00 11/03/2009 10:13

Tesi di stefano capello


CAPITOLO I


STORIA DEL DIACONATO



a. La diaconia dell’esistenza cristiana


Con l’incarnazione del Verbo che è Dio e mediante il quale tutto è stato fatto ( cf. Gv. 1,1-18 ) si è realizzata la rivoluzione più inimmaginabile il kyrios è divenuto il diakonos di tutti.
In questa prospettiva cristologica si può cogliere l’essenza del vivere cristiano, cioè partecipare alla diaconia che Dio stesso ha compiuto per e verso gli uomini.
La diaconia della vita conduce alla comprensione e al compimento dell’uomo.
Essere cristiano significa, sull’esempio di Cristo, mettersi al servizio degli altri sino al dono di sé, per amore.
Il diakonein è la caratteristica essenziale del ministero di apostolo, il diakonein si esprime nel fondamento sacramentale dell’essere cristiano.
Dunque con Cristo il servizio verso gli altri e il dono di sé, per amore, diventano la regola di vita cristiana , in questo senso possiamo dire che ogni cristiano è diacono.
Partendo da questo fondamento, in questo breve lavoro cercheremo di vedere a partire dai testi del Nuovo Testamento ,come e perché questo carisma di diaconia universale che rimane , per alcuni sia diventato un carisma particolare.


b. Il diaconato nel Nuovo Testamento


La parola diakonos è quasi assente nell’Antico Testamento, contrariamente all’uso abbondante del termine presbyteros.
La Bibbia latina (Vulgata ) traduce la parola diakonos con minister o con diaconus traslitterando il termine greco.
Nella Vulgata troviamo tre volte l’uso del termine diaconus
[1], mentre in tutti gli altri casi, il termine, viene tradotto con minister[2].
Il primo dato pertinente e fondamentale che si può notare nel Nuovo Testamento è che il verbo diakonein indica la stessa missione di Cristo che si presenta come colui che è venuto per servire.
Nelle primissime comunità cristiane non c’è nessuna traccia del diaconato come ministero specifico, solo in un secondo momento con lo sviluppo per così dire “istituzionale” e “numerico” delle comunità delle origini, si incomincia a distinguere un aspetto apostolico di proclamazione della parola dall’aspetto diaconale di aiuto reciproco.
A questo proposito ,uno dei testi fondamentali è quello di At 6,1-6 nel quale l’evangelista Luca , presumibilmente verso gli anni 90 del I secolo riferisce della fondamentale distinzione di ruoli.
Luca ci presenta una diaconia della “parola” e una diaconia delle “mense”, che sono una diversificazione dell’unica diaconia di Cristo, la quale rende “diaconale” ogni ministero ecclesiale compreso quello degli apostoli.
Questa evoluzione verso ministeri particolari, tra cui quello di diacono, deriva non da una necessità teologica, ma da una necessità organizzativa delle comunità nascenti.

Così, da una responsabilità diaconale di insieme, condivisa da tutti, l’organizzazione ministeriale delle Chiese evolve verso compiti specifici organizzati e animati da alcuni.
Alla struttura “carismatica” delle prime comunità paoline si affianca una struttura “istituzionalizzata” come necessità per rispondere alle nuove necessità delle Chiese sempre più numerose per numero e fedeli.
Questo procedimento storico è percepibile nelle lettere deuteropaoline (Efesini e Filippesi) e pastorali (1 e 2 Timoteo, e Tito)
[3] , nelle quali si esprimono insistenti preoccupazioni di ordine ecclesiologico e pratico.
Risulta fondamentale rilevare come l’imperativo diaconale del messaggio apostolico sin dalla fine del I secolo, sfoci nell’istituzione di un ministero specifico personalizzato e, ordinato tramite l’imposizione delle mani da parte degli apostoli..
Questo ministero così istituzionalizzato, risale verosimilmente all’ultimo quarto del primo secolo.
[4]
Verso la fine del I secolo, o al primissimo inizio del II, il ministero diaconale della solidarietà materiale si istituzionalizza nelle Chiese, in quanto funzione, accanto al “ministero della Parola” (“diaconia della Parola”, secondo i termini di At 6,1-6). Questo binomio ministeriale determina da allora l’organizzazione di tutte le chiese di cui ci parlano i documenti. E Luca ci informa che, senza la diversificazione di queste due funzioni, le Chiese sarebbero rimaste nell’incapacità pratica di perseguire la loro duplice missione, apostolica e caritativa. Possiamo concludere che il ministero specifico di diacono, distinto dal ministero della Parola, risale alla fine dei tempi apostolici.

Stabilito così il suo apparire storico, si pone il problema di sapere cosa alle origini definisca, da un punto di vista ecclesiale questo ministero. Nonostante la diversità ecclesiologica delle Chiese neotestamentarie, a guisa di risposta si possono rilevare tre motivi specifici: la sua qualificazione ministeriale, il suo luogo di impegno, le sue funzioni (o i suoi compiti) .
Primo: la sua qualificazione
Il testo di At 6 permette di definirne l’importanza iniziale, del ministero diaconale.
Nello spazio di un paio di decenni il diaconato diventa un ministero con vocazione particolare e con consacrazione mediate l’imposizione delle mani. Questa qualificazione che gli è attribuita dal bisogno contestuale e dal rigore d’organizzazione, non dalla necessità teologica, gli conferisce nello stesso tempo un particolare statuto, professionalmente distinto dalla responsabilità diaconale dell’insieme dei battezzati. I diaconi sono messi da parte, consacrati, ordinati come il ministro della Parola, e lo sono a titolo permanente.
Secondo: il suo luogo di impegno.

E’ definito dal simbolo della “mensa”, il suo luogo di chiamata e di professione è l’aiuto reciproco materiale, le necessità di condivisione dovute ai contesti di vita delle differenti chiese. Il suo luogo non è la proclamazione apostolica fondatrice delle Chiese, ma il servizio caritativo nei suoi numerosi aspetti, nelle situazioni mutevoli della storia delle comunità.
Certo, il fatto che esso sia secondo in rapporto al ministero della Parola e che il suo luogo sia così subordinato cronologicamente all’apostolato, lo pongono alla mercè dei bisogni congiunturali e della scarsità dei pastori; sin dai suoi inizi.
Poiché i compiti diaconali, di ordine interno e materiale, sono sempre variabili, è impossibile definire in modo più preciso, secondo i testi della scrittura, l’elenco dei compiti.
A compiti di per sé apostolici descritti da Luca in Atti 6 ( Stefano e Filippo evangelizzano come degli apostoli ) si affiancano il “servizio delle mense” e l’aiuto caritativo in generale.
E’ necessario far menzione qui dell’importanza vitale dell’alimentazione e della convivialità nella società antica.
Nelle chiese, fin dal loro nascere, il pasto ha un’importanza fondamentale, sotto la forma eucaristica e sotto quella agapica.
Scrive Claude Bridel: “uno dei centri di interesse del diaconato delle origini risiede nella simbiosi che esso tenta di esprimere, sulla base della nozione di servizio, tra la funzione liturgica e l’azione concreta. Servire coloro che celebrano e servire coloro che soffrono, è tutt’uno per il diacono.”
[5]
Accanto a questa funzione primaria egli potrà collaborare a compiti missionari.
Nel suo sviluppo, come vedremo negli scritti dei padri il ministero diaconale diventerà nello stesso tempo caritativo e liturgico.
Il ministero di diacono sarà dunque consacrato al compito caritativo della Chiesa, affinchè questa aderisca alle necessità del tempo in modo conforme all’insegnamento ricevuto da Cristo.


c. Il diaconato nella chiesa antica


Gli storici sono soliti fissare intorno all’anno 100 gli inizi di quella che definiscono globalmente "Chiesa antica".
Nelle Chiese dei primi due secoli, la celebrazione eucaristica ha luogo nella cornice di un banchetto di comunione e di condivisione.
Tutti i membri vi portano gli alimenti secondo le loro possibilità, pane vino, ma anche olio, formaggio, olive, frutta, legumi e persino fiori.
L’offerta di questi doni è liturgicamente integrata alla festa.
E’ compito dei diaconi di raccoglierli, inventariarli, selezionarli per il pasto eucaristico, e provvedere poi a re-distribuire le rimanenze ai bisognosi come segno concreto di prolungamento della condivisione dei beni compiuta durante la celebrazione.
[6]
E’ all’interno di questa prospettiva teologica della povertà che bisogna comprendere il compito liturgico proprio dei diaconi, che è portare il mondo e la sua quotidianità.
Liturgicamente i diaconi si presentano in Gesù Cristo come segni di salvezza, come prova della misericordia di Dio per tutti espressa nella condivisione reale e quotidiana con i fratelli.
Questo momento particolare tipico della funzione diaconale nell’eucarestia prende il nome di offertorio.
[7]
E’ Giustino nella sua Apologia, intorno al 150 , a presentarci la descrizione di questo momento dell’eucarestia : “ dopo che il presidente ha reso grazie e tutto il popolo ha confermato acclamando, quelli che da noi sono chiamati diaconi fanno partecipi ciascuno dei presenti al pane e al vino e poi portano questo cibo a coloro che non sono presenti.”[8]
Nel corso del secondo e terzo secolo il ministero diaconale ordinato consolida le sue acquisizioni.
Questo breve studio storico sul diaconato permanente nella chiesa della antichità penso possa essere considerato sotto tre aspetti al fine di definirne il suo ministero.

In primo luogo il suo campo di attività; che dovrebbe essere essenzialmente caritativo.
In secondo luogo questo afflato caritativo; che deve trovare un impatto nel cuore della vita comunitaria, in particolare nel culto domenicale e nella sua liturgia.
In terzo luogo; per essere ecclesiale, questo ministero deve essere ordinato, cioè deve essere istituito e riconosciuto come ministero integrante del ministero globale della Chiesa, essere basato su di una vocazione personale, e consacrato dall’autorità della Chiesa, secondo il rito della imposizione delle mani.
Questi tre criteri e cioè, la carità la liturgia e l’ordinazione emergono come criteri di definizione del diaconato sia dai testi biblici sia dai testi patristici nonché dalla storia della Chiesa delle origini e dell’antichità.
Tuttavia proprio mentre sembra che il diaconato permanente abbia raggiunto una definizione sua propria si assiste, alla vigilia dell’epoca medievale, ad un rapido svuotamento della sua funzione.
La sua qualificazione ministeriale viene ridotta a uno scalino subalterno di accesso al presbiterato.
Il diacono diventa transeunte e non più permanente, perde cioè la sua funzione originaria e originale.


d. il diaconato nella chiesa medievale


Con la caduta dell’impero romano, con la confusione causata dalle invasioni barbariche la Chiesa tende sempre di più ad istituzionalizzarsi , a normarsi ed a crearsi una organizzazione efficiente.
In questo contesto , il ministero di diacono viene a poco a poco svuotato, non soltanto dal punto di vista della sua specificità teologica, ma anche nelle sue funzioni pratiche.
Perde la sua originalità man mano che nelle sue funzioni si attenua il primato del caritativo.
La progressiva gerarchizzazione dei ministri e dei ministeri subordina il servizio diaconale alle necessità dei vescovi e dei presbiteri.
[9]
Possiamo affermare che la funzione del diacono si restringe man mano che si rafforza la gerarchia ministeriale.
I testi riassumono la trasformazione affermando che : “ il diacono sarà al servizio del vescovo e dei presbiteri, cioè presterà servizio, ma non compirà altre funzioni”
[10]
Il ministero di diacono viene sempre definito nei tre aspetti: caritativo, liturgico e di assistenza al vescovo; il tutto però viene prioritariamente determinato dalle esigenze del vescovo.

Scrive Bridel : “ la Chiesa che si struttura in occidente durante il periodo che va dal IV sec. all’epoca di Carlo Magno non sapeva che farsene del diaconato delle origini, anzi doveva sbarazzarsene.”
[11]
Certo, la Chiesa in quanto istituzione si vede trascinata nelle mutazioni generali del tempo e per sopravvivere deve concentrare tutte le sue forze sulla sua organizzazione.
A tal proposito scrive Hamman : “ si comprenderà che non è il ministero caritativo, ma sono i ministeri di autorità a polarizzare l’attenzione, sia politica che spirituale.”
[12]
Ma la responsabilità caritativa insita nel messaggio cristiano, ritroverà nel medioevo altre strade di realizzazione non legate a ministeri ordinati.
La diaconia viene riconosciuta come esemplare della vita cristiana , essere cristiano significa essere diacono, e questa necessità viene riconosciuta per tutti non solo per gli “ordinati”.
Un impulso fondamentale a questa nuova concezione viene dato dallo sviluppo del monachesimo , in particolare dopo la riforma monastica del X secolo operata a Cluny.
Nei secoli IX e X sboccia una nuova forma di diaconia il diaconato monastico.
In quanto struttura ecclesiale, il monachesimo conosce un successo prodigioso, si insedia dappertutto e introduce elementi di profonda innovazione nella cristianità.
Per tre secoli, la Chiesa d’occidente è il monachesimo,
[13] e il centro della cristianità non è Roma ma Cluny.[14]
Il monachesimo sarà il motore della riforma medievale della chiesa nei secoli XI e XII.

Francesco d’Assisi diventa il diacono per eccellenza, ridonando al diaconato la sua connotazione spirituale caritativa, ma in quanto laico, al di fuori dell’ordine clericale.
Nei secoli XI e XII il monachesimo inserisce nel suo seno anche nuove forme comunitarie dette “fraternità”, improntate tutte sul servizio agapico e diaconale del prossimo.
In questo contesto la funzione caritativa e universale della diaconia prende il sopravvento su quella liturgica.
Alla fine del medioevo le autorità ecclesiastiche hanno reso possibile che il diaconato ordinato perdesse l’essenziale del suo carattere ecclesiale e ministeriale, e allo stesso tempo liturgico e caritativo. Trascurando l’unità all’interno di questa dualità, il diaconato avrà perduto da un punto di vista ecclesiale su due fronti, e questo nonostante il suo rinnovamento medioevale tra i laici.
Esso è rimasto confinato alle funzioni liturgiche in un ministero subalterno e poco significativo.
In altre parole: separando, il culto dalla pratica caritativa, la Chiesa ha reciso la diaconia dal suo fondamento iniziale. Il compito liturgico e il compito caritativo, allontanandosi l’uno dall’altro hanno teologicamente e praticamente provocato una giustapposizione conflittuale dei due compiti. Con un’analisi retrospettiva abbiamo potuto constatare che il diaconato medioevale è lontano dall’essere una semplice continuità senza slancio né originalità di ciò che esso era alla fine dell’antichità. Anche senza avere potuto approfondire lo studio dei documenti si verifica che il diaconato deve molto alla teologia medioevale. Infatti, senza i suoi riferimenti e le sue evoluzioni medioevali non potrebbe essere compreso nella sua realtà a venire. In altri termini: studiare il diaconato non è possibile senza ripercorrere in modo approfondito la storia medioevale. La deriva del diaconato avviene prima del medioevo.

A partire dall’VIII secolo si avvia un rinnovamento, emergono nuove forme comunitarie, culla di un diaconato ritrovato, non ordinato, ma legato ai diversi ordini religiosi (frati diaconi, monaci diaconi e cavalieri diaconi). Il popolo cristiano riscopre il diaconato sociale, la diaconia diviene lavoro sociale, pubblico e laico.
In rapporto alla questione del diaconato specificatamente ecclesiale è opportuno notare come questo ministero si sia scompaginato nel corso del medioevo. Se la sua connotazione caritativa ha conosciuto un progresso, ha tuttavia perduto il suo legame con i vescovi e i presbiteri; di conseguenza il suo carattere liturgico si è ancora più ristretto, al punto da far dimenticare ogni legame teologico tra la funzione solidale e la funzione liturgica.
Per quanto riguarda poi l’ordinazione, riguarda solo il ministero clericale e subalterno e visto come tappa verso l’ordine presbiterale.
Così, il diaconato ministeriale alla luce della riforma e del futuro concilio di Trento si può dire abbia perso quella funzione specificatamente permanente ed ecclesiale che avevamo potuto riconoscere nelle Chiese delle origini e antiche.


e. la sacramentalità del diaconato dal XII sec. al Concilio di Trento


Nel tracciare, seppur brevemente , una storia del ministero diaconale ordinato, mi sembra necessario affrontare storicamente anche il “problema della sua sacramentalità”.
Nelle testimonianze bibliche la sacramentalità del diaconato rimane un problema implicito.
Occorre vedere come la Chiesa ne ha preso coscienza esplicita.
Benché la sacramentalità possa avere un significato ampio e generico, in senso stretto essa si identifica con i sette sacramenti, segni visibili ed efficaci della grazia, tra i quali si trova il sacramento dell’ordine.
Il diacono e il presbitero figurano sempre tra gli ordines sacri del sacramento.
Pietro Lombardo (+1160) nel suo trattato De ordinibus ecclesiasticis afferma che il diaconato è un ordo o gradus officiorum.
Ora, benché tutti gli ordines siano per lui tutti sacri , sottolinea l’eccellenza del diaconato e del presbiterato i soli che esistevano già nella chiesa primitiva e che rispondono al precetto apostolico.

San Tommaso D’Aquino ( + 1273) afferma che solo il presbiterato e il diaconato possono rigorosamente essere considerati ordines sacri a motivo del loro rapporto particolare con l’Eucarestia come sacramentum sacramentorum.
I preti ricevono con l’ordinazione il potere di consacrare, mentre i diaconi il potere di servire i preti nell’amministrazione dei sacramenti.
Per Tommaso dunque è il rapporto con l’Eucarestia il criterio decisivo per stabilire la sacramentalità dell’ordine.
Durando di San Porciano ( +1334) rappresenta una linea dottrinale che compare spesso anche nel dibattito attuale.
Per lui l’ordinazione sacerdotale è “sacramento” mentre quella diaconale è “sacramentale”
[15]
Ecco le ragioni della sua posizione:
· La distinzione in rapporto all’Eucarestia, tra il potere di consacrare (sacramento) e le altre azioni dispositive da considerare come semplici sacramentali.
· L’ordinazione sacerdotale concede un potere ad posse mentre quella diaconale ad licere.
Tuttavia egli considera anche il diaconato un sacramento della Chiesa in quanto viene acquisito , come del resto episcopato e presbiterato in imposizione manuum.
Il Concilio di Trento (1563) ha voluto definire dogmaticamente l’ordine come sacramento.
Di fronte alle negazioni dei riformatori, Trento dichiara l’esistenza di una hierarchia in Ecclesia ordinatione Divina .
E’ nella teologia generale del sacramento dell’ordine che si devono inserire i riferimenti di Trento al diaconato.

Un’attenzione particolare merita il can 6 che recita: “ si quis dixerit in Ecclesia catholica non esse hierarchicam, divina ordinatione institutam,quae constat ex episcopis,presbyteris et ministris” .
L’attenzione cade sul termine ministris termine usato nella formulazione definitiva del canone approvato il 14 Luglio 1563, perché nella bozza iniziale il vocabolo usato era aliis ministris .
La storia sembrerebbe comprendere una comprensione ampia del termine ministri, termine che includerebbe i diaconi e corrisponderebbe a una divisione tripartita della gerarchia : “praecipue episcopi, deyinde praesbyteri,diaconi et alii ministri”
Dunque si può affermare con sicurezza che Trento include i diaconi nel novero dei ministri ordinati.
A tal proposito si veda il capitolo 17 della sessione XXIII del 15 Luglio 1563 che così recita : “ affinché le funzioni dei sacri ordini del diaconato, lodevolmente in vigore fin dall’epoca apostolica, e cessate da tempo in molti luoghi, possano essere richiamate in uso secondo i sacri canoni, e perché non siano dichiarate inutili dagli eretici, il Sacro Concilio. desiderando ardentemente il ripristino dell’antica disciplina, decreta che in avvenire detti ministeri siano esercitati solo da coloro costituiti nei rispettivi ordini: esorta e prescrive nel Signore che tutti i singoli prelati delle Chiese, per quanto opportunamente può essere fatto, abbiano a ripristinare simili funzioni nelle Chiese Cattedrali, collegiate e parrocchiali della propria diocesi.”

Dopo il Concilio di Trento , nella teologia dei secoli XVI e XVII si sostiene quasi unanimemente la sacramentalità del diaconato.
La posizione di Roberto Bellarmino (+1621) descrive bene qual è lo status questionis di quel momento.
[16]

Egli stabilisce come principio fondamentale ,la sacramentalità dell’ordine “vere ac proprie sacramentum novae legis”, ma circa la sacramentalità di ciascuno degli ordini, crede necessario fare una distinzione.
La sacramentalità del diaconato è molto probabile, mentre quella episcopale sacerdotale è un’assertio certissima.
Risulta indubbia la volontà del Concilio tridentino di voler rilanciare il ministero di diacono permanente, tuttavia altrettanto certa è la considerazione che questa volontà risulterà disattesa.
Sarà il Concilio Vaticano II , come vedremo, a ridare un impulso decisivo al ministero del diaconato permanente.
Con il Vaticano II si può parlare di una vera e propria restaurazione del diaconato permanente.

continua......[SM=g1740722]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)