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L'Epifania nella tradizione bizantina

Nato senza padre dalla Madre
e senza madre dal Padre



di Manuel Nin

In tutte le tradizioni cristiane d'Oriente l'Epifania celebra la manifestazione del Verbo di Dio incarnato, in un contesto trinitario e cristologico. I testi liturgici riassumono in qualche modo i principali misteri della fede cristiana:  il mistero trinitario, l'incarnazione del Verbo di Dio e la redenzione ricevuta nel battesimo, evento celebrato durante la grande benedizione delle acque che ricorda il battesimo di Cristo e quello di ognuno dei fedeli cristiani. Nella tradizione bizantina l'Epifania è una delle dodici grandi feste, con una "pre-festa" che inizia il 2 gennaio e un'ottava che finisce il 14 gennaio. Questo tempo vuole mostrare come la Chiesa, docile alla liturgia, si prepara alla celebrazione di un grande evento di salvezza e come lo vive per otto giorni che rendono evidente la pienezza del mistero celebrato.

I testi innologici del vespro e dell'ufficiatura mattutina sono dei grandi innografi bizantini vissuti dal vi al IX secolo - Romano il Melode, Sofronio di Gerusalemme, Germano di Costantinopoli, Andrea di Creta, Giovanni di Damasco, Giuseppe l'Innografo - e sottolineano lo stupore e la meraviglia del Battista e di tutta la creazione (angeli, firmamento, acque del Giordano) di fronte alla manifestazione umile di Cristo che si avvia a ricevere il battesimo. Uno dei testi più significativi è la grande benedizione delle acque, celebrata alla fine del vespro oppure alla fine della divina liturgia del giorno e che si svolge di solito al fonte battesimale della chiesa. La preghiera, attribuita a Sofronio di Gerusalemme, è un lungo testo che costituisce una celebrazione a sé stante, benché si collochi senza soluzione di continuità con il vespro o con la Divina liturgia.

Dopo il canto dei tropari la celebrazione prosegue con diverse letture dell'Antico e del Nuovo Testamento:  tre brani profetici di Isaia (35, 1-10; 55, 1-13; 12, 3-6), poi san Paolo (1 Corinzi, 10, 1-4), quindi il vangelo di Marco (9, 1-11). Segue la grande litania diaconale con una invocazione dello Spirito Santo per la consacrazione delle acque, perché esse siano fonte di perdono, di purificazione e di vita nuova per i battezzati:  "Affinché sia santificata quest'acqua con la virtù e la potenza e la venuta dello Spirito Santo. Affinché discenda su queste acque l'azione purificatrice della sovrasostanziale Trinità. Affinché noi possiamo essere illuminati con la luce della conoscenza e della pietà per la venuta dello Spirito Santo. Affinché quest'acqua possa divenire dono di santificazione, lavacro dei peccati per la guarigione dell'anima e del corpo".

La preghiera di consacrazione dell'acqua inizia con una prima parte in cui il sacerdote loda la Trinità divina, come nelle anafore eucaristiche:  "Trinità sovrasostanziale, buonissima, divinissima, onnipotente, onniveggente, invisibile, incomprensibile, creatrice, innata bontà, luce inaccessibile". La preghiera si rivolge poi direttamente a Cristo, con titoli che indicano un contesto chiaramente calcedonese:  "Ti glorifichiamo Signore, amico degli uomini, onnipotente, eterno re, Figlio Unigenito, nato senza padre dalla Madre e senza madre dal Padre. Nella precedente festa infatti ti abbiamo visto bambino, in questa invece ti vediamo perfetto, essendoti manifestato Dio nostro perfetto".

Il testo prosegue con l'enumerazione dei fatti salvifici celebrati nella festa; nelle ventiquattro invocazioni che iniziano con la parola "oggi" il testo descrive non solo i fatti avvenuti nella storia della salvezza e oggi commemorati, ma la parola "oggi" prende una forza di attualizzazione nella celebrazione e nella vita della Chiesa:  "Oggi la grazia dello Spirito Santo, in forma di colomba, è discesa sulle acque. Oggi l'increato, per sua volontà, viene toccato dalle mani della creatura. Oggi le rive del Giordano vengono tramutate in farmaco per la presenza del Signore. Oggi siamo riscattati dalla tenebra e veniamo resi sfavillanti dalla luce della divina conoscenza". Due frasi del sacerdote invocano per tre volte la santificazione delle acque:  "Tu, Signore, re e amico degli uomini, sii presente anche ora per la venuta del tuo Spirito Santo e santifica quest'acqua. Tu stesso anche ora, o Signore, santifica quest'acqua con il tuo Spirito Santo".

Finita la preghiera il sacerdote introduce la croce benedizionale con un rametto di erbe aromatiche nell'acqua cantando per tre volte il tropario della festa:  "Al tuo battesimo nel Giordano, Signore, si è manifestata l'adorazione della Trinità:  la voce del Padre ti rendeva infatti testimonianza, chiamandoti "Figlio diletto', e lo Spirito in forma di colomba confermava la sicura verità di questa parola. O Cristo Dio che ti sei manifestato e hai illuminato il mondo, gloria a te". Alla fine i fedeli passano a baciare la croce e sono aspersi con l'acqua consacrata, che poi secondo la tradizione portano a casa.

Della festa si possono sottolineare tre aspetti. In primo luogo, la manifestazione della divinità in chiave trinitaria:  il battesimo di Cristo nel Giordano manifesta sì la rivelazione del Verbo di Dio, ma include anche quella del Padre e dello Spirito Santo. In secondo luogo, la celebrazione manifesta l'opera salvifica di Cristo, evidenziata nel battesimo e portata a compimento nella sua umiliazione. In terzo luogo, la celebrazione dell'Epifania significa anche la comunicazione agli uomini della grazia dello Spirito Santo per mezzo dell'acqua del battesimo.




I Magi, il battesimo nel Giordano, le nozze di Cana nell'inno di sant'Ambrogio

Più luce alle stelle
Più sapore al vino



di Inos Biffi

L'inno canta le epifanie del Signore o le manifestazioni del suo intimo mistero avvenute nel battesimo al Giordano, nella luce della stella apparsa ai Magi come guida verso Betlemme, e nella conversione dell'acqua mutata in vino a Cana:  i tre "miracoli".
La Chiesa di sant'Ambrogio celebrava i tre "miracoli" - gli stessi oggi commemorati della liturgia milanese - ormai distintamente dalla memoria del Natale, per il quale lo stesso vescovo aveva composto l'inno che celebrava la venuta del Verbo nella carne e il suo presepe.
 
"Il disegno è originale - scrive Giacomo Biffi - il movimento è sciolto e ricco di fantasia". Si apre con una vibrante invocazione a Gesù, come a Colui che crea e fa risplendere le luci del firmamento, ed è fonte della verità e della luce, della vita e della pace. "Se salirai al cielo - predicava - Gesù è là", "Cristo è tutto e tutto è in Cristo", egli "è il seme di tutto", il "Creatore di tutte le cose", "Signore, - esclamava in una delle preghiere, che spontaneamente gli prorompevano dal cuore e abitualmente incastonavano la sua prosa - tu hai creato il mondo".

Ecco i primi versi ardenti e a loro volta ripieni di splendore:  "Tu che nei cieli altissimo accendi / i rilucenti globi degli astri, / Gesù - verità, luce, vita, pace - / ascolta chi ti implora":  le luci celesti incantavano il poeta, che parla altrove dei "globi delle stelle lucenti (stellarum lucentium globi)", "sant'Ambrogio ha una vera predilezione per questo modo di indicare gli astri" (Giuseppe Del Ton).

Il primo mistero, in cui è avvenuta l'epifania di Gesù, è quello del suo battesimo, quando egli santifica le acque del fiume che vide i prodigi al tempo di Giosuè, di Elia e di Eliseo, e dove è proclamato Messia e Figlio di Dio:  "Col mistero del tuo battesimo / in questo giorno consacrasti il corso / del Giordano, che un tempo tre volte / a ritroso sospinse i suoi flutti":  "In questo giorno (praesenti die)", dice il poeta, ed è "il presente celebrativo" dell'antica ottica liturgica di grande valore teologico, per la quale i misteri celebrati "avvengono" nel giorno stesso della celebrazione (Giacomo Biffi).

Segue il mistero della stella apparsa per annunziare ai Magi la nascita di Cristo e condurli alla grotta. Chi opera è il Signore Gesù:  "In una stella fulgente dal cielo, / oggi annunziasti il parto della Vergine, / e fosti guida ai Magi / ad adorare il presepio". E, anche qui va notato, nell'"oggi".

È il pensiero che torna nel commento di Ambrogio al vangelo di Luca (ii, 45):  "Dove c'è Cristo, la stella si fa nuovamente vedere e indica la via. Questa stella è la via, e Cristo è la via, perché Cristo è la stella. Dove c'è Cristo, c'è anche la stella; egli, infatti, è la stella fulgida del mattino. Egli si manifesta con la sua stessa luce". A Cana "Gesù manifestò la sua gloria" (Giovanni, 2, 11), ed è la terza epifania cantata da Ambrogio. Come fu Cristo ad accendere le stelle, a consacrare il Giordano, ad annunciare la natività e a guidare i Magi, così fu lui a infondere vino prelibato nelle idrie, con lo stupore del servo al vedere la conversione dell'acqua:  "Nell'idrie colme d'acqua / oggi vino infondesti:  / ne attinse il servo, pur non ignaro / di non averle in tal guisa colmate". "Si meraviglia che l'acqua s'imporpori, / che doni ebbrezza l'onda, / che gli elementi trasmutino / piegandosi a nuovi fini".

Vari concetti e vocaboli, qui vòlti in poesia, si riscontrano, com'è d'abitudine in Ambrogio, nella sua prosa.
Ancora commentando Luca, egli scrive:  "Nelle nozze il vino, attinto alla fontana, prende colore, mentre i servi lo stanno distribuendo, e gli stessi che avevano riempite le idrie d'acqua mescevano un vino che non avevano portato a mensa(...) Gli elementi sono mutati in un altro aspetto (...) Per di più, la natura del vino trasformato è migliore di quello originale, poiché il Creatore ha piena libertà di attribuire gli usi che vuole alle sostanze naturali (...) Mentre il servo mesce l'acqua, la fragranza che si diffonde inebria, il colore che si è cambiato ammaestra e anche il sapore che viene gustato porta al colmo la fede" (vi, 87).

E poiché il tema è quello della potenza di Cristo che domina e trasmuta gli elementi, il pensiero di Ambrogio si porta alla moltiplicazione dei pani, sulla quale gli piace soffermarsi per ben tre strofe, le ultime, e come nel canto del vino a Cana, non è difficile avvertire nel canto al pane moltiplicato un'allusione eucaristica. "Tra cinquemila uomini ugualmente / tu cinque pani soltanto dividi:  / sotto l'avido dente / cresceva in bocca il cibo". "Di là dal suo consumo / il pane si moltiplica:  / chi al fluire perenne delle fonti / stupirà più, dopo un tale spettacolo? / Tra le mani di chi lo spezza / copioso il pane scorre; / tozzi, che non avevano spezzato, / intatti ad essi spuntano".

E sempre nel commento a Luca, come per il miracolo di Cana, troviamo una ricca sequenza di vocaboli, di immagini e di concetti, ricorrenti nei versi:  "Ha un significato mistico il fatto che il popolo venga saziato durante quel pasto, mentre gli apostoli lo servono:  in quell'essere saziati vien dato il segno che la fame è stata eternamente vinta, perché colui che riceve il cibo di Cristo non avrà più fame, mentre nel servizio degli apostoli è preannunziata la distribuzione del corpo e del sangue del Signore, che sarà fatta un giorno.

Ed è già cosa degna di Dio il fatto che cinque pani abbiano sovrabbondato per cinquemila persone:  si sa infatti che quella gente fu saziata con un cibo non scarso, ma che era moltiplicato. Avresti potuto vedere le porzioni di pane scorrere in modo sorprendente e fruttificare tra le mani di coloro che le distribuivano. Chi legge queste cose non può stupirsi delle perenni correnti delle acque, e meravigliarsi che da limpide sorgenti sgorghino fiotti continui, se persino il pane trabocca, e una sostanza più solida scorra (...) Questo pane, che Gesù spezza, - e in senso mistico è senz'altro il Verbo di Dio e la parola di Cristo - mentre si divide, cresce. Egli, infatti, con parole scarne somministrò un cibo che fu sovrabbondante per tutti i popoli.

Ci ha dato le sue parole come pane, che, mentre le assaggiamo, ci si moltiplicano in bocca. Questo pane, inoltre, mirabilmente si ammucchia mentre si spezza, mentre viene distribuito e si mangia, senza che se ne avverta alcun calo. Non mettere in dubbio che quel cibo cresca o tra le mani di chi lo serve o in bocca di chi lo mangia... Per la gente che sta mangiando, i pezzi di pane crescono mentre si consumano".

Il brano - come quello precedente su Cana - è del più grande interesse, non solo come indice chiaro di chi ne sia l'autore, ma come segno che gli accenti rapidi e poetici degli inni riscontravano nella predicazione di Ambrogio, che li aveva composti, la loro più distesa esegesi.
E in tal modo la sua Chiesa poteva elevare, con più vivo e illuminato fervore, il suo canto. Come in queste "epifanie":  appuntamento provvido e lieto per esaltare Gesù, che era il cuore della pietà e della parola di sant'Ambrogio e che luminosamente appariva come Figlio di Dio.







(©L'Osservatore Romano - 5-6 gennaio 2009)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)