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Il Cristianesimo si diffuse già dal I secolo d.C., in pieno Impero Romano, e i Cristiani vennero a contatto con molte culture e di queste assorbirono gli usi e i costumi più significativi. Dal momento che i cimiteri Cristiani dal III secolo d.C. in poi presentano sepolture IPOGEE , cioè tombe scavate in gallerie sottoterra, ci si è sempre chiesti da dove i Cristiani avessero appreso questo modo di sepoltura. Si fa riferimento per questo ai Giudei, che praticavano l’inumazione, posavano i cadaveri nelle rocce o scavavano loculi nelle pareti. Usavano archelitiche tombe a terra e infine ipogei a galleria. Gli esempi di scavi ipogeici a galleria presso gli ebrei non sono però anteriori alle catacombe romane. Si pensa perciò che l’uso di ipogei a galleria con loculi sia da attribuirsi proprio ai Romani e sia stato successivamente sviluppato dai classici.

Testimonianza di ciò, è il SEPOLCRETO PRECRISTIANO di Anzio risalente al IV- III secolo a. C., dove c’è un ipogeo formato da tre corridoi alti e ristretti.

Ndei secoli, sono state attestate tre fasi di cimiteri Cristiani:
I FASE: EPOCA APOSTOLICA
Le tombe cristiane erano poste vicino a quelle pagane, sulle quali veniva praticato un piccolo segno di riconoscimento;
II FASE:
I più poveri tra i morti Cristiani, ebbero una degna sepoltura SUBDIALE accanto a quella dei pagani;



Nel corso del III secolo: si passa dalla sepoltura subdiale a quella sottoterra, cioè alle Catacombe.

Le Catacombe ( da kata kumbhn = presso la cavità) inizialmente, designarono la depressione tra San Callisto e la tomba di Cecilia Metella sull’Appia antica (San Sebastiano); in seguito, e più precisamente nel III secolo, designarono il cimitero cristiano perché l’esigenza di radunare i propri morti, e il desiderio di praticare il proprio culto li portò alla formazione di cimiteri riservati, precedentemente invece i Cristiani avevano sepolture SUBDIALI.
Per la costruzione di cimiteri propri, i Cristiani dovettero ottenere dei terreni, che per la maggior parte, furono donati da persone aristocratiche come Domitilla; altri invece li acquistarono. Il tufo, caratteristico veniva usato per strutture architettoniche perché il tufo granulare unito alla calce spenta formava malta per costruzione.
In seguito agli scavi di tufo, si formavano grossi corridoi che venivano abbandonati, e dei quali si impossessarono i Cristiani per utilizzarli come ipogei.

A testimoniare il fatto che la realizzazione degli ipogei era casuale, si può notare la diversa dimensione degli stessi, che variava a seconda del tipo di tufo utilizzato. Infatti, nella campagna romana, ci sono ampi strati di tufo e argilla. I Romani, nel tufo granulare, aprivano gallerie sotterranee, dopo averle rinforzate per prevenire crolli, per condutture d’acqua, per depositi e per cimiteri. Piuttosto strette erano invece quelli nei luoghi di tufo solido.



SAN PIETRO

Le fonti essenziali della storia di Simone, a cui Gesù darà il nome di Pietro, sono i Vangeli e gli Atti degli Apostoli.
Di lui sappiamo che nacque in Galilea circa venti secoli fa, era un pescatore a cui Gesù affida la missione di fondatore della Sua Chiesa. In qualche anno la sua reputazione e la sua influenza si estesero tra i popoli del Mediterraneo, per raggiungere poi attraverso i secoli tutti i continenti.

Di Pietro ci sono giunte solo due lettere. La prima è indirizzata alle comunità cristiane disperse nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia e nella Bitinia, e il saluto finale di Pietro è rivolto insieme alla “comunità che è stata eletta e dimora in Babilonia” e a “Marco mio figlio”. (Babilonia, simbolo di immoralità nella Bibbia è certamente Roma e “l’eletta che dimora in Babilonia” designa la comunità cristiana che vi si trova. Marco invece è il discepolo di Pietro).

Della presenza di Pietro a Roma ci parla anche la Lettera di Clemente databile al ‘95, sotto Domiziano, che attesta il suo insegnamento a Roma. Con certezza di lui conosciamo solo la morte; su questo punto la tradizione della Chiesa è costante, situando il suo martirio al momento delle persecuzioni neroniane. La tradizione dice che fu ucciso nel ‘67 nel Circo di Nerone. Questo circo in origine era privato, in quanto faceva parte delle proprietà imperiali ed era un luogo destinato innanzitutto alle distrazioni ippiche dell’imperatore. Il giorno in cui iniziò la persecuzione contro i cristiani fu aperto a tutti poiché Nerone offriva questa “festa” al popolo di Roma. Alcuni cristiani si erano uniti a questa folla e sarebbe quindi inverosimile pensare che nessuno vedendo Pietro crocifisso, si fosse preoccupato delle sue spoglie.

Per la tradizione della Chiesa, non c’è dubbio che la tomba di San Pietro si trovi là sotto la cupola, sotto il baldacchino del Bernini, e la prova di questa tesi è stata considerata per secoli, da molti, la lettera del sacerdote Gaio contro il montanista Proclo, riportata da Eusebio di Cesarea, nella quale afferma:
“Io posso additarvi i trofei degli apostoli. Se tu andrai al Vaticano e alla via Ostiense, troverai i trofei di coloro che questa chiesa fondarono”.

Dunque la chiesa di Roma era più importante, perché c’erano i trofei degli apostoli, rispetto a quella IERAPOLI dove erano sepolti Filippo e le sue figlie, della cui superiorità si vantava Proclo.



GLI SCAVI

Saxa loquuntur: “Le pietre parlano”.
Furono queste le parole di Pio XII quando nel 1942 annunciò per la prima volta gli scavi vaticani.

Dagli scavi condotti è stata rilevata una necropoli intesa come “città dei morti”, importante cimitero pagano.

Infatti per la costruzione della Basilica Vaticana l’imperatore Costantino dovette autorizzare la copertura della necropoli e spogliare le famiglie dei mausolei che appartenevano loro.
La necropoli che si sviluppò nel corso del II-III d.C., probabilmente lungo la via Cornelia, si svolgeva su un percorso da est a ovest. Il colle vaticano era tagliato al centro dal Tevere che con la sua piena rendeva poco abitabili i piedi del colle e i pendii erano utilizzati invece per le coltivazioni e le sepolture. Percorrendo la strada da est a ovest si poteva osservare sulla sinistra il circo di Nerone e a destra i mausolei.

Questi erano decorati con stucchi, pitture e mosaici poiché originariamente appartenevano alle famiglie aristocratiche pagane; in seguito poi divennero cristiani, o perché comprati da questi ultimi, o perché appartenevano a famiglie pagane convertitesi al cristianesimo. Tutti questi mausolei formavano un complesso architettonico, che si addossava intorno ad un’area definita dagli archeologi CAMPO P. Dunque questo spazio insieme al contiguo campo Q, costituiscono indiscutibilmente delle aree per l’inumazione. Il campo P accoglie oggi la tomba di Pietro, una parte del muro rosso che integrava il Trofeo di Gaio, in compenso il muro G che molto probabilmente conteneva le reliquie di San Pietro.
Il muro rosso chiamato così per il suo originario colore, oggi è piuttosto pallido e sbiadito.

Per la destinazione iniziale, il muro rosso è semplicemente un muro di sostegno che delimita un passaggio in pendenza il CLIVUS, nel luogo in cui non c’era un mausoleo per fiancheggiarlo.
Nonostante ciò rivela particolarità molto curiose: innanzitutto sottoterra dove, a un certo punto, la muratura si innalza al di sopra di qualche cosa che rispetta. Infatti non corre dritta, ma mostra una interruzione, una specie di nicchia che tende ad aggirare un angolo per non sovrastarlo. Questa nicchia è chiamata n1. Su di essa, ad un livello superiore si eleva una seconda nicchia n2, sempre nel Muro Rosso, meno irregolare della precedente.



La “NICCHIA N2” ,si trovava proprio al di sopra del livello del suolo.
Un’altra nicchia, n3, si trovava più in alto, separata dalla n2 da una placca di travertino orizzontale della quale restano le inserzioni nel MURO ROSSO che era sostenuta da due colonnette, pure poggianti su una base di travertino, e sormontata in alto da un’edicola.

Le tombe che hanno preceduto il MURO ROSSO, si inseriscono in un sistema ortogonale leggermente diverso nel quale rientrano i due muretti sovrapposti m1 e m2, che delimitano a sud la nicchia n1.
Molto probabilmente questa è la risistemazione di una tomba anteriore che altera la struttura del MURO ROSSO, ma che quest’ultimo conserva, proprio con l’interruzione n1, di cui abbiamo parlato.
Questa struttura è chiamata TROFEO DI GAIO, poiché si riconosce in essa il trofeo dell’apostolo Pietro additato da Gaio a Proclo.
Il TROFEO DI GAIO, ricopre uno spazio anticamente svuotato e invaso, poi, dal terreno circostante.

C’erano molte ossa disperse mischiate alla terra, sia sotto il muro rosso, nel fondo della nicchia n1, che in altre parti del Campo P.
L’esplorazione del Campo P dunque, ha svelato un certo numero di sepolture. Tra i sepolcri più antichi, tre risalgono a prima della metà del II sec; furono indicati da tre lettere greche: g, q, h. Il sepolcro g è il più profondo e si trova a sud degli altri, dove il livello del suolo era più basso: è una tomba di un fanciullo. Ad ovest il MURO ROSSO passa al di sopra di essa.

Il sepolcro h si trova a meno di un metro davanti al muro rosso di fronte alle nicchie che lo invadono; passando sotto h a ovest , e nella stessa direzione del sepolcro g, il sepolcro q è un inumazione in piena regola, sormontato dalla pietra tombale che sosteneva le colonnette del trofeo di Gaio.

Questi tre sepolcri, come i muretti m1 e m2 , si iscrivono nel sistema ortogonale anteriore al MURO ROSSO e lasciano uno spazio vuoto davanti ad esso. E questo spazio è appunto il luogo privilegiato a partire dal quale sono state concepite le sistemazioni successive che portarono alla basilica che conosciamo oggi.
Appoggiate alle fondazioni del MURO ROSSO e in parte sopra le tombe q e i (iota), troviamo quelle di un altro muro: il Muro G.
Si tratta di un muro tozzo, elevato in un secondo tempo, perpendicolarmente al, MURO ROSSO.

Su questo intonaco, ci sono numerosissimi graffiti di visitatori che vi hanno inciso sopra i loro nomi accompagnati spesso da esclamazioni.
È molto probabile che l’interno del muro G , sia stato scavato e sistemato per contenere le reliquie di San Pietro, all’epoca in cui si costruiva la prima sontuosa basilica.

Per quanto riguarda le ossa umane provenienti dalla sistemazione interna del muro G, da studi condotti dal Professor Correnti si è potuto capire che queste appartengono ad un solo individuo, di esse però, nessuna è integra, se si eccettuano la rotula sinistra, due ossa del polso sinistro e due falangi basali delle dita della mano sinistra.

Il sesso, quasi certamente, è maschile, di età “senile”, tra i sessanta e i settanta anni, di corporatura chiaramente robusta. Però oltre alle ossa dell’uomo, vi erano unite ossa di animali anche se in piccola quantità e alcune ossa che presentavano sulla superficie esterna piccole zone colorate.
Tutte queste osservazioni ci fanno presumere che l’individuo, in origine, fu inumato e che le aree colorate non fossero altro che i colori delle stoffe in cui il cadavere fu avvolto.
Comunque le ossa dei piedi mancano totalmente, il che potrebbe significare che la tomba è stata tagliata prima di essere sostituita, forse da una tomba posteriore.

Proprio perché il muro G fu rispettosamente conservato e incorporato nella memoria costantiniana, sembra difficile mettere in dubbio l’interesse dei resti che vi furono ritrovati. Nessun elemento al contrario ha invalidato la logica appartenenza allo scheletro di San Pietro.

Gli storici hanno formulato varie ipotesi sulla base di alcune testimonianze:

- nel III sec. il culto è attestato “ad catacumbas”;
- nel IV sec. è testimonianza l’Iscrizione Damasiana di San Sebastiano che dice: “Tu devi sapere che qui prima hanno abitato i santi, tu che cerchi i nomi di Pietro e Paolo;
- nella metà del III sec. troviamo i graffiti della Triclia, sala dei banchetti funebri della memoria apostolica di Pietro e Paolo, “ad catacumbas”;
- nel IV sec. la Depositio Martyrum, il martirologio della chiesa romana che dice “Petri in Catacumbas e Pauli in Ostiense”.
- nel IV sec. c’è anche il calendario di San Girolamo (347-419) che attesta: “Petri in Vaticano, Pauli in via Ostiense, utriusque in catacumbas Tusco et Basso consulibus”. La celebrazione di Paolo ha sempre luogo nell’ostiense, quella di Pietro invece in catacumbas nel primo, nel secondo in Vaticano. Sempre nel IV sec troviamo anche l’editto di Milano (313) e la costruzione della basilica ad opera del papa Silvestro in Vaticano;
- nel V sec. abbiamo il Liber Pontificalis, la cui prima redazione si ha nel 530 circa. In questo si
- possono trovare notizie interessanti nella vita di San Anacleto, Papa dal 78 all’88: “edificò e decorò la memoria del beato Pietro” e di Papa Cornelio (251-252) “fece trasportare le reliquie da ad catacumbas in Vaticano” .
- Gregorio Magno (540-604) parla invece di reliquie portate prima ad catacumbas, subito dopo (64 - 68) in Vaticano.

Da queste testimonianze sono nate così due ipotesi principali. In base alla prima nel 258 la tomba è stata spostata dal Vaticano ad catacumbas. Questa, però, non è molto attendibile perché secondo Papa Damaso (IV sec.) le spoglie di Pietro erano prima alle catacombe, mentre invece il Liber Pontificalis parla di un ritorno al Vaticano tra il 251-253. In base alla seconda, invece, le tombe prima del 200 sarebbero state traslate dalle catacombe al Vaticano.

Ma in questo modo, non si spiegherebbe il culto attestato nelle catacombe nel III e IV secolo. Partendo da queste due ipotesi si sono fornite così tante soluzioni, che questo problema sembrerebbe irrisolto. Infatti a S. Sebastiano è stato attestato il culto degli apostoli Pietro e Paolo da molte iscrizioni ritrovate sulle mura di una triclia , sala in cui nel corso del III sec si praticava il “refrigerium” . Si pensò che nel 258 , sotto la persecuzione di Valeriano, i corpi di S. Pietro e S. Paolo furono portati sulla via Appia.

Si cercarono allora le reliquie degli apostoli o meglio, i luoghi dove potevano essere state contenute sotto la triclia . Si trovarono , però, solo mausolei messi fuori uso verso la metà del III sec. Le famiglie che li avevano utilizzati erano state prima pagane poi cristiane.

Successivamente si trovò un piccolo monumento a nicchie che fu identificato come una “mensa martyrium” , dove si celebrava il culto.

Altre ipotesi furono formulate :

I: S. Pietro fu sepolto originariamente AD CATACUMBAS e poi trasportato in VATICANO;
II: AD CATACUMBAS non c’era la tomba ma l’abitazione. I luoghi che potevano essere adibiti ad abitazione sono posteriori al II sec;
III : le sue spoglie non erano mai state traslate AD CATACUMBAS, ma qui ci fu solo il culto. Ma non si spiega che solo per il culto fu seppellita una necropoli ancora in uso. Infatti, questo poteva essere sempre officiato nel cimitero di Callisto;
IV: il culto era esercitato da eretici che non potevano essere ammessi al Vaticano. Ma è inverosimile che siano stati seppelliti in una zona eretica i martiri Sebastiano ed Eutichio e le reliquie di altri martiri. Inoltre anche altri elementi contraddicono questa ipotesi: più credibile è che nel 258 le reliquie furono traslate AD CATACUMBAS e poi riportate in Vaticano. Questo può essere spiegato con il fatto che nel 258, ci fu la persecuzione di Valeriano e le ossa furono portati via dal Vaticano e riportate qui, subito dopo, nel 260-62, quando il figlio di Valeriano, Galieno, mise fine alla persecuzione. Per non rimaneggiare le tombe furono collocate nel muro G.

Secondo altri furono rimesse al posto e sistemate nel muro G nel momento della costruzione della basilica.
Nella necropoli sottostante la basilica di San Pietro, sono stati ritrovati i graffiti presentati come una rete inestricabile di segni. Questi furono materia di studio di molti epigrafisti, tra questi la Prof.ssa Margherita Guarducci, che forse ha dato interpretazioni discutibili, ma senza dubbio le più suggestive, che rappresentano una pietra miliare per la lettura dei graffiti del muro G.

Alcuni graffiti sono presenti anche nel MURO ROSSO, e sono più antichi di quelli del muro G; sono importanti perché qui si riconosce il nome di Pietro. Di più complessi se ne trovano sul muro G in quanto si pensava che la vicinanza al santo desse la certezza di poter guadagnare la speranza della vita eterna.

Il momento più importante per questi graffiti è tra il III e il IV secolo . Il tipo di linguaggio è CRITTOGRAFICO molto sviluppato a Roma, dove si pensa sia nato. È una scrittura di carattere sacro, simbolico, che aveva lo scopo di celare ad occhi profani , pensieri intimi del fedele. Una caratteristica del linguaggio crittografico è la POLISEMIA. La simbologia era pittorica e alfabetica.
Il disegno mistico per eccellenza era il pesce, perché in greco si dice icquV che è l’acrostico di IesuV, CrisoV, Qeou, Uios, Swthr.

Per la simbologia pittorica abbiamo:

L’agnello ,simbolo di Gesù, agnello immolato per la salvezza dell’umanità.
Il circolo , simbolo di eternità.
L’orante che rappresenta l’anima del defunto che prega, mentre la colomba è l’anima che è volata o deve volare, questa spesso, porta un ramoscello d’ulivo simbolo della pace.
Il vaso e la botte sono simboli della pratica del rito del refrigerium , libagioni che risollevavano l’anima e la conducevano alla vita eterna.
Il banchetto è l’agape, cioè un banchetto mistico davanti alla tomba del defunto .
Il faro e la lucerna sono simboli della luce divina che guida il navigante (l’anima).
La bilancia , simbolo del giudizio di Dio.
La zappa, l’ascia e il martello sono gli strumenti per costruire la croce e ricordano il martirio di Cristo.
La lepre, il cavallo e l’uccello rappresentano il volo dell’anima in cielo, in quanto animali veloci.
L’ancora , simbolo della salvezza, salvezza della croce, cioè salvezza in Cristo.
L’uva , un simbolo pagano e indica il vino dell’eucarestia.
Per quanto riguarda la simbologia alfabetica abbiamo invece:
a e w indicano rispettivamente l’inizio e la fine della vita , infatti compaiono già nell’Apocalisse di Giovanni e in Isaia.
CO indica la corona delle anime pie.
La D è deus e cioè Dio.
La E è il simbolo dell’Eden , che viene spesso rappresentata con ramificazioni dalle stanghette della lettera stessa , che richiamano i rami del giardino .
La F indica il Figlio.
La I, Iesus = Gesù.
Il C, Cristos=Cristo.
La M, Maria.
La L, la luce e quindi Cristo.
Il K,da kejalh=capo, inteso come principio.
La N, nikh ossia vittoria.
La O latina che riprende l’w greca=fine.
La P è la pace (pax), ( per la Guarducci, è Pietro).
La Q, quiete.
La RE è la resurrezione.
La S è la salute.
La U è ugeia.
La V è la vita.
La W è il segno augurale di vita.

Nel muro G, i simboli sono intrecciati perché si vuole dare un ulteriore significato mistico.

Nella descrizione che segue le immagini purtroppo non sono visibili....

Nella figura 6, il graffito dice: “ Simplicio vivite in pace”. Il simbolo è l’unione di Pace (P) e Cristo (C) e vuole comunicare proprio il desiderio di vivere nella pace eterna con Cristo.

Nella figura 6.1 è messo in evidenza lo U di ugieia, cioè di salute.


Nella 6. 2 è evidenziato un duplice simbolo costituito dalla V di vita e la M di Maria.


Nel 6.3 il segno w un augurio di vita.


Nel 6.4 vediamo che accanto alla X, che è simbolo di croce e vita, c’è una A che indica Cristo come l’inizio, cioè l’alfa.



Su un altro graffito troviamo il nome di Mania.
Nel 5.1 è evidenziata la lettera M unita alla O per mezzo di una A.
La M indica il nome di Maria, la madre di Gesù, che è A-O cioè alfa e omega, l’inizio e la fine.




Nel 5.2 è evidenziata accanto alla A una piccola preposizione IN ad indicare l’augurio di una vita in Cristo (A).


Nel 5.4 sono raggruppati i simboli che maggiormente si riferiscono a Cristo a,w,v.


Nel 5.5 la A di Cristo si carica del simbolo trinitario, le tre A indicano infatti la Trinità.


Altri graffiti sono stati ritrovati anche sul Muro Rosso.
Abbiamo infatti:
- la figura 1 , conservata nel Museo delle Terme che è cristiana.
- l’orante, che assume una posizione centrale, è il simbolo dell’anima che vola e, portando il ramoscello d’ulivo, offre all’orante la possibilità di raggiungere la pace eterna.
- l’ultimo simbolo significa “pace in Cristo”, ed è un monogramma Costantiniano.

La figura 2, conservata nel Museo Lateranense, fa parte del cimitero di Ottavilla (S.Pancrazio).


In essa compare il nome della defunta Agapis, e quindi è lei la destinataria del messaggio.

Analizzando singolarmente i simboli si nota una simbologia ricorrente e sempre uguale: l’ancora e la croce .
La croce è la croce di Gesù, l’ancora è la speranza di salvezza alla fine della vita, in Dio .
L’w, indica la fine e quindi la morte.
L’a indica l’inizio, quindi la vita dopo la morte, mentre la A (maiuscola) indica la trinità.
Come nella figura n°1 ritroviamo il monogramma di Cristo ; in questa epigrafe però, oltre alla solita interpretazione, la Guarducci ne dà un’altra: il segno c è sempre Cristo, mentre il segno r può essere considerato anche come l’iniziale del nome Pietro. Quindi significherebbe: Pietro in Cristo e non pace in Cristo.
Il messaggio che si vuole comunicare è il seguente:
AGAPIS PASSI ATTRAVERSO CRISTO SALUTE, DALLA MORTE ALLA VITA.

La figura n°3 è di ignota provenienza ed oggi è conservata al Museo Lateranense .


In questa epigrafe troviamo il nome Maniana, collegata a quella di Pace.
Interessante è notare come tra la A e la C di pace c’è una corona di alloro che è simbolo di vittoria della vita sulla morte.
Segue la E che secondo la Guarducci simboleggia l’Eden.
Un esplicito richiamo al giardino dell’Eden, sono le ramificazioni che partono dalle punte della lettera E.
Con il collegamento tra E e O (che è il giardino)si vuole indicare il GODIMENTO ETERNO (morte-Eden).
L’epigrafe è quindi da leggere.
MINIANA ABBIA LA PACE, E IN CRISTO TROVI LA VITTORIA SULLA MORTE, QUINDI LA PACE PER L’ETERNITA’.

[Modificato da Caterina63 29/06/2011 00:00]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)