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Da: cristianocattolico  (Messaggio originale) Inviato: 20/11/2002 18.23
La Bibbia è il Libro più antico che possegga l’umanità. Il Pentateuco, nel quale ci ha messo mano lo stesso Mosè, è, sino ad oggi il libro più antico giunto completo fino a noi.
Tutti gli altri libri di qualunque civiltà si arrestano ad un certo punto dell’antichità.
La Bibbia invece, ci narra il principio del genere umano, la creazione dell’universo. Noi non l’avremmo saputo se Dio non l’avesse rivelato a Mosè, il cronista storico più vicino alle origini,
al Creatore, a Dio.
La Sacra Scrittura è anche il Libro di tutti i popoli. Anche solo umanamente, è considerato il Libro più bello della terra. Non c’è studioso che lo ignori; scrittori atei, per apparire grandi, lo copiano, imparano fatti, parole, descrizioni.
E’ il Libro Sacro per eccellenza, e per la materia, e per l’autore, che è duplice: l’uomo e lo Spirito Santo (ne parleremo a suo tempo).
Il protestante Guizot diceva: E’ un libro che si legge sotto l’impressione di un soffio venuto da ben altro che dall’uomo”. Quante conversioni ha operato la sola lettura di esso…
Noi che ci diciamo cristiani, cattolici, apostolici, quali doveri abbiamo verso la S. Scrittura?
Anzitutto dobbiamo averne una grande stima e venerazione perché in essa è Dio stesso che ci istruisce. Poi dobbiamo procurarcela e leggerla spesso, almeno nei tratti più salienti e facili.
In essa vi è tutto Dio e i suoi attributi, sublimi esempi di virtù; ci sono mostrate le tristi conseguenze del vizio e ci insegna a fuggirlo. Tutto il bene che si può trovare altrove, lì si trova e non si finisce di imparare.
Sino alla fine del sec. XVIII nessuno aveva mai negato direttamente l’ispirazione della S. Scrittura. Antichi eretici a sfondo dualistico – come gli gnostici (sec I-II), i marcionisti (sec. II), i manichei (sec. III) e i neo manichei del sec X, ai quali sono da aggiungere i valdesi (sec. XII) – benché non negassero l’ispirazione in sé, pure, siccome attribuivano l’A.T. al principio del male (il Dio della creazione, diverso dal Dio della redenzione, autore del N.T.), implicitamente negarono la divina ispirazione. Gli antichi protestanti esclusero dal canone dei libri ispirati i deuterocanonici dell’A.T., ritenendo però l’ispirazione degli altri libri; respinta inoltre la tradizione e il magistero della Chiesa, considerarono la S. Scrittura come l’unica regola di fede, esagerando talmente l’idea dell’ispirazione da identificarla come una dettatura meccanica.
Sulla fine del sec. XVIII il protestantesimo incominciò a degenerare in razionalismo, passando così all’estremo opposto, cioè alla completa negazione dell’ispirazione biblica. I razionalisti negano a priori il soprannaturale e pretendono che la ragione umana sia l’unico criterio di verità.
Come è possibile distinguere un testo “canonico” da un testo “apocrifo”? Perché, ad esempio, la comunità cristiana ha accolto nel canone il vangelo di Marco e non il vangelo apocrifo di Tommaso? Quali criteri hanno presieduto a tale selezione?


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Da: cristianocattolico Inviato: 20/11/2002 18.24
Il criterio dell’ispirazione è il mezzo per distinguere i libri ispirati da quelli che non sono tali; più precisamente è il metodo per conoscere con certezza:
1) se esistono dei libri divinamente ispirati e, in caso affermativo,
2) quali sono in concreto questi libri ispirati e come si possono distinguere dai non ispirati.
Nel primo caso si parlerà di criterio di ispirazione, nel secondo di criterio di canonicità.
Perché il criterio dell’ispirazione sia legittimo e adatto allo scopo deve possedere diversi requisiti, che si possono ridurre ai tre seguenti. Deve essere:
a) Infallibile: nella S. Scrittura si contengono verità rivelate alle quali dobbiamo credere con fede assoluta, bisogna dunque che sia infallibile il modo di riconoscere i libri dove si trovano queste verità alle quali è dovuta un’adesione incondizionata;
b) Esclusivo e universale, cioè deve valere solo per i libri ispirati, a esclusione dei non ispirati; e inoltre deve potersi ugualmente applicare a tutti i libri ispirati: in caso contrario non servirebbe allo scopo;
c) Accessibile a tutti: poiché tutti hanno il dovere di credere, tutti hanno il diritto ai mezzi necessari per giungere a conoscere le verità di fede.
Nel corso dei secoli, e quasi esclusivamente da autori non cattolici, sono stati proposti diversi criteri dell’ispirazione. Vi fu chi ha additato la forma letteraria e il contenuto dei libri sacri, o gli effetti che essi producono nel lettore come criterio dell’ispirazione; altri hanno giudicato la S. Scrittura partendo dalle testimonianze che gli scrittori sacri, gli agiografi, adducono sulla propria opera, oppure dal fatto che questi scrittori erano apostoli; altri studiosi, infine, riflettendo che l’ispirazione è un fatto soprannaturale, ritengono che il criterio dell’ispirazione sia una rivelazione privata dello Spirito Santo ad ogni lettore, oppure – e questo è il criterio cattolico – interrogano la tradizione cattolica.
Gli antichi protestanti per provare l’ispirazione della Bibbia, respingendo la tradizione e il magistero della Chiesa, si appellarono ai criteri ricavati dal contenuto del libro stesso (sublimità e santità della dottrina, miracoli e profezie riportati, qualche insegnamento caratteristico ecc.) o anche dalla forma (bellezze letterarie).
Lutero ad esempio riteneva ispirati quegli scritti che contenessero l’insegnamento caratteristico della “giustificazione per mezzo della sola fede, senza le opere”, che costituiva per lui il culmine di tutta la dottrina evangelica.
Questi due criteri sono insufficienti. Difatti:
a) non sono accessibili a tutti, perché richiedono istruzione e studio;
b) neppure sono universali ed esclusivi, perché, anche applicandoli isolatamente, non si riscontrano in tutti i libri e in tutti i passi della S. Scrittura, come per es. le Cronache, l’Ecclesiaste, Rut, ecc.;
Non è da tutti infatti saper riconoscere le sublimità o la santità della dottrina, ecc., come anche nei libri qui sopra citati non si intuisce la salvezza per sola fede senza le opere, ma anche in altri scritti come la lettera di Giacomo, infatti Lutero la definì “lettera di paglia”, perché Giacomo nella sua lettera sottolinea l’importanza delle opere, che non sono fondamentali ma tuttavia necessarie ai cristiani non disabili, che possono dimostrare i frutti dello Spirito.

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Da: cristianocattolico Inviato: 20/11/2002 18.26
Occorre quindi un metodo sicuro, efficace, infallibile valido per tutti i libri sacri e non solo per alcuni, e soprattutto questo metodo deve essere accessibile a tutti gli uomini di qualsiasi fascia culturale, affinché essi non debbano dipendere da altri nel verificare l’ispirazione dei libri sacri.
C’era pure chi affermava che si doveva credere alla testimonianza dell’agiografo e in particolare modo se l’agiografo era apostolo allora il suo scritto purché avesse per oggetto un insegnamento religioso era sicuramente ispirato. Questo metodo di riconoscimento potrebbe essere valido, ma sviluppando tutte le possibile ipotesi che ne derivano si può affermare che nemmeno questo è infallibile.
Infatti questo criterio fu proposto per la prima volta nel 1750 dal protestante Giovanni Davide Michaelis, il quale ritenne che il criterio d’ispirazione per l’A.T. è la testimonianza di Gesù e degli apostoli, ma per il N.T. è l’autorità apostolica dell’agiografo.
In forza del suo principio il Michaelis fu logicamente portato a negare l’ispirazione del secondo e del terzo Vangelo e degli Atti degli apostoli, i cui autori, S. Marco e S. Luca, non erano apostoli.
E’ un fatto storico che Marco e Luca non erano apostoli, eppure non ci fu mai nella Chiesa il minimo dubbio sul carattere ispirato dei loro scritti.
I padri della Chiesa che dovettero stabilire il canone della Bibbia non ebbero alcun dubbio su quali libri e vangeli includere perché essi (i padri) si basavano sulla tradizione, quella stessa che Paolo raccomanda di conservare e osservare a Timoteo e agli altri suoi figli spirituali.
Nel I-II secolo non c’era certo Lutero a decidere quali libri fossero ispirati e quali no.
Che, in casi particolari, Dio sia intervenuto per illuminare direttamente i singoli fedeli a riguardo della S. Scrittura o di altra verità di fede si può ammettere; ma va negato senz’altro che questo sia il suo procedimento ordinario, cioè dell’eccezione non si può fare una regola, la regola deve essere una, precisa ed infallibile, oltre che accessibile a tutti (come già detto).
Fu la Chiesa cattolica a stabilire il canone, ad esaminare le Scritture per valutarne l’effettiva  ispirazione, i protestanti hanno sputato sopra a tutto questo arrogandosi il diritto di reinterpretare le Scritture, come pure scagliandosi contro chi ha sempre avuto l’autorità di interpretarle, scagliandosi contro la vera e sola Chiesa di Cristo, cristiani fuori di essa ne esistono, ma l’autorità ecclesiastica risiede solo dentro la Chiesa cattolica romana e questo si può dimostrare benissimo.
I protestanti sono costretti a ricorrere a tali comunicazioni dirette di Dio, perché non vogliono ammettere un magistero ecclesiastico; però la storia del protestantesimo dimostra che questa pretesa  (nell’interpretazione biblica) conduce a innumerevoli illusioni.
Non mi stancherò mai di dire che la riprova della falsità di questo criterio è la discordia che esiste fra i protestanti sul problema dell’ispirazione di alcuni libri; stando al principio di Calvino dovremmo dire che lo Spirito Santo si contraddice, perché suggerisce opposti sentimenti ai diversi lettori biblici. Il criterio proposto da Calvino dunque, almeno come mezzo ordinario, è quanto mai soggettivo ed arbitrario.

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Da: cristianocattolico Inviato: 20/11/2002 18.28
Il vero criterio per riconoscere i libri ispirati e distinguerli dagli altri è la sacra tradizione cattolica, senza di essa oggi la Bibbia non esisterebbe, perché i libri sacri sarebbero stati abbandonati nel caos degli eretici, filosofi e sapientoni di ogni tempo, ognuno dei quali avrebbe stabilito i propri criteri e dettato la propria legge, invece dobbiamo ringraziare lo Spirito Santo, i padri e i dottori della Chiesa se la Bibbia ci è pervenuta integra, almeno nei contenuti.
Per riconoscere l’ispirazione dei testi sacri si è ricorsi al parere dei Padri, che sicuramente non erano dei novellini o dei fanatici, anzi molti di loro furono a diretto contatto con gli apostoli, o con discepoli degli apostoli come Policarpo, ecc., ma gente veramente cristiana di fede provata e provabile, si è ricorsi alla maggioranza dei pareri; quando un buon numero di padri fra i più autorevoli, di diverse scuole ed epoche si trovano d’accordo su un dato punto di dottrina, senza che contraddicano altri Padri di numero ed autorità tali da rendere nulla o dubbia l’esistenza di una vera unanimità morale, allora si ha una certezza dottrinale.
Ma i padri che si pronunciavano su un punto dottrinale dovevano (esplicitamente o implicitamente) dire che quanto da loro affermato faceva parte della dottrina universale della Chiesa, perché indubbiamente non ogni cosa che essi dicessero (ad esempio nei loro discorsi privati) veniva presa per dottrina, ma quando essi si pronunciavano (dichiarandolo) in materia di fede, e la maggioranza dei padri erano concordi allora venivano presi in considerazione dalla Chiesa, la regola per riconoscere l’ispirazione dei libri sacri fu da loro stabilita, e furono loro (i Padri) assieme al magistero della Chiesa a riconoscere e fissare l’elenco dei libri sacri.
Ireneo (170 d.C.) afferma che solo la Chiesa possiede le vere Scritture, perché essa sola le ha ricevute dalla tradizione tramandata dagli apostoli (Adversus Haereses), Clemente alessandrino ripudia i vangeli apocrifi (protovangelo di Tommaso ecc.) perché non ricevuti dalla tradizione (Stromata 3,13). Perché molti fratelli protestanti danno credito ai padri e accettano il canone del N.T. (nonostante vi siano stati parecchi dubbi sulle lettere da includere) da loro stabilito, e rigettano il canone del V.T. stabilito sempre dai padri, quando in realtà per il V.T. ci furono meno dubbi, e soprattutto risulta che gli apostoli usavano la Bibbia dei settanta che (come già detto) include i 7 libri deuterocanonici del V.T.?

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Da: cristianocattolico Inviato: 20/11/2002 18.30
Non sarà forse perché una volta staccatisi dalla Chiesa cattolica la devono contraddire a tutti i costi?
E’ bene tenere sempre in mente che ispirazione non vuol dire dettatura, perché da dati certissimi risulta che gli agiografi hanno portato il loro personale contributo alla stesura dei Libri Sacri; spesso parlano delle fonti di cui hanno fatto uso, come l’autore del libro di Esdra e Neemia, del secondo dei Maccabei, (riassunto costato grande fatica all’autore; 2 Mac 2,24-28), del terzo Vangelo (Lc 1,1-3) ecc.,altre volte i fatti narrati sono desunti dalla personale esperienza dell’agiografo, come è il caso del Pentateuco per Mosè, del primo e del quarto vangelo per S. Matteo e S, Giovanni (apostoli, e quindi testi oculari di molti fatti narrati), degli Atti (dove Luca registra fatti ai quali egli stesso fu presente) ecc.. Dunque gli agiografi non furono strumenti passivi ma attivi.
E’ generalmente ammesso che chiunque dia un qualunque contributo intellettuale alla composizione del libro ispirato partecipa dell’ispirazione dell’agiografo, nella misura necessaria per la composizione del libro stesso. Poiché vi possono essere varie specie di collaboratori, occorre stabilire in quale misura ciascuno di essi partecipi dell’ispirazione.
L’estensore o redattore, ossia colui che, ricevuto a voce l’argomento dal maestro, lo mette in iscritto o lo svolge da sé. E’ il caso dell’epistola agli Ebrei, il cui autore, S. Paolo, sembra ne abbia affidato la redazione a un discepolo. In tali casi il redattore porta un notevole contributo intellettuale alla composizione del libro, e quindi gli occorre una partecipazione all’ispirazione del maestro, in misura proporzionata. Prima di tutto l’illuminazione dell’intelligenza, perché con la sua mente deve concepire il lavoro; inoltre occorrerà la mozione della volontà, non essendo sufficiente l’ordine di scrivere datogli dal maestro, perché questo ordine non sarebbe una mozione immediata della sua volontà; avrà poi bisogno anche dell’assistenza alle facoltà esecutive, che non è necessario abbia il maestro.
Ci può essere pure un segretario o amanuense, ossia colui che scrive sotto dettatura del maestro.
E’ il caso di Baruc, al quale Geremia detta le sue profezie, e di Terzo, al quale S. Paolo detta la sua lettera ai Romani.
Al segretario non necessariamente serve la partecipazione all’ispirazione del maestro.
I documenti del magistero ecclesiastico dicono che i Libri Sacri sono stati scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, che in essi è stato scritto dagli agiografi tutto quello e solo quello che il medesimo Spirito Santo volle, che hanno Dio per autore, che come tali sono stati consegnati alla Chiesa.