Sarebbe sufficiente che Pietro, ovunque fosse materialmente, avesse decretato di trasferire sulla sede di Roma il pontificato transapostolico della Chiesa universale.
Si tratta di un fatto spirituale che poteva essere compiuto a distanza.
Soloviev l'ha detto profondamente: «Anche ammettendo -contro la tradizione della chiesa sia orientale che occidentale- che Pietro non sia mai andato fisicamente a Roma, si può, dal punto di vista religioso, affermare una trasmissione spirituale e mistica del suo potere sovrano al vescovo della città eterna. Lo spirito di Pietro, diretto dalla volontà onnipotente del suo Signore, poteva bene, per perpetuare il centro dell'unità ecclesiastica, fissarsi nel centro dell'unità politica preformato dalla Provvidenza e fare del vescovo di Roma l'erede del suo primato ».
Questo non è in alcun modo un sottovalutare, la storia o, come si vuole forzatamente attribuirci, un abbandonare « totalmente il richiamo alla vita del Pietro storico » . È semplicemente, come avevamo cercato di fare, un ordinare gerarchicamente le certezze:
quelle della storia, quelle dell'apologetica, quelle della fede.
<DIR> d) Il cattolicesimo non confonde nè separa la fede e la ragione, ma distingue per unire.</DIR>
Bisognerebbe una buona volta cessare di confondere la certezza di fede, che è divina, e la certezza di credibilità, che è umana. Non confondere nè separare, ma distinguere per unire: tutto il cattolicesimo sta in questa formula.
1. Noi crediamo di fede divina che il primato di Pietro si perpetua nei pontefici romani.
Le ricerche storiche possono:
a) attestare la presenza di questa fede nella Chiesa primitiva;
b) stabilire, con i metodi loro propri, il fatto della venuta e della morte di S. Pietro a Roma.
Esse non arriveranno mai, di per sé, a qualcosa di più che a delle certezze o probabilità umane.
Una certezza divina e mistica non potrà mai poggiare, nel senso preciso della parola, su delle certezze o delle probabilità umane e razionali.
2. Le certezze di fede non sono razionali, nè, tanto meno, irrazionali, sono transrazionali.
Le certezze della storia e dell'apologetica, le certezze della credibilità sono razionali. Esse ci dicono che non è irragionevole, ma al contrario supremamente ragionevole di credere nei misteri sopraragionevoli, e che è, al contrario, irragionevole non crederli. « La nostra religione è saggezza e follia. Saggezza perché è la più dotta, e la più fondata in fatti storici, miracoli, profezie ecc. Follia, perché non da tutto questo dipende che le si appartenga; tutto questo fa, sì, condannare chi ad essa non appartiene, ma non fa credere chi le appartiene. La croce, ecco ciò che fa credere.
3. Cose divine e cose umane, certezza di fede e certezza di ragione, giudizio soprannaturale e giudizio naturale: ancora una volta, queste cose non vanno confuse, queste cose non vanno separate. Occorre distinguere per unire. Nè il fideismo del protestantesimo della Riforma, nè il razionalismo del protestantesimo liberale. Ma due doni disuguali di Dio all'uomo: la fede divina e la ragione umana.
e) Perché la coscienza del primato di Pietro, sempre viva a Roma, ha potuto velarsi in certe regioni della cristianità