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SUL DIGIUNO QUARESIMALE E LE IPOCRISIE CONTEMPORANEE


di Francesco Colafemmina

Ormai ne abbiamo abbastanza dell'anarchismo diffuso in materia di digiuno quaresimale! E' buona regola, infatti, cercare di sminuire la più vigorosa e duratura pratica penitenziale del cristianesimo come un retaggio della civiltà povera e indigente dei secoli scorsi. Nulla di più falso!

Il mercoledì delle ceneri moltissimi di voi avranno sentito il sacerdote proclamare nell'omelia che il digiuno è un evento "simbolico". Digiunare significa "rinunciare" a qualcosa che ci è caro, non letteralmente astenersi da alcuni specifici cibi. Digiunare significa evitare di parlare troppo al telefono, oppure guardare meno televisione, rinunciare a qualcosa che troppo spesso ci va di fare e così via. Sembra però che il digiuno abbia smarrito completamente il suo significato oggettivo, per perdersi nell'analogia simbolica di mille e mill'altre pratiche vagamente moralistiche. Così vorrei chiarire alcuni aspetti del digiuno che credo fondamentali da analizzare.

1. Retroterra storico
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Fino al catechismo di San Pio X, il precetto del digiuno e dell'astinenza era al secondo posto dopo l'ascolto della Messa:

"486. D. A che serve il digiuno?
R. Il digiuno serve a meglio disporci all'orazione, a fare penitenza dei peccati commessi e a preservarci dal commetterne di nuovi."

"489. D. Per qual fine è stata istituita la Quaresima?
R. La Quaresima è stata istituita per imitare in qualche modo il rigoroso digiuno di quaranta giorni che Gesù Cristo fece nel deserto, e per prepararci col mezzo della penitenza a celebrare santamente la Pasqua."
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Con il nuovo catechismo della Chiesa Cattolica il precetto del digiuno è stato retrocesso al 4°.
La ragione sta probabilmente già nella riduzione drammatica dei giorni di digiuno al solo Mercoledì delle Ceneri e a tutti i venerdì. Riduzione sancita da Paolo VI nella costituzione Paenitemini del 1966:
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"§ 2. I giorni di penitenza, da osservarsi obbligatoriamente in tutta la Chiesa, sono tutti i venerdì dell'anno e il mercoledì delle Ceneri o il primo giorno della Grande Quaresima, secondo i riti; la loro sostanziale osservanza obbliga gravemente.

§ 3. Salve le facoltà di cui ai nn. VI e VIII, circa il modo di ottemperare al precetto della penitenza in detti giorni, l'astinenza si osserverà in tutti i venerdì che non cadono in feste di precetto, mentre l'astinenza e il digiuno si osserveranno nel mercoledì delle Ceneri, o - secondo la diversità dei riti - nel primo giorno della Grande Quaresima, e nel venerdì della Passione e Morte di Gesù Cristo.

III. § 1. La legge dell'astinenza proibisce l'uso delle carni, non però l'uso delle uova, dei latticini e di qualsiasi condimento anche di grasso di animale.

§ 2. La legge del digiuno obbliga a fare un unico pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera, attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate."
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Prima della costituzione suddetta i giorni di digiuno comprendevano tutti i venerdì e i sabato, la Quaresima, alcuni giorni dell'Avvento, le Quattro Tempora, alcune vigilie. Nel 1994 un documento della CEI a firma Ruini-Tettamanzi, introduceva poi la possibilità di "nuove forme di astinenza" rispetto al digiuno tradizionale (nonostante già questo fosse ridotto a pochi giorni).

Nell'Ortodossia in particolare è rimasto un digiuno stretto, assai simile a quello preconciliare cattolico. Durante la Quaresima ad esempio si rispetta questo digiuno:
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Settimana del Fariseo: non si digiuna, neanche mercoledì / venerdì.
Settimana del Dissoluto: solito digiuno del mercoledì / venerdì.
Domenica di Carnevale (corrispondente alla Settuagesima): da domani, esclusione di proteine animali; tranne che mercoledì / venerdì, licenza d’uova e latticini.
Domenica dei Latticini (corrispondente alla Sessuagesima): da domani, esclusione anche di uova e latticini
Lunedì Puro (corrispondente al nostro Mercoledì delle Ceneri) : digiuno. Negli altri giorni di quaresima, tranne che mercoledì / venerdì, licenza d’olio e vino.
Domenica delle Palme: licenza di pesce, olio e vino.
Settimana Grande: digiuno, con licenza d’olio al Grande Giovedì.
Pasqua: nessun digiuno per tutta la settimana
Mercoledì avanti l’Ascensione: licenza d’olio e vino.
Pentecoste: nessun digiuno per tutta la settimana
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Per sottolineare come questo digiuno accomuni la storia alimentare dell'Europa e dell'Oriente cristiano mi piace portare l'esempio dello tsuréki. Si tratta di un dolce tradizionale greco fatto con farina, zucchero, uova e aromi, nel quale si suole conservare alcune uova sode dipinte di rosso. Le uova e lo tsuréki verranno poi mangiate a Pasqua. Il metodo era l'unico valido per conservare il prodotto alimentare proibito (le uova). Tanto che oggi si è trasfuso nell'uso dell' "uovo di Pasqua" in cioccolato. Per sottolineare il legame fra Oriente e Occidente cristiano ormai rotto dal Concilio, ricordo che per esempio in Puglia si ha un dolce assai simile allo tsuréki greco: la scarcella. In italiano sarebbe "la borsetta", infatti questo dolce, come lo tsuréki, custodisce al suo interno delle uova sode.
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2. Analogia e Oggettività
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Uno tra i più gravi virus del cattolicesimo contemporaneo è quello della riduzione analogico/simbolica dell'interazione personale con Cristo e il Divino. In altri termini sembra esista una ben predisposta strategia per cancellare il legame personale, la relazione personale fra il fedele e Cristo, trasformandola in spiritualismo vagamente etico.

Faccio un esempio concreto. Se si dice "digiunare significa astenersi dal parlare troppo", in questo caso il digiuno lo si fa coincidere con l'esercizio della "continenza verbale", dunque con una ascesi (esercitazione) a moderare la propria lingua.
Questa ascesi la compie il fedele per edificare se stesso, per imparare la moderazione, e quindi per avvicinarsi a Cristo con la virtù. Dunque è una pratica di correzione "morale" il cui obiettivo ultimo è sì la salvezza, ma prima ancora la "formazione" e il "perfezionamento" dell'uomo. La continenza verbale potrebbe essere quindi un "valore etico" anche a prescindere da Cristo, giacché chi è continente nel parlare spesso ha una positiva ricaduta sociale della sua virtù.

Quando invece si chiede al fedele di digiunare per Cristo, si attua un rapporto diretto con Nostro Signore. Un rapporto di relazione con l'Altro che ci sovrasta. Se infatti io mi astengo dalle carni durante la Quaresima non lo faccio per edificare me stesso, ma molto più per attestare anche nell'aspetto più banale e quotidiano della mia vita (l'alimentazione) che vi è Una Persona per la quale sono pronto a rinunciare al cibo. Più rinuncio al cibo, più amo Cristo, più Lui è fondamentale per la mia esistenza, ancor più dell'alimento materiale lo è quindi quello spirituale del Suo amore.

In questo senso digiunare ed astenersi da carne, uova, e derivati degli animali (latticini e formaggi), significa attestare immediatamente, senza sofismi morali o virtuosi propellenti etici, l'esistenza di un rapporto di amore fra me e Cristo.

Perciò si suol preferire rompere il legame diretto e personale della relazione immediata e spontanea del fedele con Cristo, ammantandolo di vacuo e pneumatico moralismo. Si sembra credibili (perché tutti apprezziamo le esortazioni etiche), e soprattutto si rinuncia ad una serie di privazioni concrete e non intellettualistiche spiegabili solo con la presenza della diretta relazione d'amore con Cristo.

Un altro esempio per essere chiaro fino in fondo: il cero. Mentre prima accendere il cero in chiesa e farsi il segno della croce era un automatico gesto concreto (la fiamma arde e si consuma come Cristo che si è consumato per noi) oggi lo si è simbolizzato ed analogizzato nella lucina elettrica che si accende all'inserimento della monetina. L'atto personale di amore per Cristo consistente nell'accensione del cero, si è trasformato nell'atto intellettualistico e meccanicistico dell'inserimento di una monetina e dell'accensione di un "segnaposto" luminoso ai piedi del Crocifisso, della Vergine o dei Santi.

3. Perchè è falso affermare che il digiuno avesse senso solo nella civiltà pre-industriale.
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L'alibi preferito per evitare di leggere il digiuno quaresimale per quello che esso autenticamente è, consiste nel richiamare alla mente argomentazioni false eppure pienamente condivise come la seguente: "un tempo c'era ben poco da mangiare, quindi il digiuno era per pochi, non era sofferto. Oggi invece c'è abbondanza di cibo, quindi il digiuno non ha più senso nella nostra epoca".

A parte l'illogicità di queste consuete ipocrisie: se, infatti, oggi c'è abbondanza di cibo, bisognerebbe vieppiù digiunare! A parte ciò vanno richiamati alcuni dati obiettivi forniti dalla storia dell'alimentazione in Europa. Basta leggere alcuni degli splendidi volumi del professor Massimo Montanari, per rendersi conto che almeno fino al XVIII secolo i consumi carnei in Europa erano estremamente cospicui e non riservati alle fasce più agiate della popolazione, bensì equamente distribuiti.

Se già ai tempi dell'imperatore Costantino a Roma si distribuivano ad almeno 300.000 capifamiglia quotidianamente pane, olio e vino e mensilmente un maiale per ciascuno, durante il medioevo la cacciagione era estremamente diffusa anche nei ceti più poveri. Nella Germania del XV secolo ad esempio secondo i calcoli di W. Abel si consumavano qualcosa come 100Kg di carne all'anno pro capite (una media su tutta la popolazione). Montanari aggiunge: "che vorrebbe dire - se teniamo conto dei giorni di astinenza imposti dalla normativa ecclesiastica - qualcosa come 450-500g di carne al giorno per 220 giorni di consumo effettivo".
 
Nel XIV secolo il Fiumi "ha calcolato per alcune città toscane un consumo pro capite di carne assai vicino a quello quattrocentesco delle città siciliane: 20kg circa a Prato, 38kg a Firenze". In genere poi i contadini facevano ampio consumo di carne di porco salata e poi di carne di pecora. Per non parlare di pollame vario e di cacciagione che riuscivano a recuperare nelle riserve comuni mantenute per conto dei feudatari e dei signori.

Insomma il contesto socioeconomico nel quale si sono codificate le regole del digiuno (prima della loro abolizione - eccetto per il venerdì e il mercoledì delle ceneri - col Concilio Vaticano II) era un contesto nel quale non mancavano affatto in buona parte dell'Europa gli alimenti "proibiti".
In particolare poi questi alimenti non vengono proibiti per la loro presunta "purezza" o "impurità" come accadeva nell'ebraismo, bensì semplicemente in quanto la rinuncia costituiva un metodo di ascesi nell'incremento dell'amore per Cristo. Dunque il digiuno non era un mero formalismo, ma un autentico atto d'amore.

Limitare le proprie abitudini alimentari è poi una sorta di "fuga dalla vita", è una rinuncia alla materialità, un abbassamento del proprio standard di benessere che non ha un immediata ripercussione morale, ma è compiuta in ricordo di Colui che è stato ucciso sulla croce per la nostra salvezza. E' inoltre un mezzo di ringraziamento al Signore per l'abbondanza che ci dona e che ci rende capaci del "privilegio" della rinuncia, privilegio che a molte centiaia di migliaia di esseri umani è negato su questa terra. Nella nostra rinuncia ci mettiamo quindi anche la consapevolezza dell'eccesso che ci circonda e la volontà di aiutare il prossimo che non può digiunare perché il suo fisico ha bisogno del cibo materiale indispensabile alla sopravvivenza.


4. Per chi volesse approfondire l'argomento da una prospettiva "ortodossa" fornisco, infine, questo bel testo da me tradotto dal greco moderno. Si tratta di domande e risposte dell'Igumeno (Abate) Padre Maximos del Monastero di San Dionisio (Katerini - Grecia). L'Igumeno risponde sulla questione del digiuno a dei bambini come San Pio X nel Catechismo.
Ah, quanto abbiamo da imparare dagli Ortodossi!
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Domanda: quali sono i digiuni della nostra Chiesa?
Risposta: il digiuno del Natale (40 giorni), quello quaresimale (50 giorni), quello degli Apostoli, dell'Assunta e quello di altri giorni specifici.

D: perché digiuniamo il mercoledì e il venerdì?
R: digiuniamo il mercoledì in ricordo del mercoledì in cui il Signore fu preso e condannato a morte e il venerdì in ricordo del giorno della morte di Nostro Signore. Noi monaci digiuniamo anche ogni lunedì in ricordo della festa dei Santi Angeli (il nostro lunedì in Albis ndr)

D: Perché digiuniamo?
R: Digiuniamo per abituarci alla continenza. Per esercitarci a contenerci e a non cadere nel peccato, nelle cattive azioni, nelle tentazioni. Se non digiuniamo non possiamo trattenerci anche nelle altre passioni.

D: Il digiuno è necessario per l'uomo? Perché?
R: Si, è indispensabile perché ci abitua a non occuparci solo delle cose terrene.

D: Voi nel monastero che mangiate durante il digiuno?
R: Mangiamo cibi con olio solo sabato e domenica. Negli altri giorni mangiamo cibi senza olio e solo una volta al giorno.

D: Possiamo mangiare pesci durante il digiuno? perché?
R: Solo nel digiuno del Natale, perché così lo ha stabilito la nostra chiesa.

D: Con il digiuno disintossichiamo il nostro corpo. Che dobbiamo fare per le nostre anime?
R: Le passioni dell'anima portano un altro genere di tossine, le malvagità "poniries" come le chiamano i Santi. Per disintossicarci da questo genere di tossine i Santi insegnano la Preghiera. I cattivi pensieri li scacciamo con la preghiera, l'attenzione, la confessione e la Santa Comunione.

D: Se non digiuniamo non possiamo considerarci buoni cristiani?
R: Chiunque non digiuna significa che non fa sacrifici nella vita, non ama Dio. Ama il suo stomaco. Il digiuno lo si fa per Dio. Se non digiuniamo non possiamo amare Dio. Il digiuno è un modo per guardare a Dio.

D: Se non digiunano i nostri genitori, noi come potremo digiunare?
R: Direte a vostra madre che volete digiunare. E se vi dice no, all'inizio farete in modo di mangiare. Se cioè il mercoledì' e il venerdì vi danno carne e patate, mangerete le patate e lascerete la carne. Quando i genitori vedono i bambini digiunare, per quanto severi possano essere, si meravigliano e molte volte prendono il buon esempio.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)