00 26/11/2008 10:41
L'Immacolata nella Catechesi di Benedetto XVI e del Magistero Ecclesiale

La mariologia di Benedetto XVI – 19

di BRUNO SIMONETTO


L’esenzione di Maria
dal peccato di Adamo –
Nel dogma dell’Immacolata Concezione Maria viene presentata come l’inizio e la concretezza personale della Chiesa, secondo un’ecclesiologia sviluppata tipologicamente.

C
ontinuando a rivisitare l’esposizione che nel libro La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa (Jaca Book, Milano 1979, 20064; originale tedesco Die Tochter Zion, Johannes Verlag, Einsiedeln 1977) il futuro Papa Benedetto XVI fa dei dogmi mariani, esaminiamo questa volta il dogma dell’esenzione di Maria Vergine dal peccato di Adamo.
Va peraltro posta una premessa, chiarendo che la trattazione dell’argomento del dogma dell’Immacolata da parte del cardinale Joseph Ratzinger è piuttosto una difesa del suo fondamento teologico-biblico che un’esposizione del dogma stesso, del quale del resto già abbiamo scritto nel numero di Madre di Dio dello scorso giugno 2006, citando la risposta dell’illustre teologo alla domanda del giornalista tedesco Peter Seewald che gli chiedeva «cosa si può dire del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria?» (cfr. Dio e il mondo, San Paolo, 2001, pp. 276-277, originale tedesco Gott und die Welt).

Spiegando la dottrina della Chiesa sul dogma dell’Immacolato Concepimento della Vergine Maria, legato al tema del peccato originale, Joseph Ratzinger diceva: «Lo sfondo di questo dogma è costituito dalla dottrina del peccato originale, secondo cui ogni uomo ha alle spalle un contesto di peccato (che abbiamo chiamato "distorsione relazionale") ed è quindi affetto fin dall’inizio da una distorsione nel suo rapporto con Dio. Gradualmente nel cristianesimo si è affermata la convinzione per cui colei che, fin dall’inizio, è destinata ad essere la "porta di Dio", che è stata consacrata a lui in maniera tanto particolare, non fosse riconducibile a questo contesto.


L’Immacolata Concezione, olio su tela di Martino Altomonte, 1719, Lubiana, Galleria nazionale della Slovenia.

«Nel Medio Evo è sorta a questo proposito una forte controversia. Da una parte stavano i Domenicani che affermavano che Maria è una persona come le altre, e che quindi è intaccata dal peccato originale. Dall’altra parte stavano i Francescani che sostenevano la posizione opposta. Nel corso di questa lunga disputa si è lentamente formata la convinzione che l’appartenenza di Maria a Cristo prevalesse sull’appartenenza ad Adamo e che inoltre la sua consacrazione a Cristo fin dalla notte dei tempi (perché Dio precede ognuno di noi, e i pensieri di Dio ci plasmano fin dall’inizio) fosse l’elemento caratterizzante della sua esistenza.

«Maria non è concepibile all’interno del contesto creato dal peccato originale perché con lei ha inizio una nuova storia: la sua relazione con Dio non è distorta, fin dall’inizio gode dello sguardo benevolo di Dio che "ha guardato l’umiltà della sua serva" (Magnificat) e le ha consentito di sollevare a sua volta lo sguardo fino a lui.

«Non solo; ma la sua appartenenza a Cristo, così specifica, comporta anche la grazia di cui è ricolma. Le parole dell’angelo: "piena di grazia", che inizialmente ci sembrano così semplici, possono essere interpretate fino ad abbracciare l’intero arco temporale della sua esistenza. E, in ultima analisi, non esprimono un privilegio riservato a Maria, ma una speranza che ci riguarda tutti» (Dio e il mondo, pp. 276-277).

Risposta a due obiezioni al dogma dell’Immacolata Concezione

Nel capitolo "L’esenzione dal peccato di Adamo" (La figlia di Sion, pp. 59ss.) il teologo-mariologo Ratzinger intende piuttosto rispondere alle due obiezioni che si muovono al dogma dell’Immacolata:
1 «La prima dice: la preservazione dal peccato originale (se c’è) è un fatto. Non si possono però desumere dei fatti mediante speculazioni; li si può conoscere solamente per comunicazione (rivelazione). Ma non esiste una simile comunicazione relativa a Maria, poiché in tutto il primo millennio non se ne sa nulla. Di conseguenza, la dottrina che ciò nonostante viene proposta può essere solamente un eccesso della speculazione».


Edicola sacra raffigurante l’Immacolata Concezione, in via dei Cappellari a Roma.
2 «L’altra obiezione sostiene che con una siffatta affermazione verrebbe negata l’universalità della grazia. La disputa della teologia medioevale si muove attorno a questo problema; la teologia della Riforma le ha conferito una forma ancora più fondamentale, quando ha determinato l’essenza della grazia come giustificazione del peccatore. Può bastare, in questa sede, rimandare al rappresentante sicuramente più impressionante della fede dei riformatori, Karl Barth, il quale – in una teologia che vorrebbe attribuire a Maria una certa qual autonomia nella storia della salvezza – vede il tentativo di "illustrare e fondare solo in un secondo momento, a partire dall’uomo, dalla sua recettività" il prodigio della rivelazione» (cfr. K. Barth, Kirchliche Dogmatik, I/2, p. 158s., nota).

Perciò, per Barth «l’accettazione di Maria può significare solamente che per lei, "malgrado i peccati dei quali […] è colpevole, viene accettata come colei che concepisce il Dio eterno" (cfr. Kirchliche Dogmatik, I/2, p. 214). Barth si trova qui sulla linea di Lutero della rigida contrapposizione tra legge e vangelo: tra Dio e l’uomo non vi è alcuna corrispondenza (analogia), ma solamente opposizione (dialettica). Là dove l’agire di Dio viene presentato sulla base della corrispondenza, sembra che sia negata la grazia pura, la giustificazione senza meriti».

Ratzinger si chiede poi se tutto questo sia giusto; e per rispondere alle argomentazioni di Barth si rifà al domenicano B. Langenmeyer il quale, «facendo riferimento al Concilio Vaticano II, ha di nuovo sottolineato con decisione la tipologia (si potrebbe tradurre: la dottrina della corrispondenza) che congiunge Antico e Nuovo Testamento nell’unità interiore di promessa e di compimento» (cfr. B. Langenmeyer, "Konziliare Mariologie und biblische Typologie…" in Catholica 2 1 , 1967, 295-316).
L’argomentazione che Ratzinger riprende da Langenmeyer e sviluppa è la seguente: «La tipologia, in quanto forma di interpretazione, comprende analogia, somiglianza nella dissomiglianza, unità nella separazione. Ora, già le considerazioni che abbiamo svolto sino a questo punto si sono basate su questa visione, sull’affermazione della profonda unità esistente tra i due Testamenti. Esse si rendono chiare ora nel riferimento al fatto concreto. Così – continua Ratzinger – per il nostro problema Langenmeyer fa presente che alla severa predicazione dei profeti (nella quale vi è il momento della discontinuità) appartiene sostanzialmente anche il riferimento al resto santo di Israele, quel resto che sarà salvato: un pensiero questo che Paolo riprende esplicitamente in Rm 11, 6, vedendolo adempiuto nell’Israele cristiano. Resto santo; ciò vuol dire che la continuità non sta solamente nella volontà divina, mentre nella storia vi sarebbero solamente rottura ed opposizione, ma che vi è continuità anche dentro la storia: la Parola di Dio non resta parola vuota».


La festa dell’Immacolata a Roma: un vigile del fuoco pone una corona di fiori come omaggio
alla statua della Madonna in piazza di Spagna (dicembre 2006).

Maria, "risposta" alla Parola di Dio

Nel seguito della pagina riportata da La figlia di Sion vengono citati, in sequenza, tre passi dall’articolo di Langenmeyer:

a) «Il parlare di un resto che ha resistito, di una "radice santa", sarebbe assurdo se l’antica alleanza avesse condotto solamente alla caduta e al peccato. Allora ci sarebbe solamente un inizio nuovo» (p. 304).

b) «L’agire di Dio non cade solo verticalmente sulla storia già trasformatasi per il suo stesso agire. La fede non cade dal cielo. Essa viene accolta, in incontro orizzontale-storico, come sgorgante dalla testimonianza di fede» (p. 313).

c) «In Maria, la discendenza fisica del popolo eletto è arrivata completamente a termine insieme alla fede nella promessa fatta a questo popolo. E con questo – non per opera umana, ma per la grazia dell’alleanza che governa la storia – si è realizzato alla fine anche quel senso di salvezza che doveva spettare, secondo il piano salvifico di Dio, all’antica alleanza: accogliere, cioè, fisicamente e spiritualmente quel regno escatologico di Dio che Dio voleva far giungere, per mezzo di Israele, a tutti i popoli della terra» (p. 314, cfr. La figlia di Sion, p. 61-62).
Tali argomentazioni vengono quindi "magistralmente" applicate al dogma dell’Immacolata Concezione di Maria.

«Resto santo, in quanto espressione strutturale – ripete Ratzinger – significa che la Parola di Dio porta realmente frutto, che Dio non è l’unico attore della storia, la quale sarebbe così solo un monologo di Dio, ma significa che egli trova una risposta che è veramente risposta. Maria, come resto santo, esprime il fatto che in lei antica e nuova alleanza sono realmente una sola cosa. Ella è interamente giudea, interamente figlia d’Israele, dell’antica alleanza; e, proprio per questo, figlia dell’alleanza in generale, interamente cristiana: madre della Parola. Perciò, per il fatto che ella è la nuova alleanza nell’antica alleanza; anzi, come antica alleanza, come Israele, non c’è alcuna comprensione della sua persona e della sua missione là dove si spezzano Antico e Nuovo Testamento».


Immacolata Concezione, olio su tavola di ignoto ligure, XVI secolo, conservato nella Pinacoteca civica di Savona.

Poiché Maria «è interamente risposta, corrispondenza, non vi è nessuna possibilità di comprenderla là dove la grazia può esser vista solamente come opposizione; vale a dire: là dove una risposta, una reale risposta della creatura, appare come negazione della grazia. Infatti, una parola che non arriva mai, una grazia che resta solamente nel progetto di Dio e non si fa risposta ad esso, non sarebbe grazia, ma vuoto gioco.
«Ciò che, a partire da Eva, viene descritto come la natura della donna: il fatto di essere "persona di fronte" che è tutta nel "derivare dall’altro" e che è, tuttavia, "la persona che questi ha di fronte", ottiene qui il suo significato più alto: pura derivazione da Dio e, al tempo stesso, il più concreto essere di fronte nell’essere proprio della creatura che è diventata risposta» (p. 63).

Si comprende bene da quest’analisi (che completeremo in una seconda puntata, nel numero di aprile) che a papa Benedetto XVI interessa particolarmente mettere in evidenza il fatto che «il dogma dell’Immacolata applica a Maria le affermazioni che appartengono anzitutto all’antitetica vecchio-nuovo Israele e se esse sono, in questo senso, un’ecclesiologia sviluppata tipologicamente, ciò significa di conseguenza che Maria viene presentata come l’inizio e la concretezza personale della Chiesa» (La figlia di Sion, p. 65).
Bruno Simonetto