L'elezione dei vescovi in Occidente Non c’è stato un uso costante ed uniforme, però si può indicare la seguente linea evolutiva: a) Nei primi secoli della Chiesa (III-V sec.), concorrono ad eleggere il vescovo tutti i capifamiglia cristiani della diocesi (cfr. il caso di s. Ambrogio a Milano). b) Quando i vescovi assunsero anche importanza politica (da Costantino - IV sec.- in poi) ed essere vescovo divenne anche un titolo d’onore, iniziarono allora ad esserci fra i cristiani controversie e divisioni per l’elezione del vescovo. Per evitare questo, l’elezione venne affidata al clero. c) In un successivo momento (V-VI sec.), sempre per evitare litigi dovuti ad ambizione di potere, si incaricarono di eleggere il vescovo solo i «notabili» del clero (canonici), oppure alcune famiglie potenti (cfr. quanto avvenne per il vescovo di Roma, eletto, anche ora, dai notabili del clero di Roma, i cardinali, anche se di fatto i cardinali sono sparsi in tutto il mondo). d) In varie occasioni e luoghi (VI-XI sec.), intervennero nell’elezione del vescovo i príncipi, i re e poi l’imperatore del Sacro Romano Impero - o per ingerenza autonoma (principio: "cuius regio eius et religio", cioè il re ha anche il potere religioso); - o su invito dei fedeli che non erano riusciti a mettersi d’accordo sulla persona da eleggere; - o per richiesta dell’eletto stesso, che desiderava avere maggiore autorità od eliminare contendenti. Questo fece sì che lentamente la massima autorità politica, cioè l’imperatore, cominciasse ad eleggere a vescovi persone di suo gradimento o a confermarne l’elezione (investitura). Spesso, assieme al potere spirituale, l’imperatore dava anche al vescovo un potere politico (vescovi-prìncipi, marchesi, duchi o conti). Questo modo di elezione fu accolto abbastanza bene dal popolo cristiano, in base al principio che anche l’autorità politica veniva da Dio (Rom 13). Questo sistema, in vari casi, produsse però gravi inconvenienti: 1. vescovi eletti con criteri non religiosi, ma politici o militari; 2. vescovi che risiedevano normalmente alla corte imperiale, mentre la loro diocesi era spiritualmente abbandonata; 3. vescovi senza una formazione teologica adatta, più signorotti medievali che pastori. Tutto questo provocò grande decadenza spirituale e morale nel clero e nel laicato cristiano. e) Nel sec. XI il movimento monastico, soprattutto di Cluny, cercò di reagire a questi inconvenienti in nome della "libertas Ecclesiae". Personificazione di questa reazione fu il monaco di Cluny, Ildebrando di Soana, divenuto papa nel 1073, col nome di Gregorio VII. Egli volle liberare la Chiesa d'Occidente dalla tutela-oppressione dell’imperatore, onde poter avere pastori (vescovi e preti) che fossero all’altezza del loro compito. Per questo diede inizio alla lotta per le investiture. Essa si concluse nel 1122 col trattato di Worms: le nomine dei vescovi in Occidente diventarono di competenza del vescovo di Roma. Questo fatto ha lasciato l'impressione nel popolo cristiano occidentale che il papa fosse il capo della Chiesa universale. f) La lotta ebbe ancora qualche ripresa nel 1200, ma terminò con Innocenzo III (Concilio Lateranense IV del 1215). g) Alla fine del 1300 ritornò l’ingerenza statale nella nomina dei vescovi, ma questa volta per concessione pontificia (vari concordati), fatta soprattutto per ottenere per la Chiesa di qualche nazione o per lo Stato Pontificio "beni maggiori" (?). Sorsero così varie forme di regalismo 1 (gallicanesimo, giuseppinismo...), che rimasero fino alla Rivoluzione Francese (fine 1700). h) Nel 1800-1900 si stipularono vari concordati fra stati e Santa Sede, che permisero ancora ingerenze statali nelle nomine dei vescovi (si richiedeva infatti almeno il gradimento statale del vescovo eletto, oppure la scelta da parte dello stato su una terna di nomi, ...). Alcuni stati intervennero anche nella elezione del vescovo di Roma. Il culmine fu raggiunto nel 1904 col veto posto dall’Austria all’elezione a papa del card. Rampolla, veto che portò all’elezione di Pio X, il quale però, con un suo decreto, eliminò (speriamo per sempre) ogni ingerenza degli stati nell’elezione del papa. i) Il Concilio Vaticano II invitò i capi di stato cattolici (erano solo più Spagna e Portogallo) a rinunciare spontaneamente ai diritti e privilegi che avevano in relazione alla nomina dei vescovi e fece voti che in futuro non fossero più concessi (Decreto sull’Ufficio Pastorale dei Vescovi n. 20 del 28.X.1965). Oggi ci sono pressioni perché il vescovo torni ad essere eletto dai cristiani, come già si faceva in antico. Tuttavia, data l'attuale confusione su chi è cristiano e chi non lo è (basta essere battezzati da piccoli per essere cristiani?), questa proposta sembra per ora irrealizzabile.Un'evoluzione analoga all'elezione dei vescovi si è avuta nei modi per scegliere i preti da ordinare. Col tempo è prevalsa la consuetudine di affidare al vescovo e ai suoi collaboratori il totale controllo sulla formazione e sull'elezione dei preti. Tuttavia il popolo cristiano in molte occasioni è stato chiamato ad esprimere il proprio consenso (applausi) oppure la propria eventuale opposizione all'ordinazione. |