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Da: Soprannome MSN°Raptor  (Messaggio originale)Inviato: 26/03/2004 7.32
ISLAM E CATTOLICESIMO


( Diritto naturale, diritto positivo, legge mosaica, legge cristiana e
dottrina sociale.
Comprendere il problema della libertà religiosa, in rapporto al diritto
naturale, è fondamentale per capire la differenza sostanziale fra islam e
cattolicesimo )



La legge naturale - riassunta da Dio nei dieci comandamenti - è enunciata
soltanto nei suoi principi generali e, più da questi principi si passa alle
conclusioni, più riescono oscure e dubbiose le sue prescrizioni.
Conseguentemente sono sempre più possibili le divergenze di opinioni.

  La legge naturale, inoltre,  non è determinata circa tutte le questioni
che sono necessarie al bene comune: si richiede, quindi, la legge positiva
come una particolarizzazione, traduzione e determinazione della legge
naturale, con una maggiore specificazione e un adattamento ai vari casi
concreti e circostanze particolari: per es. il codice della strada, come e
quando si devono pagare le tasse, quando un'azione può essere tollerata
perché appartiene alla sfera privata ecc.

  La legge naturale è perfetta, la legge positiva, invece, è e sarà sempre
imperfetta e sempre perfettibile.

  Con Mosè inizia una formulazione primitiva del diritto positivo, un
tentativo di capire e applicare la legge naturale. La società di Israele era
una società rozza e pressoché anarchica, era priva di forze dell'ordine, il
potere centrale era debole, i giudici erano i capi famiglia - spesso
parziali o venali -: la legge del taglione veniva applicata da chiunque era
in grado di farlo, ma solo in questo modo poteva essere tutelato l'ordine
pubblico.

  La donna era proprietà del marito e poteva essere ripudiata  per qualsiasi
motivo   ( Deut 24,1 ), la poligamia era un dato di fatto e solo al sommo
sacerdote era prescritta la monogamia ( Levitico 21,13-14 ). La legge del
taglione - richiederai vita per vita, occhio per occhio, dente per dente
ecc-  ( Deut 19,21 ) segnava un progresso rispetto ai costumi primitivi
dove, per un piccolo oltraggio, veniva tolta la vita al colpevole. La donna
infedele era sempre considerata adultera ma la legge non esigeva la fedeltà
del marito: questi commetteva adulterio solo seducendo una donna sposata o
fidanzata e in questo caso è al matrimonio altrui che egli nuoceva e non al
suo, ledendo i diritti di proprietà dello sposo. Il padrone, inoltre, poteva
abusare sessualmente delle schiave ( Es.21,7-11).

  Gesù introduce novità radicali nella legge mosaica per condurla a pienezza
( Mt 5,17 ), il che significa purificarla dai precetti meramente umani ( Mt
15,9 ).

  Gesù fa questo soprattutto attraverso l'assistenza alla Chiesa da lui
fondata, mediante lo Spirito Santo che ispira il Magistero e fa emergere con
crescente chiarezza, nel corso dei secoli, tutta la verità che era contenuta
nelle parole dette da Gesù.

  Dal magistero della Chiesa nasce e si sviluppa la dottrina sociale che
fornisce ai laici i criteri di giudizio e i principi di riflessione per
valutare la maggiore o minore conformità dei sistemi politici in rapporto
alle esigenze della legge naturale. La Dottrina sociale indica quelle regole
fondamentali entro cui i sistemi politici, la scienza giuridica e quella
economica possono muoversi in piena autonomia dando luogo ad una pluralità
di scelte diverse e tutte legittime       ( cfr Giovanni Paolo II, Il Papa
alla Chiesa Italiana,1 aprile 1985, Elle di ci,  p.18, anche in L'
Osservatore Romano 1 novembre 1981; cfr  Congregazione per la dottrina della
fede,  Libertà cristiana e liberazione        n. 72 ).

  Giovanni Paolo II insegna che la Chiesa cattolica non si identifica con
alcuna società e con alcuna cultura ma la Chiesa giudica positivamente la
direzione, l'orientamento intrapreso da una società verso l'amicizia con
Dio. In questo senso, Pio XII insegnava che non si deve identificare
medioevo e civiltà cattolica ma si deve giudicare positivamente lo sforzo
compiuto dalla società medioevale per dirigersi verso l'amicizia con Dio (
cfr  Giovanni Paolo II, Insegnamenti vol. V, 1, p.131; Pio XII, Discorsi e
radiomessaggi, vol. IX, p.77 ).

  Ogni cristianità sarà sempre e soltanto un tentativo imperfetto e
perfettibile di conoscere e applicare la legge naturale. Per questo motivo
ogni società che si dirigerà verso l'amicizia con Dio non potrà mai
costruire il paradiso in terra: - noi cristiani sappiamo che il - paradiso
in terra - è tramontato dai tempi di Adamo ed Eva, e che i nostri sforzi non
raggiungeranno mai la società perfetta: semplicemente perché il peccato è
nell'uomo e, anche con le leggi umane più perfette, produce frutti di
ingiustizia e di morte. Gesù ha una frase terribile:- i poveri li avrete
sempre con voi-( Mt 26,11; Gv 12,8 ).-

( Piero Ghedo in Piero Gheddo e Roberto Beretta, Davide e Golia, i cattolici
e la sfida della Globalizzazione, ed. San Paolo, Cinisello Balsam-Milano
2001, p.83 ).

  Poiché i nostri sforzi non raggiungeranno mai la società perfetta, nessuna
società che si dirigerà verso l'amicizia con Dio sarà uguale alle precedenti
cristianità che si sono incarnate nella storia: l'unico dato comune sarà la
tensione, lo sforzo fatto per dirigersi verso la legge naturale.

  Il pensatore cattolico Gòmez Dàvila scrive:- la cristianità non ha mai
preteso, né lo pretenderà se riuscita, di essere il Regno di Dio. Ma una
società di peccatori cristiani-  Gòmez Dàvila precisa anche che il cattolico
controrivoluzionario - non auspica che si torni indietro, ma che si cambi
direzione-.

  Questo è l'autentico significato dell'insegnamento di Nostro Signore -
Date a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare -, cioè ,
come spiega il Magistero della Chiesa da Lui assistito, tale insegnamento
riguarda la distinzione fra potere temporale e autorità spirituale, fra
legge naturale e legge positiva, fra paradiso e mondo. Questa distinzione è
assente nella religione mussulmana perché in tale religione non c'è il
concetto di peccato originale. Per tale motivo il mussulmano identifica il
Regno di Dio con la situazione di massimo potere temporale esercitato dalle
popolazioni mussulmane stesse. La religione mussulmana è una religione
politica che, non riconoscendo la distinzione fra Cesare e Dio, non
riconosce il diritto della persona umana alla libertà religiosa: infatti,
nei paesi mussulmani il passaggio dall'Islam al cristianesimo è punito con
la morte fisica e, nei casi migliori, con la morte civile.

( cfr Giovanni Cantoni, Aspetti in ombra della legge sociale dell'Islam, ed,
Centro Studi sulla Cooperazione - A. Cammarata -, San Cataldo   (
Caltanisetta )  2000 ).

  Il teologo mussulmano Ghaleb Bencheikh, il cui padre è stato rettore della
Moschea di Parigi, in un libro intervista - Che cosè l'islam? Per favore
rispondete. Mondadori, Milano, Gennaio 2002- cerca di dimostrare le affinità
dell'islam con il cristianesimo.

  Nonostante le tante affinità che Bencheikh sottolinea, egli stesso non
riesce a nascondere alcune differenze sostanziali.

  Anche se egli dice che nessun hadith di Maometto parla in modo specifico
della organizzazione politica, è costretto ad ammettere che nel testo
coranico non c'è l'equivalente del - date a Cesare quel che è di Cesare -
( p.75 op. cit. ) che distingue la religione dalla politica.

  Ugualmente, anche se dice che nel Corano non è prevista la punizione
legale per l'apostata, è costretto ad ammettere che l'islam applica per l'
apostata la legge mosaica la quale prevede la pena capitale.

  L'islam rimane fedele alla legge mosaica, considerata non come una
formulazione primitiva del diritto positivo ma come legge di Dio ( p.79
op.cit.).

   La dottrina sociale della Chiesa in tema di libertà religiosa è in
armonia con la distinzione che deve essere posta fra Cesare e Dio, ma nello
stesso tempo è in armonia con il rispetto che deve essere dovuto alla legge
naturale.

  Il Concilio Vaticano II che, nella dichiarazione Dignitatis Humanae del 7
dicembre 1965, si occupa in maniera organica del problema della libertà
religiosa dice:" - (.) questo Concilio rimedita la tradizione sacra e la
dottrina della Chiesa, dalle quali trae nuovi elementi in costante armonia
con quelli già posseduti -" ( Dignitatis Humanae n.1 )

  Il diritto alla libertà religiosa non è la licenza morale di aderire all'
errore né un implicito diritto all'errore

( cfr Leone XIII lett.enc. Libertas praestantissimum; Dignitatis Humanae
n.2; Catechismo della Chiesa Cattolica n.2108 ).

  Tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verità, specialmente in
ciò che concerne Dio e la sua Chiesa, e sono tenuti ad aderire alla verità
man mano che la conoscono e a rimanerle fedeli

( cfr Dignitatis Humanae n.1; Catechismo della Chiesa Cattolica n.2104 ).

  A fondamento del diritto alla libertà religiosa, dice Giovanni Paolo II,
"-(.) non c'è il relativismo o l'indifferentismo religioso, quasi non
esistesse una verità ed ogni opzione rivestisse lo stesso valore. C'è invece
la dignità della persona umana, la quale ha, per natura, il diritto e il
dovere di cercare la verità, e può farlo in modo veramente umano, solo se è
effettivamente libera"

( Angelus del 18-2-1996 cfr G. Cantoni, M. Introvigne, Libertà religiosa,
sette e diritto di persecuzione, cristianità, Piacenza 1996, p.23 ).

  Tale diritto alla libertà religiosa, inoltre, non si contrappone alle
esigenze della carità che spinge i cristiani ad indicare agli uomini la vera
fede e la vera religione e non può porre sullo stesso piano tutte le
religioni come se fossero tutte egualmente vere ( cfr Dignitatis Humanae
n.14 ).

  Che cos'è, dunque, questo diritto alla libertà religiosa?  Questo diritto
consiste nella legittima pretesa della persona di non patire coazione
sociale e politica in campo religioso: si tratta di una immunità ( cfr  G.
Cantoni, op. cit. p.23 ).

  In materia di religione gli esseri umani devono essere immuni dalla
coercizione da parte del potere umano, non devono essere forzati ad agire
contro le proprie coscienze e non devono essere limitati o impediti fino a
quando, nell'esercizio della loro libertà, non vengono a ledere i diritti
naturali degli altri uomini: ogni individuo ha diritto, nei confronti del
potere umano, alla libertà religiosa che include il diritto di manifestare
il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e include
anche il diritto di poter cambiare religione.

  Il diritto al libero esercizio della religione non può essere illimitato
ma deve essere contenuto entro i giusti limiti di norme giuridiche conformi
alla legge morale naturale: il libero esercizio della religione diventa
reato quando calpesta i diritti naturali, sacri ed inviolabili degli uomini
( cfr Pio VI, Breve Quod Aliquantm;  Pio IX lett. Enc. Quanta Cura;
Dignitatis Humanae n. 2 e n.7 ).

  Lo stato non può ammettere, ad esempio, quelle azioni compiute in nome
della religione che comportano il suicidio collettivo, l'uccisione della
moglie quando muore il marito, la mutilazione degli organi genitali
femminili, la poligamia che nega i diritti della donna, la pena di morte per
chi cambia religione.

  Nella dottrina della Chiesa bisogna distinguere tra la legge evangelica
( che riguarda soltanto coloro che hanno il dono della fede ) e la legge
morale naturale  ( che è la legge di Dio scritta nella natura umana e
riassunta da Lui nei comandamenti  dopo  il peccato originale ), legge
morale da cui nascono i diritti umani naturali i quali, in quanto naturali,
riguardano non solo i cristiani ma tutti gli uomini.

  I diritti naturali fondamentali dell'uomo, della famiglia e della comunità
devono costituire il fondamento della stessa democrazia se essa non vuol
diventare una democrazia totalitaria.

  Se la stessa democrazia non si riconosce limitata da regole ultime che
neppure il principio di maggioranza può cambiare, che cosa impedirà alla
metà più uno dei consociati di votare per la distruzione della democrazia
stessa? Che cosa impedirà alla metà più uno dei consociati - in tempo di
odio etnico - di votare per la pulizia etnica e per la persecuzione di un'
etnia minoritaria ? Queste regole ultime, questi diritti naturali
fondamentali devono costituire quell'unità fondamentale, di cui parla
Giovanni Paolo II, che deve venire prima di ogni pluralismo, anzi, è proprio
tale unità che consente al pluralismo di essere legittimo e fruttuoso.

( cfr Giovanni Paolo II, ai partecipanti al Congresso promosso dalla CEI nel
90° anniversario della Rerum Novarum, L'osservatore Romano 1 novembre
1981 ).

  Questi diritti  sono anteriori alla società e ad essa si impongono. Essi
sono il fondamento della legittimità morale di ogni  autorità: una società
che li irride o rifiuta di riconoscerli nella propria legislazione positiva,
mina la propria legittimità morale.

( cfr Catechismo della Chiesa Cattolica  n.1930, 1957, 2070, 2071, 2073 ).

  I cristiani laici devono continuamente adoperarsi, mediante mezzi legali e
con il dibattito razionale, per porre alla base dell'ordinamento giuridico
il rispetto della legge morale naturale.

( cfr Catechismo della Chiesa Cattolica n.2105; Concilio Vaticano II,
Apostolicam actuositatem n.5, n.7 e n.13, Gaudium et spes n.41 ).

  Il libero esercizio della religione, se contenuto entro i giusti limiti
costituiti dal rispetto dei diritti umani, non si contrappone alla legge
morale naturale. Il diritto alla libertà religiosa della persona nei
confronti dello stato non abolisce il dovere dello stato ( quando la
maggioranza è cattolica ) di dare alla religione cattolica un particolare
aiuto e un particolare riconoscimento come, ad esempio, garantire l'
insegnamento della dottrina cattolica nelle scuole pubbliche ( per chi ne fa
richiesta ), come esporre il simbolo della croce nei locali pubblici,
riconoscere come feste dello stato alcune feste della religione cattolica.
Lo stato è espressione della società e se la società è nella sua maggioranza
cattolica, lo stato è tenuto a riconoscere e rispettare questo dato di
fatto, allo stesso modo in cui, per esempio, riconosce come particolarmente
rappresentativi solo certi sindacati, pur garantendo piena libertà sindacale
a tutti.

  I cristiani sono chiamati ad essere la luce del mondo e a manifestare la
regalità di Cristo su tutta la creazione e in particolare sulle società
umane. Lo stato, quando la sua maggioranza è costituita da cristiani, ha il
dovere di far conoscere agli uomini il culto della vera religione

( cfr Leone XIII lett. Enc. Immortale Dei; Pio XI lett.enc. Quas primas ;
Catechismo della Chiesa Cattolica n.2105 ).

 L'ordinamento giuridico dello stato ( considerate le caratteristiche
culturali di un popolo ) può attribuire ad una comunità religiosa uno
speciale riconoscimento civile purché, nello stesso tempo, venga rispettato
il diritto di tutte le persone alla libertà in materia religiosa

(  cfr Concilio Vaticano II, Dignitatis humanae n.1; Catechismo della Chiesa
Cattolica n. 2107 ).

  Il diritto alla libertà religiosa non si contrappone, dunque, alla
regalità sociale di Cristo.

    Il Concilio Vaticano II "- (.) lascia intatta la dottrina tradizionale
cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera
religione e l'unica Chiesa di Cristo-" ( Dignitatis Humanae n.1 ).

  Un'ultima riflessione è necessaria sul libero esercizio del pensiero e
delle opinioni nella società e sulle sue implicazioni con il bene comune.

  La libertà di pensiero è un diritto riconosciuto dalle società
democratiche ma le stesse democrazie si rendono conto che il libero pensiero
non è sempre innocuo perché alcune idee, che contrastano fortemente con i
diritti umani, possono indurre altri a commettere reati.

  Nella stessa società di oggi, dove è diffuso il relativismo etico, alcune
manifestazioni del libero pensiero, come quelle a favore del razzismo e dell
'antisemitismo, sono spesso condannate e punite come apologia di reato
perché contrastano con i valori condivisi da larga parte della società.

  In questo caso il cattivo teorico viene riconosciuto capace di istigare e
indurre gli altri a commettere reati: le cattive idee, infatti, precedono
sempre le cattive azioni.

  Se, ad esempio, i teorici del razzismo fossero stati fermati in tempo, la
società, forse, non avrebbe conosciuto Adolf  Hitler e  l'olocausto.

  Se è vero che nella storia ci furono abusi commessi da parte di alcuni
uomini della Chiesa, è pure vero che questo avvenne soltanto quando la
cristianità fu aggredita dai suoi nemici. Tali abusi, tuttavia, non devono
far dimenticare l'evento miracoloso ed unico nella storia rappresentato
dalla prima evangelizzazione.

  La prima evangelizzazione dura tre secoli, dal 33 al 383  ( editto di
Tessalonica ): la diffusione del cristianesimo nella società, nella cultura
e nelle istituzioni avviene con la sola testimonianza e con la sola
predicazione. Tre secoli in cui non ci sarà un solo atto di violenza da
parte di un solo cristiano.

  Maometto, a differenza di Nostro Signore Gesù Cristo, non operò miracoli a
conferma della autenticità della sua rivelazione ma come segno della sua
missione divina disse di essere stato mandato con la potenza delle armi.
Potenza delle armi, dunque, come surrogato del miracolo e come segno divino.

  - Al di là delle valutazioni che si possono esprimere sull'Islam, resta il
fatto che, storicamente, esso si diffuse grazie alla forza delle armi.

  L'espansione islamica ha inizio subito dopo l'Egira (622). Dai primi colpi
di mano a danno delle carovane di passaggio si passa ad attacchi sempre più
impegnativi fino a condurre vere e proprie battaglie, come quella di Al-Badr
con la quale l'armata islamica conquista la Mecca.

  Maometto prende parte a non meno di 80 battaglie. Il fatto più sanguinoso
della sua carriera bellica è senz'altro l'esecuzione di 900 ebrei del clan
Banu Curayza, colpevoli di non voler sottomettersi (.) Poco prima di morire
Maometto ordina di invadere l'Impero Bizantino varcando i suoi confini in
Transgiordania-

(  Islam: religione di pace?, in  Tradizione, famiglia, proprietà, anno 7,
n.3-4, settembre-novembre 2001, filiale di Padova, p.25 ).


( Bruto Maria Bruti )