00 29/03/2015 18:27


 




L’anno Santo straordinario della Misericordia,  indetto papa Francesco, è per lui un’occasione per fare innamorare di nuovo l’Occidente di Gesù. E per farci cambiare vita. Ma c’è il rischio che questo appello della personale conversione non venga colto dall’opinione pubblica, soprattutto dai mass media. 



di padre Piero Gheddo



Padre Piero Gheddo


Il 13 marzo 2015, secondo anniversario della sua elezione a Sommo Pontefice, Francesco ha compiuto un gesto coraggioso e sorprendente: ha indetto l’Anno Santo della Misericordia” (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016), «affinchè la Chiesa», ha detto, «possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia di Dio». Parole che richiamano quelle di Giovanni XXXIII l’11 ottobre 1962 quando apriva il Concilio Ecumenico Vaticano II, orientandolo in senso pastorale: «Oggi la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece che imbracciare le armi del rigore... Così la Chiesa cattolica ... vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati».

Papa Francesco non indice un altro Concilio, ma riforma la Chiesa e i fedeli in senso pastorale, missionario, con atti, gesti e parole caratterizzati dalla misericordia e condivisione verso i lontani, i non credenti, i più poveri in tutti i sensi. Anche Giovanni Paolo II ha sviluppato questo tema nella sua seconda enciclica Dives in misericordia (Dio è ricco di misericordia) e Papa Benedetto nell’ enciclica Deus Caritas est (Dio è Amore).
Con Papa Francesco, fin dall’inizio la misericordia di Dio è il tema centrale e fondamentale del suo Pontificato. Egli conosce bene l’Occidente cristiano e sa che ben più del 50% dei battezzati non vengono in chiesa, conducono vite lontane da Cristo e capisce che questo rifiuto della misericordia e del perdono di Dio ha imbarbarito le nostre società (oggi espressione massima è il “gender”), i nostri popoli ancora nominalmente cristiani. Ma Francesco crede nello Spirito Santo, «protagonista della missione della Chiesa» ed è convinto che se la Chiesa e i fedeli si convertono veramente a Cristo, lo Spirito può fare cose straordinarie, miracolose, come in altri popoli dove nasce la Chiesa.

Nel novembre 2014, parlando al Consiglio delle Conferenze episcopali europee ha ricordato i mali cheoggi feriscono l’Europa e la mettono in crisi, ma ha aggiunto che «l’Europa ha tante risorse per andare avanti…. E la risorsa più grande è la persona di Gesù. Europa, torna a Gesù! Questo è il lavoro dei pastori: predicare Gesù in queste ferite… Il Signore ha voglia di salvarci. Io ci credo. Questa è la nostra missione: predicare Gesù Cristo, senza vergogna. Lui è disposto ad aprire le porte del suo cuore, perché Lui manifesta la sua onnipotenza soprattutto nella misericordia e nel perdono…All’Europa ferita soltanto Gesù Cristo può dire oggi una parola di salvezza». 

Tutto il suo pontificato è impostato per riconvertire l’Occidente cristiano a Cristo, come indispensabile passo per annunziare Cristo a tutti gli uomini. Tant’è vero che ha affidato l’organizzazione del Giubileo della Misericordia al Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. La fede di Papa Francesco è una fede «che sposta le montagne» come dev’essere anche la nostra. Lui sa che nulla è impossibile a Dio e noi dobbiamo sapere che l’Anno della Misericordia è anzitutto indetto per riportare i nostri popoli cristiani a Cristo, cioè ciascuno di noi all’amore e imitazione di Gesù Cristo.

Nell’Anno Santo della Misericordia, Francesco riprende i concetti e le espressioni che ha ripetuto tante volte in questi ultimi due anni: «Dio è buono, vuole bene a tutti e perdona sempre…Non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono… Questo è il messaggio più forte del Signore: la misericordia… Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe… É la misericordia di Dio che cambia il mondo…La Chiesa accoglie tutti, non rifiuta nessuno». Chi ha sperimentato nella sua vita la bontà, la tenerezza, la misericordia infinita di Dio, non può non comunicare agli altri questa sua esperienza che lo riempie di gioia.

Misericordia significa perdono, riconoscere le nostre debolezze e colpe e convertire la nostra vita aCristo. Ecco il n. 10 della “Evangelii Gaudium”, rivolto a tutti noi che crediamo: «La proposta è vivere ad un livello superiore: la vita si rafforza donandola e s’indebolisce nell’isolamento e nell’agio. Di fatto, coloro che sfruttano di più le possibilità della vita sono quelli che lasciano la riva sicura e si appassionano alla missione di comunicare la vita agli altri. Quando la Chiesa chiama all’impegno evangelizzatore, non fa altro che indicare ai cristiani il vero dinamismo della realizzazione personale. Qui scopriamo un’altra legge profonda della realtà: la vita cresce e matura nella misura in cui la doniamo per la vita degli altri. La missione, alla fin fine, è questo. […] Possa il mondo del nostro tempo –che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza – ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradii fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo».

Francesco è convinto che se l’Occidente ritorna a Cristo, solo così si evangelizza il mondo dei noncristiani. Anche le brevi omelie di Santa Marta sono orientate, giorno per giorno, a indicare i passi per convertirsi a Gesù e a una vita secondo il suo Vangelo. Così ha detto per i problemi della famiglia e durante il Sinodo beatificherà diverse famiglie del nostro tempo che si sono santificate pur in situazioni molto difficili. Temo che questo appello della personale conversione a Dio che perdona e al Vangelo che ci propone il modello della vita cristiana, non venga colto dall’opinione pubblica.

I mass media, in genere, leggono le parole e gli atti di Francesco in modo diciamo “laico”, dove non c’è posto per temi come peccato, conversione a Cristo, confessione delle proprie colpe; danno ai suoi atti un significato sociale-politico che non coglie il centro del pontificato di Francesco. Ci si chiede se Francesco è un conservatore o un progressista e non si capisce che questi termini non hanno senso nel giudicare il Papa. Francesco è un uomo peccatore, come tutti noi, innamorato di Gesù Cristo, perché ha sperimentato nella sua vita la bontà e misericordia infinita del Padre. E chiama tutti a cambiare vita per diventare veri cristiani, cioè innamorati di Gesù e simili a Lui nella nostra vita.

Nella Lettera Apostolica ai  Consacrati (21 novembre 2014) si legge: «La domanda che siamo chiamati a rivolgerci in questo Anno è se e come anche noi ci lasciamo interpellare dal Vangelo; è se esso è davvero il vademecum per la vita di ogni giorno e per le scelte che siamo chiamati ad operare. Esso è esigente e chiede di essere vissuto con radicalità e sincerità. Non basta leggerlo, non basta meditarlo, Gesù ci chiede di attuarlo, di vivere le sue parole». 

 



 Dopo un invito a una riflessione ecumenica e interreligiosa sulla misericordia, che comprenda un dialogo con ebrei e musulmani, e un appello a tenere lo sguardo fisso su Maria, il Papa conclude la Bollarivolgendo il pensiero «alla grande apostola della misericordia, santa Faustina Kowalska. Lei, che fu chiamata ad entrare nelle profondità della divina misericordia, interceda per noi e ci ottenga di vivere e camminare sempre nel perdono di Dio e nell’incrollabile fiducia nel suo amore». Sarà Santa Faustina la guida sicura per l’Anno Santo.  

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Divina Misericordia, ultima spiaggia
di Andrea Brugnoli

Domenica 12 aprile la Chiesa Cattolica celebrerà per la quattordicesima volta in modo ufficiale la Festa della Divina Misericordia, un evento che si vive ogni anno nella domenica in Albis, in migliaia di parrocchie sparse nel mondo e che fu istituito da Papa Giovanni Paolo II durante l’anno giubilare. Non a caso quel Papa santo morì proprio ai primi Vespri di quella Festa, il 2 aprile 2005. E nemmeno fu un caso che proprio un Papa polacco istituì quella ricorrenza, fortemente desiderata da una santa suora di Płock in Polonia, suor Faustina Kowalska. Ella scrisse nel suo celebre Diario di aver ricevuto nel 1931, una rivelazione di Gesù risorto, che le disse: «Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l'immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia». Negli anni successivi - secondo gli studi di don I. Rozycki - Gesù ritornò a fare questa richiesta addirittura in 14 successive apparizioni, definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.

Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù espresse due desideri:
– che il quadro della Misericordia fosse quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;
– che i sacerdoti parlassero alle anime di questa grande e insondabile misericordia divina, per risvegliare in tal modo la fiducia nei fedeli.

La grandezza di questa festa è dimostrata anche dalle promesse: «In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene», come disse Gesù. Questa grazia - spiega don I. Rozycki - «è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest'ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (...). Siccome la remissione delle colpe e dei castighi è solo una grazia sacramentale del santo Battesimo, nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l'ha innalzata al rango di una specie di “secondo Battesimo".

La Chiesa ha concretizzato questo desiderio, manifestato ad una santa, concedendo l'Indulgenza plenaria alle consuete condizioni (Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice) al fedele che nella Domenica seconda di Pasqua, ovvero della "Divina Misericordia", in qualunque chiesa o oratorio, con l'animo totalmente distaccato dall'affetto verso qualunque peccato, anche veniale, partecipi a pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, o almeno reciti, alla presenza del SS.mo Sacramento dell'Eucaristia, pubblicamente esposto o custodito nel tabernacolo, il Padre Nostro e il Credo, con l'aggiunta di una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (per esempio «Gesù Misericordioso, confido in Te»).

Ma di quale “misericordia” si tratta? Non certamente di quella che comunemente oggigiorno viene presentata dai media e, purtroppo talvolta in maniera frettolosa, attribuita, a torto, anche al santo Padre Francesco. Dio è certamente misericordioso in ogni Sua azione, che ha sempre come fine non la morte del peccatore, ma che si converta e viva, come dice la Scrittura. La misericordia non è una specie di “coperta” con cui Dio copre i peccati degli uomini, non tenendoli in conto o minimizzandone la forza distruttiva. Come un buon medico, Dio vuole la nostra guarigione totale dal terribile cancro che ci distrugge: il peccato.

Il primo atto della Sua divina misericordia è il Suo giusto giudizio. Dio vede tutta la drammaticità del male e non lo nasconde: se lo facesse ingannerebbe l’uomo, lasciandolo nella sua condizione che lo tiene lontano da Lui stesso. Dio, però, vuole salvarci e per questo ha inviato il Suo Figlio Gesù. Egli - ha spiegato a suor Faustina - ha chiesto l'istituzione della festa perché «le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (...). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre». La misericordia di cui parla è l’azione creatrice di Dio che ci rende veramente nuovi e santi, cioè capaci di una nuova vita.

Accogliere la misericordia di Dio, quindi, significa credere che la Passione di Gesù ci ha lavati veramente da ogni peccato e, quindi, ci ha resi veramente capaci di una nuova vita da figli di Dio. Chi ha accolto la misericordia, non può più vivere la vita di prima, ma compie opere di carità e vive “secondo Dio”.

Quanto è lontano tutto ciò dal pensare che, «anche se sono peccatore, posso continuare a vivere nel peccato, perché tanto Dio mi perdona»! La misericordia di Dio, al contrario, ci fa veramente santi e nuovi, non per i nostri meriti, ma per la Passione del Signore, il nostro unico medico e salvatore.

Stupisce l’insistenza, in questi ultimi due secoli, di questo tema della misericordia: santa Teresa di Lisieux si offrì come vittima all’Amore misericordioso per la salvezza dei poveri peccatori; santa Faustina implorò la Chiesa per istituire questa festa; un santo Papa la istituì all’inizio del nuovo Millennio e ora, Papa Francesco indice alla vigilia del centenario delle apparizioni della Vergine a Fatima un “Giubileo della misericordia”. Siamo nel tempo delle devastazioni nucleari, della violenza omicida del terrorismo, della distruzione dell’uomo e della famiglia con le ideologie del Gender e siamo nel pieno della dittatura del relativismo, denunciata da Papa Benedetto.

La risposta di Dio non è il giusto castigo che meritiamo, ma l’offerta della Misericordia. Davvero l’ultima spiaggia. L’ultimo invito ad un’umanità sfinita. Prima del Suo glorioso ritorno. Ecco perché questa festa è troppo importante. È divina. È un evento di Grazia. È un invito che viene dall’Amore trinitario. 

 

[Modificato da Caterina63 12/04/2015 17:51]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)