[1] Cfr. Intervista a mons. Guido Marini: Il Tempo, 29 dic. 2008. Il Papa, quando era ancora Cardinale, ha affrontato più volte l’argomento nei suoi scritti, esprimendosi a favore della collocazione centrale della croce e della possibilità di ricevere la Comunione in ginocchio.
[2] Cfr. CONCILIO DI TRENTO, sess. XXII, cap. 1-2: Denz. 938-940; can. 1-4: Denz. 948-951.
[3] Cfr. PIO XI, Enciclica Ad catholici sacerdotii (20 dic. 1935): Denz. 2275; PIO XII, Enciclica Mediator Dei (20 nov. 1947): Denz. 2300; Catechismo della Chiesa cattolica, 1566.
[4] Cfr. CONCILIO DI TRENTO, sess. XIII, cap. 1 e 3: Denz. 874 e 876; can. 1 e 4: Denz. 883 e 886; S. TOMMASO D’AQUINO, Summa Theol., III, q. 65, a. 3.
[5] Cfr. CONCILIO VATICANO II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, 11; GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Ecclesia de Eucharistia (17 apr. 2003), 1.
[6] Cfr. CONCILIO DI TRENTO, sess. XXII, cap. 5: Denz. 943.
[7] Cfr. Rom. 1, 20; TERTULLIANO, De corona, c. 2, 3, 4: PL 2, 98-99; S. BASILIO MAGNO, De Spiritu Sancto, 27, 66: PG 32, 188; S. GIROLAMO, Ad Vigilantium, nn. 8-9: PL 23, 362-363; S. TOMMASO D’AQUINO, Summa Theol., II-II, q. 81, a. 7. La definizione dogmatica risale al CONCILIO DI TRENTO, sess. XXII, can. 7: Denz. 954: «Si quis dixerit, caeremonias, vestes sacras et externa signa, quibus in Missarum celebratione Ecclesia catholica utitur, irritabula impietatis esse magis quam officia pietatis: anathema sit».
[8] CONCILIO DI TRENTO, sess. XXII, cap. 5: Denz. 943 («non facile queat [natura hominum] sine adminiculis exterioribus ad rerum divinarum meditationem sustolli»). Cfr. S. TOMMASO D’AQUINO, Summa Theol., II-II, q. 81, a. 7: «Mens autem humana indiget, ad hoc quod coniungatur Deo, sensibilium manuducatione, quia “invisibilia Dei per ea, quae facta sunt, intellecta conspiciuntur”, ut Apostolus dicit (Rom. 1, 20). Et ideo in divino cultu necesse est aliquibus corporalibus uti, ut eis quasi signis quibusdam mens hominis excitetur ad spirituales actus, quibus Deo coniungitur. Et ideo religio habet quidem interiores actus quasi principales, et per se ad religionem pertinentes; exteriores vero actus, quasi secundarios, et ad interiores actus ordinatos».
[9] Cfr. A. M. ROGUET, La cena del Signore: la Messa oggi, trad. it., Milano, 1970, p. 170.
[10] Cfr. Intervista a mons. Guido Marini: Il Tempo, 29 dic. 2008: «Il cambiamento è diversificato. Uno è stata la collocazione del crocifisso al centro dell’altare per indicare che il celebrante e l’assemblea dei fedeli non si guardano, ma insieme guardano verso il Signore che è il centro della loro preghiera. L’altro aspetto è la comunione data in ginocchio dal Santo Padre e distribuita in bocca. Ciò per mettere in evidenza la dimensione del mistero, la presenza viva di Gesù nella Santissima Eucarestia. Anche l’atteggiamento, la postura sono importanti perché aiutano l’adorazione e la devozione dei fedeli».
[11] Missale Romanum, editio typica 1962, Rubricae generales Missalis romani, 527.
[12] Rituale Romanum (editio prima post typicam, 1954), tit. V, cap. II, n. 4. Sebbene la rubrica che prescrive la genuflessione riguardi direttamente solo i chierici, essa si applica, per evidente analogia, anche ai laici.
[13] Ordinamento generale del Messale romano, terza edizione tipica, 297. Si noti che la terza edizione tipica italiana del Messale romano, il cui testo latino è stato pubblicato nel 2000, è ancora in fase di allestimento. Esiste però una versione ufficiale, approvata il 25 gennaio 2004, della Institutio generalis (= Ordinamento generale), che è quella attualmente vigente, nonostante i messali attualmente in commercio nel nostro Paese seguano ancora la seconda edizione tipica.
[14] Ibid., 296.
[15] Ibid., 308.
[16] Ibid.
[17] Cfr. P. RADÓ, Enchiridion liturgicum, Romae-Friburgi Brisg.-Barcinone, 1961, vol. II, pp. 1408-1409.
[18] Ordinamento generale del Messale romano, 308.
[19] Ibid., 160.
[20] Missale Romanum, ed. typica tertia (2000), Institutio generalis, 160: «Fideles communicant genuflexi vel stantes, prout Conferentia Episcoporum statuerit».
[21] Pubblicate in Notitiae, nov.-dic. 2002.
[22] Ibid. A proposito della Comunione in piedi, è opportuno ricordare qui una norma spesso disattesa: «Quando [i fedeli] si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire dalle stesse norme [emanate dalla Conferenza Episcopale]» (Ordinamento generale del Messale romano, 160).
[23] È la stessa Congregazione per il Culto divino, in una delle due lettere menzionate, a mettere bene in luce questo punto: «Datasi l’importanza di tale questione, la Congregazione vorrebbe richiedere alla vostra Eccellenza che s’indaghi specificamente se questo prete abbia effettivamente l’abitudine di rifiutare la Santa Comunione a qualsiasi fedele nelle suddescritte circostanze; e, se la lamentela è comprovata, sia fermamente istruito a lui e ad altri preti che possano aver avuto una tale abitudine di evitare simili comportamenti per il futuro».
[24] J. RATZINGER, La festa della fede. Saggi di teologia liturgica, Milano, 1984, pp. 129-136.
[25] Ibid.
[26] Per sottolineare meglio l’importanza degli atti esteriori come manifestazione efficace della fede, non sarà inutile ricordare un significativo episodio della vita di S. Elisabetta Anna Bayley Seton. Assistendo per caso a una Messa solenne nel santuario di Montenero (presso Livorno), la Santa, pur essendo ancora protestante, fu molto colpita dall’atteggiamento di devozione manifestato dai fedeli, tanto che ella stessa, intuendo il mistero della Presenza Reale (come avrebbe poi ammesso nei suoi scritti), si inginocchiò dinanzi all’altare. Si trattò della prima tappa di un percorso che l’avrebbe condotta ad avvicinarsi e poi a convertirsi al cattolicesimo.
[27] È questo, del resto, il senso autentico dell’adagio «lex orandi, lex credendi», messo bene in luce da PIO XI nella Costituzione Apostolica Divini cultus (20 dic. 1925): Denz. 2200: «Hinc intima quaedam necessitudo inter dogma et Liturgiam sacram, itemque inter cultum christianum et populi sanctificationem».
[28] Cit. nella Lettera della Congregazione per il Culto Divino sul diritto di ricevere la Comunione in ginocchio: Notitiae, nov.-dic. 2002.
[29] Ordinamento generale del Messale romano, 308.
[30] Cfr. Dizionario pratico di Liturgia romana, a cura di R. LESAGE, trad. it., Roma, 1956, p. 138.
[31] Non sarebbe meglio, osserveranno alcuni, che il Crocifisso della croce d’altare fosse rivolto non solo verso il celebrante (e i ministri dell’altare), ma anche verso i fedeli? Certamente sì. Tale condizione, però, è realizzabile solo in quelle rare chiese dove si è mantenuta la prassi (perfettamente legittima: cfr. Risposta della Congregazione per il Culto Divino, prot. n° 2036/00/L, 25 settembre 2000) di celebrare verso l’abside. Nelle altre, a meno che non si voglia dotare la croce d’altare di un Crocifisso su entrambi i lati (soluzione che a me pare poco conveniente) si impone una scelta. La migliore, a mio avviso, consiste nel tenere l’immagine del Cristo morente rivolta verso il celebrante, per le ragioni che ho esposto. Nulla impedisce, tuttavia, di collocare nell’abside – come pala d’altare o a completamento della pala già esistente – un’altra croce con Crocifisso rivolta verso i fedeli, in posizione centrale ed elevata. Questa soluzione trova un parziale riscontro nell’architettura tradizionale delle chiese valdostane, dove, sebbene la croce d’altare fosse visibile ai fedeli (poiché la celebrazione avveniva versus Deum), si era soliti collocare un Crocifisso di grandi dimensioni in alto, tra la navata e l’abside.
[32] Cfr. P. RADÓ, op. cit., vol. I, pp. 73-74.
[33] Così prevedevano (e prevedono ancora, per le celebrazioni nella forma straordinaria del rito romano) le norme in vigore prima della riforma liturgica postoconciliare: cfr. Missale Romanum, editio typica 1962, Rubricae generales Missalis romani, 527.
[34] Ordinamento generale del Messale romano, 117: «almeno due candelabri con i ceri accesi, o anche quattro o sei, specialmente se si tratta della Messa domenicale o festiva di precetto». Per la Messa «stazionale» del Vescovo diocesano il Caeremoniale Episcoporum (125 c) raccomanda di usare sette candelieri.
[35] Salvo nel caso della Messa «stazionale» del Vescovo diocesano: cfr. la nota precedente.
[36] Secondo l’Ordinamento generale del Messale romano, 117, i candelieri non devono impedire «ai fedeli di vedere comodamente ciò che si compie o viene collocato sull’altare».
[37] Ordinamento generale del Messale romano, 160: «Poi il sacerdote prende la patena o la pisside e si reca dai comunicandi, che normalmente si avvicinano processionalmente».
[38] Rituale Romanum (editio prima post typicam, 1954), tit. V, cap. II, n. 1.
[39] Cfr. Enciclopedia liturgica, a cura di R. AIGRAIN, trad. it., Alba, 1959, p. 204.
[40] S. CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, Istruzione Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004), 93.
[41] Codex Iuris canonici, can. 838, § 2.
[42] Ibid., §§ 3-4.
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