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Con il termine Visita ad limina (Ad limina apostolorum) si intende indicare la "visita" che, ogni cinque anni, i vescovi di tutto il mondo fanno in Vaticano per illustrare al Pontefice quali siano le particolarità che contraddistinguono la loro Regione ecclesiastica (diocesi) dal punto di vista religioso, sociale e culturale, quali siano i nodi maggiormente problematici dal punto di vista pastorale e culturale e come interviene la Chiesa "particolare" su questi problemi.....

La prima visita ad limina è evidenziata nella lettera di san Paolo ai Galati (1,18):

 « In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni. (Gal 1,18) » 
 

Durante questa visita, Paolo ebbe modo di illustrare a Pietro (e a Giacomo) le difficoltà incontrate nell'evangelizzazione in alcune zone della Giudea. Questo può essere considerato il primo incontro di aiuto reciproco e di confronto su tematiche particolari.

Per quanto riguarda il termine visite ad limina apostolorum, risale ai primi secoli della storia della Chiesa; infatti, nel linguaggio canonico, con limina apostolorum erano indicate le tombe degli apostoli Pietro e Paolo e quindi le visite ad limina erano tutti quei pellegrinaggi compiuti dai fedeli che avevano come meta quelle stesse tombe. Lo stesso termine indicò la visita che tutti i vescovi dovevano fare a Roma, secondo quanto stabilito nel Concilio di Roma, nel 743, sotto papa Zaccaria.

Nel corso dei secoli tale pratica si andò affievolendo, ritrovando vigore solo nel 1585, sotto papa Sisto V che, con la costituzione Romanus Pontifex del 20 dicembre, ripristinò l'obbligo di tali visite dandogli cadenza triennale; le "visite" vennero riconfermato successivamente da papa Benedetto XIV con la costituzione Quod sancta del 23 novembre 1740.

Nel 1909, con il decreto della Congregazione concistoriale A remotissima (31 dicembre), la cadenza delle visite ad limina apostolorum fu portata a 5 anni (10 per gli Ordinari delle sedi extraeuropee), e fu stabilito che vi erano tenuti non solo i vescovi diocesani, ma anche tutti i soggetti ad essi equiparati (prelati e abati territoriali, amministratori e vicari apostolici).

Nel 1975, la Congregazione per i vescovi riordinò ulteriormente le "visite" con il decreto Ad Romanam Ecclesiam del 29 giugno, ridistribuendo le zone per i quinquenni.

Nel Codice di diritto canonico del 1983 le visite ad limina apostolorum sono prescritte da due canoni (399 e 400):

 «  Il Vescovo diocesano è tenuto a presentare ogni cinque anni una relazione al Sommo Pontefice sullo stato della diocesi affidatagli, secondo la forma e il tempo stabiliti dalla Sede Apostolica. (...) Il Vescovo diocesano nell'anno in cui è tenuto a presentare la relazione al Sommo Pontefice, se non è stato stabilito diversamente dalla Sede Apostolica, si rechi nell'Urbe per venerare le tombe dei Beati Apostoli Pietro e Paolo e si presenti al Romano Pontefice. »


Il senso delle visite ad limina è trattato nel Direttorio della Congregazione dei vescovi, pubblicato nel 1988, e afferma che queste non sono un "semplice atto giuridico-amministrativo consistente nell'assolvimento di un obbligo rituale, protocollare e giuridico". Esse portano un "arricchimento di esperienze" al ministero del Papa e al suo "servizio di illuminare i gravi problemi della Chiesa e del mondo", diversi a seconda dei "luoghi, dei tempi e delle culture".

Giovanni Paolo II, parlando all'assemblea straordinaria dei vescovi italiani il 26 febbraio 1986, disse di "annettere grande importanza" alle visite ad limina: "Esse costituiscono un'occasione privilegiata di comunione pastorale: il dialogo pastorale con ciascuno di voi mi consente di partecipare alle ansie e alle speranze che si vivono nelle Chiese da voi guidate in atteggiamento di ascolto per i suggerimenti dello Spirito".

Tali affermazioni sono state ribadite da Benedetto XVI, nell'intervista concessa in lingua tedesca, il 5 agosto 2006, a tre testate televisive tedesche e alla Radio Vaticana, in preparazione al viaggio apostolico in Germania: "Le visite ad limina, che ci sono sempre state, vengono ora valorizzate molto di più, per parlare veramente con tutte le istanze della Santa Sede e anche con me. Io parlo personalmente con ogni singolo vescovo. (...) In questi incontri, in cui appunto centro e periferia si incontrano in uno scambio franco, cresce il corretto rapporto reciproco in una tensione equilibrata".

                      Bishops attend Pope Benedict XVI's weekly audience in the Paul VI hall at the Vatican December 16, 2009.
(vescovi in una udienza del Mercoledì e che attendono di essere ricevuti dal Papa dopo l'udienza)

                      Pope Benedict XVI delivers his blessing as he arrives for his weekly general audience in the Pope Paul II hall at the Vatican, Wednesday, Dec. 16, 2009.


In questi cinque anni di Pontificato Benedetto XVI ha potuto incontrare praticamente tutti i Vescovi della Chiesa sparsa nel Mondo, in tutti i Continenti, ascoltare i loro problemi, condividere e consigliare, quest'anno si apre con la visita dei Vescovi della Gran Bretagna.





L’arcivescovo Nichols dal Papa:

i cattolici impegnati a testimoniare la fede nella complessa società britannica





Benedetto XVI ha ricevuto, stamani, il primo gruppo di vescovi di Inghilterra e Galles, in visita “ad Limina”. Un evento particolarmente significativo anche in vista del viaggio apostolico che Benedetto XVI compirà in Gran Bretagna il prossimo settembre. La Chiesa locale conta 5 arcidiocesi e 17 diocesi. I cattolici sono poco più di 5 milioni, pari all'8,9 % della popolazione. A guidare il gruppo di presuli in udienza, stamani, dal Papa è stato l’arcivescovo di Westminster, mons. Vincent Gerard Nichols, presidente dell’episcopato inglese e gallese. A mons. Nichols, Philippa Hitchen ha chiesto di soffermarsi sulle sfide attuali per la Chiesa cattolica d’Inghilterra:
 
R. - The research, that was carried out recently, ...
Una recente ricerca fa vedere una comunità più composita e registra un aumento numerico di cui non eravamo pienamente consapevoli. Un’altra cosa che salta all’occhio in questo momento è che la vita di fede è molto più intensa nelle città più grandi che nelle aree rurali del Paese, dove i numeri sono in calo e i sacerdoti stanno invecchiando e ci sono serie difficoltà. Penso anche che questa ricerca abbia mostrato che rispetto al resto della popolazione i cattolici sono molto più impegnati nella causa della giustizia sociale. E questo è per noi incoraggiante, perché è un’espressione concreta dell’insegnamento sociale della Chiesa e perché dimostra che oltre alle note difficoltà abbiamo anche una serie di storie di successo da raccontare.

 
D. - La Chiesa accoglie molti immigrati in particolare dalla Polonia e dalle Filippine. Questa Chiesa multietnica rappresenta indubbiamente una sfida. Come la state affrontando?

 
R. - Many of the communities that have come ...
Devo dire che molte delle comunità immigrate di fatto portano nuova vita e vigore al nostro cattolicesimo inglese. Ci sono certo difficoltà con quei gruppi nazionali che - comprensibilmente - vogliono conservare la loro identità e i loro riti liturgici. Ma nella maggior parte dei casi la situazione è gestita abbastanza bene e stiamo trovando un equilibrio tra l’integrazione in un’unica comunità liturgica e il riconoscimento del profondo bisogno spirituale dei fedeli di esprimere la fede nella loro lingua madre.

 
D. - La Gran Bretagna è forse oggi una delle società più secolarizzate in Europa. Lei ha detto recentemente che essa “ha venduto la sua anima al sapere scientifico e al materialismo a scapito della religione”. Eppure c’è anche una forte sete di spiritualità…

 
R. - British society is quiet complex and ...
La società britannica è abbastanza complessa. Alcune istituzioni chiave, spesso le università e a volte apparati di governo nella loro attività legislativa, si concentrano quasi esclusivamente su dati fattuali e non penso che questo rifletta il sentire comune. Penso che in questo Paese stia emergendo un’incertezza sul tipo di società che vogliamo, su quali sono i veri valori da perseguire o su quale identità profonda costruire e sostenere. La fede religiosa ci aiuta a vivere in questa incertezza, perché ci dà un’apertura al trascendente e la piena consapevolezza che non conosciamo e controlliamo tutto. Come Chiesa cerchiamo di giocare a pieno la nostra parte nel dibattito pubblico su questi temi. Questo significa che a volte dobbiamo parlare con le statistiche alla mano. A volte, invece, dobbiamo provare ad entrare nel dibattito con il ragionamento razionale, piuttosto che di fede: è il caso dell’attuale dibattito sul suicidio assistito. Altre volte ancora dobbiamo cercare di mostrare il ruolo della fede religiosa nell’arena pubblica. Quindi dobbiamo operare a diversi livelli.

 
D. - Come sono i rapporti con la Comunione anglicana dopo la recente approvazione della Costituzione apostolica “Anglicanorum Coetibus”?

 
R. - Now, the reaction to "Anglicanorum Coetibus" ...
Adesso la reazione alla “Anglicanorum Coetibus” è, in un certo senso, misurata. C’è stata una forte reazione all’inizio, che i media hanno in parte gonfiato. Adesso siamo in una fase di assestamento e di riflessione nella preghiera. Per una valutazione completa dell’iniziativa del Papa, occorre considerare l’importante annuncio dell’avvio della terza fase di colloqui dell’ARCIC, la Commissione Internazionale Anglicana Cattolica romana. A mio avviso, si tratta di due cose collegate. La risposta del Santo Padre ha dato uno stimolo positivo ai dibattiti dell’ARCIC e la concomitanza tra il lancio dell’ARCIC III e la Costituzione apostolica “Anglicanorum Cetibus” non è una coincidenza. Infatti, nella nostra dichiarazione congiunta, l’arcivescovo anglicano di Canterbury ed io abbiamo detto che questo passo della Santa Sede porterà alla fine di un periodo di incertezze e ritengo che sia stato un contributo positivo a un dialogo più vasto tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana nel suo insieme che avrà riflessi anche in questo Paese.



La Chiesa Cattolica in Inghilterra L'arcivescovo di Westminster



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)