Per presentare in modo accessibile la questione ecumenica mariana, abbiamo intervistato padre Giancarlo Bruni, docente al Marianum, ecumenista esperto e convinto (è legato alla comunità di Bose) che con affabilità e precisione ha risposto alle nostre domande. - Laurentin parlava a suo tempo della "questione mariana". Qual è oggi in ambito ecumenico? Quali sono i problemi in gioco?
«La questione mariana oggi in ambito ecumenico è questa: la consapevolezza che la figura di Maria e la riflessione sulla figura di Maria è un dato che ci riguarda tutti da vicino: cattolici, ortodossi, protestanti, per la semplice ragione che Maria è una figura biblica». - È, in effetti, è una delle poche figure di cui il Nuovo Testamento dice qualcosa oltre a quelle di Gesù, Pietro e Paolo.
«È una figura biblica, inscindibile da Cristo e inscindibile dalla Chiesa. Quindi cattolici, ortodossi e protestanti si sono resi conto che non possono non rivedere insieme questa figura, per rendersi conto che lei non è un motivo reale di divisione, ma molte ragioni della divisione sono confluite in Maria, che è diventata come il luogo in cui sono state proiettate molte altre divisioni, mentre lei come figura e la riflessione su di lei non è motivo di divisione tra i cristiani. E la cosa bella oggi è che cattolici, ortodossi e protestanti l’hanno riaccolta come sorella di fede nel cammino delle Chiese». - Certamente oggi c’è un buon consenso su Maria sulla base biblica. Ma la divisione più grande si gioca sulla tradizione, e tutto quello che è seguito alle divisioni (dopo oltre un millennio di cammino comune). Come gioca questo? Le sensibilità ecclesiali sono state condizionate dalle controversie?
«Detto in termini semplici e ampi (il discorso di per sé è più complesso) si può dire così: cattolici, ortodossi e protestanti si sono messi d’accordo a dire: "rivediamo insieme la figura biblica di Maria" e hanno concluso: "la Maria dei Vangeli non divide". Poi hanno fatto questa riflessione: "Vediamo ora come la Maria dei Vangeli è stata vissuta, pensata e celebrata storicamente". È il problema della tradizione. Questi dialoghi ecumenici hanno messo in risalto un cosa: sulla Maria dei primi sette Concili e sulla Maria del primo millennio la tradizione è concorde. Insieme, confessiamo, dichiariamo Maria come la Madre vergine di Dio. Quindi anche ristudiando insieme il problema della tradizione, si riconoce che c’è una tradizione del primo millennio che è di unità sostanziale». «Le cose mutano con il secondo millennio soprattutto nel Medioevo in cui c’è una specie di spostamento di accento. Nel Medioevo nasce una visione cristologica di un certo tipo (lo dico a grandi termini): Gesù è il giudice severo, ecco allora che nasce il ricorso a sua madre come la madre buona e di misericordia. E quindi nasce anche una devozione molto spinta, molto forte nei confronti di Maria. «Ed è qui poi che, mentre l’ortodossia rimane a sé, nell ’Occidente come reazione a questo modo di fare nasce la Riforma. E anche su Maria la Riforma, soprattutto i padri riformatori, non negano la presenza di Maria, ma cercano di ricollocare e di riportare Maria dentro il proprio alveo, che è l’alveo cristologico, che è l’alveo ecclesiologico, che è l’alveo del suo carattere esemplare. «Quello che contestano è che a volte c’è una pietà e forse una teologia, un pensare che pone quasi una rivalità tra Gesù e Maria. Qui nasce la divisione, che è diventata nei secoli sempre più netta, per cui il cattolicesimo è quello di Maria, il protestantesimo è quello non mariano. Questa situazione è mutata con il dialogo ecumenico e negli ultimi quarant’anni si sono visti di nuovo dei progressi enormi, quando il "dossier" mariologico è stato riaperto e quando in ambito cattolico, a partire dal concilio Vaticano II, Maria è ricollocata in Cristo e nella Chiesa. «Perché il vero problema – e lo dice anche il documento di Dombes – è proprio questo: la collocazione di Maria». - Come collocare Maria nell’insieme della fede cristiana?
«Secondo il documento di Dombes, nel disegno di Dio e nella comunione dei santi; poi, per il capitolo VIII della Lumen gentium, in Cristo e nella Chiesa, fino al documento cattolico-anglicano, dove è letta anche all’interno di tutta la storia della salvezza che è una storia di grazia e di speranza». - Si può prendere Maria isolatamente dal resto del mistero cristiano? C’è in questo senso una tentazione tipicamente cattolica della devozione mariana?
«No, non si può isolare Maria. Credo che per superare il rischio di una tentazione cattolica, che è quella di separare, di isolare Maria, di farne un discorso a se stante, – e questo lo dice anche tutto il magistero – bisogna ricollocare Maria all’interno della liturgia. Si deve partire "dal Padre per il Figlio nello Spirito nella comunione dei santi", e dentro la comunione dei santi vedere il ruolo e il significato di Maria. Maria va ricollocata. Qui allora la si legge bene. «E la si legge in questo contesto in termini proprio esemplari: Maria diventa come dice Lumen gentium VIII il "tipo" e l’"esemplare" della Chiesa. Come Dio sta davanti all’uomo, come il Padre per il Cristo nello Spirito sta davanti all’uomo, allora ecco che nella comunione dei santi che hanno preso con sé Maria, si guarda Maria e lì si capisce: la prima parola che Dio dice a Maria è quella che dice all’uomo, quando s’avvicina: "Rallegrati!". Sono venuto per renderti una creatura bella e buona, hai trovato grazia presso di me. Mi chino con amore su di te. Ti chiedo di essere il luogo che dà ospitalità al Figlio e che lo genera al mondo per esempio con la santità della vita. «E come l’umanità, la Chiesa stanno davanti a Dio, al Padre per il Figlio nello Spirito? Guardo ancora Maria: fiat, ti dico di sì, alla tua venuta, alla tua opera in me, al compito che mi dai di generare il Figlio al mondo, dico di sì. Lo dico nel Magnificat, ma lo dico anche nel gladius (la spada): "una spada ti trapasserà l’anima". Perché la grazia è sempre ad alto prezzo. «Allora Maria non è più tanto nella linea di una devozione spicciola, ma diventa davvero un esemplare nella vita della Chiesa. Diventa esemplare di come Dio sta davanti a noi e di come noi stiamo davanti a Dio». - Questo mi sembra assolutamente ecumenico.
«Su questo paradigma dell’esemplarità di Maria convergono cattolici, ortodossi e protestanti. Direi che è un punto comune di partenza». - E come possiamo inquadrare in questa visione teologale il fatto che Cristo è l’unico Mediatore e il fatto che noi preghiamo Maria come mediatrice?
«Qui ci sono delle differenze. Le possiamo tradurre così. Ogni preghiera è al Padre per il Figlio nello Spirito nella comunione dei santi. Per cui un protestante ti direbbe così: "Io mi rivolgo al Padre, cioè prego, il Padre per il Figlio nello Spirito con Maria". «Il cattolico dice: "Ma nella comunione dei santi io mi rivolgo al Padre per il Figlio nello Spirito. Ma posso anche dire a Maria di rivolgersi con me o di rivolgersi e di portare al Figlio un’invocazione, una preghiera che io ho fatto a Maria". Per cui la differenza è questa: il protestante prega con Maria, il cattolico con Maria ma in più invoca anche Maria. Però Maria invocata vuol dire questo: porta al Figlio nello Spirito quella preghiera che il Figlio – e solo il Figlio – porta al Padre. «Oggi a livello ecumenico si dice che queste due prassi non generano divisione sostanziale. Sono consensi differenziati». - Cosa si può fare per una buona catechesi mariana, di qualità teologale?
«Io do questa indicazione: una buona catechesi mariana è presentare la Maria biblica; una buona catechesi mariana è presentare la Maria liturgica, in comunione con quella biblica; una buona catechesi mariana è presentare una mariologia della esemplarità: Maria è l’icona della Chiesa, vedi come Dio sta davanti a noi e come noi dobbiamo stare davanti a Dio. «Una buona catechesi mariana è anche quella poi che ammette questa amicizia nella comunione dei santi. Allora posso dire a Maria che cammina con me: "senti, al tuo unico Figlio amato da te, da me, da noi, puoi dirgli questa cosa?". Ma allora la cosa è comprensibile dentro il concetto di comunione dei santi che camminano insieme, dove uno intercede per l’altro presso l’unico intercessore presso il Padre, che è la misericordia di Dio fatta carne |