00 08/01/2010 18:08

In Olanda non c'è più posto per il bambino Gesù. O invece sì

Chiese che non sono più chiese ma condominii, negozi o moschee. Un cattolicesimo in pericolo di sparire. Un reportage da Amsterdam con un'intervista al cardinale Simonis: "Dobbiamo ricominciare da capo"

di Sandro Magister




ROMA, 30 dicembre 2009 – Fino a mezzo secolo fa, il cattolicesimo olandese e fiammingo appariva di costituzione robusta, forte delle sue tradizioni, attivo nelle missioni. Un suo simbolo era padre Jozef Damiaan de Veuster (1840-1889), apostolo dei lebbrosi in un'isola del Pacifico, proclamato santo da Benedetto XVI lo scorso 11 ottobre.

Pochi giorni fa, alla vigilia di Natale, è morto a Nimega all'età di 95 anni un altro grande simbolo di questo cattolicesimo, il teologo domenicano Edward Schillebeeckx, fiammingo di nascita, olandese d'elezione.

Simbolo però, questo, non della fioritura ma dell'impressionante decadenza che la Chiesa delle Fiandre e dell'Olanda ha vissuto nell'ultimo mezzo secolo.

Schillebeeckx ha riflesso questa metaformosi nella sua stessa vita di teologo. Negli anni del Concilio Vaticano II e del primo dopoconcilio fu una star di risonanza mondiale, campione della nuova teologia al passo con la cultura dominante. Ma poi fu quasi dimenticato, anche da quei cattolici che l'avevano osannato.

L'oblio che è caduto su di lui è andato di pari passo con ciò che nel frattempo accadeva nel cattolicesimo olandese, sempre più dimentico di sé, sempre più secolarizzato, sempre più in pericolo di scomparire.

L'inchiesta riprodotta qui sotto fotografa l'attuale profilo della Chiesa cattolica in Olanda. Un paese nel quale oggi il 41 per cento della popolazione dichiara di non avere alcun credo religioso e il 58 per cento non sa più che cosa sia il Natale. Una Chiesa nella quale vi sono domenicani e gesuiti che teorizzano e mettono in pratica messe senza più sacerdozio né sacramento cristiano, nelle quali sono i presenti a "consacrare" collettivamente, attorno a "una tavola aperta anche a gente di differenti tradizioni religiose".

Tutto questo mentre contemporaneamente una città come Rotterdam è stata ampiamente islamizzata, come www.chiesa ha mostrato in un servizio choc di pochi mesi fa.

L'inchiesta che segue è di Marina Corradi ed è stata pubblicata il 23 dicembre su "Avvenire", il quotidiano di proprietà della conferenza episcopale italiana. Ha per epicentro Amsterdam.

Accompagna il reportage un'intervista al cardinale Adrianus Simonis, arcivescovo emerito di Utrecht.

__________



Ad Amsterdam, che cosa resta del Natale

di Marina Corradi



Amsterdam­ è festosa, in questi giorni natalizi. Sfarzose luminarie illuminano la Damrak e piazza Dam. Piste di pattinaggio affollate di ragazzi ridenti, Babbi Natale, e le note di “Jingle bells” che escono dai grandi magazzini affollati. Ma cosa resta del Natale in un paese fra i più secolarizzati d’Europa, dove il 58 per cento della popolazione, secondo un’indagine, non sa cosa esattamente­ è accaduto, quel giorno? In un paese con 900 mila immigrati arabi su 16 milioni di abitanti, e venti moschee nella sola Amsterdam?

La Oude Kerk, la più antica chiesa della città, costruita nel 1309, si erge con la sua mole nel cuore del centro. Attorno,­ il Red Light District, il quartiere a luci rosse. Dalle vetrine in cui stanno esposte, le prostitute sudamericane e dell’Est bussano ai vetri per attirare l’attenzione dei passanti. Qualcuna indossa un berretto da Babbo Natale. Le guardi e cerchi di immaginare quale storia le ha condotte qui. Loro sorridono, ammiccanti. Ma le mille luci della città sono una ubriacatura che copre la falsa allegria di questi vicoli. Vai oltre. La Neuwe Kerk, la chiesa dove venivano incoronati i re d’Olanda, ­è un museo. L’unica­ "chiesa" affollata in città­ è di Scientology, sei piani in pieno centro. "Istituto di tecnologia religiosa"­, si legge su un manifesto all’interno. Offrono, gratis, test sullo stress. C’è un sacco di gente.

È strano questo susseguirsi di chiese che non sono più chiese: ma condominii, locali, moschee. Osservi i netturbini, i manovali nelle strade, i camerieri nelle pizzerie: sono quasi tutti marocchini o turchi. Quasi un milione di mani. E anche se quasi altrettanti immigrati vengono da paesi cristiani, gli olandesi, di tutti questi islamici, hanno paura. Il partito di Gert Wilders, della destra populista, è ­il secondo per consensi, e le elezioni sono fra pochi mesi. Due terzi degli olandesi dicono che gli immigrati sono troppi. In periferia ci sono quartieri come Slotervaart, ghetti unicamente islamici, dove incontrare un olandese è ­quasi impossibile. Se ne sono andati tutti. Rotterdam poi ha una percentuale di islamici ancora più alta, e un sindaco musulmano. Un giornale americano l’ha chiamata "incubo Eurabia"­. In realtà, le donne velate che incontri nel centro delle città olandesi sono meno numerose che in certi quartieri di Milano. Benché gli omicidi di Van Gogh e Fortuyn abbiano scosso profondamente gli olandesi, ed esistano imam fondamentalisti, in grande maggioranza gli islamici sembrano voler lavorare e vivere in pace.

La paura dell’­Eurabia­ sembra in verità solo un fatto conseguente a un fenomeno ancora più radicale: la secolarizzazione quasi totale di un paese che, fino all’ultima guerra, era cattolico o protestante, comunque cristiano. Un crollo: solo il 7 per cento dei cattolici oggi va a messa la domenica. Viene battezzato il 16 per cento dei bambini. Su nozze gay ed eutanasia l’Olanda­ è stata pioniera. ­"Dopo il Concilio Vaticano II – dice il professor Wim Peeters, insegnante al seminario della diocesi di Haarlem-Amsterdam – la Chiesa olandese­ è entrata in una crisi profonda. La generazione degli anni Cinquanta se ne­ andata, e ha dimenticato di educare i suoi figli". Nel 1964 anche l’insegnamento religioso nelle scuole­ è stato abolito. Due generazioni di olandesi hanno dimenticato l’alfabeto cristiano. Nel registro del seminario di Haarlem, il numero dei preti ordinati precipita alla fine degli anni Sessanta. Nel 1968, nemmeno uno. "­Io credo – dice Peeters – che non avremmo niente da temere dall’islam, se fossimo cristiani. E spesso sembra che gli olandesi oggi abbiano paura di tutto: di avere figli, come degli immigrati. Ma la paura è l’esatto contrario della fede".

Cercando, ancora, il Natale, in Oudezijds Voorburgwal al numero 40, nel Red Light District, c’è un piccolo portone. All’ultimo piano del Museum Amstelkring c’è una chiesa, una chiesa clandestina, risalente al tempo delle persecuzioni calviniste che proibivano il culto cattolico. Nel sottotetto un altare, un organo, dieci panche cui i fedeli accedevano di nascosto. "Ons’Lieve Heer op Solder", si chiama la chiesa: ­il nostro caro Signore in soffitta­. Cristo in soffitta, ti chiedi,­ è questo il Natale di Amsterdam?

Eppure. Nel seminario di Haarlem-Amsterdam oggi ci sono 45 seminaristi, riflesso anche di una forte presenza neocatecumenale. Monsignor Josef Punt, il vescovo, spiega che oggi qualcosa ­è cambiato rispetto alla crisi più dura, venti o trenta anni fa. Se nel '68 da questo seminario non uscì un solo sacerdote, dice, "oggi ogni anno in tutta l’Olanda vengono ordinati 15 nuovi preti, che mantengono gli organici a livello stabile. In questa diocesi alcune centinaia di persone chiedono ogni anno il battesimo da adulti. Si percepisce una nuova domanda, generata dal senso di vuoto. Certo, parliamo di piccoli numeri. Siamo una Chiesa missionaria. Tutto­ è da ricominciare da capo. Stiamo creando nei monasteri fuori città dei centri di evangelizzazione per chi, lontano dalla fede, voglia riscoprirla. Nella nostra scuola cattolica a Haarlem non riusciamo ad accogliere tutte le domande di iscrizione. Io ho la sensazione che questi genitori, pure non più credenti, siano affascinati dalla bellezza del cristianesimo, e la desiderino per i figli".

Occorre fiducia per crederci, in questa cittdove dai campanili di chiese che non sono più chiese le campane suonano dolci melodie natalizie. Mille Babbi Natale, e nessun presepe. Tranne uno, piccolissimo, nelle stanze dell’Esercito della Salvezza, vicino alla Centraal Station, alla mensa dei poveri. Venti clochard intirizziti dal freddo, thermos giganti di caffè caldo, e quel piccolo presepe. E poi ancora, in Egelantinstraat 147, quasi periferia, una casa povera. Suoni, ti apre una suora di Madre Teresa. Sono in quattro. Qui, ogni mattina, c’è la messa, ogni sera i vespri. Una cappella disadorna, due suore in adorazione. Sotto l’altare, la mangiatoia del presepe.

Ma se il senso del Natale è una domanda, un’attesa, allora lo incontri ancora nelle vie di questa città. È lo zoccolo vuoto che i bambini depongono nel camino la notte di Santa Klaus, il 5 dicembre, aspettando un dono. Sono quei clochard, e anche, se le guardi negli occhi, quelle giovani prostitute nelle vetrine del Red Light District. Sono i vecchi soli che camminano esitanti sulla neve, temendo di cadere e di finire invalidi in un ospedale dove forse li guarderanno come pesi inutili. Sono le ragazzine alla tavola di una pizzeria italiana dietro il Dam, che cantano tenendosi per mano­: "I wish you a merry Christmas and a happy new year"­. Già, un anno felice. "Nonostante tutto – ci ha detto il professor Wim Peeters – la domanda della felicità, e quindi di Dio, resta sempre, nel cuore dell’uomo­".

__________



­
"Due generazioni sono state perdute"

Intervista con il cardinale Adrianus Simonis



L’arcivescovo emerito di Utrecht, cardinale Adrianus Simonis, 78 anni,­ è il "grande vecchio"­ della Chiesa olandese. ­conosciuto e amato nel paese, anche dai musulmani. "Forse perchè – spiega sorridendo – ho detto che i musulmani fedeli a Dio andranno nei cieli più alti del Paradiso".

Ma sulla sua Olanda il cardinale, che oggi vive in un paesino del Brabante, Nieuwkuijk, sembra meno ottimista.

"Sì, forse ci sono dei segni di una nuova tendenza, ma parliamo di numeri piccolissimi­", dice.­ "Rimane quella cifra, quel 58 per cento di olandesi che non sanno più cosa sia esattamente il Natale. C’è chi, guardando l’Olanda,­ è turbato dal numero delle moschee. Lo posso capire, ma il problema autentico qui è anteriore alla immigrazione: ­è che noi ci siamo perduti, abbiamo perso la nostra identità cristiana. Se questa identità fosse forte, non avremmo paura degli islamici. Si, esiste in Olanda il problema di un fondamentalismo islamico, ma la maggior parte degli immigrati non lo segue. Più che l’integralismo, nelle giovani generazioni islamiche mi preoccupa l’avanzare della secolarizzazione. Temo che finiranno col convertirsi alla vera religione che domina l’Occidente: il relativismo".

(E in effetti, guardando i giovani marocchini nei McDonald’s di Amsterdam, e le loro sorelle in fuseax attillati, viene da domandarsi se le nuove generazioni musulmane non stiano già omologandosi, in tutti in sensi, a noi).

D. – Eminenza, e il razzismo, la xenofobia, non sono problemi qui?

R. – Io non credo. Gli olandesi sono un popolo tollerante. Non vedo all’orizzonte un’onda razzista­.

D. – A Haarlem il vescovo dice che si comincia ad avvertire nei giovani un senso di vuoto, la mancanza di ciò che­ è stato dimenticato…

R. – È vero, in molti avvertono il vuoto. Ma non sanno andare oltre, non sanno cosa domandare, e a chi. Non sono stati educati a riconoscere e a percepire il desiderio del loro cuore. In questo senso sono convinto, come il vescovo Punt, che la Chiesa olandese è ­veramente chiamata a essere missionaria. Due generazioni sono state perdute. Si tratta di ricominciare da capo, e dentro a una cultura indifferente al cristianesimo, in mezzo a media non amichevoli­.

D. – Lei ha 78 anni. Era un bambino ai tempi della guerra. L’Olanda non era, allora, un paese fortemente cristiano? E poi, cosa­ è successo?

R. – Probabilmente era un cristianesimo troppo segnato da un rigido moralismo. Ne­ è seguita una ribellione radicale, come radicale­ è il carattere degli olandesi. Non sono capaci di credere solo “un po’” in qualcosa. Aut, aut. Sono diventati l’opposto di ciò che erano”.

D. – Tuttavia, nel seminario di Haarlem ci sono oggi 45 studenti, e alcune centinaia di adulti ogni anno chiedono il battesimo. Ad Amsterdam ho trovato le suore di Madre Teresa in adorazione davanti al Crocifisso. Pochi, ma forti, i cattolici qui…

R. – È vero. Certo in una situazione come questa il sale­ è costretto, come dire, a diventare più salato…

D. – Cosa intende dire, nelle messe di Natale, ai fedeli?

R. – Che forse hanno scordato il fatto cristiano, quello che ne è ­l’essenza: Dio si è fatto uomo,­ è venuto al mondo nella povertà, umile e fragile come un bambino neonato, per amore nostro.

D. – Sa, eminenza, che poco fa nel piccolo paese qui vicino, Drunen, ho visto un centinaio di bambini uscire dalla chiesa cattolica dove c’era stata una funzione di Natale?

R. – Dev’essere quel giovane prete appena arrivato, che si dà da fare…­"

La storia che ricomincia, ancora. Per ricominciare, basta la faccia di un cristiano.

__________


Il giornale di proprietà della conferenza episcopale italiana che ha pubblicato il reportage e l'intervista di Marina Corradi:

> Avvenire

__________


Un esempio della metamorfosi secolarizzante di una parte della Chiesa olandese è in questo servizio di www.chiesa:

> In Olanda inventano un'altra messa. Col copyright dei domenicani (3.10.2007)

__________


La valutazione critica dell'opera del teologo olandese Edward Schillebeeckx scritta da Franco Giulio Brambilla, vescovo ausiliare di Milano e preside della facoltà teologica dell'Italia settentrionale, su "L'Osservatore Romano" del 29 dicembre 2009:

> Una teologia tramontata con il "secolo breve"

__________


Il servizio di www.chiesa di pochi mesi fa sulla città olandese che è oggi la più islamizzata d'Europa:

> L'Eurabia ha una capitale: Rotterdam (19.5.2009)

__________


POST SCRIPTUM – Su "Avvenire" del 2 gennaio 2010 Wim Peeters, portavoce deel vescovo della diocesi di Haarlem-Amsterdam, ha reagito all'inchiesta di Marina Corradi pubblicata sullo stesso giornale pochi giorni prima. E la giornalista gli ha replicato. Ecco qui di seguito il botta e risposta:

*

Caro direttore, l’articolo sul Natale in Olanda, pubblicato in "Avvenire" il 23 dicembre scorso, offre uno spaccato acuto e ben approfondito della situazione culturale nel nostro paese, e in particolare ad Amsterdam. Tuttavia si tratta di una visione parziale, dovuta allo spazio necessariamente limitato che un quotidiano può offrire sulle sue pagine. I suoi lettori potrebbero così pensare che la Chiesa cattolica ad Amsterdam quasi non esista. Al contrario. Nel centro storico della città ci sono cinque chiese cattoliche, aperte tutti i giorni. Se qualcuno volesse seguire la messa, o confessarsi, potrebbe scegliere tra otto celebrazioni diverse tutti i giorni, e queste a distanza di poche centinaia di metri l’una dall’altra. La domenica, poi, ce ne sono ancora di più: fuori dal centro, sempre ad Amsterdam, ci sono altre trenta chiese (ce n’è solo una che è stata trasformata in moschea, 35 anni fa).

In dieci anni le persone che vengono in chiesa la domenica sono aumentate, da 6 mila a 8 mila circa: numeri non spettacolari, certo, ma significativi, soprattutto per la forte presenza di giovani. Ogni anno, poi, ci sono celebrazioni particolari e molto seguite come la processione in occasione del Corpus Christi. C’è la processione silenziosa del Santo Miracolo (Stille Omgang) in marzo, e quel giorno decine di migliaia di persone camminano in silenzio nel quartiere a luci rosse, in memoria del miracolo dell’eucaristia avvenuto l700 anni fa. Sarebbe di grande aiuto ai suoi lettori se ci fosse l’opportunità di dare anche rilevanza a questi fatti. In questo modo potranno avere un quadro più complete di quello che sta accadendo ad Amsterdam. Una città in cui, nonostante quello che è successo negli ultimi anni, la Chiesa ­è presente con molti giovani preti e diaconi, con i sacramenti e l’impegno accanto alla gente. Venite a vedere di persona!

Wim Peeters
portavoce del vescovo della diocesi di Haarlem-Amsterdam

*

Risponde Marina Corradi

– Il servizio da Amsterdam voleva dare un’idea di ciò che si percepisce del Natale in una città fra le più secolarizzate d’Europa. In questo senso, agli occhi del visitatore non­ è molto rilevante se le chiese di Amsterdam diventate musei o locali fossero originariamente protestanti o cattoliche: comunque sono visibilmente chiese, e sono un segno triste per il cristiano che vi si imbatte. Del resto, la stessa vostra diocesi, mi­ è stato detto, non può mantenere e potrebbe dover demolire molte chiese forse di non grande valore artistico, ma che appartenevano a comunità evidentemente ora svuotate. Personalmente, poi, ho cercato due volte di entrare nella principale chiesa cattolica della città, San Nicola, ma alle 11 di mattina di giorni feriali l’ho trovata chiusa.
 
Mi rallegro che la frequenza alla messa domenicale ad Amsterdam sia passata da 6 mila a 8 mila presenze; ma, se la diocesi conta 600 mila cattolici, tale percentuale ­è di poco più dell’1 per cento. Se invece ci si riferisce alla popolazione cattolica della città, non è ­di molto superiore. Capisco che è ­molto importante il segno di inversione di tendenza, ma mi sembrano comunque, come ha detto lo stesso vescovo Punt e ha ribadito il cardinale Simonis, i numeri di una Chiesa missionaria. In ogni caso ho cercato e descritto i segni di una speranza: i 45 seminaristi di Haarlem, provenienti spesso da forti famiglie neocatecumenali, e anche quei cento bambini che uscivano da una messa natalizia a Drunen, nel Brabante; e quelle quattro suore di Madre Teresa intente ad Amsterdam alla loro silenziosa adorazione e alla cura dei poveri. Un seme c’è, in Olanda, nonostante la fortissima secolarizzazione. Al di là dei numeri, si tratta di curarlo, e aspettare.



__________
30.12.2009


 
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)