitori non devono autoescludersi dall’educazione dei figli.

E’ evidente che questa impostazione non è buona: non è armonica, non è dialogica, e invece di favorire la collaborazione tra la famiglia e le altre agenzie educative, le scuole, le palestre… le contrappone.

Come siamo arrivati a questo punto? Non c’è dubbio che i genitori, o meglio, certi modelli educativi del passato avevano alcuni limiti, non c’è dubbio. Ma è anche vero che ci sono sbagli che solo i genitori sono autorizzati a fare, perché possono compensarli in un modo che è impossibile a chiunque altro. D’altra parte, lo sappiamo bene, la vita è diventata avara di tempo per parlare, riflettere, confrontarsi. Molti genitori sono “sequestrati” dal lavoro - papà e mamma devono lavorare - e da altre preoccupazioni, imbarazzati dalle nuove esigenze dei figli e dalla complessità della vita attuale, - che è così, dobbiamo accettarla com’è - e si trovano come paralizzati dal timore di sbagliare. Il problema, però, non è solo parlare. Anzi, un “dialoghismo” superficiale non porta a un vero incontro della mente e del cuore. Chiediamoci piuttosto: cerchiamo di capire “dove” i figli veramente sono nel loro cammino? Dov’è realmente la loro anima, lo sappiamo? E soprattutto: lo vogliamo sapere? Siamo convinti che essi, in realtà, non aspettano altro?

Le comunità cristiane sono chiamate ad offrire sostegno alla missione educativa delle famiglie, e lo fanno anzitutto con la luce della Parola di Dio. L’apostolo Paolo ricorda la reciprocità dei doveri tra genitori e figli: «Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino» (Col 3,20-21). Alla base di tutto c’è l’amore, quello che Dio ci dona, che «non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, … tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13,5-6). Anche nelle migliori famiglie bisogna sopportarsi, e ci vuole tanta pazienza per sopportarsi! Ma è così la vita. La vita non si fa in laboratorio, si fa nella realtà. Lo stesso Gesù è passato attraverso l’educazione familiare.

Anche in questo caso, la grazia dell’amore di Cristo porta a compimento ciò che è inscritto nella natura umana. Quanti esempi stupendi abbiamo di genitori cristiani pieni di saggezza umana! Essi mostrano che la buona educazione familiare è la colonna vertebrale dell’umanesimo. La sua irradiazione sociale è la risorsa che consente di compensare le lacune, le ferite, i vuoti di paternità e maternità che toccano i figli meno fortunati. Questa irradiazione può fare autentici miracoli. E nella Chiesa succedono ogni giorno questi miracoli!

Mi auguro che il Signore doni alle famiglie cristiane la fede, la libertà e il coraggio necessari per la loro missione. Se l’educazione familiare ritrova la fierezza del suo protagonismo, molte cose cambieranno in meglio, per i genitori incerti e per i figli delusi. E’ ora che i padri e le madri ritornino dal loro esilio - perché si sono autoesiliati dall’educazione dei figli -, e riassumano pienamente il loro ruolo educativo. Speriamo che il Signore dia ai genitori questa grazia: di non autoesiliarsi nell’educazione dei figli. E questo soltanto lo può fare l’amore, la tenerezza e la pazienza.


 

APPELLI

Il 24 maggio, i cattolici in Cina pregheranno con devozione la beata Vergine Maria Aiuto dei Cristiani, venerata nel santuario di Sheshan a Shanghai. Nella statua, che sovrasta il Santuario, Maria sorregge in alto il suo Figlio, presentandolo al mondo con le braccia spalancate in gesto di amore e di misericordia. Anche noi chiederemo a Maria di aiutare i cattolici in Cina ad essere sempre testimoni credibili di questo amore misericordioso in mezzo al loro Popolo e a vivere spiritualmente uniti alla roccia di Pietro su cui è costruita la Chiesa.

La Conferenza Episcopale Italiana ha proposto che nelle Diocesi, in occasione della Veglia di Pentecoste, si ricordino tanti fratelli e sorelle esiliati o uccisi per il solo fatto di essere cristiani. Sono martiri. Auspico che tale momento di preghiera accresca la consapevolezza che la libertà religiosa è un diritto umano inalienabile, aumenti la sensibilizzazione sul dramma dei cristiani perseguitati nel nostro tempo e che si ponga fine a questo inaccettabile crimine.

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Cari pellegrini di lingua italiana: benvenuti! Sono lieto di accogliere quanti partecipano al corso di formazione missionaria della Famiglia Pallottina, al corso promosso dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium e all’Incontro di pace e cultura Matera-Altamura-Bari. Saluto gli ufficiali e militari dell’Esercito Italiano; le Associazioni e gli studenti, in particolare quelli delle scuole bulgare di diverse nazioni. Saluto i gruppi parrocchiali, specialmente i fedeli di Sparanise, che portano l’effige della Vergine Addolorata di Torello. La visita alle Tombe degli Apostoli accresca in voi la gioia pasquale della Resurrezione e vi predisponga a celebrare con fede la Solennità della Pentecoste.

Un particolare pensiero rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la memoria liturgica di San Bernardino da Siena. Il suo amore per l’Eucarestia indichi a voi, cari giovani, la centralità di Dio nella vostra vita; incoraggi voi ammalati ad affrontare con serenità i momenti di sofferenza e stimoli voi, cari sposi novelli, a fondare la vostra famiglia sull’amore di Dio.

 






UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 27 maggio 2015

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La famiglia - 16. Fidanzamento

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Proseguendo queste catechesi sulla famiglia, oggi vorrei parlare del fidanzamento. Il fidanzamento – lo si sente nella parola – ha a che fare con la fiducia, la confidenza, l’affidabilità. Confidenza con la vocazione che Dio dona, perché il matrimonio è anzitutto la scoperta di una chiamata di Dio. Certamente è una cosa bella che oggi i giovani possano scegliere di sposarsi sulla base di un amore reciproco. Ma proprio la libertà del legame richiede una consapevole armonia della decisione, non solo una semplice intesa dell’attrazione o del sentimento, di un momento, di un tempo breve … richiede un cammino.

Il fidanzamento, in altri termini, è il tempo nel quale i due sono chiamati a fare un bel lavoro sull’amore, un lavoro partecipe e condiviso, che va in profondità. Ci si scopre man mano a vicenda cioè, l’uomo “impara” la donna imparando questa donna, la sua fidanzata; e la donna “impara” l’uomo imparando questo uomo, il suo fidanzato. Non sottovalutiamo l’importanza di questo apprendimento: è un impegno bello, e l’amore stesso lo richiede, perché non è soltanto una felicità spensierata, un’emozione incantata... Il racconto biblico parla dell’intera creazione come di un bel lavoro dell’amore di Dio; il libro della Genesi dice che «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31). Soltanto alla fine, Dio “si riposò”. Da questa immagine capiamo che l’amore di Dio, che diede origine al mondo, non fu una decisione estemporanea. No! Fu un lavoro bello. L’amore di Dio creò le condizioni concrete di un’alleanza irrevocabile, solida, destinata a durare.

L’alleanza d’amore tra l’uomo e la donna, alleanza per la vita, non si improvvisa, non si fa da un giorno all’altro. Non c’è il matrimonio express: bisogna lavorare sull’amore, bisogna camminare. L’alleanza dell’amore dell’uomo e della donna si impara e si affina. Mi permetto di dire che è un’alleanza artigianale. Fare di due vite una vita sola, è anche quasi un miracolo, un miracolo della libertà e del cuore, affidato alla fede. Dovremo forse impegnarci di più su questo punto, perché le nostre “coordinate sentimentali” sono andate un po’ in confusione. Chi pretende di volere tutto e subito, poi cede anche su tutto – e subito – alla prima difficoltà (o alla prima occasione).
Non c’è speranza per la fiducia e la fedeltà del dono di sé, se prevale l’abitudine a consumare l’amore come una specie di “integratore” del benessere psico-fisico. L’amore non è questo! Il fidanzamento mette a fuoco la volontà di custodire insieme qualcosa che mai dovrà essere comprato o venduto, tradito o abbandonato, per quanto allettante possa essere l’offerta. Ma anche Dio, quando parla dell’alleanza con il suo popolo, lo fa alcune volte in termini di fidanzamento. Nel Libro di Geremia, parlando al popolo che si era allontanato da Lui, gli ricorda quando il popolo era la “fidanzata” di Dio e dice così: «Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento» (2,2).
E Dio ha fatto questo percorso di fidanzamento; poi fa anche una promessa: lo abbiamo sentito all’inizio dell’udienza, nel Libro di Osea: «Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza.
Ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (2,21-22). È una lunga strada quella che il Signore fa con il suo popolo in questo cammino di fidanzamento. Alla fine Dio sposa il suo popolo in Gesù Cristo: sposa in Gesù la Chiesa. Il Popolo di Dio è la sposa di Gesù. Ma quanta strada! E voi italiani, nella vostra letteratura avete un capolavoro sul fidanzamento [I Promessi Sposi]. È necessario che i ragazzi lo conoscano, che lo leggano; è un capolavoro dove si racconta la storia dei fidanzati che hanno subito tanto dolore, hanno fatto una strada piena di tante difficoltà fino ad arrivare alla fine, al matrimonio. Non lasciate da parte questo capolavoro sul fidanzamento che la letteratura italiana ha proprio offerto a voi. Andate avanti, leggetelo e vedrete la bellezza, la sofferenza, ma anche la fedeltà dei fidanzati.

La Chiesa, nella sua saggezza, custodisce la distinzione tra l’essere fidanzati e l’essere sposi - non è lo stesso - proprio in vista della delicatezza e della profondità di questa verifica. Stiamo attenti a non disprezzare a cuor leggero questo saggio insegnamento, che si nutre anche dell’esperienza dell’amore coniugale felicemente vissuto. I simboli forti del corpo detengono le chiavi dell’anima: non possiamo trattare i legami della carne con leggerezza, senza aprire qualche durevole ferita nello spirito (1 Cor 6,15-20).

Certo, la cultura e la società odierna sono diventate piuttosto indifferenti alla delicatezza e alla serietà di questo passaggio. E d’altra parte, non si può dire che siano generose con i giovani che sono seriamente intenzionati a metter su casa e mettere al mondo figli! Anzi, spesso pongono mille ostacoli, mentali e pratici. Il fidanzamento è un percorso di vita che deve maturare come la frutta, è una strada di maturazione nell’amore, fino al momento che diventa matrimonio.

corsi prematrimoniali sono un’espressione speciale della preparazione. E noi vediamo tante coppie, che magari arrivano al corso un po’ controvoglia, “Ma questi preti ci fanno fare un corso! Ma perché? Noi sappiamo!” … e vanno controvoglia. Ma dopo sono contente e ringraziano, perché in effetti hanno trovato lì l’occasione – spesso  l’unica! – per riflettere sulla loro esperienza in termini non banali. Sì, molte coppie stanno insieme tanto tempo, magari anche nell’intimità, a volte convivendo, ma non si conoscono veramente. Sembra strano, ma l’esperienza dimostra che è così. Per questo va rivalutato il fidanzamento come tempo di conoscenza reciproca e di condivisione di un progetto. Il cammino di preparazione al matrimonio va impostato in questa prospettiva, avvalendosi anche della testimonianza semplice ma intensa di coniugi cristiani.
E puntando anche qui sull’essenziale: la Bibbia, da riscoprire insieme, in maniera consapevole; la preghiera, nella sua dimensione liturgica, ma anche in quella “preghiera domestica”, da vivere in famiglia, i sacramenti, la vita sacramentale, la Confessione, … in cui il Signore viene a dimorare nei fidanzati e li prepara ad accogliersi veramente l’un l’altro “con la grazia di Cristo”; e la fraternità con i poveri, con i bisognosi, che ci provocano alla sobrietà e alla condivisione. I fidanzati che si impegnano in questo crescono ambedue e tutto questo porta a preparare una bella celebrazione del Matrimonio in modo diverso, non mondano ma in modo cristiano!
Pensiamo a queste parole di Dio che abbiamo sentito quando Lui parla al suo popolo come il fidanzato alla fidanzata: «Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza. Ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os2,21-22). Ogni coppia di fidanzati pensi a questo e dica l’un l’altro: “Ti farò mia sposa, ti farò mio sposo”. Aspettare quel momento; è un momento, è un percorso che va lentamente avanti, ma è un percorso di maturazione. Le tappe del cammino non devono essere bruciate. La maturazione si fa così, passo a passo.

Il tempo del fidanzamento può diventare davvero un tempo di iniziazione, a cosa? Alla sorpresa! Alla sorpresa dei doni spirituali con i quali il Signore, tramite la Chiesa, arricchisce l’orizzonte della nuova famiglia che si dispone a vivere nella sua benedizione. Adesso io vi invito a pregare la Santa Famiglia di Nazareth: Gesù, Giuseppe e Maria. Pregare perché la famiglia faccia questo cammino di preparazione; a pregare per i fidanzati. Preghiamo la Madonna tutti insieme, un’Ave Maria per tutti i fidanzati, perché possano capire la bellezza di questo cammino verso il Matrimonio. [Ave Maria….]. E ai fidanzati che sono in piazza: “Buona strada di fidanzamento!”.


Saluti:

 

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Sono lieto di accogliere i cresimandi della Diocesi di Teggiano-Policastro, con il Vescovo Mons. Antonio De Luca; i partecipanti al Convegno del Movimento Apostolico e al simposio L’arte: luce di Dio; e i fedeli di Cascia e Norcia, accompagnati dall’Arcivescovo di Spoleto Mons. Renato Boccardo. Saluto l’Associazione Meter di Avola; gli studenti dell’Istituto Santa Maria di Roma, che ricordano i 125 anni di attività didattica; la Fondazione Centesimus Annus pro Pontifice; e i militari di Napoli e Salerno. La visita alla Città Eterna in questo mese mariano vi aiuti a riscoprire il senso cristiano della festa come momento di incontro con Dio e di comunione con i fratelli.

Un pensiero speciale ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Ieri ricorreva la memoria di San Filippo Neri,  di cui celebriamo il quinto centenario della nascita. La sua attenzione per l’oratorio stimoli voi, cari giovani, a testimoniare con gioia la fede nella vostra vita; il suo abbandono in Cristo Salvatore sostenga voi, cari ammalati, nei momenti di maggiore sconforto; e il suo apostolato nelle periferie inviti voi, cari sposi novelli, a sostenere i più deboli e bisognosi della vostra famiglia.

   

 


[Modificato da Caterina63 27/05/2015 21:47]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)