Il criterio dell’ispirazione è il mezzo per distinguere i libri ispirati da quelli che non sono tali; più precisamente è il metodo per conoscere con certezza: 1) se esistono dei libri divinamente ispirati e, in caso affermativo, 2) quali sono in concreto questi libri ispirati e come si possono distinguere dai non ispirati. Nel primo caso si parlerà di criterio di ispirazione, nel secondo di criterio di canonicità. Perché il criterio dell’ispirazione sia legittimo e adatto allo scopo deve possedere diversi requisiti, che si possono ridurre ai tre seguenti. Deve essere: a) Infallibile: nella S. Scrittura si contengono verità rivelate alle quali dobbiamo credere con fede assoluta, bisogna dunque che sia infallibile il modo di riconoscere i libri dove si trovano queste verità alle quali è dovuta un’adesione incondizionata; b) Esclusivo e universale, cioè deve valere solo per i libri ispirati, a esclusione dei non ispirati; e inoltre deve potersi ugualmente applicare a tutti i libri ispirati: in caso contrario non servirebbe allo scopo; c) Accessibile a tutti: poiché tutti hanno il dovere di credere, tutti hanno il diritto ai mezzi necessari per giungere a conoscere le verità di fede. Nel corso dei secoli, e quasi esclusivamente da autori non cattolici, sono stati proposti diversi criteri dell’ispirazione. Vi fu chi ha additato la forma letteraria e il contenuto dei libri sacri, o gli effetti che essi producono nel lettore come criterio dell’ispirazione; altri hanno giudicato la S. Scrittura partendo dalle testimonianze che gli scrittori sacri, gli agiografi, adducono sulla propria opera, oppure dal fatto che questi scrittori erano apostoli; altri studiosi, infine, riflettendo che l’ispirazione è un fatto soprannaturale, ritengono che il criterio dell’ispirazione sia una rivelazione privata dello Spirito Santo ad ogni lettore, oppure – e questo è il criterio cattolico – interrogano la tradizione cattolica. Gli antichi protestanti per provare l’ispirazione della Bibbia, respingendo la tradizione e il magistero della Chiesa, si appellarono ai criteri ricavati dal contenuto del libro stesso (sublimità e santità della dottrina, miracoli e profezie riportati, qualche insegnamento caratteristico ecc.) o anche dalla forma (bellezze letterarie). Lutero ad esempio riteneva ispirati quegli scritti che contenessero l’insegnamento caratteristico della “giustificazione per mezzo della sola fede, senza le opere”, che costituiva per lui il culmine di tutta la dottrina evangelica. Questi due criteri sono insufficienti. Difatti: a) non sono accessibili a tutti, perché richiedono istruzione e studio; b) neppure sono universali ed esclusivi, perché, anche applicandoli isolatamente, non si riscontrano in tutti i libri e in tutti i passi della S. Scrittura, come per es. le Cronache, l’Ecclesiaste, Rut, ecc.; Non è da tutti infatti saper riconoscere le sublimità o la santità della dottrina, ecc., come anche nei libri qui sopra citati non si intuisce la salvezza per sola fede senza le opere, ma anche in altri scritti come la lettera di Giacomo, infatti Lutero la definì “lettera di paglia”, perché Giacomo nella sua lettera sottolinea l’importanza delle opere, che non sono fondamentali ma tuttavia necessarie ai cristiani non disabili, che possono dimostrare i frutti dello Spirito. |