00 14/04/2010 13:06
Il Papa all’udienza generale: il sacerdote non è omologabile alla cultura dominante perché non annuncia se stesso ma Cristo

Il Santo Padre dedicherà tre Catechesi specifiche dal titolo:
insegnare, santificare e governare ossia= orandi, santificandi e regendi

oggi, 14.4.2010 parla dell'insegnamento, cosa devono insegnare i Sacerdoti e cosa NON devono insegnare: le proprie opinioni, le proprie idee!

                                     Pope Benedict XVI speaks during a meeting of the 61st general assembly of the Italian Episcopal Conference (CEI) at Vatican on May 27, 2010. Pope Benedict XVI on May 26 called on Catholics to 'pray for him' as he governs the Church while it battles a paedophile priest scandal.

da Radio Vaticana


“Quella del sacerdote, non di rado, potrebbe sembrare ‘voce di uno che grida nel deserto’ (Mc 1,3), ma proprio in questo consiste la sua forza profetica: nel non essere mai omologato, né omologabile, ad alcuna cultura o mentalità dominante, ma nel mostrare l’unica novità capace di operare un autentico e profondo rinnovamento dell’uomo, cioè che Cristo è il Vivente, è il Dio vicino, il Dio che opera nella vita e per la vita del mondo”. E’ quanto ha detto stamani il Papa nell’udienza generale in Piazza San Pietro dedicando la catechesi al tema del Ministero ordinato in vista della conclusione dell’Anno Sacerdotale il prossimo giugno. Il sacerdote – ha ribadito il Papa – non annuncia se stesso, proprie idee o filosofie, ma Cristo, e nella confusione, nel disorientamento dei nostri tempi, porta la luce della Parola di Dio, la Luce che è Cristo stesso in questo nostro mondo. Diamo di seguito ampi stralci della catechesi:
Cari amici,
 
in questo periodo pasquale, che ci conduce alla Pentecoste e ci avvia anche alle celebrazioni di chiusura dell’Anno Sacerdotale, in programma il 9, 10 e 11 giugno prossimo, mi è caro dedicare ancora alcune riflessioni al tema del Ministero ordinato, soffermandomi sulla realtà feconda della configurazione del sacerdote a Cristo Capo, nell’esercizio dei tria munera che riceve, cioè dei tre uffici di insegnare, santificare e governare.
 
Per capire che cosa significhi agire in persona Christi Capitis - in persona di Cristo Capo - da parte del sacerdote, e per capire anche quali conseguenze derivino dal compito di rappresentare il Signore, specialmente nell’esercizio di questi tre compiti, bisogna chiarire anzitutto che cosa si intenda per “rappresentanza”. Il sacerdote rappresenta Cristo. Cosa vuol dire? Cosa significa “rappresentare” qualcuno? Nel linguaggio comune, vuol dire – generalmente - ricevere una delega da una persona per essere presente al suo posto, parlare e agire al suo posto, perché colui che viene rappresentato è assente dall’azione concreta. Il sacerdote rappresenta il Signore nello stesso modo? La risposta è: no, perché nella Chiesa Cristo non è mai assente. Anzi, Cristo è presente in un modo totalmente libero dai limiti dello spazio e del tempo, grazie all’evento della Risurrezione, che contempliamo in modo speciale in questo tempo di Pasqua.
 
Pertanto, il sacerdote che agisce in persona Christi in rappresentanza del Signore, non agisce mai in nome di un assente, ma nella Persona stessa di Cristo Risorto, che si rende presente con la sua azione realmente efficace, realizza cose che il sacerdote non potrebbe fare: la consacrazione del vino e del pane, che siano realmente presenza del Signore, l’assoluzione dei peccati.
 
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Questi tre compiti del sacerdote, insegnare, santificare e governare, sono una specificazione di questa rappresentanza efficace e sono, in realtà, le tre azioni di Cristo Risorto stesso che, oggi, nella Chiesa, nel mondo, insegna e così crea fede, riunisce il suo popolo, crea presenza della verità e costruisce realmente la comunione della Chiesa universale, e santifica e guida.
 
Il primo compito del quale vorrei parlare oggi è il munus docendi, cioè quello di insegnare. Oggi, in piena emergenza educativa, il munus docendi della Chiesa, esercitato concretamente attraverso il ministero di ciascun sacerdote, risulta particolarmente importante. Viviamo in una grande confusione circa le scelte fondamentali della nostra vita, su cosa è il mondo, da dove viene, dove andiamo, che cosa dobbiamo fare per operare bene, come dobbiamo vivere.
 
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In questa situazione, realmente si realizza di nuovo la Parola del Signore: “Ho compassione del popolo, sono come pecore senza pastore”. Il Signore aveva detto questo quando ha visto le migliaia di persone che lo seguivano nel deserto, perché nella diversità delle correnti di quel tempo non sapevano più quale fosse il vero senso della Scrittura. Il Signore, mosso da compassione, ha interpretato la Parola di Dio – Egli stesso è la Parola di Dio – e ha dato l’orientamento. E questa è la funzione “in persona Christi” del sacerdote, quella di rendere presente nella confusione, nel disorientamento dei nostri tempi, la luce della Parola di Dio, la Luce che è Cristo stesso in questo nostro mondo. Quindi, il sacerdote non insegna idee proprie. il sacerdote non parla “da sé”, non parla “per sé”, per crearsi forse ammiratori o un proprio partito. Non parla di cose proprie. Il sacerdote insegna in nome di Cristo presente, propone la Verità che è Cristo stesso, la Sua Parola, il Suo modo di vivere.
 
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Sant’Agostino su questo tema ha detto: “Noi, sacerdoti, che cosa siamo? Ministri, servitori di Cristo; perché quanto distribuiamo a voi non è cosa nostra, ma lo tiriamo fuori dalla sua dispensa. E anche noi viviamo di essa, perché siamo servi come voi” (Discorso 229/E, 4).
 
L’insegnamento che il sacerdote è chiamato ad offrire, le verità della fede devono essere interiorizzate e vissute in un intenso cammino spirituale personale, così che realmente il sacerdote entri in una profonda, interiore comunione con Cristo stesso. Il sacerdote crede, accoglie e cerca di vivere, prima di tutto come proprio, quanto il Signore ha insegnato e la Chiesa ha trasmesso, in quel percorso di immedesimazione con il proprio ministero di cui San Giovanni Maria Vianney è testimone esemplare, e cito ancora Sant’Agostino: (cfr Lettera per l’indizione dell’Anno Sacerdotale). “Uniti nella medesima carità siamo tutti uditori di colui che è per noi nel cielo l’unico Maestro” (Enarr. in Ps. 131, 1, 7).
 
Quella del sacerdote, di conseguenza, non di rado, potrebbe sembrare “voce di uno che grida nel deserto” (Mc 1,3), ma proprio in questo consiste la sua forza profetica: nel non essere mai omologato, né omologabile, ad alcuna cultura o mentalità dominante, ma nel mostrare l’unica novità capace di operare un autentico e profondo rinnovamento dell’uomo, cioè che Cristo è il Vivente, è il Dio vicino, il Dio che opera nella vita e per la vita del mondo e ci dona la Verità, il modo di vivere.
 
Nella preparazione attenta della predicazione festiva, senza escludere quella feriale, nello sforzo di formazione catechetica, [soprattutto dei giovani e degli adulti,] nelle scuole e nelle istituzioni accademiche e, in modo speciale, attraverso quel libro non scritto che è la sua stessa vita, il sacerdote è sempre “docente”, insegna. Ma non con la presunzione di chi impone proprie verità, bensì con l’umile e lieta certezza di chi ha incontrato la Verità, ne è stato afferrato e trasformato, e perciò non può fare a meno di annunciarla. Il sacerdozio, infatti, nessuno lo può scegliere da sé, non è un modo per raggiungere una sicurezza nella vita, per conquistare una posizione sociale: nessuno può darselo, né cercarlo da sé. Il sacerdozio è risposta alla chiamata del Signore, alla sua volontà, per diventare annunciatori non di una verità personale, ma della sua verità.
 
Cari confratelli sacerdoti, il Popolo cristiano domanda di ascoltare dai nostri insegnamenti la genuina dottrina ecclesiale, attraverso la quale poter rinnovare l’incontro con Cristo che dona la gioia, la pace, la salvezza. La Sacra Scrittura, gli scritti dei Padri e dei Dottori della Chiesa, il Catechismo della Chiesa Cattolica costituiscono, a tale riguardo, dei punti di riferimento imprescindibili nell’esercizio del munus docendi, così essenziale per la conversione, il cammino di fede e la salvezza degli uomini. “Ordinazione sacerdotale significa: essere immersi … nella Verità” (Omelia per la Messa Crismale, 9 aprile 2009), quella Verità che non è semplicemente un concetto o un insieme di idee da trasmettere e assimilare, ma che è la Persona di Cristo, con la quale, per la quale e nella quale vivere. E così, necessariamente nasce anche l’attualità a la comprensibilità dell’annuncio. Solo questa consapevolezza di una Verità fatta Persona nell’Incarnazione del Figlio giustifica il mandato missionario: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). Solo se è la Verità è destinata ad ogni creatura, non è un’imposizione di qualcosa ma l’apertura del cuore a ciò per cui è creato.
 
Cari fratelli e sorelle, il Signore ha affidato ai Sacerdoti un grande compito: essere annunciatori della Sua Parola, della Verità che salva; essere sua voce nel mondo per portare ciò che giova al vero bene delle anime e all’autentico cammino di fede (cfr 1Cor 6,12). San Giovanni Maria Vianney sia di esempio per tutti i Sacerdoti. Egli era uomo di grande sapienza ed eroica forza nel resistere alle pressioni culturali e sociali del suo tempo per poter condurre le anime a Dio: semplicità, fedeltà ed immediatezza erano le caratteristiche essenziali della sua predicazione, trasparenza della sua fede e della sua santità. Il Popolo cristiano ne era edificato e, come accade per gli autentici maestri di ogni tempo, vi riconosceva la luce della Verità. Vi riconosceva, in definitiva, ciò che si dovrebbe sempre riconoscere in un sacerdote: la voce del Buon Pastore.

(seguirà il testo integrale)

 
[Modificato da Caterina63 28/05/2010 11:17]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)