00 21/09/2009 21:58
Rispondi
Consiglia  Messaggio 1 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°Teofilo  (Messaggio originale)Inviato: 27/12/2003 12.52

Quella che segue è un' interessantissima ricostruzione della Passione, scritta dal chirurgo Pierre Barbet, il quale studiando a fondo la Sindone, ponendo come altamente probabile che questo Telo abbia avvolto il corpo del Signore, ha messo in luce tanti particolari che non molti conoscono e che spingono ad una meditazione ancora più profonda su quanto il Signore Gesù ha effettivamente sofferto per redimerci.

Si tratta di alcune pagine del suo libro intitolato "PASSIONE DI N.SIGNORE secondo il chirurgo" che possono dare la possibilità a chi lo desidera, di scoprire ancor più profondamente i Suoi dolori sofferti per noi nella carne (a prescindere da quelli sofferti nella sua anima) e di capire un tantino di più di quanto Egli ci ami.



Prima  Precedente  2-7 di 7  Successiva  Ultima 
Rispondi
Consiglia  Messaggio 2 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 27/12/2003 12.53

La passione corporale di Gesù

Ho scritto queste considerazioni il giorno della Circoncisione del 1940.

Se esiste una leggenda radicata negli animi, essa è quella della durezza di cuore dei chirurghi : si dice che l'assuefazione affievolisce le sensazioni e che questa abitudine, sorretta dalla necessità d'un male per un bene, ci riduce in uno stato di serena insensibilità. Nulla di più falso. Se ci irrigidiamo contro l'emozione che non deve manifestarsi e, neppure interiormente, turbare l'atto chirurgico (come il pugile, istintivamente, contrae l'epigastrio dove attende il colpo), la pietà rimane in noi sempre viva ed anzi si affina con l'età. Quando ci si è chinati per anni sulla sofferenza altrui, quando la si è provata in noi stessi, si è certo più vicini alla compassione che all'indifferenza, poiché si capisce meglio il dolore e se ne conoscono meglio le cause e gli effetti.

Così un chirurgo, quando ha meditato sulle sofferenze della Passione, ne ha analizzato i tempi e le circostanze fisiologiche e si è sforzato di ricostruire metodicamente tutte le tappe di questo martirio di una notte e di un giorno, può, meglio del più eloquente predicatore, meglio del più santo degli asceti (a parte coloro che ne ebbero la visione diretta, e ne furono annientati), prender parte alle sofferenze del Cristo. Vi assicuro che è abominevole: per parte mia, sono giunto a non più osare di pensarvi. Sarà viltà, senza dubbio, ma ritengo che si debba avere una virtù eroica o non capire, che si debba essere santi o incoscienti, per poter fare una « Via Crucis ».

Quanto a me, non lo posso fare più.

Ed è tuttavia questa « Via Crucis » che sono stato pregato di scrivere : ed io non voglio rifiutarmi, certo che essa farà del bene. O bone et fluidissime Jesu aiutatemi. Voi che le avete sopportate, fate che io sia in grado di descrivere queste Vostre sofferenze. Forse, sforzandomi di rimanere obiettivo, opponendo all'emozione la mia « insensibilità » di chirurgo, potrò giungere sino in fondo. Se singhiozzerò prima della fine, mio povero amico che leggi, fa come me senza vergogna; vorrà soltanto dire che avrai capito. Seguimi dunque : abbiamo per guida i testi sacri e la Santa Sindone, il cui studio scientifico me ne ha dimostrato l'autenticità.

In realtà la Passione inizia alla Natività, poiché Gesù, nella Sua onniscienza, ha sempre saputo, visto e voluto le sofferenze che attendevano la Sua Umanità. Il primo sangue fu versato per noi nella Circoncisione, otto giorni dopo la nascita. Si può già immaginare che cosa dev'essere per un uomo la previsione esatta del suo martirio.

Di fatto è nel Getsemani che incomincierà l'olocausto. "Gesù, dopo aver dato ai Suoi la Sua carne da mangiare ed il Suo sangue da bere, li conduce con sè di notte, come al solito, nell'orto degli olivi. Li lascia sdraiare presso l'ingresso, conduce un po' più lontano i Suoi tre intimi e si allontana da loro di un tiro di sasso per prepararsi pregando. Sa che la Sua ora è venuta. Egli stesso ha mandato il traditore di Karioth : « quod facis^ fac citius » (ciò che devi, fallo presto -Giov., XIII, 27). Ha fretta di farla finita e lo vuole. Ma poiché ha rivestito, incarnandosi, quella forma di schiavitù che è la nostra umanità, questa si ribella ed inizia la tragedia della lotta tra la Sua volontà e la natura. « Coepit parere et taedere » (Incominciò ad atterrirsi ed attristarsi - marco 14, 33).

Quella coppa che Egli deve bere contiene due amarezze : anzitutto i peccati degli uomini di cui deve caricarsi, Egli il giusto, per redimere i Suoi fratelli, e questa è senza dubbio la prova più dura, una prova che non possiamo immaginare poiché i più santi di noi sono coloro che più vivamente sentono la loro indegnità e la loro infamia. Forse, comprendiamo meglio il prevedere, il soffrire in anticipo le torture fisiche, che Egli subisce già nel pensiero : eppure non abbiamo provato che il brivido retrospettivo delle sofferenze passate. Dev'essere qualcosa di indicibile : « Padre, se vuoi, allontana da me questo calice; però non si faccia la mia ma la tua volontà. - luca, 22, 42). E' qui la Sua Umanità che parla... e che si sottomette, poiché la Sua Divinità sa ciò che vuole da tutta l'eternità : l'Uomo si trova in un punto morto. I Suoi tre fedeli sono addormentati -per la tristezza - dice S. Luca (22, 45). Poveretti!


Rispondi
Consiglia  Messaggio 3 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 27/12/2003 12.54

La lotta è spaventosa : un angelo scende per confortarLo, ma nello stesso tempo per raccogliere, sembra, la Sua accettazione. -Ed entrato in agonia, pregava più intensamente : e diede in un sudore, come di grumi di sangue che cadevano sino a terra. -luca, 22, 44). Si tratta del sudor di sangue che alcuni esegeti razionalisti, subodorando qualche miracolo, hanno interpretato come simbolico. E' curioso constatare quante bestialità questi materialisti moderni possono dire in materia scientifica. Sottolineiamo che il solo Evangelista che riporta il fatto è un medico. Ed il nostro venerato collega Luca, medìcus carissimus, (Epist. di S. Paolo ai Colossesì), lo fa con la precisione e concisione d'un buon clinico. L'ematoidrosi è un fenomeno rarissimo ma esattamente descritto. Essa si produce, come scrive il Dott. Le Bec, « in condizioni particolissime: una spossatezza fisica accompagnata da una scossa morale, conseguenza di una profonda emozione, di una grande paura » (Le supplice de la d'oix, Parigi, 1925, loc. cit.) (« et coepit pavere et taedere). Il terrore, lo spavento e la scossa morale sono qui al massimo grado. E' ciò che Luca chiama « agonia » che, in greco, significa lotta ed ansietà. « E diede in un sudore, come di grumi di sangue, che cadevano sino a terra ».

A che serve spiegare il fenomeno? Una intensa vasodilatazione dei capillari sottocutanei che si rompono a contatto dei cul di sacco dei milioni di ghiandole sudoripare. Il sangue si mescola al sudore e si coagula sulla pelle, dopo essudazione. Ed è questo insieme di sudore e di grumi, che si raccoglie e discende per tutto il corpo in quantità sufficiente per cadere al suolo. Da notare che questa emorragia microscopica si produce in tutta la pelle, la quale è in tal modo già lesa nel suo insieme, per così dire indolenzita e resa fragile per tutti i colpi futuri. Ma andiamo avanti.

Ecco Giuda ed i servi del Sinedrio, armati di spade e di bastoni e recanti corde e lanterne. Vi è pure la coorte dei soldati del Tempio comandati dal loro tribuno. Ci si è ben guardati dall'avvisare i Romani e la coorte della torre Antonia. Il loro turno non verrà che quando gli Ebrei, dopo aver pronunziato la loro sentenza, cercheranno di farla ratificare dal procuratore. Gesù si fa avanti: una Sua parola basta a far cadere a terra i Suoi aggressori, ultima manifestazione del Suo potere, prima di abbandonarsi alla volontà divina. Il bravo Pietro ne ha approfittato per mozzare l'orecchia di Malco e, ultimo miracolo, Gesù l'ha riattaccata.

Ma la turba urlante s'è ripresa, ha legato il Cristo e lo conduce, senza riguardi, lo si può credere, non curandosi dei personaggi di secondo piano. E' l'abbandono, almeno apparente. Gesù sa che Pietro e Giovanni lo seguono di lontano marco, 15, 54; Giov., 19, 15) e che Marco non scamperà all'arresto se non fuggendosene nudo, dopo aver lasciato nelle mani delle guardie la « sindone » che lo copriva.

Ed eccoli davanti a Caifa ed al Sinedrio. E' notte fonda: non può trattarsi che di una istruttoria preliminare. Gesù rifiuta di rispondere : ha predicato apertamente la Sua dottrina. Caifa è disorientato, furioso ed una delle sue guardie, traducendo questo sdegno, da uno schiaffo all'imputato : così rispondi al sommo sacerdote ? - Giov. 18, 22).

Ma questo non è nulla : bisogna attendere il mattino, per poter udire i testimoni. Gesù è trascinato fuori della sala; nel cortile vede Pietro che l'ha rinnegato tre volte e con uno sguardo lo perdona. Lo si trascina in qualche sala sotterranea e la canaglia dei servi se la spasserà sulle spalle di questo falso profeta (debitamente legato), che ancora poco fa li ha gettati a terra con non si sa quale stregoneria. Lo si tempesta di schiaffi, di pugni, gli si sputa sul viso, e poiché non c'è modo di dormire, si cerca di divertircisi un poco. E, velatoGli il volto, ciascuno lo colpisce : gli schiaffi risuonano e questi bruti hanno la mano pesante : « Profetizza : dicci, Cristo, chi ti ha percosso ». Il Suo corpo è già tutto un dolore, la Sua testa rintrona come una campana; Egli è colto da vertigini... e tace. Con una sola parola, potrebbe annientarli « e non aprì bocca -Isaia, 53,7). Questa plebaglia finisce per stancarsi e Gesù attende.

Alle prime luci del giorno, seconda udienza, sfilata pietosa di falsi testimoni che non provano nulla. Bisogna che Egli stesso si condanni, affermando la Sua filiazione divina, e quel volgare istrione di Caifa proclama la bestemmia strappandosi le vesti. Oh, rassicuratevi: questi buoni Giudei prudenti ed avari hanno un abito preparato e ricucito leggermente che può servire un gran numero di volte ! Non resta che ottenere da Roma la condanna a morte che essa ha arrogato a sé in questo paese di protettorato.


Rispondi
Consiglia  Messaggio 4 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 27/12/2003 12.54

Gesù, già spossato per la fatica ed indolenzito per i colpi, verrà trascinato all'altro capo di Gerusalemme, nella città alta, alla torre Antonia, specie di cittadella di dove la maestà romana assicura l'ordine nella città troppo agitata per i suoi gusti. La gloria di Roma è rappresentata da un disgraziato funzionario, piccolo romano della classe dei cavalieri, un « arrivato » ben felice di esercitare il comando, tuttavia difficile, su un popolo fanatico, ostile ed ipocrita. Pilato è preoccupato di conservare il suo posto, ma si trova preso tra gli ordini imperativi di Roma e le mene sornione di questi Ebrei, spesso molto in favore presso gli imperatori. Ingomma, si tratta di un pover'nomo. Non ha che una rè ligione, se ne lia una, quella del Divus Caesar. E' il prodotto mediocre della barbara civiltà, della cultura materialista. Ma come prendersela con lui? E' come l'hanno fatto: la vita di un uomo ha per lui poco valore, soprattutto se non si tratta di un cittadino romano. La pietà non gli è stata insegnata e non conosce che un dovere : mantenere l'ordine. (A Roma s'immaginano che sia facile!). Tutti questi Ebrei litigiosi, mentitori e superstiziosi, con tutti i loro « tabù » e la loro manìa di lavarsi per nulla, la loro servilità e la loro insolenzà e le vigliacche denunce al ministero contro un amministratore coloniale che fa del suo meglio, tutto ciò lo disgusta. Egli lì disprezza... e li teme.

Gesù invece (eppure in quale stato gli compare dinanzi, coperto di ecchimosi e di sputi!), Gesù gli si impone e gli è simpatico; ed egli farà tutto quanto sarà in suo potere per strapparlo alle unghie di questi energumeni : « e cercava di liberarlo - Giov.19, 12).

« Gesù - egli dice - è Galileo : passiamolo a quella vecchia canaglia di Erode che recita la parte del reuccio negro e crede d'essere chi sa chi ». Ma Gesù disprezza quella volpe e non gli risponde verbo. Ed eccolo di ritorno con la turba urlante e quegli insopportabili farisei che schiamazzano in tono acutissimo, agitando le loro barbette. « Odiose queste chiacchiere ! Che restino fuori, visto che si sentirebbero contaminati se entrassero in un pretorio romano! ».

Ponzio interroga questo pover'uomo che lo interessa. E Gesù non lo disprezza. Ha pietà della sua invincibile ignoranza, gli risponde con dolcezza e tenta persino di istruirlo. « Ah - pensa Pilato - se non ci fosse questa canaglia che urla qui fuori, una buona sortita della coorte farebbe in fretta « cum gladio » (spada alla mano) a far tacere i più schiamazzanti e a disperdere gli altri. Non è molto che ho fatto massacrare nel Tempio qualche galileo troppo agitato. Sì, ma questi sornioni uomini del Sinedrio incominciano ad insinuare che non sono amico di Cesare e con questo non c'è da scherzare! E poi «per Èrcole » che cosa significano tutte queste storie di Rè dei Giudei, Figlio dì Dio, Messia? » Se Pilato avesse letto le Scritture, forse sarebbe stato un altro Nicodemo, poiché anche Nicodemo è un vile ; ma sarà la viltà a rompere gli argini. « Quest'uomo è giusto; io lo faccio flagellare (oh, la logica romana ) ; forse questi bruti ne avranno pietà ».

Ma anch'io sono un vile : perché se mi attardo a difendere questo "Quirite lamentevole^ è soltanto per ritardare il mio dolore. « Allora Pilato prese Gesù e lo fece flagellare - Giov.,19, 1).

I soldati di guardia conducono Gesù nell'atrio del Pretorio e chiamano alla riscossa tutta la coorte : le distrazioni sono rare in questo paese di occupazione. Tuttavia il Signore ha dimostrato spesso una speciale simpatia per i militari. Come ha ammirato la confidenza e l'umiltà di quel centurione e la sua affettuosa premura per il suo servo che Egli ha guarito ! (Nulla mi toglierà la convinzione che si trattava dell'attendente di quell'ufficiale di fanteria coloniale). E fra poco, il centurione di guardia al Calvario per primo proclamerà la Sua divinità. La coorte sembra presa da un delirio collettivo, che Pilato non ha previsto. Satana è là, a suggerire loro l'odio. Ma basta. Non più parole: soltanto colpi; e procuriamo

di andare sino alla tino. Essi lo spogliano e, del tutto nudo, lo legano per i polsi a una colonna dell'atrio, con le braccia sollevate in alto.

La flagellazione si effettua con delle striscio di cuoio multiple, su cui sono fissate, a qualche distanza dall'estremità libera, due palle di piombo o degli ossicini. (E' almeno a questo genere di flagrum che corrispondono le impronte della Sindone). Il numero dei colpi è fissato a 39 dalla legge ebraica. Ma i carnefici sono legionari scatenati, che andranno sino al limite della sincope. Infatti le tracce sulla Sindone sono innumerevoli e la maggior parte sulla impronta posteriore (la parte anteriore del corpo è contro la colonna) ; si vedono sulle spalle, sulla schiena, sulla regione lombare e anche sul petto. I colpi di flagello scendono sulle cosce, sui polpacci: e là, l'estremità delle striscie, oltre le pallottole di piombo, avvolge l'arto e lascia il suo solco fin sulla faccia anteriore delle gambe.

I carnefici sono due, uno da ciascun lato, e sono di ineguale corporatura (come si deduce dall'orientamento delle impronte sulla Sindone). Essi colpiscono accanitamente, con grande sforzo. Ai primi colpi le corregge lasciano delle lunghe tracce livide, delle lunghe ecchimosì bluastre sottocutanee. Si ricordi che la pelle è già stata alterata, resa più sensibile dai milioni di piccole emorragie intradermiche del sudor di sangue. Le palle di piombo determinano maggiori contusioni. Poi la pelle, infiltrata di sangue e resa più fragile, si apre sotto nuovi colpi. Il sangue zampilla; lembi di pelle si distaccano e restano pendenti. Tutta la parte pò steriore non è più che una superficie rossa su cui risaltano grandi solchi marezzati; e qua e là, le piaghe profonde dovute alle palle di piombo. Queste piaghe in forma di manubrio (le due palle e le striscie tra di loro) s'imprimeranno sulla Sindone.

Ad ogni colpo, il corpo trasale in un doloroso soprassalto. Ma Egli non apre bocca e questo mutismo raddoppia la furia satanica dei Suoi camitici. .Non è più la fredda esecuzione di un ordine giudiziario; è uno scatenarsi di demoni. Il sangue scorre dalle spalle tino a terra (le larghe lastre del pavimento ne sono coperte) e si sparge in pioggia, dai flagelli sollevati, fin sulle rosse clamidi degli spettatori. Ma ben presto le forze del suppliziato vengon meno : un sudor freddo inonda la Sua fronte, la testa Gli gira in una vertigine di nausea, brividi gli corron lungo la schiena. Le gambe cedono ed Egli, se non fosse legato molto in alto per i polsi, cadrebbe nella pozza di sangue. « Ha avuto quanto gli spettava, anche se non abbiamo contato. Dopo tutto, non abbiamo ricevuto l'ordine di ucciderlo a frustate. Lasciamo che si rimetta; possiamo ancora divertirci ».

« Ah ! questo scemo pretende di essere Rè, come se ce ne fossero sotto le aquile romane, e Rè dei Giudei ancora ; è il colmo del ridicolo. Ha delle noie con i suoi sudditi? Non ci pensi: noi saremo suoi fidi. Presto, un manto ed uno scettro». Lo hanno fatto sedere su una base di colonna (non è molto solida la Maestà!). La vecchia clamide d'un legionario sulle spalle nude Gli fa le veci della porpora regale ; una grossa canna nella destra e sarebbe perfetto, se non vi mancasse una corona : qualcosa di originale ! (Tra 19 secoli, contribuirà a farlo riconoscere questa corona, che nessun crocifisso ha portato). In un angolo, una fascina di quegli arbusti che abbondano nei cespugli del sobborgo. Sono flessibili e forniti di lunghe spine, molto più lunghe, più acute e più dure di quelle dell'acacia. Se ne intreccia con precauzione (poiché pungono) una specie di fondo di canestro che Gli si applica sul capo. Se ne ribattono i bordi e con una fascia di giunchi ritorti si serra la testa tra la nuca e la fronte.

Le spine penetrano nel cuoio capelluto ed esso sanguina. (Noi chirurghi sappiamo quanto sanguini il cuoio capelluto). Già il capo è tutto invischiato di grumi; lunghi rìvoli di sangue sono colati sulla fronte, sotto la fascia di giunchi,

hanno inondato i lunghi capelli arruffati ed hanno riempito la barba.

La commedia dell'adorazione ha avuto inizio. A turno ciascuno piega le ginocchia davanti a Lui, con una smorfia spaventosa, seguita da un forte schiaffo : « Salve, Rè dei Giudei! )). Ma Egli non risponde. Il Suo povero viso, straziato ed impallidito, non ha un movimento. Davvero non è divertente !