00 21/01/2010 12:29
Sulla scia di questo thread:
MESSA CATTOLICA E RITO PROTESTANTE, ATTENTI ALLE DIFFERENZE

il sito della Milizia san Michele Arcangelo (che ringrazio per la stima e la considerazione) :
http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/index.php


mi ha pubblicato il seguente testo  che avevo inviato a padre Marcello Stanzione come contributo alle varie discussioni sulla Liturgia....

Il testo lungo, porrò qui a più riprese.....AGGIORNANDO ALCUNE PARTI

Invito pertanto a quanti leggono a non estrapolare singole parti per usarle contro l'insegnamento della Chiesa, si tenga sempre conto di tutto il contesto e se qualche errore verrà individuato, esso è attribuile esclusivamente ai miei limiti e mai al Magistero al quale ripongo ogni giudizio sull'argomento da me trattato!



La Messa non è finita! La Messa

Vetus e Novus Ordo nell'unica Messa sempre valida!

Viviamo nell’epoca degli slogan e di grande confusione, agli slogan si attribuiscono niente meno che verità dottrinali che spesse volte, però, non sono affatto conosciute da chi li grida o li pronuncia! In ambiente fondamentalista cattolico, per esempio, per accusare il Novus Ordo Missae il dire “La Messa è finita” si intende proprio in senso dispregiativo come a voler dire appunto: è finita! Così come ci sono altri tipi di fondamentalisti (modernisti) i quali accusano ingiustamente il Rito san Pio V per dire che la Messa “ERA” finita… In verità la frase “La Messa è finita”, nella sua originale composizione, non ha mai voluto intendere il concetto di “fine” bensì è un segno di congedo, di dimissione per iniziare la propria testimonianza, avviare la missione. Il termine stesso "Messa",  deriva dalla locuzione finale "ite, missa est", ossia "andate, atto di congedare = dimissione",  che col tempo ha assunto il significato, non propriamente corretto, di "la messa è finita" per indicare la fine della celebrazione.

La parola "messa"  nasce, dunque, come atto di "dimettere" è vero, ma si usava per i catecumeni e i penitenti i quali, come suggerito dalla stessa Didachè, non essendo ancora Battezzati (e i penitenti dovevano scontare la loro penitenza) non prendevano parte all'Eucarestia e dunque venivano congedati, dimessi prima della celebrazione Eucaristica, dopo la lettura delle Scritture. Con il tempo, e siamo già circa al III sec. si perfeziona "ite missa est", ossia dal "rendimento di grazie (gr. eukaristein) che avete ricevuto, l'assemblea è sciolta, è dimessa, per portare Cristo nel mondo" .

Così la spiega Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis:

Il congedo: « Ite, missa est »

51. Infine, vorrei soffermarmi su quanto i Padri sinodali hanno detto circa il saluto di congedo al termine della Celebrazione eucaristica. Dopo la benedizione, il diacono o il sacerdote congeda il popolo con le parole: Ite, missa est. In questo saluto ci è dato di cogliere il rapporto tra la Messa celebrata e la missione cristiana nel mondo. Nell'antichità « missa » significava semplicemente « dimissione ». Tuttavia essa ha trovato nell'uso cristiano un significato sempre più profondo. L'espressione « dimissione », in realtà, si trasforma in « missione ». Questo saluto esprime sinteticamente la natura missionaria della Chiesa. Pertanto, è bene aiutare il Popolo di Dio ad approfondire questa dimensione costitutiva della vita ecclesiale, traendone spunto dalla liturgia. In questa prospettiva può essere utile disporre di testi, opportunamente approvati, per l'orazione sul popolo e la benedizione finale che esplicitino tale legame.(154)

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Il termine "Eucaristia", tanto per restare in campo storico e culturale, designava quindi tre realtà:
la "conoscenza delle Scritture mediante l'ascolto della Parola";
la "condivisione delle offerte che i fedeli portavano o in danari o in vestiario o in cibo";
la "comunione" con  la preghiera eucaristica (altrimenti detta Canone).
La Messa, appunto, che si faceva la Domenica, ogni Domenica, mentre i presbiteri la facevano più volte durante la settimana,  insieme al vescovo a seconda delle necessità.
Presto la preghiera eucaristica, a partire all'incirca da Tertulliano (II sec.), verrà chiamata "sacrificiorum orationes", preghiere del/i sacrificio/i, ciò che poi venne chiamato “Canone”.

Vale la pena ora leggere come insegna la Chiesa attraverso il noto Catechismo:

IV. La celebrazione liturgica dell'Eucaristia
La Messa lungo i secoli

1345 Fin dal secondo secolo, abbiamo la testimonianza di san Giustino martire riguardo alle linee fondamentali dello svolgimento della celebrazione eucaristica. Esse sono rimaste invariate fino ai nostri giorni in tutte le grandi famiglie liturgiche.
Ecco ciò che egli scrive, verso il 155, per spiegare all'imperatore pagano Antonino Pio (138-161) ciò che fanno i cristiani:
« Nel giorno chiamato del sole ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne.
Si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei profeti, finché il tempo consente.
Poi quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi
buoni esempi.
Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere » 173 « sia per noi stessi [...] sia per tutti gli altri, dovunque si trovino, affinché, appresa la verità, meritiamo di essere nei fatti buoni cittadini e fedeli custodi dei precetti, e di conseguire la salvezza eterna.
Finite le preghiere, ci salutiamo l'un l'altro con un bacio.
Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d'acqua e di vino temperato.
Egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell'universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie, per essere stati fatti degni da lui di questi doni.
Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: Amen.
Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l'acqua "eucaristizzati" e ne portano agli assenti ». 174

1346 La liturgia dell'Eucaristia si svolge secondo una struttura fondamentale che, attraverso i secoli, si è conservata fino a noi. Essa si articola in due grandi momenti, che formano un'unità originaria:
— la convocazione, la liturgia della Parola, con le letture, l'omelia e la preghiera universale;
— la liturgia eucaristica, con la presentazione del pane e del vino, l'azione di grazie consacratoria e la Comunione.
Liturgia della Parola e liturgia eucaristica costituiscono insieme « un solo atto di culto »; 175 la mensa preparata per noi nell'Eucaristia è infatti ad un tempo quella della Parola di Dio e quella del Corpo del Signore. 176

1347 Non si è forse svolta in questo modo la Cena pasquale di Gesù risorto con i suoi discepoli? Lungo il cammino spiegò loro le Scritture, poi, messosi a tavola con loro, « prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro » (Lc 24,30). 177

Lo svolgimento della celebrazione

1348 Tutti si riuniscono. I cristiani accorrono in uno stesso luogo per l'assemblea eucaristica. Li precede Cristo stesso, che è il protagonista principale dell'Eucaristia. È il Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza. È lui stesso che presiede in modo invisibile ogni celebrazione eucaristica. Proprio in quanto lo rappresenta, il Vescovo o il presbitero (agendo in persona Christi Capitis – nella persona di Cristo Capo) presiede l'assemblea, prende la parola dopo le letture, riceve le offerte e proclama la preghiera eucaristica. Tutti hanno la loro parte attiva nella celebrazione, ciascuno a suo modo: i lettori, coloro che presentano le offerte, coloro che distribuiscono la Comunione, e il popolo intero che manifesta la propria partecipazione attraverso l'Amen.

1349 La liturgia della Parola comprende « gli scritti dei profeti », cioè l'Antico Testamento, e « le memorie degli Apostoli », ossia le loro lettere e i Vangeli; all'omelia, che esorta ad accogliere questa parola come è veramente, quale Parola di Dio 178 e a metterla in pratica, seguono le intercessioni per tutti gli uomini, secondo la parola dell'Apostolo: « Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere » (1 Tm 2,1-2).

1350 La presentazione dei doni (l'offertorio): vengono recati poi all'altare, talvolta in processione, il pane e il vino che saranno offerti dal sacerdote in nome di Cristo nel sacrificio eucaristico, nel quale diventeranno il suo Corpo e il suo Sangue. È il gesto stesso di Cristo nell'ultima Cena, « quando prese il pane e il calice ». « Soltanto la Chiesa può offrire al Creatore questa oblazione pura, offrendogli con rendimento di grazie ciò che proviene dalla sua creazione ». 179 La presentazione dei doni all'altare assume il gesto di Melchisedek e pone i doni del Creatore nelle mani di Cristo. È lui che, nel proprio sacrificio, porta alla perfezione tutti i tentativi umani di offrire sacrifici.

1351 Fin dai primi tempi, i cristiani, insieme con il pane e con il vino per l'Eucaristia, presentano i loro doni perché siano condivisi con coloro che si trovano in necessità. Questa consuetudine della colletta, 180 sempre attuale, trae ispirazione dall'esempio di Cristo che si è fatto povero per arricchire noi: 181
« I facoltosi e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa; e i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno ». 182

1352 L'anafora. Con la preghiera eucaristica, preghiera di rendimento di grazie e di consacrazione, arriviamo al cuore e al culmine della celebrazione:

Nel prefazio la Chiesa rende grazie al Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo, per tutte le sue opere, per la creazione, la redenzione e la santificazione. In questo modo l'intera comunità si unisce alla lode incessante che la Chiesa celeste, gli angeli e tutti i santi cantano al Dio tre volte Santo.

1353 Nell'epiclesi essa prega il Padre di mandare il suo Santo Spirito (o la potenza della sua benedizione 183) sul pane e sul vino, affinché diventino, per la sua potenza, il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo e perché coloro che partecipano all'Eucaristia siano un solo corpo e un solo spirito (alcune tradizioni liturgiche situano l'epiclesi dopo l'anamnesi).

Nel racconto dell'istituzione l'efficacia delle parole e dell'azione di Cristo, e la potenza dello Spirito Santo, rendono sacramentalmente presenti sotto le specie del pane e del vino il suo Corpo e il suo Sangue, il suo sacrificio offerto sulla croce una volta per tutte.

1354 Nell'anamnesi che segue, la Chiesa fa memoria della passione, della risurrezione e del ritorno glorioso di Gesù Cristo; essa presenta al Padre l'offerta di suo Figlio che ci riconcilia con lui.

Nelle intercessioni, la Chiesa manifesta che l'Eucaristia viene celebrata in comunione con tutta la Chiesa del cielo e della terra, dei vivi e dei defunti, e nella comunione con i Pastori della Chiesa, il Papa, il Vescovo della diocesi, il suo presbiterio e i suoi diaconi, e tutti i Vescovi del mondo con le loro Chiese.

1355 Nella Comunione, preceduta dalla preghiera del Signore e dalla frazione del pane, i fedeli ricevono « il pane del cielo » e « il calice della salvezza », il Corpo e il Sangue di Cristo che si è dato « per la vita del mondo » (Gv 6,51).
Poiché questo pane e questo vino sono stati « eucaristizzati », 184 come tradizionalmente si dice, « questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato ». 185
 
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continua............ 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)