Gesù, già spossato per la fatica ed indolenzito per i colpi, verrà trascinato all'altro capo di Gerusalemme, nella città alta, alla torre Antonia, specie di cittadella di dove la maestà romana assicura l'ordine nella città troppo agitata per i suoi gusti. La gloria di Roma è rappresentata da un disgraziato funzionario, piccolo romano della classe dei cavalieri, un « arrivato » ben felice di esercitare il comando, tuttavia difficile, su un popolo fanatico, ostile ed ipocrita. Pilato è preoccupato di conservare il suo posto, ma si trova preso tra gli ordini imperativi di Roma e le mene sornione di questi Ebrei, spesso molto in favore presso gli imperatori. Ingomma, si tratta di un pover'nomo. Non ha che una rè ligione, se ne lia una, quella del Divus Caesar. E' il prodotto mediocre della barbara civiltà, della cultura materialista. Ma come prendersela con lui? E' come l'hanno fatto: la vita di un uomo ha per lui poco valore, soprattutto se non si tratta di un cittadino romano. La pietà non gli è stata insegnata e non conosce che un dovere : mantenere l'ordine. (A Roma s'immaginano che sia facile!). Tutti questi Ebrei litigiosi, mentitori e superstiziosi, con tutti i loro « tabù » e la loro manìa di lavarsi per nulla, la loro servilità e la loro insolenzà e le vigliacche denunce al ministero contro un amministratore coloniale che fa del suo meglio, tutto ciò lo disgusta. Egli lì disprezza... e li teme.
Gesù invece (eppure in quale stato gli compare dinanzi, coperto di ecchimosi e di sputi!), Gesù gli si impone e gli è simpatico; ed egli farà tutto quanto sarà in suo potere per strapparlo alle unghie di questi energumeni : « e cercava di liberarlo - Giov.19, 12).
« Gesù - egli dice - è Galileo : passiamolo a quella vecchia canaglia di Erode che recita la parte del reuccio negro e crede d'essere chi sa chi ». Ma Gesù disprezza quella volpe e non gli risponde verbo. Ed eccolo di ritorno con la turba urlante e quegli insopportabili farisei che schiamazzano in tono acutissimo, agitando le loro barbette. « Odiose queste chiacchiere ! Che restino fuori, visto che si sentirebbero contaminati se entrassero in un pretorio romano! ».
Ponzio interroga questo pover'uomo che lo interessa. E Gesù non lo disprezza. Ha pietà della sua invincibile ignoranza, gli risponde con dolcezza e tenta persino di istruirlo. « Ah - pensa Pilato - se non ci fosse questa canaglia che urla qui fuori, una buona sortita della coorte farebbe in fretta « cum gladio » (spada alla mano) a far tacere i più schiamazzanti e a disperdere gli altri. Non è molto che ho fatto massacrare nel Tempio qualche galileo troppo agitato. Sì, ma questi sornioni uomini del Sinedrio incominciano ad insinuare che non sono amico di Cesare e con questo non c'è da scherzare! E poi «per Èrcole » che cosa significano tutte queste storie di Rè dei Giudei, Figlio dì Dio, Messia? » Se Pilato avesse letto le Scritture, forse sarebbe stato un altro Nicodemo, poiché anche Nicodemo è un vile ; ma sarà la viltà a rompere gli argini. « Quest'uomo è giusto; io lo faccio flagellare (oh, la logica romana ) ; forse questi bruti ne avranno pietà ».
Ma anch'io sono un vile : perché se mi attardo a difendere questo "Quirite lamentevole^ è soltanto per ritardare il mio dolore. « Allora Pilato prese Gesù e lo fece flagellare - Giov.,19, 1).
I soldati di guardia conducono Gesù nell'atrio del Pretorio e chiamano alla riscossa tutta la coorte : le distrazioni sono rare in questo paese di occupazione. Tuttavia il Signore ha dimostrato spesso una speciale simpatia per i militari. Come ha ammirato la confidenza e l'umiltà di quel centurione e la sua affettuosa premura per il suo servo che Egli ha guarito ! (Nulla mi toglierà la convinzione che si trattava dell'attendente di quell'ufficiale di fanteria coloniale). E fra poco, il centurione di guardia al Calvario per primo proclamerà la Sua divinità. La coorte sembra presa da un delirio collettivo, che Pilato non ha previsto. Satana è là, a suggerire loro l'odio. Ma basta. Non più parole: soltanto colpi; e procuriamo
di andare sino alla tino. Essi lo spogliano e, del tutto nudo, lo legano per i polsi a una colonna dell'atrio, con le braccia sollevate in alto.
La flagellazione si effettua con delle striscio di cuoio multiple, su cui sono fissate, a qualche distanza dall'estremità libera, due palle di piombo o degli ossicini. (E' almeno a questo genere di flagrum che corrispondono le impronte della Sindone). Il numero dei colpi è fissato a 39 dalla legge ebraica. Ma i carnefici sono legionari scatenati, che andranno sino al limite della sincope. Infatti le tracce sulla Sindone sono innumerevoli e la maggior parte sulla impronta posteriore (la parte anteriore del corpo è contro la colonna) ; si vedono sulle spalle, sulla schiena, sulla regione lombare e anche sul petto. I colpi di flagello scendono sulle cosce, sui polpacci: e là, l'estremità delle striscie, oltre le pallottole di piombo, avvolge l'arto e lascia il suo solco fin sulla faccia anteriore delle gambe.
I carnefici sono due, uno da ciascun lato, e sono di ineguale corporatura (come si deduce dall'orientamento delle impronte sulla Sindone). Essi colpiscono accanitamente, con grande sforzo. Ai primi colpi le corregge lasciano delle lunghe tracce livide, delle lunghe ecchimosì bluastre sottocutanee. Si ricordi che la pelle è già stata alterata, resa più sensibile dai milioni di piccole emorragie intradermiche del sudor di sangue. Le palle di piombo determinano maggiori contusioni. Poi la pelle, infiltrata di sangue e resa più fragile, si apre sotto nuovi colpi. Il sangue zampilla; lembi di pelle si distaccano e restano pendenti. Tutta la parte pò steriore non è più che una superficie rossa su cui risaltano grandi solchi marezzati; e qua e là, le piaghe profonde dovute alle palle di piombo. Queste piaghe in forma di manubrio (le due palle e le striscie tra di loro) s'imprimeranno sulla Sindone.
Ad ogni colpo, il corpo trasale in un doloroso soprassalto. Ma Egli non apre bocca e questo mutismo raddoppia la furia satanica dei Suoi camitici. .Non è più la fredda esecuzione di un ordine giudiziario; è uno scatenarsi di demoni. Il sangue scorre dalle spalle tino a terra (le larghe lastre del pavimento ne sono coperte) e si sparge in pioggia, dai flagelli sollevati, fin sulle rosse clamidi degli spettatori. Ma ben presto le forze del suppliziato vengon meno : un sudor freddo inonda la Sua fronte, la testa Gli gira in una vertigine di nausea, brividi gli corron lungo la schiena. Le gambe cedono ed Egli, se non fosse legato molto in alto per i polsi, cadrebbe nella pozza di sangue. « Ha avuto quanto gli spettava, anche se non abbiamo contato. Dopo tutto, non abbiamo ricevuto l'ordine di ucciderlo a frustate. Lasciamo che si rimetta; possiamo ancora divertirci ».
« Ah ! questo scemo pretende di essere Rè, come se ce ne fossero sotto le aquile romane, e Rè dei Giudei ancora ; è il colmo del ridicolo. Ha delle noie con i suoi sudditi? Non ci pensi: noi saremo suoi fidi. Presto, un manto ed uno scettro». Lo hanno fatto sedere su una base di colonna (non è molto solida la Maestà!). La vecchia clamide d'un legionario sulle spalle nude Gli fa le veci della porpora regale ; una grossa canna nella destra e sarebbe perfetto, se non vi mancasse una corona : qualcosa di originale ! (Tra 19 secoli, contribuirà a farlo riconoscere questa corona, che nessun crocifisso ha portato). In un angolo, una fascina di quegli arbusti che abbondano nei cespugli del sobborgo. Sono flessibili e forniti di lunghe spine, molto più lunghe, più acute e più dure di quelle dell'acacia. Se ne intreccia con precauzione (poiché pungono) una specie di fondo di canestro che Gli si applica sul capo. Se ne ribattono i bordi e con una fascia di giunchi ritorti si serra la testa tra la nuca e la fronte.
Le spine penetrano nel cuoio capelluto ed esso sanguina. (Noi chirurghi sappiamo quanto sanguini il cuoio capelluto). Già il capo è tutto invischiato di grumi; lunghi rìvoli di sangue sono colati sulla fronte, sotto la fascia di giunchi,
hanno inondato i lunghi capelli arruffati ed hanno riempito la barba.
La commedia dell'adorazione ha avuto inizio. A turno ciascuno piega le ginocchia davanti a Lui, con una smorfia spaventosa, seguita da un forte schiaffo : « Salve, Rè dei Giudei! )). Ma Egli non risponde. Il Suo povero viso, straziato ed impallidito, non ha un movimento. Davvero non è divertente !