00 06/11/2016 19:09
 
Si parte dal (presunto) disagio che certe situazioni non siano del tutto corrette, poi si cerca di capire e qualche volta di concludere.
 
DICEMBRE 2012
NOVEMBRE 2012
OTTOBRE 2012
SETTEMBRE 2012
AGOSTO 2012
LUGLIO 2012
GIUGNO 2012
MAGGIO 2012
APRILE 2012
MARZO 2012
FEBBRAIO 2012
GENNAIO 2012
 
DICEMBRE 2011
NOVEMBRE 2011
OTTOBRE 2011
SETTEMBRE 2011
AGOSTO 2011
LUGLIO 2011
GIUGNO 2011
MAGGIO 2011
APRILE 2011
MARZO 2011
FEBBRAIO 2011
GENNAIO 2011






Risultati immagini per padre riccardo barile


OLTRE ROMA E PIÙ DI ROMA?   versione testuale
Dialogo tra il sottoscritto e un altro frate alla fine di un Capitolo generale:
 
 
 
- «La liturgia non è stata varia e non ha dato spazio ai diversi stili locali dei partecipanti».
- «Sì, è vero. Però quanto a dare voce ai diversi stili locali, il discorso mi sembra complesso, poiché ciò che in loco ha senso, esportato, rischia di diventare spettacolo».
- «Ma no, sono ricchezze di un pluralismo che dobbiamo manifestare!».
- «Però Roma, favorevole al pluralismo rituale, è contraria alle mescolanze all'interno dello stesso rito e dunque per analogia ... e poi le tradizioni vanno confrontate e non mescolate».
- «Sì, questo è il punto di vista di Roma. Noi però siamo l'Ordine della Verità e abbiamo un punto di vista più ampio!».
 
Ecco finalmente il chiaro e solenne enunciato: «Siamo più di Roma e oltre Roma»!

Atteggiamento variamente inteso e vissuto: c'è la gratitudine a Dio per averci collocato in un osservatorio così lungimirante; c'è l'impegno ad andare oltre il magistero sollecitandolo così a progredire; c'è il tenere duro con la freschezza del vangelo in quelle regioni che Roma "normalizza" con nomine di vescovi di destra e opusdeisti ecc.
Naturalmente c'è anche chi affronta le questioni cominciando dal Diritto Canonico e andando a vedere se in argomento esiste un documento di qualche congregazione romana.
Come Esaù e Giacobbe, le due tendenze si scontrano nel ventre di Rebecca loro madre.
 
Anzitutto è doveroso reagire in positivo
Al di là delle sbavature, certe frasi possono partire da un solido fondamento: lo Spirito Santo provvede la Chiesa «di diversi doni gerarchici e carismatici» (LG 4), che non coincidono. Dunque i pastori con il loro magistero non hanno l'insieme dei carismi. «Quelli che presiedono la Chiesa» devono tuttavia pronunciare un giudizio «sulla loro genuinità e sul loro esercizio ordinato», badando di «non estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono» (LG 12).

Dunque può essere normale ritrovarsi dei carismi che vanno oltre la consuetudine della gerarchia e presentarli a «quelli che presiedono la Chiesa» per farli riconoscere. Capita alla nascita di un Ordine, lungo la sua storia e nell'attualità.
C'è poi una considerazione locale: in Italia la Santa Sede e la CEI hanno una presenza forte e strutturata; in altri paesi più "poveri", può capitare che ciò che si riceve dall'Ordine "sembri" più originale, abbondante e stimolante di ciò che si riceve dall'istituzione ecclesiale. Per cogliere il senso di certe affermazioni, bisogna anche porsi da questo punto di vista.
 
Però...
Però bisognerebbe sempre agire all'interno del magistero dottrinale citandone i documenti e seguendone le impostazioni con una certa consonante simpatia e cercando di coordinare il ministero con le scelte della Santa Sede e dei vescovi. Perché è solo così che ci si presenta con un biglietto da visita credibile e si riescono a far passare "alla Chiesa" i nostri carismi.

Non bisognerebbe pensare che chi cita il CIC, il CCC e il restante magistero ha il cervello castrato, trattandosi di una scelta positiva all'interno di una comune dinamica.
Non bisognerebbe separare troppo disinvoltamente l'istituzione dalla comunione, né andrebbero tollerate posizioni difformi - sulle affermazioni e non sulle opportunità - con la motivazione che stiamo camminando verso la Chiesa del futuro.
Le sparate e i non allineamenti non verranno di certo puniti: saremo però marginalizzati.
 
Il chierico Roncalli
nel ritiro per il diaconato (Roma 9-18 dicembre 1903) si proponeva: «Voglio essere come quei buoni vecchi sacerdoti bergamaschi di una volta, la cui memoria vive in benedizione e che non vedevano e non volevano vedere più in là di quanto vedeva il Papa, i vescovi, il senso comune, lo spirito della Chiesa».
Evolvendo da questo punto di partenza e arricchendolo senza sconfessarlo, Roncalli arrivò a convocare il Vaticano II. Quelli che oggi tendono ad andare oltre Roma, dove arriveranno?
 
Fra Riccardo Barile o.p.




“FRATI” O “PADRI”?   versione testuale
ovvero del tormentone di che cosa premettere al nome e cognome
 
 
Nel recente passato
(questo - e chi ne dubita? - fu un "padre", anzi un "Reverendissimo in Cristo padre fra Tale dei Tali")

i frati si firmavano rispettivamente "fra" (frati non presbiteri) e "padre" (frati presbiteri). I Maestri dell'Ordine, in certe edizioni dei libri liturgici, arrivavano a denominarsi "Reverendissimo in Cristo padre fra Tale dei Tali".
Poi di recente c'è stato il ritorno per tutti alla denominazione "fra", giustificata da motivazioni teoriche e storiche insieme: il nostro Ordine è organizzato su di una "fraternità paritaria" e questo fu il primitivo messaggio dell'Ordine e di san Domenico.
 
Oggi la conclusione è
che chi si ostina a firmarsi "padre" viene considerato renitente all'aggiornamento e la carta intestata "Padri Domenicani" è vista come la carta di un Ordine altro da quello che siamo. A fronte dell'eccesso nel (recente) passato di "PadreReverendoMolto ReverendoReverendissimo" ecc., è più che comprensibile la reazione in senso opposto, la quale, oltre che ad essere una reazione, può vantare delle sue buone ragioni.
 
Ma le cose stanno veramente così?

Frati. Sul fatto che i primi frati si denominassero "frati" non c'è bisogno di insistere. Il fondamento è l'essere tutti fratelli e non "maestri" come il solo Maestro, non "padri" come il Padre, non "guide" come il Cristo (cf Mt 23,8-11). Inoltre Gesù Cristo chiama fratelli quanti sono da lui santificati in riferimento all'unica origine dal Padre (cf Eb 2,11).

Padri. Ma le Scritture non sono tutte qui e per i presbiteri la denominazione "padre" può avere un senso che si basa sul potere "generante" della parola di Dio: «rigenerati ... per mezzo della parola di Dio viva ed eterna ... e questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato» (1px 1,22-23; cf Gc 1,18; 1Ts 2,11) e sulla paternità che acquisisce il ministro della parola/sacramento (cf 1Cor 4,14-15; Fm 10; Gal 4,19 parla di partorire). Nella riflessione ecclesiale di oggi il vescovo è il primo ministro di questo ministero della parola e per conseguenza è padre (cf LG 21.24); anzi, «secondo la bella espressione di sant'Ignazio di Antiochia, il vescovo è "typos tou Patros", è come l'immagine vivente di Dio Padre» (CCC 1549). 

I presbiteri ne partecipano il ministero e come «padri in Cristo» (LG 28) hanno cura dei fedeli. Anche in ambiente domenicano questo vocabolario fu recepito: Domenico «con il vangelo di Cristo generò molti figli» e molti frati a Bologna erano stati «generati a Cristo» dal priore Reginaldo «mediante la parola del vangelo» (Gregorio IX, Bolla di canonizzazione; Giordano di Sassonia, Libellus 61); «Figlio vi dico e vi chiamo, in quanto io vi partorisco per continue orazioni e desiderio nel cospetto di Dio, così come una madre partorisce il figlio» (Caterina da Siena, Lettera 141) (cf inoltre LCO 1 § V, che va nello stesso senso).

In sintesi, la formula ancora oggi ispiratrice potrebbe essere il modo con cui Stefano e Paolo si rivolgevano ai loro interlocutori (giudaici): «fratelli e padri / viri fratres et patres» (At 7,2; 22,1). Il fondamento ultimo potrebbe essere l'interconnessione dei misteri cristiani, dei titoli di Cristo e delle qualifiche dei fedeli, per cui nessun elemento può essere solo quello che è escludendo il resto. Così nella Chiesa chi è padre sarà anche fratello, ma la fraternità non può oscurare che qualcuno più di altri a livello sacramentale rifletta l'immagine e realizzi la realtà di padre.
 
Come mai solo molto tardi nell'Ordine si è preso coscienza di ciò?
(questi - e chi ne dubita? - sono "frati", anzi "fratini")

Perché agli inizi il ministero della parola era legato a un mandato del Papa e il ministero sacerdotale era visto in modo riduttivo come comportante solo la celebrazione della messa senza il ministero della parola e dunque non si riusciva a vederne la connessione con il ministero episcopale e la partecipazione della paternità attraverso l'esercizio della parola e dei sacramenti che generano alla vita nuova.
Così San Tommaso in Supp. q. 36, a. 2, ad 1um - e nei luoghi paralleli - arriva ad ammettere la legittimità di un presbitero che abbia solo la scienza utile a celebrare i riti/sacramenti, senza la scienza per l'esercizio della parola.

In questo senso l'uso di "padre" non è stato un solo fatto cerimoniale o l'aver ceduto a una tentazione di clericalismo, ma la conseguenza di una acquisizione teologica circa il ministero presbiterale, che risultava un poco appannata al tempo delle origini.
 
E allora che fare?
Forse gli unici due comportamenti da non adottare sono: a) imporre una uniformità assoluta; b) lasciare che ognuno si comporti sempre e in ogni caso come vuole.

LA RAGIONE È CHE NON È SBAGLIATA UNA DELLE DUE DENOMINAZIONI, MA È SBAGLIATO SOSTENERE CHE UNA DELLE DUE È SBAGLIATA.

Ci potrebbero essere dei criteri:

Il criterio estetico: non usare "fra" con il solo cognome perché può portare a risultati grotteschi: fra Allocco, fra Bellagamba, fra Porcu, fra Rivoltella ecc.

Il criterio tradizionale da mantenere è di denominarsi "fra" negli atti ufficiali: i cataloghi; i Capitoli; i documenti dei superiori emessi nell'esercizio del loro governo ecc.

Il criterio della scelta personale: oltre agli atti ufficiali c'è lo spazio per la dimensione personale, in cui ogni frate presbitero potrebbe scegliere quale accentuazione far emergere nella propria denominazione e senza sbagliare, dal momento che sia "fra" che "padre" hanno entrambi le loro buone ragioni. Il sottoscritto ad esempio si firma "fra" o "padre" spesso tenendo conto degli interlocutori.

(Piccola parentesi, ovvero in cauda venenum: di recente Urciuoli Pietro, autore di Francesco d'Assisi. Giullare, non trovatore. EMP, Padova 2010, pp. 253, € 22,00, ha notato che i trovatori erano dotti e aristocratici, i giullari erano disprezzati e maltrattati dalle autorità civili ed ecclesiastiche e da qui il tipo di fraternitas giullaresca scelto da san Francesco e di predicazione giullaresca che caratterizzò non tutta ma una parte della predicazione francescana primitiva. Da noi nulla di tutto questo, anzi il vescovo Folco, che per primo approvò la forma di vita di san Domenico nella sua diocesi di Tolosa, era stato ... un trovatore e san Domenico si mosse sempre con disinvoltura tra i labirinti delle formalità curiali. Dunque una certa distinzione nativa ci appartierne ... dunque non siamo dei fraticelli ingenui e spensierati, ma uomini di teologia e di diritto, anche quando esprimiamo in modo comprensibile ed efficace la compassione per i fratelli).
 
Tutto questo
era stato da me formalizzato in una petizione da inviare al Capitolo generale, in un rigoroso e studiato latino e del seguente tenore:
«Perantiquam servantes consuetudinem se "fratres" nominari in capitulis generalibus provincialibusque, fratres nostri presbyteri aliis in appellationibus subisgnationibusque nomini suo praemittere possunt vel "frater" vel "pater", cum utraque appellatio pertinentem habeat significandi rationem: fraternam scilicet conversationem, presbyterale vero munus».
Poi, considerato che i Capitoli generali sono una cosa seria, ho riposto la petizione nel cassetto. Comunque, che ve ne pare? (Che ve ne pare del latino della petizione, non di "fra" o di "padre").
Riccardo Barile
(firma assolutamente laica)










Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)