Nell'AT è presente la consacrazione di persone per un servizio particolare mediante l'imposizione delle mani o l'unzione. L’imposizione delle mani indica che Dio separa, mette da parte una persona che si è scelta, ne prende possesso, le conferisce autorità e capacità di esercitare una funzione. Tutte le forme di consacrazione presenti nell'AT, però, sono compatibili con il matrimonio: non erano concepite forme di vita alternative ad esso. Per gli Ebrei, infatti, la vita della donna, insieme a quella dell'uomo, trova il suo orientamento e la sua realizzazione nella procreazione in base alla benedizione di Gen 1, 28 «Siate fecondi e moltiplicatevi», la benedizione di Dio consiste nella fecondità della donna e in una numerosa prole (Cfr. Sal 127). Le situazioni di vita celibataria erano eccezionali, isolate e limitate nel tempo, e per motivi contingenti. Singolare è il caso del profeta Geremia cui Dio ordina di non prendere moglie come annuncio dell’imminente castigo (Ger 16, 2).
Molto sviluppato e ricorrente è inoltre il simbolismo che rappresenta l'alleanza del popolo d'Israele con Dio: tali sono la figura della «virgo Sion» e l'immagine della sposa, chiamata ad una fedeltà di amore con il Signore suo Sposo. E' la preparazione al nuovo modo di concepire la vita che avverrà con il N.T. cioè il Cristo Gesù.
La verginità di Israele non sta più a designare quei connotati negativi espressi precedentemente in nota, quanto la sua illibatezza, avulsa da qualsiasi prostituzione religiosa, fedele all'amore di Dio, pronta come sposa adorna in prossimità della nuova alleanza; già nel profeta Isaia il matrimonio tra un giovane e una vergine simboleggia le nozze tra il Signore e Israele (Is 62, 5).
Alle soglie del NT ci è presentata la figura di Giovanni Battista che con la sua vita di asceta e celibitaria, prepara la venuta del Messia e si chiama amico dello Sposo (Gv 3, 29).
Gesù vive la sua vita terrena come dono totale, nella dedicazione completa alla volontà del Padre e alla salvezza dell'umanità e indica la scelta della verginità per il Regno (Mt 19, 12, dimensione cristologica). Non si tratta di un precetto (1Cor 7, 25), ma di una chiamata personale di Dio, di un carisma (1Cor 7, 7), poiché questo stato di vita consente di dedicarsi maggiormente al Signore (1Cor 7, 32-35). L'accento non è messo sullo stato fisico, biologico, ma sulla dedizione totale della persona a Cristo e sul servizio per il Regno.
Maria è la prima che intuisce il valore della verginità per il Regno e realizza nella sua vita la congiunzione della verginità e della maternità: i racconti dell’infanzia in Matteo e in Luca presentano il concepimento verginale di Maria, unico in tutta la storia biblica: se vi è, infatti, una certa analogia con alcune donne sterili che hanno concepito per uno speciale intervento di Dio che ha superato una situazione di sterilità, in nessun luogo si parla comunque di concepimento verginale.
Sia per Matteo sia per Luca la verginità di Maria non ha un semplice significato biologico: è la verginità per il Regno, assoluta novità del Vangelo che Maria per prima ha compreso.
Vi è ancora la prospettiva ecclesiologica, fatta risaltare da San Paolo nel capitolo 7 della prima lettera ai Corinzi, che indica come tutta l'esistenza cristiana si realizza in un amore autentico e fedele per Cristo: si comprende come sia il matrimonio cristiano sia la verginità consacrata realizzino nella Chiesa l'amore sponsale nella modalità loro propria, diventando così il simbolo dell'alleanza sponsale tra Cristo e la Chiesa sua sposa, e richiamando ogni cristiano a vivere l'integrità della fede, che Sant'Agostino qualifica come «virginitas cordis». La verginità di Maria, la vergine per eccellenza figura della Chiesa vergine e sposa, è in prospettiva della sua missione di concepire il Santo, il Figlio di Dio: questo è possibile per l’integrità della sua fede in Dio.
La consacrazione verginale contiene anche una dimensione escatologica (1Cor 7, 26. 29. 31): è testimonianza della non appartenenza dei cristiani a questo mondo, segno della tensione della Chiesa verso la meta finale, anticipazione dello stato di risurrezione (Lc 20, 34ss e par. ). Nella Gerusalemme celeste tutti gli eletti sono chiamati vergini (Ap 14, 4), in quanto non si sono contaminati con gli idoli: appartengono alla città celeste, la sposa dell'Agnello.
Il vivere nella verginità è la proposta che Cristo stesso fa a chi desidera seguirlo, a chi vuol divenire suo discepolo (Lc 14, 26-27): «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria stessa vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me non può essere mio discepolo». Gesù non intende abolire il quarto comandamento: «Onora tuo padre e tua madre», ma enuncia le esigenze supreme radicali della sua sequela: il lasciar tutto, compresa la vita coniugale e poi portare la propria croce, ciò significa non solo separazione e rinuncia, ma anche preferenza esclusiva; verginità e croce sono intimamente unite, la croce è quella di ogni giorno, non è intesa, come negli altri due vangeli sinottici, nel senso di strumento di supplizio e di morte, ma è in riferimento ad una vita di mortificazione, di kènosis (spogliamento) perché possa manifestarsi la gloria del Signore. Diviene così oblazione cultuale, cioè offerta sacrificale innalzata a Dio, offerta santa (1Cor 7, 34) che rende partecipi alla esaltazione del sacrificio dell'Agnello di Dio (Ebr 9, 7-12) e alla unione divina, quindi la verginità assume non solo il carattere di kènosis, ma anche di koinonìa (comunione) con la Gerusalemme celeste.
Si può, quindi, affermare che il significato religioso della verginità è una prerogativa della rivelazione cristiana: fedeltà in un amore esclusivo per Dio...
continua.....