00 15/01/2009 19:34
Storia del Giubileo  1500 Anno Santo e Rinascimento

a cura di Mario Sensi

I Giubilei della seconda metà del secolo XV (1450 con Niccolò V; 1475 con Sisto IV) avevano dovuto fronteggiare due serie di problemi: uno all'esterno del mondo cristiano e l'altro all'interno della Chiesa. All'esterno tutta l'Europa viveva una forte tensione per la pressione del pericolo dell'invasione turca.

All'interno della cristianità si sentiva l'ansia della tanto invocata riforma morale, del clero e in particolare della curia romana in balia, nel tempo del rinascimento, di un nepotismo che nuoceva enormemente al buon nome della Chiesa di Roma
.

Agli entusiasmi per la scoperta della stampa ad opera di Gutenberg e del nuovo mondo ad opera di Cristoforo Colombo, alle tensioni del pericolo turco si aggiunse la crisi di fine secolo decimoquinto creatasi a Firenze tra il frate domenicano Girolamo Savanorala, priore del convento di San Marco, e la curia romana. I Giubilei cristiani da parte loro avevano acquisito, in due secoli di vita, la normalità della scadenza periodica di ogni 25 anni e delle facilitazioni per lucrare l'indulgenza dell'Anno Santo. Paolo II, con la Bolla "Ineffabilis providentia" del 19 aprile 1470, ne aveva infatti agevolato le possibilità sia per i cittadini romani che per quelli venuti da fuori.

A quest'ultimi Sisto IV, nella Bolla "Quemadmodum operosi" del 29 agosto 1473, ridusse anche le visite alle chiese. Il Giubileo si giovò inoltre per la sua diffusione dell'invenzione della stampa ad opera di Gutenberg di Magonza (Johann detto Gensfleisch). Stabilotosi a Strasburgo nel 1434, nel 1440 inventò la tipografia ovvero la stampa a caratteri mobili. Nel 1448 assieme a J.Fust diede alle stampe la celebre Bibbia Latina con 42 linee a pagina. L'invenzione della stampa, messa al servizio dell'Anno Santo, contribuì a portare a Roma tanti pellegrini e naturalmente la moneta. Oltre alle spese previste per un viaggio si aggiunse infatti un'offerta in denaro del pellegrino come una delle condizioni per lucrare l'indulgenza giubilare, questo fu un errore che la Chiesa pagherà, ma viene da chiedersi se questo fu il vero motivo per far scatenare tanto veleno contro la Chiesa dalla Riforma?


 Il binomio, offerta in denaro - indulgenza, stante l'uso imperante del nepotismo papale, innescò poi nel 1500, soprattutto nei paesi germanici, quale caprio espiatorio, una spirale di propaganda anticuriale romana che esplose nella scissione della Chiesa latina di Occidente in protestanti e cattolici e che servì più che altro per affermare trionfalismi politici specialmente in Germania preoccupata dall'avanzata cattolica.

La Chiesa di Roma veniva infatti accusata da più parti espressamente di simonia. Sarà questo l'elemento, a torto o a ragione, di forte presa popolare che sarà sfruttato poi da Martin Lutero nella sua polemica contro le indulgenze nelle sue accorate prediche al popolo incapace di comprendere una politica così complessa qual'era quella di quei secoli. In tale quadro di tensioni si ebbe il Giubileo del 1500. Esso inaugurava un nuovo centenario della storia umana e il papa Alessandro VI, spagnolo della famiglia dei Borgia, eletto l'11 agosto del 1492, lo preparò con grande cura.

Il card. Borgia, grande figura di statista del tempo, noto per la sua abilità diplomatica, forza di carattere e capacità governativa, era succeduto sul trono di Pietro a Innocenzo VIII, il genovese Gian Battista Cibo. L'elezione a papa del card. Borgia venne accolta con molto giubilo e speranza, a Roma come fuori della Città eterna. La sera del 12 agosto ben 800 nobili cittadini organizzarono, in suo onore, una cavalcata verso il Vaticano agitando fiaccole, mentre l'intera città si inondava di luci.

Il 26 agosto egli venne incoronato con sfarzo rinascimentale e salutato come colui che avrebbe portato all'umanità una nuova età . Frattanto Cristoforo Colombo, ch'era salpato da Palos per le Americhe il 3 agosto del medesimo anno, il 12 ottobre del 1492 raggiungeva terra a Guanahani, l'attuale San Salvador. L'anno seguente, il 4 marzo del 1493, Alessandro VI conseguì un grande successo diplomatico in merito alla scoperta del nuovo mondo. Egli mise infatti pace tra la Spagna e il Portogallo con il trattato di Tordesillas.

In esso si tirò sul globo terrestre quella linea immaginaria che andava dall'uno all'atro polo, assegnando le nuove terre, per metà a Ferdinando il cattolico (ad Occidente) e per metà al Portogallo (quelle ad Oriente). Della sua famiglia colpirono i contemporanei soprattutto i suoi due figli, Lucrezia e Cesare. Di Lucrezia, andata sposa in terze nozze ad Alfonso d'Este duca di Ferrara, scrisse Niccolò Cagnolo di Parma: "Essa è di media statura e di figura gentile, ha il viso alquanto lungo, il naso ben profilato, i capelli biondi, gli occhi d'un colore indefinito, la bocca alquanto larga, i denti candidissimi, il collo bianco e svelto, considerevole, ma tuttavia ben proporzionato.

Dall'intera persona traspira sempre un giocondo sorriso". Del fratello Cesare, divenuto duca di Valentinois, scrisse invece un inviato ferrarese: "Cesare è uomo di ingegno grande e insigne e di natura eccellente: ha tutto il fare di un principe...Non ebbe mai inclinazione per lo stato ecclesiastico, però il suo beneficio gli frutta più di 16.000 ducati". La politica di Alessandro VI, fedele alla Spagna e al re di Napoli, si scontrò con il re di Francia Carlo VIII che, nell'intento di conquistare alla Francia il regno di Napoli, il 31 dicembre del 1494 occupò Roma e prese in ostaggio il figlio del papa, Cesare Borgia.
 
I militari francesi diffusero a Roma e in Italia quelle malattie veneree che i medici del tempo chiamarono "morbo celtico o gallico". Il 14 giugno del 1497 venne ucciso suo figlio Giovanni Borgia, duca di Candia, al quale era tanto legato. Michelangelo Buonarroti, per lenire in qualche modo quel dolore del pontefice, scolpì la sua famosa Pietà che si trova in San Pietro in Vaticano. Alessandro VI, oltre alle vicende politiche e a quelle della sua famiglia, dovette affrontare una fatica ancora più dura con il priore di San Marco di Firenze, il domenicano Girolamo Savonarola. Questi poneva ogni suo sforzo per prevenire Firenze dal cadere nel paganesimo umanista.

Sotto tale visione accusava nelle sue prediche, molto ascoltate dalla Firenze del tempo,un pò tutti, in particolare i principi di Firenze e i principi della Chiesa, non escluso il papa, per la sua condotta poco "ortodossa". La città di Firenze era allora divisa da una lotta quotidiana tra i partiti dei Piagnoni (quello del Savonarola), dei Palleschi (il partito dei Medici) e degli Arrabbiati o dei Gaudenti. Alessandro VI, il 21 luglio del 1495, impose al Savonarola di recarsi a Roma per rendere ragione della sua predicazione. Il priore di San Marco addusse motivi di salute per non recarvisi, ma il papa impose all'allora superiore provinciale dei domenicani il suo trasferimento da Firenze. Un'ordinanza che non venne eseguita. Gli si ingiunse allora il divieto di predicare.

La Signoria di Firenze gli commissionò tuttavia la predicazione del quaresimale del 1496. Savonarola lo iniziò il 17 febbraio apostrofando direttamente la Chiesa romana: "Fatti in qua, ribalda Chiesa, fatti in qua ed ascolta quello che il Signore ti dice: Io ti avevo dato le belle vestimenta, e tu ne hai fatto idolo. I vasi desti alla superbia; i sacramenti alla simonia; nella lussuria sei fatta meretrice sfacciata; tu sei peggio che bestia; tu sei un mostro abominevole. Una volta ti vergognavi dei tuoi peccati, ma ora non più"
.

Il 13 maggio del 1497 il papa comminò al Savonarola la scomunica per rifiuto di obbedienza. Il frate la ritenne invalida perché fondata su false accuse e il 19 giugno rispose con la "Lettera a tutti i cristiani e figli diletti di Dio, contro la scomunica surrettizia". Nel Natale del 1497 Savonarola celebrò le tre Messe di rito, e l'11 febbraio del 1498 ricominciò a predicare contro Alessandro VI: "Il papa -egli tuonava- è ferro rotto (=non più strumento nella mano del Signore) e non si è tenuti ad obbedirgli, anatèma a chi comanda contro la carità...Ogni cosa fanno contro la carità, si elegga al più presto il suo Sucessore che la barca di Pietro non può attendere".


A sostegno della verità di quanto diceva il Savonarola s'invocò, da parte del francescano Francesco di Puglia, la prova del fuoco: "Se il Savonarola non arde con me, credetelo un vero profeta", gridò il frate francescano dal pulpito della Chiesa di Santa Croce. La Signoria di Firenze, che ormai voleva disfarsi del frate, acconsentì, ma il papa Alessandro VI disapprovò quella prova e inoltre il Savonarola la rifiutò e il frate Francescano ci rimase male avvertendolo come un rifiuto alla Provvidenza, la sola che avrebbe aiutato a stabilire la verità. A motivo di un tumulto che era scoppiato il frate domenicano venne condotto in prigione.

Incriminato, venne condannato a morte con altri due domenicani come "eretici, scismatici e denigratori della Santa Sede". Il 23 maggio del 1498, alle ore dieci del mattino, vennero bruciati sulla piazza della Signoria. Il Savonarola aveva 45 anni. Nonostante la sua vicenda con il Savonarola, Alessandro VI preparò con grande cura il Giubileo del 1500.

Già il giovedi santo del 12 aprile 1498 con la Bolla "Consueverunt romani pontifices" confermò la sospensione di tutte le indulgenze plenarie durante il Giubileo. L'anno dopo il 28 marzo del 1499 (giovedi santo) lo indisse solennemente con la Bolla "Inter multiplices", che venne letta dal protonotario apostolico Vito Gambara, il 20 dicembre fissò le modalità per l'acquisto dell'indulgenza (Bolla "inter curas multiplices").

Ai penitenzieri di San Pietro concesse inoltre in  due bolle ("Pastoris aeterni" del 20\12\1499 e "Cum in princicipio" del 4\3\1500) speciali facoltà. In tali bolle vennero fissate, per l'acquisto dell'indulgenza giubilare, le visite alle quattro basiliche in numero di trenta per i cittadini romani e quindici per i forestieri. Per il Giubileo del 1500 Alessandro VI fece riordinare la strada di accesso a San Pietro. Il "Borgo Vecchio" infatti, sostituito dalla nuova "via recta" (quella che da Castel S.Angelo porta alla Basilica Vaticana), venne denominato "Borgo Nuovo".

Egli fece redigere un cerimoniale contenente riti e preghiere che, nelle sue grandi linee, viene ancora osservato: la contemporanea apertura della Porta Santa in in tutte e quattro le basiliche patriarcali (San Pietro, San Paolo, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore). Il papa riservò a sé quella di San Pietro in Vaticano deputando a tre cardinali legati l'apertura delle altre tre Basiliche. L'apertura della Porta Santa costituì la novità dell'anno giubilare del 1500, un gesto che verrà ripetuto in tutti i seguenti anni giubilari.

Per ricavare la Porta Santa venne abolita in San Pietro una bella cappella medievale ornata di mosaici e venne fatto spostare l'altare su cui vi era il tabernacolo del Sudario della Veronica che veniva mostrato ai pellegrini. La Porta Santa, custodita da quattro religiosi, venne lasciata aperta giorno e notte.

Nella Basilica di San Paolo i monaci benedettini, essendo all'oscuro dell'apertura di una Porta Santa, fecero per l'occasione tre aperture sul fianco occidentale della Chiesa. Il cerimoniere pontificio di allora era il tedesco Giovanni Burckard che scrisse un "Diario della Curia romana" o "Liber notarum" (1483-1506). Esso costituisce la principale fonte documentaria del pontificato di Alessandro VI e quindi anche del Giubileo del 1500. L'opera curata dal Celani corriponde al tomo 32, parte I, voll.1-2, di "Rerum Italicarum scriptores".

La preghiera del rito di apertura di tale cerimonia è rimasta la medesima: "Aperite mihi portas iustitiae. Introibo in domum tuam, Domine. Aperite mihi portas, quoniam vobiscum Deus" (Apritemi le porte della giustizia. Entrerò, Signore, nella tua casa. Apritemi le porte, perché Dio è con voi"). 

Alessandro VI, come ogni nobile rinascimentale, amò le arti. Ne fanno fede le splendide sale dipinte da Raffaello dell'appartamento Borgia in Vaticano. La sua politica antifrancese, le vicende della sua famiglia e lo scontro con Girolamo Savonarola gli procurarono tuttavia cattiva fama presso i posteri, in particolare l'insinuazione diffusasi tra la gente che lui avesse comprato dai cardinali anche il seggio di Pietro.

Del Giubileo del 1500, da lui indetto e portato a compimento, non si può tuttavia che dirne bene. Alessandro VI morì di febbre il 18 agosto del 1503.



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Savonarola...già....ma perchè l'hanno mandato sul rogo?
Occorrerebbe effettivamente una macchina del tempo, andare a ritroso, noi, e trovarci in quell'epoca....ma per correttezza ed onestà nei confronti di chi viveva in quell'epoca, dovremmo andarci senza le conoscenze che abbiamo oggi, senza la maturità democratica che abbiamo raggiunto..... oppure rileggere la storia solo da spettatori.....
Difficile comunque porre oggi un giudizio l'errore grave che commettiamo è quello di giudicare con la mentalità di oggi..... Diverso è invece vivere l'oggi VALUTANDO gli errori del passato, senza giudicarli, ma prendendone atto.....
Il Savonarola di fatto è stato riabilitato da moltissimi anni, nella Diocesi di Firenze è ricordato da sempre come "venerabile"....il problema è molto più complesso di quel che appare, difficile da risolvere con un paio di battutine di condanna di tutta la Chiesa, quando ad emanare quella condanna fu un uomo certamente che ricopriva un ruolo determinante: Papa Borgia, Alessandro VI.....e che tuttavia non agì certamente da solo, ma con il sostegno se non proprio la missiva della condanna da parte di una certa classe politica fiorentina che non vedev l'ora di sbarazzarsi del frate troppo prdicatore.....

La condanna del Savonarola fu una condanna GIUSTA  dal punto di vita giuridico di quel tempo, mentre le accuse del Savonarola erano ovviamente poggiate sulla condotta immorale di Alessandro VI PRIMA che diventasse Papa....il quale, quanto all'ortodossia dottrinale, fu un Pontefice impeccabile...

Lo stesso Savonarola, per esempio, non disdegnò di chiedere al Grande Consiglio di Firenze la pena di morte
, quando ci fu il rischio della TIRANNIDE ...
Un caso dunque per molti versi difficile da risolvere e che probabilmente non sarà mai risolto....
A noi restano comunque le tante pagine predicate dal frate Savonarola, molto dottrinali e profondamente evangeliche...[SM=g7831]



FRA’ GIROLAMO SAVONAROLA
, nacque da una famiglia ferrarese il 21 settembre 1452, originaria di Padova, condusse fino all’età di 18 anni circa, studi disparati di medicina, filosofia, musica e disegno. Con Platone e Aristotile studia anche Tommaso D’Aquino. Ben presto si manifesta in lui prepotente tendenza a giudicare le cose del mondo in base ad un giudizio religioso -moralistico che lo rende intransigente nel combattere il male e nel denunciare la corruzione. Nel 1474, per caso, in un viaggio verso Faenza, dopo aver ascoltato la predica di un frate agostiniano, maturò la sua vocazione di darsi alla vita monastica. Nel 1475 lasciata furtivamente Ferrara, si recò a Bologna dove vestì l’abito dell’Ordine Domenicano che, già dai  tempi di Dante, aveva fama di essere l’Ordine più combattivo.

Fra le sue carte i familiari trovarono una canzone: “ DE RUINA MUNDI “, da lui composta nel 1472, in cui tracciava un orribile quadro dei mali del suo tempo. Nello stesso anno in cui entrò in convento scrisse un’altra canzone: “ DE RUINA ECCLESIAE “, in cui affermava che la Chiesa aveva abbandonato Roma dopo che l’ambizione e la concupiscenza degli occhi e della carne avevano contaminato ogni cosa.


Nel 1479 fu mandato all’Università di Ferrara per seguire studi teologici, dopo essere stato a Bologna  maestro dei novizi (domenicani). Nel 1481 o 1482, durante la guerra degli Estensi con Venezia, passò a Firenze, nel convento di San Marco e qui cominciò a predicare. I fiorentini trovavano il suo linguaggio troppo duro e disadorno, il suo accento lombardo troppo spiccato ed il suo gestire troppo violento. La freddezza degli uditori gli fece male, ma riprese fiducia con la nuova lettura del Vecchio e Nuovo Testamento e dell’Apocalisse, in cui dimostrò giusta e necessaria la lotta contro il vizio e la corruzione. Nel 1485-86 andò a San Giminiano a predicare la Quaresima, alla presenza anche di Pico della Mirandola, suo caro amico, e proclamò le sue convinzioni profetiche, la visione di una felicità futura, dopo penitenza generale, una specie di UTOPISMO che poteva sembrare in contrasto con lo spirito terreno dell’UMANESIMO e del RINASCIMENTO.

Nel 1490, richiamato da Lorenzo de Medici, riprese in San Marco la sua predicazione sull’Apocalisse. Ebbe notevole successo al punto che gli fu assegnato il pulpito di S: Maria del Fiore, chiesa molto più grande di San Marco, dalla quale, fino alla sua morte, parlò al popolo fiorentino. La sua oratoria trascinava l’uditorio, che scoppiava in lacrime con lui, che si turbava alle profezie di imminenti, terribili castighi divini. Compose il “TRACTATO DIVOTO E UTILE DELLA UMILTA’” e il “ TRACTATO DELLO AMORE DI JESU’ CRISTO” (1491-92), motivi essenziali della sua predicazione, che riprese più impetuosa nel 1493, dopo che egli aveva ottenuto da Alessandro VI° la separazione della Congregazione toscana dei Domenicani da quella lombarda. Si scagliò contro chi leggeva Aristotele, Virgilio, Ovidio, Cicerone, Dante e Petrarca e non il Vangelo e, soprattutto, contro il clero che non si curava più delle anime.


Fu, però, nel 1494 che la  sua predicazione colpì il popolo fiorentino, quando annunciò la venuta di un “Ciro“  che avrebbe punito l’Italia per la sua corruzione. Il vero aspetto della profezia della venuta di questo “CIRO”, nella persona di CARLO VIII°, si vide con la facilità con cui i signori italiani cedevano al nuovo sovrano che proclamava di riformare la chiesa. Poco dopo il re di Francia, giunto in Toscana, otteneva da PIERO DE MEDICI tutte le principali fortezze dello stato: Livorno, Pisa, Pietrasanta, Sarzana, ed il 9 novembre vi fu  la sollevazione di Firenze che abbatté la Signoria Medicea. Il Savonarola fu mandato come ambasciatore da Carlo VIII°, ma non ottenne nulla. Eppure il popolo fiorentino riteneva che egli solo avesse fatto cambiare al sovrano la volontà di restaurare PIERO DE MEDICI e che lo avesse indotto a lasciare, dopo una breve sosta, la città.


Dovendosi riformare la Costituzione, PAOLO ANTONIO SODERINI, che cercava di instaurare un regime sul tipo di quello veneto, ricorse al Savonarola  e, con il suo aiuto, riportò la vittoria. Instaurare, in Firenze, un regime più libero era sempre stato il desiderio del Savonarola, in perfetta armonia con le tendenze repubblicane, conducendo una tenace opposizione alla classe dirigente. Il “regime savonareliano“ rappresentò la rivincita dei ceti che in passato erano stati esclusi dal governo, ceti che univano esigenze democratiche alla riforma del clero.


All’inizio del 1495 il frate riuscì a fare approvare una legge in base alla quale a tutti coloro che fossero stati condannati per delitti contro lo stato fosse concesso di appellarsi al Consiglio Grande. Il credito e la reputazione del Savonarola ne uscirono molto accresciuti. Ma, quando nell’ottobre Piero De Medici fece un altro tentativo di rientrare in Firenze, allora egli propose la pena di morte per chi volesse restaurare la “tirannide“.


Nel maggio del 1496 vi fu un forte contrasto con ALESSANDRO VI° che gli proibì di predicare e lo scomunicò, ma il frate continuò la sua violenta condanna dei vizi del clero, dal pulpito.

Ma i suoi avversari i PALLESCHI o BIGI, seguaci dei Medici, e gli ARRABBIATI, i nobili, fecero di tutto per renderlo ostile al popolo. A poco a poco, i suoi fautori i “ PIAGNONI “ perdettero terreno, lasciando deluso il popolo. Fu arrestato e dopo tre processi venne impiccato e poi arso il 23 maggio 1498.


Passarono molti anni prima che, grazie ad alcuni suoi discepoli, il frate domenicano venisse riabilitato.

Ancora oggi a Firenze, nell’anniversario del martirio sul rogo di FRA’ GIROLAMO SAVONAROLA  vengono sparsi fiori sul luogo in cui morì !...


di
Ercolina Milanesi...


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" Io sempre mi sottoposi al castigo, e quante volte occorra, son qua per sottopormi ora e sempre. Chè io pure son peccatore, il quale grido con quanta ho di voce di far penitenza dei peccati, di emendare i costumi e di tornare alla Fede del nostro Signore Gesù Cristo, mentre mi adopero per riaccendere nel cuore degli uomini la Fede cristiana; e penso di stampare fra poco, che così piace a Dio, l'opera del "Trionfo di Cristo", per corroborare la fede. Da quel  libro apparirà manifestamente se io sia seminatore d'eresie (che mi tolga Iddio!) o non piuttosto fedelissimo alla santa Madre Chiesa della Fede cattolica..."
(P.Procter, il Domenicano Savonarola e la Riforma, Milano 1896, pag.57)
 "Il Trionfo della Croce" è un'opera del Savonarola in quattro libri......(la suggerisco....[SM=g1740717] ) nel Libro quarto, Savonarola a spada tratta difende il primato di Pietro nonostante l'epoca difficile a causa della corruzione. Emerge in questo testo tutta la sua passione per la Chiesa e le accuse che rivolse non al Pontefice, ma all'uomo Borgia.....scrive:
" Tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa; e le porte degli inferi non prevarranno contro di lei...Nessuno può dire che questa autorità sia stata data solo a Pietro e non ad altri uomini dopo di lui, avendo Cristo promesso che la sua Chiesa sarebbe durata fino alla fine dei tempi... Essendo dunque i vescovi di Roma successori di Pietro, è cosa manifesta che la Chiesa Romana è guida e maestra di tutte le altre e che tutti i fedeli cristiani si devono raccogliere intorno al Pontefice Romano. Non vi è dubbio alcuno, dunque, che chi si allontana dalla unità e dalla dottrina della Romana Chiesa, si allontana da Cristo stesso "[SM=g1740717]
( Libro Quarto de "Il Trionfo di Cristo", cap.6, pag, 526)
Il papa Alessandro VI non avrebbe mai potuto ricevere una così profonda professione di fede, una sottomissione così assoluta che infatti, qualche tempo dopo il Libro del "trionfo della Croce", sarà scelto come manuale dell'insegnamento della fede Cattolica dalla Congregazione di Propaganda Fide.[SM=g1740722]
Del resto il Libro Secondo, in sedici capitoli Savonarola ripercorre con meticolosità tutta la storia della Chiesa dalle sue origini, per dimostrare l'autenticità della successione apostolica nella Chiesa Cattolica e per dimostrare le verità di fede del suo insegnamento.
Ma Savonarola nasconde un altra passione dalla quale forse gli giunge la potenza della sua predicazione: IL CROCEFISSO![SM=g1740720]

E' affezzionato ai "crocefissi" dipinti dal Beato Angelico (altro domenicano), per il Savonarola la contemplazione del Crocefisso insaguinato E' INDISPENSABILE per l'apprendimento dei Vangeli della Passione durante la contemplazione e la meditazione.
Per il Savonarola, solo la contemplazione verso un Crocefisso creato con amore, può infondere altrettanta passione, istruire la mente e addolcire il cuore del cristiano e, soprattutto, la contemplazione del Crocefisso non può che indurre il cristiano sulla retta via.
Ciò che domina la mente del Savonarola è la "verità del Dio crocifisso per noi!", da qui parte tutta la sua missione.
Davanti al Crocefisso componeva le "Operette spirituali" per la Pasqua, il Venerdi Santo che si adora la Croce,  scriveva:
" O Jesu, quando ti veggo così crocefisso, per me in talmodo percosso, il mio core da me si diparte...O FELIX CULPA...Consolati dunque umana generazione e prendi gaudio con lacrime dolci, senza fine. Consolatevi, justi et santi, perchè oggi appropinquate alla palma e al dolce gran trionfo...."
Per il Savonarola inizia qui una lotta contro i crocifissi d'oro...non nel senso che vietasse l'oro quale materiale da usarsi per comporre un Crocefisso, ma in quanto NON indispensabile per quel tipo di ADORAZIONE AL CROCEFISSO che egli intendeva predicare...

Il Crocifisso che artisticamente INSEGNAVA  Savonarola era di due specie
:

il primo era quello artistico che doveva riprodurre fedelmente IL SANGUE della Passione e dei chiodi, un crocifisso che doveva svelare a chi lo contemplava le parole descritte dai Vangeli, via dunque i crocifissi d'oro e di pietre preziose per questa contemplazione poichè i materiali preziosi non danno quell'immediata visione della Passione;

il secondo
doveva partire da questo ed entrare dentro l'anima per trasformare chi lo avesse contemplato, cioè la conversione: per il Savonarola la vera contemplazione del Crocefisso che non può che portare ad una sola risoluzione: conversione del cuore e pentimento dei propri peccati e il cambiare vita.

Rimprovera la Città di Firenze per lo sfarzo del crocefisso d'oro e dice:
" Non ti ricordi più che io ti feci dipingere crocifissi sanguinosi? "
(21 giugno 1495 "Soipra i Salmi" EN, II, pag.82)[SM=g1740720]
Per il Savonarola è incomprensibile capire la Risurrezione e la stessa Misericordia di Dio se non s'impara a contemplare un Crocifisso, il Crocifisso INSAGUINATO!
La centralità della Persona del Cristo, nell'opera del Savonarola, è punto centrale di tutta la sua personalità: "l'anima e il Crocefisso sono indissolubili o lo si rifiuta o lo siaccoglie e la felicità può solo giungere da un buon vivere, ma senza il Crocifisso nessuna anima può giungere alla perfezione!"
(Libro Terzo, cap.7)

Nelle prediche del Savonarola emerge un punto chiave e fermo: PER MEZZO DELLA CHIESA NOI GIUNGIAMO A CRISTO.[SM=g1740717]

Da questa verità che il frate domenicano sente dentro le midolla, consapevole di esserne un membro fra le tante membra sparse nel mondo, scatta in Savonarola la difesa stessa della Chiesa FERITA A CAUSA DELLA CORRUZIONE PERPRETATA DA PERSONE CORROTTE FACENTI PARTE DI QUELLE MEMBRA CHE PIU' DI ALTRE NON POSSONO PERMETTERSI IL LUSSO DI CONTINUARE A VIVERE PECCAMINOSAMENTE.......da qui egli non risparmia nè preti, nè frati, nè vescovi....nè papi.....nè se stesso!

Inoltre egli ha due passioni: Roma e Firenze.....Roma quale Città che ospita la Sede della Chiesa, Firenze quale città con prospettive aperte verso il futuro.....Savonarola fu di fatto il primo cattolico veramente illuminista nel senso puro del termine...
Il "compito della Chiesa" è di invitare tutti gli uomini sul carro trionfale che realizza la Salvezza; tutti coloro che s'incontrano con il Cristo, che ne fanno una diretta esperienza devono inq aulche modo salire su questo carro del Trionfo perchè insieme, dice il Savonarola, costituiscono quella Chiesa testimone in ogni tempo di santi, martiri, Confessori e Dottori.....
Da qui parte, per il frate, la responsabilità della testimonianza di santità che i suoi figli chiamati a quel ruolo di guida, devono assolutamente manifestare, da qui inizia la dura battaglia contro ogni corruzione.....Inutile dire che il primo a farne le spese non potevano essere coloro che posti alla guida della Chiesa dal Cristo, avevano invece in qualche modo tradito tale chiamata e vivevano ora in dissolutezza usando appunto....il buon nome della Chiesa Cattolica...[SM=g7556]
Da buon frate domenicano che era, viveva come l'Ordine insegnava: la povertà e il mendicare. Scatta così in lui la denuncia alle esose ricchezze unite agli sperperi di alti prelati coperti da una parte di clero compiacente e denuncia:
" Ma ora, poichè la Chiesa ha preso lo impero terreno (potere temporale), non mancano li oratori e li poeti li quali descrivano le laudi dè principi e dè prelati assai volte con molte bugie. Appar dunque per queste ragioni, che è da non meravigliarsi se li autori dè Gentili hanno finito con il non scrivere più le laudi di Cristo..."
(Libro Primo, cap.4)

Faccio notare che anche santa Caterina da Siena rimprovera al potere temporale un impedimento alla Pace vera e scrivendo questo a Papa Gregorio, lo invita ad abbandonare tale potere se questi fosse stato di impedimento alla Pace nella Chiesa... Da notare che essi parlano di unità edi pace DENTRO LA CHIESA...poichè è fuori che si deve combattere la Buona Battaglia...con le armi della giustizia, della Fede e della Carità e con l'evangelizazione della sana Dottrina...
Iniziano così le parole dure rivolte alla corruzione imperante fra il clero...e molti prelati....

Per il Savonarola la realtà della centralità della Chiesa è questa:

- CRISTO
- LA CHIESA (il Papa e i vescovi e il clero)
- I CRISTIANI (il popolo in cammino che formano l'unità della chiesa visibile)
Per il Savonarola il compito della Chiesa è " Fundamento della fede e regola della nostra salute con dispenza di Sacramenti", in questo non può esserci corruzzione alcuna essendo tale compito che Cristo stesso compie per mezzo della Chiesa anche "di mezzo fra dè i suoi corrotti!", Essa rappresenta un punto di riferimento per la ragionevolezza dell'uomo in ogni tempo, per quanto gli è proprosto di credere. Non è tanto ciò che l'uomo deve credere e gli è proposto, quanto la argionevolezza di ciò che gli è proposto AFFINCHE' EGLI POSSA CREDERE!

" Noi confessiamo che Dio ha costituito nella sua Chiesa e per mezzo del Successore con tutti i suoi vescovi, nella quale Egli ha speziale cura e amministrazione delle dottrine e di ogni sacramento a vantaggio di ogni cristiano.."

(Libro Terzo, cap. 9)
" Ma la dottrina della Romana Chiesa e delli suoi dottori, in quel che v'appartiene alla fede e al ben vivere del cristiano, e' tutta uniforme, non v'è errore alcuno se non dè fatti escono dalla dottrina e diventano di ordine morale a causa dell'immoralità testè testimoniata....."

(Libro Quarto, cap.6)

Stavo riflettendo sul titolo che un forum evangelico ha dato a questo tema: SAVONAROLA: UN SANTO AL ROGO....

Chi non leggesse dentro al forum forse penserebbe che degli evangelici hanno compreso la santità di questo personaggio.........invece se si legge dentro in sostanza per loro, alla fine dei giochi, Savonarola è santo esclusivamente perchè subì il rogo dopo aver accusato la cattiva condotta morale di papa Alessandro VI (Borgia)....e perchè denunciava una certa classe corrotta del clero....

Ma in questo modo però si finisce con il perdere l'essenza dell'essere SANTI......
Diremmo allora che più che santo Savonarola FU UN MARTIRE? Perchè guardate che i termini : santo e martire....NON vuol dire la stessa cosa....... anche se il finale ovviamente di entrambi conduce poi alla meta che TUTTI ci prefiggiamo e per la quale Cristo ci offrì GRATUITAMENTE in sorte.....

Tutto questo lo deduciamo perchè,leggendo certe difese al Savonarola condannando il Papa...si riscontra che questi evangelici NON conoscono alla fine neppure un rigo di ciò che Savonarola scrisse e predicò......essi associano il suo nome esclusivamente all'accusa d'immoralità di un papa...ma della sua RICCHEZZA E PROFONDITA' SPIRITUALE...della sua catechesi PURAMENTE CATTOLICA....non sanno nulla...non hanno letto nulla.......non vogliono forse saperne nulla, perchè...in fin dei conti è meglio sfruttare il caso Savonarola, esclusivamente per dimostrare il volto di una Chiesa corrotta che manda al rogo i suoi figli....[SM=g7581] ....
Come vi abbiamo dimostrato, la fede del Savonarola era ancorata a quella cattolicità fatta di dottrine, riti sacri e Sacramenti e devozioni (era un domenicano, non dimentichiamolo) le quali egli stesso DIFENDEVA, PREDICAVA, INSEGNAVA......e viveva personalmente.....inutile dire che egli stesso comunque visse un fondamentalismo che tentò di IMPORRE agli altri, e questo atteggiamento fu il suo vero nemico, non il Papa....

La santità dunque di questo frate (che in Firenze è dichiarato venerabile in accordo con la Chiesa) se di santità vogliamo parlare, NON può essere circoscritta alla sua denuncia sull'immoralità di un papa....BENSI' IN CIO' IN CUI CREDEVA, VIVEVA ED INSEGNAVA......
Suggerisco pertanto ai fratelli evangelici (ma anche a molti cattolici che per salvare il Savonarola condannano Papa Alessandro ) di leggersi questo: TRIONFO DELLA CROCE...in quattro volumi.....
Per esempio, al capitolo n. 8 del Terzo Libro, Savonarola spiega ed insegna la "NASCITA VERGINALE DI CRISTO DA MARIA SEMPRE VERGINE" del cui prodigio Savonarola sostiene che "essa non è impossibile, nè irragionevole" giacchè Maria E' IL CAPOLAVORO DI DIO e nulla è impossibile a Lui!

Scrive ancora in questo capitolo il Savonarola:
" Inoltre è stato molto opportuno che Egli nascesse DA UNA VERGINE IMMACOLATA; infatti poichè aveva in cielo un Padre senza corruzione alcuna e senza madre poichè l'Onnipotente Iddio è sempre stato e sempre sarà, ora con un Figlio doveva avere una madre, MA SENZA ALCUNA MACCHIA PER NON ESSERE RICATTABILE DAL DEMONIO e perchè non doveva avere un padre sulla terra...."
Se l'onestà storica di taluni evangelici Pentecostali termina o si riduce a titoli come di slogan pubblicitari, forse non comprendono che essendo già stato riabilitato il Savonarola attraverso i suoi scritti, oggi così facendo, cioè, ignorando ciò che questo frate scriveva, non capiscono che essi stessi RIPORTANO SAVONAROLA SUL ROGO......un rogo più raffinato.....quello dell'oscurantismo nella conoscenza in cui ciò egli credeva e insegnava......
E faccio altresì notare che il Savonarola fu uno dei pochi Domenicani a difendere l'Immacolata quando un san Tommaso d'Aquino, pur non scrivendo alcuna opera sul tema, si mise tra le fila di coloro che NON credevano in questa dottrina....[SM=g7609]
Immagino il fuoco con il quale Savonarola predicava ieri...lo immagino oggi...nel tentativo di spiegare a noi L'ERESIA di oggi, le tante eresie, la distruzione della Messa, la devastazione Liturgica...[SM=g1740730]

Buona meditazione....[SM=g1740721]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)