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DIFENDERE LA VERA FEDE

Il Presbitero è Pastore e guida della Comunità Parrocchiale (Documento Istruzione)

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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 12/07/2010 10:46
    CONGREGAZIONE PER IL CLERO
    IL PRESBITERO,
    PASTORE E GUIDA
    DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE
    Istruzione



    2002 - Libreria Editrice Vaticana - 00120 Città del Vaticano
    Tel. (06) 698.85003 - Fax (06) 698.84716



    PARTE I
    SACERDOZIO COMUNE
    E SACERDOZIO ORDINATO
    1. Levate i vostri occhi (Gv 4, 35)


    1. " Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura " (Gv 4, 35). Queste parole del Signore hanno la virtù di mostrare l'immenso orizzonte della missione d'amore del Verbo incarnato. " Il Figlio eterno di Dio è stato inviato perché "il mondo si salvi per mezzo di lui" (Gv 3, 17) e tutta la sua esistenza terrena, di piena identificazione con la volontà salvifica del Padre, è una costante manifestazione di quella volontà divina che tutti si salvino, tutti siano raggiunti dalla salvezza voluta eternamente dal Padre. Questo progetto storico lo lascia in consegna ed eredità a tutta la Chiesa e, in maniera particolare, all'interno di essa, ai ministri ordinati. Davvero grande è il mistero di cui siamo stati fatti ministri. Mistero di un amore senza limiti, giacché "dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13, 1) ".1

    Abilitati, dunque, dal carattere e dalla grazia del sacramento dell'Ordine e diventati testimoni e ministri della misericordia divina, i sacerdoti ministri di Gesù Cristo si sono volontariamente impegnati a servire tutti nella Chiesa. In qualsiasi contesto sociale e culturale, in tutte le circostanze storiche, anche nelle odierne in cui si avverte il clima pesante del secolarismo e del consumismo che appiattisce il senso cristiano nelle coscienze di molti fedeli, i ministri del Signore sono consapevoli che " questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede " (1 Gv 5, 4). Le odierne circostanze sociali costituiscono, infatti, una occasione opportuna per richiamare l'attenzione sulla forza vincente della fede e dell'amore in Cristo e per ricordare che, nonostante le difficoltà e le " freddezze ", i fedeli cristiani – nonché, in un altro modo, anche tanti non credenti – contano molto sull'attiva disponibilità pastorale dei sacerdoti. Gli uomini desiderano trovare nel sacerdote l'uomo di Dio, che con Sant'Agostino dica: " La nostra scienza è Cristo e la nostra sapienza è ancora Cristo. È lui che infonde in noi la fede riguardo alle realtà temporali ed è lui che ci rivela quelle verità che riguardano le realtà eterne ".2 Siamo in un tempo di nuova evangelizzazione: dobbiamo saper andare a cercare le persone che attendono anch'esse di poter incontrare Cristo.

    2. Nel sacramento dell'Ordine Cristo ha trasmesso, in diversi gradi, la propria qualità di Pastore delle anime ai Vescovi e ai presbiteri, rendendoli capaci di agire nel suo nome e di rappresentare la sua potestà capitale nella Chiesa. " L'unità profonda di questo nuovo popolo non esclude la presenza, al suo interno, di compiti diversi e complementari. Così, a quei primi apostoli sono legati, a titolo speciale, coloro che sono stati posti a rinnovare in persona Christi il gesto che Gesù compì nell'Ultima Cena, istituendo il sacrificio eucaristico, "fonte e apice di tutta la vita cristiana" (Lumen gentium, 11). Il carattere sacramentale che li distingue, in virtù dell'Ordine ricevuto, fa sì che la loro presenza e il loro ministero siano unici, necessari e insostituibili ".3 La presenza del ministro ordinato è condizione essenziale della vita della Chiesa e non solo di una sua buona organizzazione.

    3. Duc in altum! 4 Ogni cristiano che sente nel cuore la luce della fede e vuole camminare al ritmo impresso dal Sommo Pontefice, deve cercare di tradurre in fatti questo urgente invito decisamente missionario. Dovrebbero saperlo captare e porlo in pratica con premurosa prontezza specialmente i pastori della Chiesa, dalla cui sensibilità soprannaturale dipende la possibilità di capire le vie lungo le quali Iddio vuole guidare il suo popolo. " Duc in altum! Il Signore ci invita a riprendere il largo, fidandoci della sua parola. Facciamo tesoro dell'esperienza giubilare e proseguiamo nell'impegno di testimonianza del Vangelo con l'entusiasmo che suscita in noi la contemplazione del volto di Cristo! ".5

    4. Appare importante ricordare come le prospettive di fondo stabilite dal Santo Padre al termine del Grande Giubileo dell'anno 2000, sono state da lui intese e presentate per essere realizzate dalle Chiese particolari, chiamate dal Papa a tradurre in " fervore di propositi e concrete linee operative " 6 la grazia ricevuta durante l'anno giubilare. Questa grazia chiama in causa la missione evangelizzatrice della Chiesa, per la quale urge la santità personale di pastori e fedeli ed un fervido senso apostolico da parte di tutti, nello specifico delle proprie vocazioni, al servizio delle proprie responsabilità e dei propri doveri, nella consapevolezza che la salvezza eterna di molti uomini dipende dalla fedeltà nel manifestare Cristo con la parola e con la vita. Emerge l'urgenza di dare maggior slancio al ministero sacerdotale nella Chiesa particolare e in specie nella parrocchia, sulla base dell'autentica comprensione del ministero e della vita del presbitero.

    Noi sacerdoti " siamo stati consacrati nella Chiesa per questo specifico ministero. Siamo chiamati, in vari modi, a contribuire, laddove la Provvidenza ci colloca, alla formazione della comunità del popolo di Dio. Il nostro compito (...) è pascere il gregge di Dio che ci è affidato, non per forza ma di buon animo, non atteggiandoci a padroni, ma offrendo una testimonianza esemplare (cf. 1 Pt 5, 2-3) (...). È questa per noi la via della santità (...). È questa la nostra missione di servizio al popolo cristiano ".7

    2. Elementi centrali del ministero e della vita dei presbiteri 8

    a) L'identità del presbitero

    5. L'identità del sacerdote deve essere meditata nell'ambito della divina volontà di salvezza, perché frutto dell'azione sacramentale dello Spirito Santo, partecipazione dell'azione salvifica di Cristo e perché orientata pienamente al servizio di tale azione nella Chiesa, nel suo continuo sviluppo lungo la storia. Si tratta di una identità tridimensionale, pneumatologica, cristologica ed ecclesiologica. Non bisogna perdere di vista questa architettura teologica primordiale del mistero del sacerdote, chiamato ad essere ministro della salvezza, per poter chiarire poi, in modo adeguato, il significato del suo ministero pastorale concreto in parrocchia.9 Egli è il servo di Cristo per essere, a partire da lui, per lui e con lui, servo degli uomini. Il suo essere ontologicamente assimilato a Cristo costituisce il fondamento dell'essere ordinato per il servizio della comunità. La totale appartenenza a Cristo, così convenientemente potenziata ed evidenziata dal sacro celibato, fa sì che il sacerdote sia al servizio di tutti. Il dono mirabile del celibato,10 infatti, riceve luce e motivazione dall'assimilazione alla donazione nuziale del Figlio di Dio crocifisso e risorto all'umanità redenta e rinnovata.

    L'essere e l'agire del sacerdote – la sua persona consacrata e il suo ministero – sono realtà teologicamente inseparabili ed hanno come finalità il servizio allo sviluppo della missione della Chiesa: 11 la salvezza eterna di tutti gli uomini. Nel mistero della Chiesa – rivelata come Corpo Mistico di Cristo e Popolo di Dio che cammina nella storia, stabilita come sacramento universale di salvezza12–, si trova e si scopre la ragione profonda del sacerdozio ministeriale. " Tanto che la comunità ecclesiale ha assoluto bisogno del sacerdozio ministeriale per avere Cristo Capo e Pastore presente in essa ".13

    6. Il sacerdozio comune o battesimale dei cristiani, come reale partecipazione al sacerdozio di Cristo, costituisce una proprietà essenziale del Nuovo Popolo di Dio.14 " Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato... " (1 P 2, 9); " Ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre " (Ap 1, 6); " Li ha costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti (Ap 5, 10)... saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui " (Ap 20, 6). Questi passi richiamano ciò che è detto nell'Esodo, trasferendo al Nuovo Israele quanto lì era affermato dell'antico Israele: " Tra tutti i popoli... voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa " (Es 19, 5-6); e più ancora richiamano quanto è detto nel Deuteronomio: " Tu sei un Popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo Popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra " (Dt 7, 6).

    " Se il sacerdozio comune è conseguenza del fatto che il popolo cristiano è scelto da Dio come ponte con l'umanità e riguarda ogni credente in quanto inserito in questo popolo, il sacerdozio ministeriale invece è frutto di una elezione, di una vocazione specifica: "Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici" (Lc 6, 13-16). Grazie al sacerdozio ministeriale i fedeli sono resi consapevoli del loro sacerdozio comune e lo attualizzano (cf. Ef 4, 11-12); il sacerdote infatti ricorda loro che sono popolo di Dio e li abilita all'"offerta di quei sacrifici spirituali" (cf. 1 Pt 2, 5), mediante i quali Cristo stesso fa di noi un eterno dono al Padre (cf. 1 Pt 3, 18). Senza la presenza di Cristo rappresentato dal presbitero, guida sacramentale della comunità, questa non sarebbe in pienezza una comunità ecclesiale ".15

    Nel seno di questo popolo sacerdotale il Signore ha istituito dunque un sacerdozio ministeriale, a cui sono chiamati alcuni fedeli perché servano tutti gli altri con carità pastorale e per mezzo della sacra potestà. Il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale, si differenziano per essenza e non solo per grado: 16 non si tratta soltanto di una maggiore o minore intensità di partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo ma di partecipazioni essenzialmente diverse. Il sacerdozio comune si fonda sul carattere battesimale, che è il sigillo spirituale dell'appartenenza a Cristo che " abilita ed impegna i cristiani a servire Dio mediante una viva partecipazione alla sacra Liturgia della Chiesa e ad esercitare il loro sacerdozio battesimale con la testimonianza di una vita santa e con una operosa carità ".17

    Il sacerdozio ministeriale, invece, si fonda sul carattere impresso dal sacramento dell'Ordine, che configura a Cristo sacerdote, in modo da poter agire in persona di Cristo Capo con la sacra potestà, per offrire il Sacrificio e per rimettere i peccati.18 Ai battezzati, che hanno ricevuto in seguito il dono del sacerdozio ministeriale, è stata conferita sacramentalmente una nuova e specifica missione: quella di impersonare nel seno del popolo di Dio il triplice ufficio – profetico, cultuale e regale – dello stesso Cristo in quanto Capo e Pastore della Chiesa.19 Pertanto, nell'esercizio delle loro specifiche funzioni agiscono in persona Christi Capitis e, allo stesso modo, di conseguenza, in nomine Ecclesiae.20

    7. " Il nostro sacerdozio sacramentale, quindi, è sacerdozio "gerarchico" ed insieme "ministeriale". Costituisce un particolare "ministerium", cioè è "servizio" nei riguardi della comunità dei credenti. Non trae, però, origine da questa comunità, come se fosse essa a "chiamare" o a "delegare". Esso è, invero, dono per questa comunità e proviene da Cristo stesso, dalla pienezza del suo sacerdozio (...) Consapevoli di questa realtà, comprendiamo in che modo il nostro sacerdozio sia "gerarchico", cioè connesso con la potestà di formare e reggere il popolo sacerdotale (cf. Ivi), e proprio per questo "ministeriale". Compiamo questo ufficio, mediante il quale Cristo stesso "serve" incessantemente il Padre nell'opera della nostra salvezza. Tutta la nostra esistenza sacerdotale è e deve essere profondamente pervasa da questo servizio, se vogliamo compiere adeguatamente il sacrificio eucaristico "in persona Christi' ".21

    Negli ultimi decenni la Chiesa ha fatto esperienza di problemi di " identità sacerdotale ", derivati, talvolta, da una visione teologica meno chiara tra i due modi di partecipazione al sacerdozio di Cristo. In alcuni ambienti si è venuto a rompere quel profondo equilibrio ecclesiologico, così proprio del Magistero autentico e perenne.

    Oggi si danno tutte le condizioni per superare tanto il pericolo della " clericalizzazione " dei laici 22 quanto quello della " secolarizzazione " dei ministri sacri.

    Il generoso impegno dei laici negli ambiti del culto, della trasmissione della fede e della pastorale, in un momento anche di scarsità di presbiteri, ha indotto talvolta alcuni ministri sacri e laici nella tentazione di andare più al di là di quello che consente la Chiesa ed anche di quello che supera la loro capacità ontologica sacramentale. Ne è conseguita anche una sottovalutazione teorica e pratica della specifica missione dei laici di santificare dall'interno le strutture della società.

    D'altra parte, in questa crisi d'identità, si ingenera pure la " secolarizzazione " di alcuni ministri sacri, per un offuscamento del loro specifico ruolo, assolutamente insostituibile, nella comunione ecclesiale.

    8. Il sacerdote, alter Christus, è nella Chiesa il ministro delle azioni salvifiche essenziali.23 Per il suo potere sacrificale sul Corpo e sul Sangue del Redentore, per la sua potestà di annunciare autorevolmente il Vangelo, di vincere il male del peccato mediante il perdono sacramentale, egli – in persona Christi Capitis – è fonte di vita e vitalità nella Chiesa e nella sua parrocchia. Il sacerdote non è la sorgente di questa vita spirituale, ma colui che la distribuisce a tutto il popolo di Dio. È il servo che, nell'unzione dello Spirito, accede al santuario sacramentale: Cristo Crocifisso (cf. Gv 19, 31-37) e Risorto (cf. Gv 20, 20-23), dal quale sgorga la salvezza.

    In Maria, Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote, il sacerdote prende coscienza di essere con Lei, " strumento di comunicazione salvifica fra Dio e gli uomini ", anche se in modo differente: la Santa Vergine mediante l'Incarnazione, il sacerdote mediante i poteri dell'Ordine.24 La relazione del sacerdote con Maria non è solo bisogno di protezione e di aiuto; si tratta piuttosto di una presa di coscienza di un dato oggettivo: " la vicinanza della Madonna ", quale " presenza operante, insieme con la quale la Chiesa vuol vivere il mistero di Cristo ".25

    9. In quanto partecipe dell'azione direttiva di Cristo Capo e Pastore sul suo Corpo,26 il sacerdote è specificamente abilitato ad essere, sul piano pastorale, l'" uomo della comunione ",27 della guida e del servizio a tutti. Egli è chiamato a promuovere e a mantenere l'unità delle membra col Capo e di tutti tra loro. Per vocazione egli unisce e serve nella duplice dimensione della stessa funzione pastorale del Cristo (cf. Mt 20, 28; Mc 10, 45; Lc 22, 27). La vita della Chiesa richiede, per il suo sviluppo, energie che soltanto questo ministero della comunione, della guida e del servizio può offrire. Esige sacerdoti che, totalmente assimilati a Cristo, depositari di una vocazione originaria alla piena immedesimazione con Cristo, vivano "in" e "con" lui l'insieme delle virtù manifestate in Cristo Pastore, e che, fra l'altro, riceve luce e motivazione dall'assimilazione alla donazione nuziale del Figlio di Dio crocifisso e risorto all'umanità redenta e rinnovata. Esige che ci siano sacerdoti che vogliano essere fonti di unità e di donazione fraterna a tutti – specialmente ai più bisognosi –, uomini che riconoscano la loro identità sacerdotale nel Buon Pastore28 e che tale immagine sia vissuta internamente e manifestata esternamente, in modo che tutti possano coglierla, ovunque.29

    Il sacerdote rende presente Cristo Capo della Chiesa mediante il ministero della Parola, partecipazione alla sua funzione profetica.30 In persona et in nomine Christi, il sacerdote è ministro della parola evangelizzatrice, che invita tutti alla conversione e alla santità; è ministro della parola cultuale, che magnifica la grandezza di Dio e rende grazie per la sua misericordia; è ministro della parola sacramentale, che è efficace fonte di grazia. In queste molteplici modalità il sacerdote, con la forza del Paraclito, prolunga l'insegnamento del divino Maestro in seno alla sua Chiesa.

    b) L'unità di vita

    10. La configurazione sacramentale a Gesù Cristo impone al sacerdote un nuovo motivo per raggiungere la santità,31 a causa del ministero che gli è stato affidato, che è santo in se stesso. Non significa che la santità, a cui sono chiamati i sacerdoti, sia soggettivamente maggiore della santità a cui sono chiamati tutti i fedeli cristiani a motivo del battesimo. La santità è sempre la stessa,32 seppur con diverse espressioni,33 ma il sacerdote deve tendere ad essa per un nuovo motivo: per corrispondere a quella nuova grazia che lo ha configurato per rappresentare la persona di Cristo, Capo e Pastore, come strumento vivo nell'opera della salvezza.34 Nel compimento del suo ministero, quindi, colui che è "sacerdos in aeternum", deve sforzarsi di seguire in tutto l'esempio del Signore, unendosi a Lui " nella scoperta della volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge ".35 Su tale fondamento di amore alla volontà divina e di carità pastorale si costruisce l'unità di vita,36 vale a dire, l'unità interiore 37 tra vita spirituale e attività ministeriale. La crescita di questa unità di vita si fonda sulla carità pastorale 38 nutrita da una solida vita di preghiera, sicché il presbitero sia inseparabilmente testimone di carità e maestro di vita interiore.

    11. L'intera storia della Chiesa è illuminata da splendidi modelli di donazione pastorale veramente radicale; si tratta di una numerosa schiera di santi sacerdoti, come il Curato d'Ars, patrono dei parroci, che sono giunti ad una riconosciuta santità attraverso la generosa ed instancabile dedizione alla cura delle anime, accompagnata da una profonda ascesi e vita interiore. Questi pastori, divorati dall'amore di Cristo e dalla conseguente carità pastorale, costituiscono un Vangelo vissuto.

    Qualche corrente della cultura contemporanea fraintende la virtù interiore, la mortificazione e la spiritualità come forme di intimismo, di alienazione e, quindi, di egoismo incapace di comprendere i problemi del mondo e della gente. Si è pure verificata, in taluni luoghi, una tipologia multiforme di presbiteri: dal sociologo al terapeuta, dall'operaio al politico, al manager... fino al prete "pensionato". Al proposito si deve ricordare che il presbitero è portatore di una consacrazione ontologica che si estende a tempo pieno. La sua identità di fondo va ricercata nel carattere conferitogli dal sacramento dell'Ordine, sul quale si sviluppa feconda la grazia pastorale. Perciò il presbitero dovrebbe saper fare tutto ciò che fa, sempre in quanto sacerdote. Egli, come diceva S. Giovanni Bosco, è sacerdote all'altare e al confessionale come a scuola, per strada e dovunque. Talvolta gli stessi sacerdoti, da alcune situazioni attuali, sono indotti quasi a pensare che il loro ministero si trovi alla periferia della vita, mentre, in realtà, esso si trova nel cuore stesso di essa, poiché ha la capacità di illuminare, riconciliare e di fare nuove tutte le cose.

    Può capitare che alcuni sacerdoti, dopo essersi avviati nel proprio ministero con un entusiasmo carico di ideali, possano provare disaffezione, disillusione, fino ad arrivare al fallimento. Molteplici sono le cause: dalla deficiente formazione alla mancanza di fraternità nel presbiterio diocesano, dall'isolamento personale al mancato interesse e sostegno da parte del Vescovo 39 stesso e della comunità, dai problemi personali, anche di salute, fino alla amarezza di non trovare risposta e soluzioni, dalla diffidenza per l'ascesi e l'abbandono della vita interiore alla mancanza di fede.

    Infatti il dinamismo ministeriale senza una solida spiritualità sacerdotale si tradurrebbe in un attivismo vuoto e privo di qualsiasi profetismo. Risulta chiaro che la rottura dell'unità interiore nel sacerdote è conseguenza, innanzi tutto, del raffreddamento della sua carità pastorale, ossia, del raffreddamento del " vigile amore del mistero che porta in sé per il bene della Chiesa e dell'umanità ".40

    Trattenersi in colloquio adorante e intimo davanti al buon Pastore presente nel Santissimo Sacramento dell'altare, costituisce una priorità pastorale di gran lunga superiore a qualsiasi altra. Il sacerdote, guida di una comunità, deve attuare tale priorità per non inaridirsi interiormente e non trasformarsi in un canale secco, che non potrebbe più dare nulla a nessuno.

    L'opera pastorale di maggior rilievo risulta decisamente essere la spiritualità. Qualsiasi piano pastorale, qualsiasi progetto missionario, qualsiasi dinamismo nell'evangelizzazione, che prescindesse dal primato della spiritualità e del culto divino sarebbe destinato al fallimento.

    c) Un cammino specifico verso la santità

    12. Il sacerdozio ministeriale, nella misura in cui configura all'essere e all'operare sacerdotali di Cristo, introduce una novità nella vita spirituale di chi ha ricevuto questo dono. È una vita spirituale conformata attraverso la partecipazione alla capitalità di Cristo nella sua Chiesa e che matura nel servizio ministeriale alla Chiesa: una santità nel ministero e per il ministero.

    13. L'approfondimento della " coscienza di essere ministro " 41 è, pertanto, di grande importanza per la vita spirituale del sacerdote e per l'efficacia del suo stesso ministero.

    La relazione ministeriale con Gesù Cristo " fonda ed esige nel sacerdote un ulteriore legame che è dato dalla "intenzione", ossia dalla volontà cosciente e libera di fare, mediante il gesto ministeriale, ciò che intende fare la Chiesa ".42 L'espressione: " avere l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa " illumina la vita spirituale del sacro ministro invitandolo a riconoscere la personale strumentalità al servizio di Cristo e della Chiesa e ad attuarla nelle concrete azioni ministeriali. L'" intenzione ", in questo senso, contiene necessariamente una relazione con l'agire di Cristo Capo nella e tramite la Chiesa, adeguamento alla sua volontà, fedeltà alle sue disposizioni, docilità ai suoi gesti: l'agire ministeriale è strumento dell'operare di Cristo e della Chiesa, suo Corpo.

    Si tratta di una volontà personale permanente: " Un simile legame tende, per sua natura, a farsi il più ampio e il più profondo possibile, investendo la mente, i sentimenti, la vita, ossia una serie di disposizioni morali e spirituali corrispondenti ai gesti ministeriali che il sacerdote pone ".43

    La spiritualità sacerdotale esige di respirare un clima di vicinanza al Signore Gesù, di amicizia e di incontro personale, di missione ministeriale " condivisa ", di amore e servizio alla sua Persona nella " persona " della Chiesa, suo Corpo, sua Sposa. Amare la Chiesa e donarsi ad essa nel servizio ministeriale richiede di amare profondamente il Signore Gesù. " Questa carità pastorale scaturisce soprattutto dal sacrificio eucaristico, il quale risulta quindi il centro e la radice di tutta la vita del presbitero, cosicché lo spirito sacerdotale si studia di rispecchiare ciò che viene realizzato sull'altare. Ma ciò non è possibile se i sacerdoti non penetrano sempre più a fondo nel mistero di Cristo con la preghiera ".44

    Nella penetrazione di tale mistero ci viene in aiuto la Vergine Santissima, associata al Redentore, poiché " quando celebriamo la Santa Messa, in mezzo a noi sta la Madre del Figlio di Dio che ci introduce nel mistero della sua offerta di redenzione. In questo modo Ella diventa mediatrice delle grazie che scaturiscono per la Chiesa e per tutti i fedeli da quest'offerta ".45 Infatti, " Maria è stata associata in modo unico al sacrificio sacerdotale di Cristo, condividendo la sua volontà di salvare il mondo mediante la Croce. Essa è stata la prima e più perfetta partecipe spirituale della sua oblazione di Sacerdos et Hostia. Come tale essa può ottenere e donare a coloro che partecipano sul piano ministeriale al sacerdozio di suo Figlio la grazia dell'impulso a rispondere sempre più alle esigenze dell'oblazione spirituale che il sacerdozio comporta: in modo particolare, la grazia della fede, della speranza e della perseveranza nelle prove, riconosciute come stimoli ad una partecipazione più generosa all'offerta redentrice ".46

    L'Eucarestia deve occupare per il sacerdote " il luogo veramente centrale del suo ministero ",47 perché in essa è contenuto tutto il bene spirituale della Chiesa ed è di per sé fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione.48 Di qui l'importanza quanto mai rilevante della preparazione alla Santa Messa, della sua celebrazione quotidiana,49 del ringraziamento e della visita a Gesù Sacramentato sull'arco della giornata!

    14. Il sacerdote oltre il Sacrificio eucaristico, celebra quotidianamente la sacra Liturgia delle Ore, che egli ha liberamente abbracciato con obbligo grave. Dall'immolazione incruenta di Cristo sull'altare, alla celebrazione dell'Ufficio divino insieme con tutta la Chiesa, il cuore del sacerdote intensifica il suo amore al divino Pastore, rendendolo evidente dinanzi ai fedeli. Il sacerdote ha ricevuto il privilegio di " parlare a Dio a nome di tutti ", di diventare " quasi la bocca di tutta la Chiesa "; 50 adempie nell'ufficio divino ciò che manca alla lode di Cristo e, in quanto ambasciatore accreditato, la sua intercessione è tra le più efficaci per la salvezza del mondo.51

    d) La fedeltà del sacerdote alla disciplina ecclesiastica

    15. La " coscienza di essere ministro " comporta anche la coscienza dell'agire organico del Corpo di Cristo. Infatti, la vita e la missione della Chiesa, per potersi sviluppare, esigono un ordinamento, delle regole, delle leggi di condotta, ovvero un ordine disciplinare. Occorre superare qualsiasi pregiudizio nei confronti della disciplina ecclesiastica, a cominciare dall'espressione stessa, e superare altresì qualsiasi timore e complesso nel citarla e nel richiederne opportunamente il compimento. Quando vige l'osservanza delle norme e dei criteri che costituiscono la disciplina ecclesiastica, sono evitate quelle tensioni che, diversamente, comprometterebbero lo sforzo pastorale unitario di cui la Chiesa ha bisogno per adempiere efficacemente la sua missione evangelizzatrice. La matura assunzione del proprio impegno ministeriale comprende la certezza che la Chiesa " ha bisogno di norme affinché la sua struttura gerarchica ed organica sia visibile e per l'esercizio delle funzioni divinamente affidatele, soprattutto quella della sacra potestà e dell'amministrazione dei Sacramenti ".52

    Inoltre, la coscienza di essere ministro di Cristo e del suo Corpo mistico, implica l'impegno del fedele compimento della volontà della Chiesa, che si esprime concretamente nelle norme.53 La legislazione della Chiesa ha come fine una maggiore perfezione della vita cristiana, per un migliore compimento della missione salvifica e va dunque vissuta con animo sincero e buona volontà.

    Tra tutti gli aspetti merita particolare rilievo quello della docilità alle leggi e alle disposizioni liturgiche della Chiesa, vale a dire, l'amore fedele ad una normativa che ha lo scopo di ordinare il culto in accordo con la volontà del Sommo ed Eterno Sacerdote e del suo mistico Corpo. La sacra Liturgia è considerata come l'esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo,54 azione sacra per eccellenza, " culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù ".55 Di conseguenza, è questo l'ambito in cui maggiore deve essere la coscienza di essere ministro e di agire in conformità agli impegni liberamente e solennemente assunti di fronte a Dio e alla comunità. " Regolare la sacra Liturgia compete unicamente all'autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede Apostolica e, a norma del diritto, nel Vescovo. (...) Nessun altro, assolutamente, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica ".56 Arbitrarietà, espressioni soggettivistiche, improvvisazioni, disobbedienza nella celebrazione eucaristica costituiscono altrettante patenti contraddizioni con l'essenza stessa della Santissima Eucarestia, che è il sacrificio di Cristo. Lo stesso vale per la celebrazione degli altri sacramenti, soprattutto per il sacramento della Penitenza mediante il quale – essendo contriti ed avendo il proposito di emendarsi – vengono perdonati i peccati e si viene riconciliati con la Chiesa.57

    Analoga attenzione i presbiteri prestino alla partecipazione autentica e cosciente dei fedeli alla sacra Liturgia, che la Chiesa non manca di promuovere.58 Nella sacra Liturgia esistono funzioni che possono essere esercitate da quei fedeli che non hanno ricevuto il sacramento dell'Ordine; altre invece sono proprie ed assolutamente esclusive dei ministri ordinati.59 Il rispetto per le diverse identità dello stato di vita, la loro complementarietà per la missione, esigono di evitare qualsiasi confusione in questa materia.

    e) Il sacerdote nella comunione ecclesiale

    16. Per servire la Chiesa – comunità organicamente strutturata di fedeli dotati della stessa dignità battesimale ma di diversi carismi e funzioni – occorre conoscerla ed amarla, non come la vorrebbero le transeunti mode di pensiero o le diverse ideologie, ma come è stata voluta da Gesù Cristo, che l'ha fondata. La funzione ministeriale di servizio alla comunione, a partire dalla configurazione a Cristo Capo, richiede di conoscere e rispettare la specificità del ruolo del fedele laico, promuovendo in tutti i modi possibili l'assunzione da parte di ciascuno delle proprie responsabilità. Il sacerdote è al servizio della comunità, ma è anche sostenuto dalla sua comunità. Egli ha bisogno dell'apporto del laicato, non solo per l'organizzazione e l'amministrazione della sua comunità, ma anche per la fede e la carità: c'è una specie di osmosi tra la fede del presbitero e la fede degli altri fedeli. Le famiglie cristiane e le comunità fervorose hanno spesso aiutato i sacerdoti nei momenti di crisi. È altresì importante, per lo stesso motivo, che i presbiteri conoscano, stimino e rispettino le caratteristiche della sequela di Cristo propria della vita consacrata, tesoro preziosissimo della Chiesa e testimonianza della feconda operosità dello Spirito Santo in essa.

    Tanto più i presbiteri sono segni vivi e servitori della comunione ecclesiale, quanto più essi si inseriscono nell'unità vivente della Chiesa nel tempo, che è la sacra Tradizione, di cui è custode e garante il Magistero. Il riferimento fecondo alla Tradizione dà al ministero del presbitero la solidità e l'oggettività della testimonianza della Verità, venuta in Cristo a rivelarsi nella storia. Ciò lo aiuta a fuggire quel prurito di novità, che danneggia la comunione e svuota di profondità e di credibilità l'esercizio del ministero sacerdotale.

    Il parroco specialmente deve essere tessitore paziente della comunione della propria parrocchia con la sua Chiesa particolare e con la Chiesa universale. Egli dovrebbe essere altresì un vero modello di adesione al Magistero perenne della Chiesa e alla sua grande disciplina.

    f) Senso dell'universale nel particolare

    17. " È necessario che il sacerdote abbia la coscienza che il suo "essere in una Chiesa particolare" costituisce, di sua natura, un elemento qualificante per vivere la spiritualità cristiana. In tal senso il presbitero trova proprio nella sua appartenenza e dedicazione alla Chiesa particolare una fonte di significati, di criteri di discernimento e di azione, che configurano sia la sua missione pastorale sia la sua vita spirituale ".60 Si tratta di una materia importante, in cui si deve acquisire una visione ampia, che tenga conto di come " l'appartenenza e la dedicazione alla Chiesa particolare non rinchiudono in essa l'attività e la vita del presbitero: queste non possono affatto esservi rinchiuse, per la natura stessa sia della Chiesa particolare sia del ministero sacerdotale ".61

    Il concetto d'incardinazione, modificato dal Concilio Vaticano II ed espresso conseguentemente nel Codice,62 permette di superare il pericolo di rinchiudere il ministero dei presbiteri entro stretti limiti, non tanto geografici quanto piuttosto psicologici o persino teologici. L'appartenenza ad una Chiesa particolare e il servizio pastorale alla comunione al suo interno – elementi di ordine ecclesiologico – inquadrano anche esistenzialmente la vita e l'attività dei presbiteri e donano loro una fisionomia costituita di orientamenti pastorali specifici, di mete, di donazione personale in compiti determinati, di incontri pastorali, di interessi condivisi. Per intendere ed amare effettivamente la Chiesa particolare e l'appartenenza e dedicazione ad essa, servendola e sacrificandosi per essa fino al dono della propria vita, è necessario che il sacro ministro sia sempre più consapevole che la Chiesa universale " è una realtà ontologicamente e temporalmente previa ad ogni singola Chiesa particolare ".63 Infatti, non è la somma delle Chiese particolari a costituire la Chiesa universale. Le Chiese particolari, nella e a partire dalla Chiesa universale, devono essere aperte ad una realtà di vera comunione di persone, di carismi, di tradizioni spirituali, senza frontiere geografiche, intellettuali o psicologiche.64 Al presbitero deve essere ben chiaro che una sola è la Chiesa! L'universalità, ovvero la cattolicità, deve riempire di sé la particolarità. Il profondo, vero e vitale legame comunionale con la Sede di Pietro costituisce la garanzia e la condizione necessaria di tutto ciò. La stessa motivata accoglienza, diffusione e fedele applicazione dei documenti papali e dei Dicasteri della Curia Romana ne è un'espressione.

    Abbiamo considerato l'essere e l'azione di ogni sacerdote in quanto tale. Ora la nostra riflessione va più specificatamente al sacerdote costituito nell'ufficio di parroco.

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 12/07/2010 10:48
    PARTE II
    LA PARROCCHIA
    E IL PARROCO
    La parrocchia e l'ufficio di parroco


    18. I tratti ecclesiologici più significativi della nozione teologico- canonica di parrocchia sono stati pensati dal Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione e della dottrina cattolica, dell'ecclesiologia di comunione, e tradotti poi in legge dal Codice di Diritto Canonico. Essi sono stati sviluppati da diversi punti di vista nel magistero pontificio postconciliare, sia in maniera esplicita che implicita, sempre all'interno dell'approfondimento sul sacerdozio ordinato. È quindi utile riassumere le principali caratteristiche della dottrina teologica e canonica sulla materia, in vista soprattutto di una migliore risposta alle sfide pastorali che si pongono in questo inizio del terzo millennio al ministero parrocchiale dei presbiteri.

    Quanto si dice del parroco, per analogia, in larga misura, sotto il profilo dell'impegno pastorale di guida, interessa anche quei sacerdoti che prestano comunque il loro aiuto in parrocchia e quanti rivestono specifici incarichi pastorali, per esempio, nei luoghi di detenzione, nei luoghi di cura, nelle università e nelle scuole, nell'assistenza ai migranti e agli stranieri, ecc.

    La parrocchia è una concreta communitas christifidelium, costituita stabilmente nell'ambito d'una Chiesa particolare, e la cui cura pastorale è affidata ad un presbitero parroco, come a suo proprio pastore, sotto l'autorità del Vescovo diocesano.65 Tutta la vita della parrocchia, così come il significato dei suoi compiti apostolici nei confronti della società, devono essere intesi e vissuti con senso di comunione organica tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale, di collaborazione fraterna e dinamica tra pastori e fedeli nel più assoluto rispetto dei diritti, dei doveri e delle funzioni altrui, dove ognuno ha le proprie competenze e le proprie responsabilità.

    Il parroco " in stretta comunione col Vescovo e con tutti i fedeli, eviterà di introdurre nel suo ministero pastorale, sia forme di autoritarismo estemporaneo che modalità di gestione democraticista estranee alla realtà più profonda del ministero ".66 Al riguardo mantiene ovunque il suo pieno vigore l'Istruzione interdicasteriale Ecclesiae de Mysterio, approvata in forma specifica dal Sommo Pontefice, la cui integrale applicazione assicura la corretta prassi ecclesiale in questo campo fondamentale per la vita stessa della Chiesa.

    Il legame intrinseco con la comunità diocesana e con il suo Vescovo, in comunione gerarchica con il Successore di Pietro, assicura alla comunità parrocchiale l'appartenenza alla Chiesa universale. Si tratta dunque di una pars dioecesis 67 animata da uno stesso spirito di comunione, da ordinata corresponsabilità battesimale, da una stessa vita liturgica, centrata nella celebrazione dell'Eucaristia,68 e da uno stesso spirito di missione, che connota l'intera comunità parrocchiale. Ogni parrocchia, infatti, " è fondata su di una realtà teologica, perché essa è una comunità eucaristica. Ciò significa che essa è una comunità idonea a celebrare l'Eucaristia, nella quale stanno la radice viva del suo edificarsi e il vincolo sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa. Tale idoneità si radica nel fatto che la parrocchia è una comunità di fede e una comunità strutturata organicamente, ossia costituita dai ministri ordinati e dagli altri cristiani, nella quale il parroco – che rappresenta il Vescovo diocesano – è il vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolare ".69

    In questo senso, la parrocchia, che è come una cellula della diocesi, deve offrire " un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le diversità umane che vi si trovano e inserendole nell'universalità della Chiesa ".70 La communitas christifidelium, nella nozione di parrocchia, costituisce l'elemento personale essenziale di base e, con tale espressione, si vuole sottolineare la dinamica relazione tra persone che, in maniera determinata, sotto l'indispensabile guida effettiva di un pastore proprio, la compongono. Di regola generale, si tratta di tutti i fedeli di un determinato territorio; oppure, soltanto di alcuni fedeli, nel caso delle parrocchie personali, costituite sulla base del rito, della lingua, della nazionalità o di altre precise motivazioni.71

    19. Altro elemento basilare della nozione di parrocchia è la cura pastorale o cura delle anime, propria dell'ufficio di parroco, che si manifesta, principalmente, nella predicazione della Parola di Dio, nell'amministrazione dei sacramenti e nella guida pastorale della comunità.72 Nella parrocchia, ambito della cura pastorale ordinaria, " il parroco è il pastore proprio della parrocchia affidatagli, esercitando la cura pastorale di quella comunità sotto l'autorità del Vescovo diocesano, con il quale è chiamato a partecipare al ministero di Cristo, per compiere, al servizio della comunità, le funzioni di insegnare, santificare e governare, anche con la collaborazione di altri presbiteri o diaconi e con l'apporto dei fedeli laici, a norma di diritto ".73 Questa nozione di parroco manifesta una grande ricchezza ecclesiologica e non impedisce al Vescovo di determinare altre forme della cura animarum, a norma del diritto.

    La necessità di adattare l'assistenza pastorale nelle parrocchie alle circostanze del tempo presente, caratterizzato in taluni luoghi dalla scarsità di sacerdoti ma anche dall'esistenza di parrocchie urbane sovrapopolate e parrocchie rurali disperse, o da scarso numero di parrocchiani, ha consigliato di introdurre alcune innovazioni, non certo di principio, nel diritto universale della Chiesa al riguardo del titolare della cura pastorale della parrocchia. Una di queste consiste nella possibilità di affidare in solidum a più sacerdoti la cura pastorale di una o più parrocchie, con la condizione perentoria che sia soltanto uno di loro il moderatore, che diriga l'attività comune e di essa risponda personalmente al Vescovo.74 Viene affidato dunque l'unico ufficio parrocchiale, l'unica cura pastorale della parrocchia ad un titolare molteplice costituito da diversi sacerdoti, che ricevono una identica partecipazione all'ufficio affidato, sotto la direzione personale di un confratello moderatore. Affidare la cura pastorale in solidum si manifesta utile per risolvere talune situazioni in quelle diocesi dove pochi sacerdoti devono organizzare il loro tempo nell'assistenza di attività ministeriali diverse, ma diventa anche un mezzo opportuno per promuovere la corresponsabilità pastorale dei presbiteri e, in maniera speciale, per facilitare la consuetudine della vita comune dei sacerdoti, che va sempre incoraggiata.75

    Non si possono prudentemente ignorare, tuttavia, talune difficoltà che la cura pastorale in solidum – sempre e comunque composta da soli sacerdoti – può comportare, poiché è connaturale ai fedeli l'identificazione con il proprio pastore, e può essere disorientante e non compresa la presenza variante di più presbiteri, anche se coordinati fra di loro. È evidente la ricchezza della paternità spirituale del parroco, come un "pater familias" sacramentale della parrocchia, con i conseguenti vincoli che generano fecondità pastorale.

    Nei casi in cui lo richiedano le necessità pastorali, il Vescovo diocesano può opportunamente procedere all'affidamento temporaneo di più parrocchie alla cura pastorale di un solo parroco.76

    Quando le circostanze lo suggeriscono, l'affidamento di una parrocchia ad un amministratore 77 può costituire una soluzione provvisoria.78 È opportuno ricordare, tuttavia, che l'ufficio del parroco, essendo essenzialmente pastorale, richiede pienezza e stabilità.79 Il parroco dovrebbe essere una icona della presenza del Cristo storico. È l'esigenza della configurazione a Cristo, che sottolinea questo impegno prioritario.

    20. Per svolgere la missione di pastore in una parrocchia, che comporta la cura piena delle anime, si richiede assolutamente l'esercizio dell'ordine sacerdotale.80 Pertanto, oltre alla comunione ecclesiale,81 il requisito esplicitamente richiesto dal diritto canonico perché qualcuno sia nominato validamente parroco è che sia stato costituito nel sacro Ordine del presbiterato.82

    Per quanto si riferisce alla responsabilità del parroco nell'annuncio della parola di Dio e nella predicazione dell'autentica dottrina cattolica, il can. 528 menziona espressamente l'omelia e l'istruzione catechetica; la promozione di iniziative che diffondano lo spirito evangelico in ogni ambito della vita umana; la formazione cattolica dei fanciulli e dei giovani e l'impegno affinché, con la ordinata collaborazione dei fedeli laici, il messaggio del Vangelo possa raggiungere quelli che hanno abbandonato la pratica religiosa o non professano la vera fede,83 sicché possano, con la grazia di Dio, pervenire alla conversione. Com'è logico, il parroco non è obbligato a realizzare personalmente tutte queste mansioni, bensì a procurare che si realizzino in maniera opportuna, conformemente alla retta dottrina e alla disciplina ecclesiale, nel seno della parrocchia, a seconda delle circostanze e sempre sotto la propria responsabilità. Alcune di queste funzioni, per esempio, l'omelia durante la celebrazione eucaristica,84 dovranno essere realizzate sempre ed esclusivamente da un ministro ordinato. " Quand'anche egli fosse superato nella facondia da altri fedeli non ordinati, ciò non cancellerebbe il suo essere ripresentazione sacramentale di Cristo Capo e Pastore, ed è da questo soprattutto che deriva l'efficacia della sua predicazione ".85 Alcune altre funzioni, invece, per esempio, la catechesi, potranno essere anche abitualmente svolte da fedeli laici, che abbiano ricevuto la dovuta preparazione, secondo la retta dottrina e conducano una coerente vita cristiana, sempre salvo l'obbligo del contatto personale. Il beato Giovanni XXIII scriveva che " è di somma importanza che il clero ovunque ed in ogni tempo sia fedele al suo dovere di insegnare. "Qui giova – diceva a tal proposito San Pio X – a questo solo tendere e su questo solo insistere, che cioè ogni sacerdote non è tenuto da nessun altro ufficio più grave, né è obbligato da nessun altro vincolo più stretto" ".86

    Sul parroco, come è ovvio, per effettiva carità pastorale, grava il dovere di esercitare attenta e premurosa sorveglianza, oltreché incoraggiamento, su tutti e singoli i collaboratori. In taluni paesi nei quali si annoverano fedeli appartenenti a diversi gruppi linguistici, se non sarà stata eretta una parrocchia personale87 o non sarà stata intrapresa un'altra soluzione adeguata, sarà il parroco territoriale, come pastore proprio,88 ad aver cura di rispettare le peculiari necessità dei suoi fedeli, anche per quanto attiene alle loro specifiche sensibilità culturali.

    21. Quanto ai mezzi ordinari di santificazione, il can. 528 stabilisce che il parroco si deve impegnare particolarmente perché la Santissima Eucaristia costituisca il centro della comunità parrocchiale e perché tutti i fedeli possano raggiungere la pienezza della vita cristiana mediante una consapevole ed attiva partecipazione alla sacra Liturgia, alla celebrazione dei sacramenti, alla vita di orazione e alle buone opere.

    Merita considerazione il fatto che il Codice menzioni la ricezione frequente dell'Eucaristia e la pratica altrettanto frequente del sacramento della Penitenza. Il che suggerisce l'opportunità che il parroco, stabilendo gli orari delle SS. Messe e delle confessioni nella parrocchia, consideri quali siano i momenti più adeguati per la maggioranza dei fedeli, consentendo anche a coloro che hanno particolari difficoltà di orario di accostarsi agevolmente ai sacramenti. Una cura tutta particolare i parroci dovranno riservare alla confessione individuale nello spirito e nella forma stabilita dalla Chiesa.89 Si ricordino, inoltre, che essa doverosamente precede la prima comunione dei fanciulli.90 Si tenga inoltre presente che, per ovvi motivi pastorali, al fine di facilitare i fedeli, si possono ascoltare le confessioni individuali durante la celebrazione della Santa Messa.91

    Ci si adoperi, inoltre, di " rispettare la sensibilità del penitente per quanto concerne la scelta della modalità della confessione, cioè se faccia a faccia o attraverso la grata del confessionale ".92 Anche il confessore può avere ragioni pastorali per preferire l'uso del confessionale con la grata.93

    Si dovrà pure favorire al massimo la pratica della visita al Santissimo Sacramento, disponendo e stabilendo, in modo fisso, il più ampio spazio di tempo possibile perché la chiesa venga tenuta aperta. Non pochi parroci, lodevolmente, promuovono l'adorazione attraverso l'esposizione solenne del Santissimo Sacramento e la benedizione eucaristica, sperimentandone i frutti nella vitalità della parrocchia.

    La Santissima Eucarestia viene custodita con amore nel tabernacolo " come il cuore spirituale della comunità religiosa e parrocchiale ".94 " Senza il culto eucaristico, come proprio cuore pulsante, la parrocchia inaridisce ".95 " Se volete che i fedeli preghino volentieri e con pietà – diceva Pio XII al clero di Roma – precedeteli in chiesa con l'esempio, facendo orazione al loro cospetto. Un sacerdote genuflesso davanti al tabernacolo, in atteggiamento degno, in profondo raccoglimento, è un modello di edificazione, un'ammonimento e un invito all'emulazione orante per il popolo ".96

    22. Dal canto suo, il can. 529 contempla le principali esigenze del compimento della funzione pastorale parrocchiale, configurando in un certo senso l'atteggiamento ministeriale del parroco. Quale pastore proprio, egli si impegna nel conoscere i fedeli affidati alle sue cure evitando di cadere nel pericolo del funzionalismo: non è un funzionario che compie un ruolo ed offre dei servizi a chi li chiede. Da uomo di Dio esercita in modo integrale il proprio ministero, cercando i fedeli, visitando le famiglie, partecipando alle loro necessità, alle loro gioie; corregge con prudenza, si prende cura degli anziani, dei deboli, degli abbandonati, degli ammalati e si prodiga per i moribondi; dedica particolare attenzione ai poveri e agli afflitti; si impegna per la conversione dei peccatori, di quanti sono nell'errore ed aiuta ciascuno a compiere il proprio dovere, fomentando la crescita della vita cristiana nelle famiglie.97

    Educare all'esercizio delle opere di misericordia spirituale e corporale rimane una delle priorità pastorali e segno di vitalità di una comunità cristiana.

    Risulta anche significativo il compito affidato al parroco nella promozione della funzione propria dei fedeli laici nella missione della Chiesa, cioè quella di animare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico e, in tal modo, di rendere testimonianza a Cristo, particolarmente nell'esercizio dei compiti secolari.98

    D'altra parte, il parroco deve collaborare con il Vescovo e con gli altri presbiteri della diocesi perché i fedeli, partecipando alla comunità parrocchiale, si sentano anche membri della diocesi e della Chiesa universale.99 La crescente mobilità della società attuale rende necessario che la parrocchia non si chiuda in se stessa e sappia accogliere i fedeli di altre parrocchie che la frequentano, come pure eviti di guardare con diffidenza che alcuni parrocchiani partecipino alla vita di altre parrocchie, rettorìe, o cappellanìe.

    Ricade anche, specialmente sul parroco, il dovere di promuovere con zelo, sostenere e seguire con specialissima cura le vocazioni sacerdotali.100 L'esempio personale nel mostrare la propria identità, anche visibilmente,101 nel vivere conseguentemente ad essa, unitamente alla cura delle confessioni individuali e della direzione spirituale dei giovani, nonché della catechesi sul sacerdozio ordinato, renderanno realistica l'irrinunciabile pastorale vocazionale. " È sempre stato compito particolare del ministero sacerdotale gettare i semi della vita totalmente consacrata a Dio e suscitare l'amore per la verginità ".102

    Le funzioni che nel Codice, in modo specifico, vengono affidate al parroco103 sono: amministrare il battesimo; amministrare il sacramento della confermazione a coloro che sono in pericolo di morte, a norma del can. 883, 3; 104 amministrare il Viatico e l'Unzione degli infermi, fermo restando quanto disposto del can. 1003, §§ 2 e 3,105 e impartire la benedizione apostolica; assistere ai matrimoni e benedire le nozze; celebrare i funerali; benedire il fonte battesimale nel tempo pasquale, guidare le processioni e impartire le benedizioni solenni fuori dalla chiesa; celebrare la Santissima Eucaristia più solenne nelle domeniche e nelle feste di precetto.

    Più che funzioni esclusive del parroco, o addirittura diritti esclusivi suoi, gli sono affidate in modo speciale in ragione della sua particolare responsabilità; deve quindi realizzarle personalmente, per quanto possibile, o almeno seguire il loro svolgimento.

    23. Laddove si verifica scarsità di sacerdoti si può ipotizzare, come succede in taluni luoghi, che il Vescovo, avendo tutto considerato con prudenza, affidi nelle modalità canonicamente consentite, una collaborazione " ad tempus " nell'esercizio della cura pastorale della parrocchia ad una o diverse persone non insignite del carattere sacerdotale.106 Tuttavia, in questi casi, devono essere attentamente osservate e protette le proprietà originarie di diversità e complementarietà tra i doni e le funzioni dei ministri ordinati e dei fedeli laici, proprie della Chiesa, che Dio ha voluto organicamente strutturata. Ci sono situazioni oggettivamente straordinarie che giustificano tale collaborazione. Essa, tuttavia, non può legittimamente superare i confini della specificità ministeriale e laicale.

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 12/07/2010 10:49
    Nel desiderio di purificare una terminologia che potrebbe indurre alla confusione, la Chiesa ha riservato le espressioni che indicano " capitalità " – come quelle di " pastore ", " cappellano ", " direttore ", " coordinatore " o equivalenti – esclusivamente ai sacerdoti.107

    Il Codice, in effetti, nel titolo dedicato ai diritti e ai doveri dei fedeli laici, distingue i compiti o le funzioni che, come diritto e dovere proprio, appartengono a qualunque laico, da altri che si situano nella linea di collaborazione al ministero pastorale. Questi costituiscono una capacitas o habilitas il cui esercizio dipende dalla chiamata dei legittimi pastori ad assumerli.108 Non sono pertanto dei diritti.

    24. Tutto ciò è stato espresso da Giovanni Paolo II nell'Esortazione Apostolica post-sinodale Christifideles laici: " La missione salvifica della Chiesa nel mondo è attuata non solo dai ministri in virtù del sacramento dell'Ordine ma anche da tutti i fedeli laici. Questi, infatti, in virtù della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione, nella misura a ciascuno propria, partecipano all'ufficio sacerdotale, profetico e regale. I pastori, pertanto, devono riconoscere e promuovere i ministeri, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici, che hanno il loro fondamento sacramentale nel Battesimo e nella Confermazione, nonché, per molti di loro, nel Matrimonio. Quando poi la necessità o l'utilità della Chiesa lo esige, i pastori possono affidare "ad tempus" a fedeli laici, secondo le norme stabilite dal diritto universale, alcuni compiti che sono connessi con il loro proprio ministero di pastori ma che non esigono il carattere dell'Ordine " (n. 23). Questo stesso documento ricorda inoltre il principio basilare che regge tale collaborazione e i suoi limiti invalicabili: " L'esercizio però di questi compiti non fa del fedele laico un pastore: in realtà non è il compito a costituire il ministero, bensì l'ordinazione sacramentale. Solo il sacramento dell'Ordine attribuisce al ministero ordinato una peculiare partecipazione all'ufficio di Cristo Capo e Pastore e al suo sacerdozio eterno. Il compito esercitato in veste di supplente deriva la sua legittimazione immediatamente e formalmente dalla deputazione ufficiale data dai pastori e nella sua concreta attuazione è diretto dall'autorità ecclesiastica " (n. 23).109

    In quei casi di affidamento a fedeli non ordinati, deve essere necessariamente costituito come moderatore un sacerdote, con la potestà e i doveri di parroco, che diriga personalmente la cura pastorale.110 Com'è logico, la partecipazione all'ufficio parrocchiale è diversa nel caso del presbitero designato per dirigere l'attività pastorale – munito delle facoltà di parroco –, che svolge le funzioni esclusive del sacerdote, e nel caso delle altre persone che non hanno ricevuto l'ordine del presbiterato e partecipano sussidiariamente all'esercizio delle altre funzioni.111 Il religioso non sacerdote, la religiosa, il fedele laico, chiamati a partecipare nell'esercizio della cura pastorale, possono svolgere mansioni di tipo amministrativo, nonché di formazione e di animazione spirituale, mentre non possono logicamente svolgere funzione di cura piena delle anime, in quanto questa richiede il carattere sacerdotale. Possono comunque supplire l'assenza del ministro ordinato in quelle funzioni liturgiche adeguate alla loro condizione canonica, enumerate dal can. 230 § 3: " esercitare il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche, amministrare il battesimo e distribuire la sacra Comunione secondo le disposizioni del diritto ".112 I diaconi, pur non potendo essere situati sullo stesso piano degli altri fedeli, non possono tuttavia esercitare una piena cura animarum.113

    È conveniente che il Vescovo diocesano verifichi, con la massima prudenza e pastorale lungimiranza, anzitutto l'autentico stato di necessità e, quindi, stabilisca le condizioni di idoneità delle persone chiamate a questa collaborazione e definisca le funzioni che devono attribuirsi ad ognuna di loro secondo le circostanze delle rispettive comunità parrocchiali. In ogni caso, in assenza di una chiara distribuzione di funzioni, spetta al presbitero moderatore determinare ciò che si deve fare. L'eccezionalità e provvisorietà di queste formule richiede che, nel seno di quelle comunità parrocchiali, si promuova al massimo la consapevolezza dell'assoluta necessità delle vocazioni sacerdotali, se ne coltivino con amorosa cura i germi, si promuova la preghiera, sia comunitaria che personale, anche per la santificazione dei sacerdoti.

    Affinché le vocazioni sacerdotali possano più facilmente fiorire in una comunità, giova molto che in essa sia vivo e diffuso il sentimento di autentico affetto, di profonda stima, di forte entusiasmo per la realtà della Chiesa, Sposa di Cristo, collaboratrice dello Spirito Santo nell'opera di salvezza.

    Occorrerebbe tenere sempre desta negli animi dei credenti quella gioia e quella santa fierezza dell'appartenenza ecclesiale, che è così ovvia, per esempio, nella prima lettera di Pietro e nell'Apocalisse (cf. 1 P 3, 14; Ap 2, 13.17; 7, 9; 14, 1ss.; 19, 6; 22, 14). Senza la gioia e la fierezza di questa appartenenza, diventerebbe arduo, sul piano psicologico, salvaguardare e sviluppare la stessa vita di fede. Non ci si può meravigliare che, almeno sul piano psicologico, in taluni contesti, le vocazioni sacerdotali fatichino a germinare e a pervenire a maturazione.

    " Sarebbe errore fatale rassegnarsi alle attuali difficoltà e comportarsi, di fatto, come se ci si dovesse preparare ad una Chiesa del domani, immaginata quasi priva di presbiteri. In questo modo, le misure adottate per rimediare a carenze attuali risulterebbero per la comunità ecclesiale, nonostante ogni buona volontà, di fatto, seriamente pregiudizievoli ".114

    25. " Quando si tratta di partecipare all'esercizio della cura pastorale di una parrocchia – nei casi in cui essa, per scarsità di presbiteri, non potesse avvalersi della cura immediata di un parroco – i diaconi permanenti hanno sempre la precedenza sui fedeli non ordinati ".115 In virtù dell'Ordine sacro, " il diacono, infatti, è maestro, in quanto proclama ed illustra la parola di Dio; è santificatore, in quanto amministra il sacramento del battesimo, dell'Eucarestia e i sacramentali, partecipa alla celebrazione della santa Messa, in veste di "ministro del Sangue", conserva e distribuisce l'Eucarestia; è guida, in quanto è animatore di comunità o di settori della vita ecclesiale ".116

    Particolare accoglienza sarà riservata ai diaconi, candidati al sacerdozio, che prestano servizio pastorale in parrocchia. Per essi il parroco, d'intesa con i superiori del seminario, sarà guida e maestro, nella consapevolezza che anche dalla sua testimonianza di coerenza con la propria identità, di generosità missionaria nel servizio e di amore alla parrocchia, potrà dipendere la donazione sincera e totale a Cristo da parte del candidato al sacerdozio.

    26. Ad immagine del consiglio pastorale della diocesi,117 è prevista dalla normativa canonica la possibilità di costituire – se considerato opportuno dal Vescovo diocesano, ascoltato il consiglio presbiterale 118 – anche un consiglio pastorale parrocchiale, la cui finalità basilare è quella di servire, in un alveo istituzionale, l'ordinata collaborazione dei fedeli nello sviluppo dell'attività pastorale 119 propria dei presbiteri. Si tratta di un organo consultivo costituito affinché i fedeli, esprimendo una responsabilità battesimale, possano aiutare il parroco che lo presiede,120 mediante la loro consulenza in materia pastorale.121 " I fedeli laici devono essere sempre più convinti del particolare significato che assume l'impegno apostolico nella loro parrocchia "; occorre incoraggiare per una " valorizzazione più convinta e ampia dei Consigli pastorali parrocchiali ".122 La ragione è chiara e convergente: " Nelle circostanze attuali i fedeli laici possono e devono fare moltissimo per la crescita di un'autentica comunione ecclesiale all'interno delle loro parrocchie e per ridestare lo slancio missionario verso i non credenti e verso gli stessi credenti che hanno abbandonato o affievolito la pratica della vita cristiana ".123

    " Tutti i fedeli hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di fare conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa", cosa che può avvenire anche grazie a istituzioni stabilite a tal fine: [...]. Il consiglio pastorale potrà prestare un aiuto utilissimo ... facendo proposte e dando suggerimenti riguardo alle iniziative missionarie, catechetiche e apostoliche [...] riguardo alla promozione della formazione dottrinale e della vita sacramentale dei fedeli; riguardo all'aiuto da dare all'azione pastorale dei sacerdoti nei diversi ambiti sociali o zone territoriali; circa il modo di sensibilizzare sempre meglio la pubblica opinione, ecc. ".124 Il consiglio pastorale appartiene all'ambito delle relazioni di mutuo servizio tra il parroco e i suoi fedeli e, quindi, non avrebbe senso considerarlo come un organo che subentra al parroco nella direzione della parrocchia o che, con un criterio di maggioranza, praticamente condizioni la guida del parroco.

    Nello stesso senso, i sistemi di delibera riguardo alle questioni economiche della parrocchia, salvo restando la norma di diritto per la retta ed onesta amministrazione, non possono condizionare il ruolo pastorale del parroco, il quale è rappresentante legale e amministratore dei beni della parrocchia.125

    4. Le sfide positive del presente nella pastorale parrocchiale

    27. Se tutta la Chiesa è stata invitata in questi inizi del nuovo millennio ad attingere " un rinnovato slancio nella vita cristiana ", fondato sulla consapevolezza della presenza di Cristo Risorto tra noi,126 dobbiamo saperne trarre le conseguenze per la pastorale nelle parrocchie.

    Non si tratta di inventare nuovi programmi pastorali, giacché il programma cristiano, incentrato su Cristo stesso, è sempre quello di conoscere, amare, imitare lui, di vivere in lui la vita trinitaria e trasformare con lui la storia fino al suo compimento: " un programma che non cambia col variare dei tempi e delle culture, anche se del tempo e della cultura tiene conto per un dialogo vero e una comunicazione efficace ".127

    Nel vasto quanto impegnativo orizzonte della pastorale ordinaria: " è nelle Chiese locali che si possono stabilire quei tratti programmatici concreti – obiettivi e metodi di lavoro, formazione e valorizzazione degli operatori, ricerca dei mezzi necessari – che consentono all'annuncio di Cristo di raggiungere le persone, plasmare le comunità, incidere in profondità mediante la testimonianza dei valori evangelici nella società e nella cultura ".128 Sono questi gli orizzonti " dell'entusiasmante opera di ripresa pastorale che ci attende ".129

    Guidare i fedeli ad una solida vita interiore, sul fondamento dei principi della dottrina cristiana come vissuti e insegnati dai Santi, è l'opera pastorale di gran lunga più rilevante e fondamentale. Nei piani pastorali è proprio questo aspetto, che dovrebbe essere privilegiato. Più che mai oggi occorre riscoprire che la preghiera, la vita sacramentale, la meditazione, il silenzio adorante, il cuore a cuore con nostro Signore, l'esercizio quotidiano delle virtù che configurano a Lui, è ben più produttivo di qualsiasi discussione ed è comunque la condizione per la sua efficacia.

    Sono sette le priorità pastorali che la Novo Millennio Ineunte ha individuato: la santità, la preghiera, la Santissima Eucarestia domenicale, il sacramento della Riconciliazione, il primato della grazia, l'ascolto della Parola e l'annuncio della Parola.130 Tali priorità emerse particolarmente dall'esperienza del Grande Giubileo, offrono non soltanto il contenuto e la sostanza delle questioni su cui i parroci e tutti i sacerdoti coinvolti nella cura animarum nelle parrocchie devono meditare con attenzione, ma sintetizzano anche lo spirito con cui si deve far fronte a quest'opera di ripresa pastorale.

    La Novo Millennio Ineunte evidenzia anche un " altro grande ambito in cui occorrerà esprimere un deciso impegno programmatico, a livello di Chiesa universale e di Chiese particolari: quello della comunione (koinonìa) che incarna e manifesta l'essenza stessa del mistero della Chiesa " (n. 42) e invita a promuovere una spiritualità di comunione. " Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo " (n. 43). Inoltre specifica: " Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l'uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell'altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità " (n. 43).

    Una vera pastorale della santità nelle nostre comunità parrocchiali implica un'autentica pedagogia della preghiera, una rinnovata, persuasiva ed efficace catechesi sull'importanza della Santissima Eucaristia domenicale ed anche quotidiana, dell'adorazione comunitaria e personale del SS.mo Sacramento, sulla pratica frequente ed individuale del sacramento della Riconciliazione, sulla direzione spirituale, sulla devozione mariana, sull'imitazione dei Santi; un nuovo slancio apostolico vissuto quale impegno quotidiano delle comunità e dei singoli, una adeguata pastorale della famiglia, un coerente impegno sociale e politico.

    Tale pastorale non è possibile se non è ispirata, sostenuta e ravvivata da sacerdoti dotati di questo stesso spirito. " Dall'esempio e dalla testimonianza del sacerdote i fedeli possono trarre grande giovamento (...) riscoprendo la parrocchia come "scuola" di preghiera, dove " l'incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino ad un vero invaghimento del cuore ".131 " (...) guai a dimenticare che "senza Cristo non possiamo far nulla" (cf. Gv 15, 5). La preghiera ci fa vivere appunto in questa verità. Essa ci ricorda costantemente il primato di Cristo e, in rapporto a lui, il primato della vita interiore e della santità. Quando questo principio non è rispettato (...) facciamo allora l'esperienza dei discepoli nell'episodio evangelico della pesca miracolosa: "Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla" (Lc 5, 5). È quello il momento della fede, della preghiera, del dialogo con Dio, per aprire il cuore all'onda della grazia e consentire alla parola di Cristo di passare attraverso di noi con tutta la sua potenza: Duc in altum! ".132

    Senza sacerdoti veramente santi sarebbe ben difficile avere un buon laicato e tutto sarebbe come spento; come pure senza famiglie cristiane – chiese domestiche – è ben difficile che arrivi la primavera delle vocazioni. Quindi si sbaglia quando per enfatizzare il laicato si trascura il sacerdozio ordinato perché, così facendo, si finisce col penalizzare il laicato stesso e rendere sterile l'intera missione della Chiesa.

    28. La prospettiva in cui deve porsi il cammino e il fondamento di tutta la programmazione pastorale, consiste nell'aiutare a riscoprire nelle nostre comunità l'universalità della chiamata cristiana alla santità. Occorre ricordare che l'anima di ogni apostolato è radicata nell'intimità divina, nel nulla anteporre all'amore di Cristo, nel cercare in ogni cosa la maggior gloria di Dio, nel vivere la dinamica cristocentrica del mariano " totus tuus "! La pedagogia della santità pone " la programmazione pastorale nel segno della santità " 133 e costituisce la principale sfida pastorale nel contesto del tempo presente. Nella Chiesa santa tutti i fedeli sono chiamati alla santità.

    Un compito centrale della pedagogia della santità consiste, dunque, nel saper insegnare a tutti, e nel ricordarlo senza stancarsi, che la santità costituisce il traguardo dell'esistenza di ogni cristiano. " Tutti nella Chiesa, sia che appartengano alla gerarchia, sia che siano retti da essa, sono chiamati alla santità, secondo le parole dell'Apostolo: "Sì, ciò che Dio vuole è la vostra santificazione" (1 Ts 4, 3; cf. Ef 1, 4) ".134

    Ecco il primo elemento da sviluppare pedagogicamente nella catechesi ecclesiale, fino a che la coscienza della santificazione all'interno della propria esistenza arrivi ad essere una convinzione comune.

    L'annuncio dell'universalità della vocazione alla santità esige la comprensione dell'esistenza cristiana come sequela Christi, come conformazione a Cristo; non si tratta di incarnare in modo estrinseco comportamenti etici, ma di lasciarsi personalmente coinvolgere nell'avvenimento della grazia di Cristo. Tale conformazione a Cristo è la sostanza della santificazione e costituisce il traguardo specifico dell'esistenza cristiana. Per conseguire ciò ogni cristiano ha bisogno dell'aiuto della Chiesa, mater et magistra. La pedagogia della santità è una sfida, tanto esigente quanto attraente, per tutti coloro che nella Chiesa detengono responsabilità di guida e di formazione.

    29. Priorità di singolare importanza per la Chiesa e, quindi, per la pastorale parrocchiale, è l'impegno ardentemente missionario dell'evangelizzazione.135 " È ormai tramontata, anche nei Paesi di antica evangelizzazione, la situazione di una "società cristiana" che, pur tra le tante debolezze che sempre segnano l'umano, si rifaceva esplicitamente ai valori evangelici. Oggi si deve affrontare con coraggio una situazione che si fa sempre più varia e impegnativa, nel contesto della globalizzazione e del nuovo mutevole intreccio di popoli e culture che la caratterizza ".136

    Nella società, segnata oggi dal pluralismo culturale, religioso ed etnico, parzialmente caratterizzata dal relativismo, dall'indifferentismo, dall'irenismo e dal sincretismo, sembra che taluni cristiani si siano quasi abituati ad una sorta di " cristianesimo " privo di reali riferimenti a Cristo e alla sua Chiesa; si tende così a ridurre il progetto pastorale a tematiche sociali colte in una prospettiva esclusivamente antropologica, all'interno di un generico richiamo al pacifismo, all'universalismo e a un non ben precisato riferimento a " valori ".

    L'evangelizzazione del mondo contemporaneo si porrà solo a partire dalla riscoperta dell'identità personale, sociale e culturale dei cristiani. Ciò significa soprattutto la riscoperta di Gesù Cristo, Verbo incarnato, unico Salvatore degli uomini 137! Da questo convincimento si sprigiona l'esigenza della missione che urge nel cuore di ogni sacerdote in modo tutto speciale e, suo tramite, deve caratterizzare ogni parrocchia e comunità da lui pastoralmente guidata. " Riteniamo che non sia neppure pensabile l'esistenza di un metodo pastorale applicabile ed adattabile a tutti; prima di noi Gregorio Nazianzeno ne aveva fatto un assioma del suo magistero. La unicità del metodo è esclusa. Per edificare tutti nella carità, sarà necessario variare i modi con i quali toccare i cuori, non la dottrina. Sarà pertanto una pastorale di adattamento modale, non di adattamento dottrinale ".138

    Sarà cura del parroco far sì che anche le associazioni, i movimenti e le aggregazioni varie presenti in parrocchia offrano il proprio specifico contributo alla vita missionaria della stessa. " Grande importanza per la comunione riveste il dovere di promuovere le varie realtà aggregative che, sia nelle forme più tradizionali, sia in quelle più nuove dei movimenti ecclesiali, continuano a dare alla Chiesa una vivacità che è dono di Dio e costituisce un'autentica "primavera dello Spirito". Occorre certo che associazioni e movimenti, tanto nella Chiesa universale quanto nelle Chiese particolari, operino nella piena sintonia ecclesiale e in obbedienza alle direttive autorevoli dei Pastori ".139 È da evitare nella compagine parrocchiale ogni esclusivismo e chiusura dei singoli gruppi, poiché la missionarietà riposa sulla certezza, che deve essere da tutti condivisa, che " Gesù Cristo ha un significato e un valore per il genere umano e la sua storia, singolare e unico, a lui solo proprio, esclusivo, universale, assoluto. Gesù è, infatti, il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti ".140

    La Chiesa, confida sulla quotidiana fedeltà dei presbiteri al ministero pastorale, impegnati nella propria insostituibile missione a favore della parrocchia affidata alla loro guida.

    Non mancano sicuramente ai parroci e agli altri presbiteri, che servono le varie comunità, difficoltà pastorali, stanchezza interiore e fisica per il sovraccarico di lavoro, non sempre equilibrata da sani periodi di ritiro spirituale e di giusto riposo. Quante amarezze poi nel dover constatare come sovente il vento della secolarizzazione inaridisce il terreno su cui si è seminato con notevoli e diuturni sforzi!

    Una cultura largamente secolarizzata, che tende ad omologare il sacerdote all'interno delle proprie categorie di pensiero, spogliandolo della sua fondamentale dimensione misterico-sacramentale, è ampiamente responsabile del fenomeno. Di qui nascono quegli scoraggiamenti che possono portare all'isolamento, ad una sorta di depressivo fatalismo o ad un attivismo dispersivo. Ciò non toglie che la larga maggioranza dei sacerdoti, in tutta la Chiesa, corrispondendo alla sollecitudine dei loro vescovi, affronta positivamente le difficili sfide

    della presente congiuntura storica e riesce a vivere in pienezza e con gioia la propria identità e il generoso impegno pastorale.

    Non mancano, tuttavia, anche dall'interno, pericoli come quelli della burocratizzazione, del funzionalismo, del democraticismo, della pianificazione più manageriale che pastorale. Purtroppo, in talune circostanze, il presbitero può essere oppresso da un cumulo di strutture non sempre necessarie, che finiscono per sovraccaricarlo, con conseguenze negative tanto sullo stato psicofisico quanto su quello spirituale e, quindi, a scapito dello stesso ministero.

    Su tali situazioni non mancherà di vigilare attentamente il vescovo, il quale è padre anzitutto dei primi e suoi più preziosi collaboratori. È quanto mai attuale ed urgente l'unione di tutte le forze ecclesiali per rispondere positivamente alle insidie di cui è fatto oggetto il sacerdote e il suo ministero.

    30. La Congregazione per il Clero, attese le circostanze attuali della vita della Chiesa, delle esigenze della nuova evangelizzazione, considerando la risposta che i sacerdoti sono chiamati a dare, ha inteso offrire il presente documento come un aiuto, un incoraggiamento ed uno stimolo al ministero pastorale dei presbiteri nella cura parrocchiale. Infatti, il contatto più immediato della Chiesa con tutta la gente, avviene normalmente nell'ambito delle parrocchie. Pertanto, le nostre considerazioni sono dirette alla persona del sacerdote in quanto parroco. In lui si fa presente Gesù Cristo come Capo del suo Corpo Mistico, il Buon Pastore che si prende cura di ogni pecora. Abbiamo inteso illustrare la natura misterico sacramentale di questo ministero.

    Questo documento, alla luce dell'insegnamento del Concilio Ecumenico Vaticano II e dell'Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, si colloca in continuità con il Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, con l'Istruzione interdicasteriale Ecclesiae de Mysterio e con la Lettera circolare Il Presbitero, Maestro della parola, Ministro dei sacramenti e Guida della comunità in vista del Terzo Millennio cristiano.

    È possibile vivere il proprio ministero quotidiano soltanto attraverso la santificazione personale, che sempre deve poggiare sulla forza soprannaturale dei sacramenti della Santissima Eucaristia e della Penitenza.

    " L'Eucaristia è il punto da cui tutto si irradia ed a cui tutto conduce (...) Tanti sacerdoti nel corso dei secoli hanno trovato in essa il conforto promesso da Gesù la sera dell'Ultima Cena, il segreto per vincere la loro solitudine, il sostegno per sopportare le loro sofferenze, l'alimento per riprendere il cammino dopo ogni scoramento, l'energia interiore per confermare la propria scelta di fedeltà ".141

    All'approfondimento della vita sacramentale ed alla formazione permanente 142 giovano non poco una vita fraterna dei sacerdoti, che non sia semplice convivenza sotto lo stesso tetto, ma comunione nella preghiera, nella condivisione di intenti e nella cooperazione pastorale, unitamente al valore dell'amicizia vicendevole e con il vescovo; tutto ciò costituisce un notevole aiuto per superare le difficoltà e le prove nell'esercizio del sacro ministero. Ogni presbitero non solo ha necessità dell'aiuto ministeriale dei propri confratelli ma ha necessità di essi in quanto confratelli.

    Fra l'altro, si potrebbe destinare in Diocesi una Casa per tutti quei sacerdoti che, periodicamente, hanno bisogno di ritirarsi in un luogo adatto al raccoglimento e alla preghiera, per lì ritrovare i mezzi indispensabili alla loro santificazione.

    Nello spirito del Cenacolo, dove gli apostoli erano riuniti e concordi nella preghiera con Maria Madre di Gesù (At 1, 14), a Lei affidiamo queste pagine redatte con affetto e riconoscenza verso tutti i sacerdoti in cura d'anime sparsi nel mondo. Ciascuno, nell'esercizio del quotidiano " munus " pastorale, possa godere dell'aiuto materno della Regina degli Apostoli e sappia vivere in profonda comunione con Lei. Nel sacerdozio ministeriale, infatti, " c'è la dimensione stupenda e penetrante della vicinanza alla Madre di Cristo ".143 È consolante essere consapevoli che " ... accanto a noi sta la Madre del Redentore, che ci introduce nel mistero dell'offerta redentrice del suo divin Figlio. "Ad Iesum per Mariam": sia questo il nostro quotidiano programma di vita spirituale e pastorale "144!

    Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha approvato la presente Istruzione e ne ha ordinato la pubblicazione.

    Roma, dal Palazzo delle Congregazioni, il 4 agosto 2002, memoria liturgica di San Giovanni Maria Vianney, curato d'Ars, patrono del Clero con cura d'anime.

    Darío Card. Castrillón Hoyos

    Prefetto

    + Csaba Ternyák

    Arcivescovo titolare di Eminenziana

    Segretario

    [SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

    Preghiera del Parroco a Maria Santissima
    O Maria, Madre di Gesù Cristo, Crocifisso e Risorto,

    Madre della Chiesa, popolo sacerdotale (1 Pt 2, 9 ),

    Madre dei sacerdoti, ministri del tuo Figlio:

    accogli l'umile offerta di me stesso,

    perché nella mia missione pastorale

    possa annunciare l'infinita misericordia

    del Sommo ed Eterno Sacerdote:

    o " Madre di misericordia ".

    Tu che hai condiviso con il tuo Figlio,

    la sua " obbedienza sacerdotale " (Ebr 10, 5-7; Lc 1, 38),

    ed hai preparato, per lui un corpo (Ebr 10,7)

    nell'unzione dello Spirito Santo,

    introduci la mia vita sacerdotale nel mistero ineffabile

    della tua divina maternità,

    o " Santa Madre di Dio ".

    Donami forza nelle ore buie della vita,

    sollevami nella fatica del mio ministero

    affidatomi dal tuo Gesù,

    perché, in comunione con Te, io possa compierlo,

    con fedeltà ed amore,

    o Madre dell'Eterno Sacerdote,

    " Regina degli Apostoli, Ausilio dei presbiteri ".145

    Tu che hai silenziosamente accompagnato Gesù

    nella sua missione di annuncio

    del Vangelo di pace ai poveri,

    rendimi fedele al gregge

    affidatomi dal Buon Pastore.

    Fai che io possa guidarlo sempre

    con sentimenti di pazienza, di dolcezza,

    di fermezza ed amore,

    nella predilezione per i malati,

    per i piccoli, per i poveri, per i peccatori,

    o " Madre Ausiliatrice del Popolo cristiano ".

    Mi consacro ed affido a Te, o Maria,

    che, presso la Croce del tuo Figlio,

    sei stata resa partecipe della sua opera redentrice,

    " congiunta indissolubilmente con l'opera della salvezza ".146

    Fai che nell'esercizio del mio ministero,

    possa sempre più sentire

    " la dimensione stupenda e penetrante

    della tua vicinanza materna "147

    in ogni momento della mia vita,

    nella preghiera e nell'azione,

    nella gioia e nel dolore, nella fatica e nel riposo,

    o " Madre della Fiducia ".

    Concedimi o Madre, che nella celebrazione dell'Eucarestia,

    centro e sorgente del ministero sacerdotale,

    possa vivere la mia vicinanza a Gesù

    nella tua vicinanza materna,

    poiché " quando celebriamo la Santa Messa

    tu stai accanto a noi "

    e ci introduci nel mistero dell'offerta redentrice

    del tuo divin Figlio,148

    " o Mediatrice delle grazie che scaturiscono

    per la Chiesa e per tutti i fedeli da quest'offerta " 149

    o " Madre del Salvatore ".

    O Maria: desidero porre la mia persona,

    la mia volontà di santificazione,

    sotto la tua materna protezione ed ispirazione

    perché Tu mi guidi

    a quella " conformazione a Cristo, Capo e Pastore "

    che richiede il ministero di parroco.

    Fai che io prenda coscienza

    che " Tu sei sempre accanto ad ogni sacerdote ",

    nella sua missione di ministro

    dell'Unico Mediatore Gesù Cristo:

    o " Madre dei Sacerdoti ",

    " Soccorritrice e Mediatrice " 150

    di tutte le grazie.

    Amen.
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 12/07/2010 10:50
    NOTE

    1Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 2001 (25 marzo 2001), n. 1.

    2Sant'Agostino, De Trinitate, 13, 19, 24: NBA 4, p. 555.

    3Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 2000 (23 marzo 2000), n. 5.

    4Cf. Giovanni Paolo II, Lett. apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 15: AAS 93 (2001), p. 276.

    5Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 2001 (25 marzo 2001), n. 2.

    6Giovanni Paolo II, Lett. apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 3: l.c., p. 267.

    7Giovanni Paolo II, Omelia in occasione del Giubileo dei presbiteri (18 maggio 2000), n. 5.

    8Cf. Congregazione per il Clero, Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano (19 marzo 1999).

    9In questo senso è importante riflettere, come verrà fatto in seguito in queste stesse pagine, su ciò che Sua Santità Giovanni Paolo II ha chiamato: " La coscienza di essere ministro di Gesù Cristo Capo e Pastore della Chiesa " (Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis [25 marzo 1992], n. 25: AAS 84 [1992] pp. 695-696).

    10Cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), n. 59 : Libreria Editrice Vaticana, 1994.

    11Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. 70 : l.c., pp. 778-782.

    12Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 48.

    13Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): AAS 94 (2002), pp. 214-215.

    14Cf. Costituzioni Apostoliche, III, 16, 3: SC 329, p. 147; Sant'Ambrogio, De mysteriis 6, 29-30: SC 25 bis, p. 173; San Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, III, 63,3; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, nn. 10-11; Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 2; C.I.C., can. 204.

    15Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001), l.c., p. 215.

    16Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 10; Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 2; Pio XII, Lett. Enc. Mediator Dei (20 novembre 1947): AAS 39 (1947), p. 555; Alloc. Magnificate Dominum : AAS 46 (1954), p. 669; Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), " Principi teologici ", n. 1: AAS 89 (1997), pp. 860-861.

    17Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1273.

    18Cf. Conc. Ecum. Trid., Sessione XXIII, Doctrina de sacramento Ordinis (15 luglio 1563): DS, 1763-1778; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, nn.

    2; 13; Decr. Christus Dominus, n. 15; Missale Romanum: Institutio generalis, nn. 4, 5 e 60; Pontificale Romanum: de Ordinatione, nn. 131 e 123; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1366-1372, 1544-1553, 1562-1568, 1581-1587.

    19Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), nn. 13-15 : l.c., pp. 677-681.

    20Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 33; Cost. dogm. Lumen gentium, nn. 10, 28, 37; Decr. Presbyterorum Ordinis, nn. 2, 6, 12. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), nn. 6-12; San Tommaso d'Aquino, S. Th., III, 22,4.

    21Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 1979 Novo incipiente (8 aprile 1979), n. 4: AAS 71 (1979), p. 399.

    22Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1998), n. 23: AAS 81 (1989), p. 431; Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), " Principi teologici ", n. 4: l.c., pp. 860-861; Congregazione per il Clero, Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano (19 marzo 1999), p. 36.

    23Cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), n. 7.

    24Cf. Paolo VI, Catechesi nell'Udienza Generale del 7 ottobre 1964: Insegnamenti di Paolo VI 2 (1964), p. 958.

    25Cf. Paolo VI, Esort. Marialis cultus (2 febbraio 1974), nn. 11, 32, 50, 56: AAS 66 (1974), pp. 123, 144, 159, 162.

    26Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. 21: l.c., p. 689.

    27Ibid., n. 18: l.c., p. 684; cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), n. 30.

    28Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 13.

    29Cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), n. 46.

    30Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. 26: l.c., p. 698; Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), nn. 45-47.

    31Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 12; C.I.C., can. 276 § 1.

    32Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 41.

    33Cf. San Francesco di Sales, Introduzione alla vita devota, parte 1, cap. 3.

    34Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 12; C.I.C., can. 276, § 1.

    35Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 14.

    36Cf. ibid.

    37Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. 72: l.c., p. 786.

    38Ibid.

    39Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n. 16: " (I Vescovi) trattino sempre con particolare carità i sacerdoti, perché essi si assumono una parte dei loro ministeri e delle loro preoccupazioni, e vi si consacrano nella vita quotidiana con tanto zelo. Li considerino come figli ed amici e perciò siano disposti ad ascoltarli e a trattarli con fiducia e benevolenza, allo scopo di incrementare l'attività pastorale in tutta la diocesi. Dimostrino il più premuroso interessamento per le loro condizioni spirituali, intellettuali e materiali, affinché essi, con una vita santa e pia, possano esercitare il loro ministero fedelmente e fruttuosamente ".

    40Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. 72: l.c., p. 787.

    41 Ibid., n. 25: l.c., p. 695.

    42Cf. ibid.

    43Ibid.

    44Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 14.

    45Giovanni Paolo II, Introduzione alla S. Messa in occasione della memoria liturgica della Madonna di Częstochowa, “ L'Osservatore Romano ”, 26 agosto 2001.

    46Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza Generale del 30 giugno 1993, Maria è la Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote: " L'Osservatore Romano ", 30 giugno- 1 luglio 1993.

    47Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. 26: l.c., p. 699.

    48Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 5.

    49Ibid., n. 13; cf. C.I.C., cann. 904 e 909.

    50San Bernardino da Siena, Sermo XX: Opera omnia, Venetiis 1591, p. 132.

    51Beato Colomba Marmion, Le Christ idéal du prêtre, cap. 14: Maredsous 1951.

    52Giovanni Paolo II, Costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges (25 gennaio 1983): AAS 75, II (1983), p. XIII.

    53Cf. ibid.

    54Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 7.

    55 Ibid., n. 10.

    56Ibid., n. 22.

    57Cf. C.I.C., can. 959.

    58Ibid., n. 23.

    59Cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), " Principi teologici ", n. 3; " Disposizioni pratiche ", art. 6

    e 8: l.c., pp. 859, 869, 870-872; Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi legislativi, Risposta (11 luglio 1992): AAS 86 (1994), pp. 541-542.

    60Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. 31: l.c., p. 708. " La Chiesa di Cristo – si legge nella Lettera Communionis notio (28 maggio 1992), della Congregazione per la Dottrina della Fede, n. 7 – (...) è la Chiesa universale, (...) che si fa presente ed operante nella particolarità e diversità di persone, gruppi, tempi e luoghi. Tra queste molteplici espressioni particolari della presenza salvifica dell'unica Chiesa di Cristo, fin dall'epoca apostolica si trovano quelle che in sé stesse sono Chiese, perché, pur essendo particolari, in esse si fa presente la Chiesa universale con tutti i suoi elementi essenziali. Sono perciò costituite a immagine della Chiesa universale, e ciascuna di esse è una porzione del Popolo di Dio affidata alle cure pastorali del Vescovo coadiuvato dal suo presbiterio " (AAS 85 [1993], p. 842).

    61Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. 32: l.c., p. 709.

    62Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus n. 28 ; Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 10; C.I.C., cann. 265-272.

    63Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Communionis notio ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della Chiesa considerata come comunione (28 maggio 1992), n. 9: l.c., p. 843.

    64Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dog. Lumen gentium, n. 23.

    65Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n. 30 ; C.I.C., can. 515 § 1.

    66Congregazione per il Clero, Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano (19 marzo 1999), n. 3; cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), n. 17.

    67Cf. C.I.C., can. 374 § 1.

    68Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 42; Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2179; Giovanni Paolo II, Lett. apostolica Dies Domini (31 maggio 1998), nn. 34-36: AAS 90 (1998), pp. 733-736; Lett. apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 35: l.c., p. 290.

    69Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), n. 26: l.c., p. 438; cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), " Disposizioni pratiche ", art. 4: l.c., p. 866.

    70Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Apostolicam actuositatem, n. 10.

    71Cf. C.I.C., can. 518.

    72Cf. Conc. Ecum. Trid., Sessione XXIV (11 novembre 1563), can. 18; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n. 30: " I principali collaboratori del Vescovo sono i parroci, ai quali, come a pastori propri, è commessa la cura delle

    anime in una determinata parte della diocesi, sotto l'autorità dello stesso Vescovo ".

    73C.I.C., can. 519.

    74Cf. C.I.C., can. 517 § 1.

    75Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n. 30; Decr. Presbyterorum Ordinis 8 ; C.I.C., cann. 280; 550 § 2; Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), n. 29.

    76Cf. Conc. ecum. Trident. Sessione XXI (16 luglio 1562), can. 5; Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei Testi Legislativi, Nota esplicativa, pubblicata d'intesa con la Congregazione per il Clero, sui casi nei quali la cura pastorale di più di una parrocchia viene affidata ad un solo sacerdote (13 novembre 1997): Communicationes 30 (1998), pp. 28-32.

    77Cf. C.I.C., can. 539.

    78Cf. ibid., can. 526 § 1.

    79Cf. ibid., cann. 151, 539-540.

    80Cf. Conc. Ecum. Laterano III (a. 1179), can. 3; Conc. Ecum. di Lione II (a. 1274), cost. 13; C.I.C., can. 150.

    81Cf. CIC, can. 149 § 1.

    82Cf. ibid., can. 521 § 1. Nel § 2 vengono segnalate, non esaustivamente, le principali qualità personali che integrano l'idoneità canonica per il candidato al ministero parrocchiale: sana dottrina e onestà di costumi, dotato di zelo per le anime e di ogni altra virtù, e abbia quelle qualità che sono richieste sia dal diritto universale (cioè, quelli obblighi stabiliti per i chierici in generale, cf. cann. 273-279), sia dal diritto particolare (cioè quelle qualità che abbiano più incidenza nella propria Chiesa particolare).

    83Cf. ibid., can. 528 § 1.

    84Cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), " Disposizioni pratiche ", art. 3: l.c., p. 864.

    85Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): l.c., p. 216.

    86Giovanni XXIII, Lett. enc. Sacerdotii Nostri primordia, nel XI centenario del piissimo transito del Santo Curato d'Ars (1º agosto 1959), III parte: AAS 51 (1959), p. 572.

    87Cf. C.I.C., can. 518.

    88Cf. ibid., cann. 519, 529 § 1.

    89Cf. le " Propositiones " circa le parti che compongono il segno sacramentale e le forme della celebrazione, raccolte da Giovanni Paolo II nell'Esort. ap. post-sinodale Reconciliatio e paenitentia (2 dicembre 1984), nn. 31, III; 32: AAS 77 (1985), pp. 260-264; 267.

    90Cf. C.I.C., can. 914.

    91Cf. Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, in Notitiae 37 (2001), pp. 259-260.

    92Giovanni Paolo II, Discorso ai membri della Penitenzieria Apostolica (27 marzo 1993): AAS 86 (1994), p. 78.

    93Cf. C.I.C., can. 964, § 3; Giovanni Paolo II, motu proprio Misericordia Dei (7 aprile 2002), 9b; Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei Testi Legislativi, Risposta circa il can. 964 § 2 (7 luglio 1998): AAS 90 (1998) p. 711.

    94Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), p. 772.

    95Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): l.c., p. 215.

    96Giovanni XXIII, Lett. enc. Sacerdotii Nostri primordia, nel XI centenario del piissimo transito del Santo Curato d'Ars (1º agosto 1959), IIª parte: l.c., p. 562.

    97Cf. C.I.C., can. 529 § 1.

    98Cf. ibid., can. 225.

    99Cf. ibid., can. 529 § 2.

    100Cf. C.I.C., can. 233 § 1; Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. 41: l.c., p. 727.

    101Cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), n. 66.

    102Sant'Ambrogio, De virginatate 5,26: PL 16, p. 286.

    103C.I.C., can. 530.

    104Ibid., can. 883, 3º: " Per il diritto stesso hanno facoltà di amministrare la confermazione: (...) 3º: in riferimento a coloro che si trovano in pericolo di morte, il parroco, anzi ogni presbitero ".

    105Ibid., can. 1003 § 2: " Hanno il dovere e il diritto di amministrare l'unzione degli infermi tutti i sacerdoti ai quali è demandata la cura delle anime, ai fedeli affidati al loro ufficio pastorale; per una ragionevole causa, qualunque sacerdote può amministrare questo sacramento con il consenso almeno presunto del sacerdote di cui sopra ". § 3: " A qualunque sacerdote è lecito portare con sé l'olio benedetto, perché sia in grado di amministrare, in caso di necessità, il sacramento dell'unzione degli infermi ".

    106Cf. ibid., can. 517 § 2.

    107Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): l.c., p. 214.

    108Cf. C.I.C., cann. 228; 229, §§ 1 e 3; 230.

    109Cf. anche Presbyterorum Ordinis, n. 2; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1563.

    110Cf. C.I.C., can. 517 § 2; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 911.

    111Cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de

    mysterio (15 agosto 1997), " Principi teologici " e " Disposizioni pratiche ": l.c., pp. 856-875; C.I.C., can. 517 § 2.

    112Cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), " Disposizioni pratiche ", art. 6; 8: l.c., pp. 869; 870-872.

    113Cf. C.I.C., can. 150; Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 1554; 1570.

    114Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): l.c., p. 216.

    115Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti Diaconatus originem (22 febbraio 1998), n. 41: AAS 90 (1998), p. 901.

    116Ibid., n. 22: l.c., p. 889.

    117Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n. 27; C.I.C., cann. 511- 514.

    118Cf. C.I.C., can. 536 § 1.

    119Cf. ibid., can. 536 § 1.

    120Cf. ibid., can. 536 § 1.

    121Cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), " Disposizioni pratiche ", art. 5: l.c., pp. 867-868.

    122Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), n. 27: l.c., p. 441.

    123Ibidem.

    124Sacra Congregazione per il Clero, Lett. circ. Omnes christifideles (25 gennaio 1973), nn. 4; 9.

    125Cf. C.I.C., cann. 532 e 1279, § 1.

    126Cf. Giovanni Paolo II, Lett. apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 29: l.c., pp. 285-286.

    127Ibid.

    128Ibid.

    129Ibid.

    130Ibid.

    131Giovanni Paolo II, Discorso ai parroci e al clero di Roma (1 marzo 2001), n. 3; cf. Lett. apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 33: l.c., p. 289.

    132Ibid., n. 38: l.c., p. 293.

    133Ibid., n. 31: l.c., p. 287.

    134Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dog. Lumen gentium, n. 39.

    135Cf. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii Nuntiandi, n. 14; Giovanni Paolo II, Alloc. alla Sacra Congregazione per il Clero (20 Ottobre 1984): " di qui la necessità che la parrocchia riscopra la sua funzione specifica di comunità di fede e di carità, che costituisce la sua ragion d'essere e la sua caratteristica più profonda. Ciò vuol dire fare dell'evangelizzazione il perno di tutta l'azione pastorale, quale esigenza prioritaria, preminente, privilegiata. Si supera così una visione puramente orizzontale di presenza solo sociale, e si rafforza l'aspetto sacramentale della Chiesa " (AAS 77 [1985], pp. 307-308).

    136Giovanni Paolo II, Lett. apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 40: l.c., p. 294.

    137Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Dominus Iesus (6 agosto 2000): AAS 92 (2000), pp. 742-765.

    138San Gregorio Magno, Regola pastorale, Introduzione alla terza parte.

    139Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 46: l.c., p. 299.

    140Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Dominus Iesus (6 agosto 2000), n. 15: l.c., p. 756.

    141Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 2000 (23 marzo 2000), nn. 10.14.

    142Cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia (31 gennaio 1994), cap. III.

    143Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti in occasione del giovedì santo 1979 Novo incipiente (8 aprile 1979), n. 11: l.c. p. 416.

    144Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): l.c., p. 217.

    145Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 18.

    146Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 103.

    147Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo del 1979 Novo incipiente (8 aprile 1979), n. 11: l.c., p. 416.

    148Cf. Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): l.c., p. 217.

    149Giovanni Paolo II, in occasione della memoria liturgica della Madonna di Częstochowa: “ L'Osservatore Romano ”, 26 agosto 2001.

    150Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 62.



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 12/07/2010 11:04

    I PECCATI DEI PRETI  SECONDO SANTA CATERINA DA SIENA,
    Dottore della Chiesa, Patrona d'Italia e Compatrona d'Europa

    da Dialogo della Divina provvidenza    cap. 123 ss.

    Su molti altri difetti dei suddetti ministri, e specialmente dell’andare per le taverne, del giocare, e del tenere concubine.

    Donde riceve l’anima tanto fetore? Dalla loro sensualità. Essi hanno fatto padrona questa sensualità, insieme con l’amor proprio, ed hanno fatto serva la poveretta anima; invece io li avevo fatti liberi, per il Sangue del mio Figlio, con quella liberazione generale, fatta quando tutto il genere umano fu tratto via dalla servitù del demonio, e dalla sua signoria.

    Questa grazia fu ricevuta da ogni creatura, che ha in sé ragione; ma questi miei unti io li ho liberati anche dalla servitù del mondo, li ho posti a servire solo me, Dio eterno, e ad amministrare i sacramenti della salita Chiesa. Li ho fatti tanto liberi, che non ho voluto né voglio clic nessun signore temporale si faccia loro giudice. E sai quale ricompensa, o dilettissima figliuola, essi mi rendono per tanto benefizio ricevuto da me? La loro ricompensa è questa: continuamente mi perseguitano con tanti, diversi e scellerati peccati, che la lingua tua non li potrebbe narrare, e a udirli ne verresti meno.
     
    Ma pure te ne voglio dir qualcosa, oltre a quello clic t’ho già detto, per darti più materia di pianto e di compassione. Essi dovrebbero stare sulla mensa della croce col santo desiderio, ed ivi nutrirsi del cibo delle anime per il mio onore. E benché questo debba farlo ogni creatura dotata di ragione, molto maggiormente lo devono fare costoro, clic io ho eletti, perché vi amministrino il Corpo e il Sangue di Cristo crocifisso, unigenito mio Figlio, vi diano esempio di santa e buona vita, e seguendo la mia Verità con pena, con santo e grande desiderio, prendano in cibo le anime vostre. Ma essi hanno presa per loro mensa le taverne; ivi, giurando e spergiurando, con molti miserabili difetti, pubblicamente, quali uomini accecati e senza lume di ragione, divengono animali per i loro difetti, e stanno in atti, fatti e parole lascive.

    Non sanno che vi è da dire l’Uffizio divino; e se qualche volta lo dicono, lo dicono con la lingua, ma il cuore loro è lungi da me! Se ne stanno come ribaldi e barattieri; e dopo che hanno giocata la loro anima e messala nelle mani dei demoni, giocano i beni della Chiesa: e quella sostanza temporale, che ricevono in virtù del Sangue, giocano e barattano. Perciò i poveri non hanno quanto è loro dovuto; la Chiesa è sfornita e priva di quegli oggetti che le sono necessari. Non si curano del tempio mio, perché si sono fatti tempio del diavolo. Quegli adornamenti, che devono fare alla Chiesa per riverenza del Sangue, essi li fanno nelle case dove abitano. Il peggio però si è che essi fanno come lo sposo, che adorna la sua sposa. Così, questi demoni incarnati, adornano con i beni della Chiesa la loro diavola, con la quale stanno iniquamente e immondamente. Senza provare vergogna, la fanno andare, stare e venire, mentre che i miseri demoni saranno a celebrare all’altare, E non si curano che questa miserabile diavola vada, coi figliuoli a mano, a fare l’offerta col rimanente popolo.

    O demoni sopra demoni! Almeno le iniquità vostre fossero più nascoste agli occhi dei vostri sudditi; ché, facendole nascoste, offendete me e fate danno a voi, ma non fate danno al prossimo! Esponendo invece pubblicamente la vostra vita scellerata dinanzi a loro, col vostro esempio gli siete materia e cagione non di uscire dai loro peccati, ma di cadere in quelli simili ai vostri, anzi maggiori.

    E’ questa la purità che io richiedo al mio ministro, quando va a celebrare all’altare? Questa è invece la purità che porta: la mattina si leverà con la mente contaminata e col corpo corrotto, per essere stato e giacinto nell’immondo peccato mortale, e andrà a celebrare, O tabernacolo del demonio, dove è la veglia della notte nel solenne e devoto uffizio? Dove è la continua e devota orazione? Nel tempo della notte tu ti devi disporre al mistero, che hai da compiere la mattina, col conoscere te stesso. conoscendoti e reputandoti indegno di tanto mistero, e col conoscimento di me, clic per la mia bontà, e non per i tuoi meriti, te ne ho fatto degno, e ti ho fatto mio ministro, acciocché tu amministri il Sacramento alle altre mie creature.


    CAPITOLO 124

    Io ti fo sapere, carissima figliuola, che tanta purità richiedo da voi e da loro in questo sacramento, quanta è possibile a uomo in questa vita; in quanto che, da parte vostra e loro, vi dovete ingegnare d’acquistarla continuamente.
    Voi dovete pensare che, se fosse possibile che la natura degli angeli si purificasse, bisognerebbe che ella si purificasse per questo mistero; ma non è possibile, perché non ha bisogno di essere purificata, non potendo cadere negli angeli veleno di peccato. Ti dico questo, perché tu veda quanta purità io richiedo da voi e dai ministri in questo sacramento, ma singolarmente da loro. Essi mi fanno il contrario, poiché vanno tutti immondi a questo mistero.

    E non solo hanno quella immondezza e fragilità, alla quale siete inclinati naturalmente per la vostra fragile natura (benché la ragione, quando lo vuole il libero arbitrio, faccia stare quieta questa ribellione), ma quei miseri non raffrenano questa fragilità:
    anzi fanno peggio, commettendo il maledetto peccato contro natura. Quali ciechi e stolti, essendo offuscato il lume del loro intelletto, non conoscono il fetore e la miseria in cui sono; poiché non solo ella fa schifo a me, che sono somma ed eterna purità (a cui è tanto abominevole, che per questo solo peccato cinque città sprofondarono per mio divino giudizio , non volendo più oltre sopportarle la mia giustizia), ma dispiace ancora ai demoni, che di quei miseri si sono fatti signori.

    Non è che ai demoni dispiaccia il male, quasi che loro piaccia un qualche bene, ma perché la loro natura è natura angelica, e perciò schiva di vedere o di stare a vedere commettere quell’enorme peccato. Il demonio ha ben gettato innanzi la saetta avvelenata della concupiscenza, ma, quando si compie l’atto del peccato, se ne va via per la cagione e modo che ti ho detto.

    Se ben ti ricordi, prima della peste  io ti manifestai quanto mi era spiacevole tale peccato, e quanto fosse corrotto il mondo per questo peccato. Onde, innalzando Lo te sopra di te per santo desiderio cd elevazione di mente, ti mostrai tutto quanto il mondo, e quasi in ogni genere di persone tu vedevi questo miserabile peccato. E vedevi i demoni che fuggivano, come ti ho detto. E fu tanta la pena che tu ricevesti nella mente e tale il fetore, che quasi ti pareva di essere sul punto di morte. Tu non vedevi nessun luogo, dove tu e gli altri miei servi vi poteste rifugiare, acciocché questa lebbra non vi si attaccasse. E vedevi di non potere stare né tra i piccoli né tra i grandi, tra i vecchi e giovani, religiosi e chierici, prelati e sudditi, signori e servi, che di questa maledizione non avessero contaminato la mente e il corpo.

    Te lo mostrai in generale, e ti mostrai anche in particolare alcuni non toccati da questo peccato, poiché anche in mezzo ai cattivi ho riserbato alcuni dei miei. Per le loro opere giuste io trattengo la mia giustizia dal comandare alle pietre che si rivolgano contro di loro, o alla terra che li inghiottisca. o agli animali che li divorino, o ai demoni che ne portino via anima e corpo. Anzi vo trovando le vie e i modi per potere far loro misericordia, cosicché correggano la loro vita; e interpongo i miei servi, che sono sani e non lebbrosi, perché mi preghino per loro.
    Qualche volta mostro loro questi miserabili peccatori, perché siano più solleciti a cercare la loro salute, offrendoli a me con maggiore compassione, e con dolore dei loro difetti e della mia offesa preghino me per loro, come io feci con te, nel modo che tu sai e che ti ho detto.

    Se ti ricordi bene, avendoti fatto sentire un poco di questo fetore, tu venisti a tal punto, che non ne potevi più, e mi dicesti:

    O Padre eterno, abbi misericordia di me e delle tue creature! O tu mi levi l’anima dal corpo, poiché mi pare di non poterne più, oppure tu mi dai refrigerio, e mi mostri in quale luogo io e gli altri tuoi servi ci possiamo riposare, acciocché questa lebbra non ci possa nuocere, né togliere la purità dell’anima e del corpo.
    Ed io, volgendomi verso di te con l’occhio della pietà, ti risposi, ti dissi e ti dico : Figliuola mia, il vostro riposo sia nel rendere gloria e lode al mio nome, e nel gettarmi incenso per gli infelici, che si sono messi in tanta miseria, da farsi degni del giudizio per i loro peccati. Il luogo, dove voi abbiate a stare, sia Cristo crocifisso, unigenito mio Figliuolo; abitate e nascondetevi nella caverna del suo costato, dove gusterete con affetto d’amore la mia natura divina in quella sua natura umana.


    Come nei ministri cattivi regni il peccato di sodomia; bella visione che Caterina ebbe sopra questa materia.

    In quel cuore aperto troverete la carità mia e quella del prossimo, poiché per l’onore di me, Padre eterno, e per compiere l’obbedienza, che io gli imposi per la vostra salute, corse all’obbrobriosa morte della santissima Croce. Vedendo voi, e gustando quest’amore, seguirete la sua dottrina, nutrendovi sulla mensa della croce, col sopportare per carità, con vera pazienza, il vostro prossimo, e la pena, il tormento e la fatica, da qualunque lato vi vengano.
    In questo modo scamperete e fuggirete la lebbra.
     Questo è il mezzo che io diedi e do a te e agli altri.

    Ma nonostante questo, dall’anima tua non si levava il senso del fetore, né dall’occhio del tuo intelletto la tenebra. Allora la mia provvidenza intervenne; poiché, quando ti comunicasti col Corpo e col Sangue del mio Figlio, tutto Dio e tutto uomo, come solete riceverlo nel sacramento dell’altare, e come segno di verità, scomparve il fetore per l’odore che ricevesti nel sacramento, e le tenebre scomparvero per la luce che ricevesti nel sacramento. E ti rimase, in modo ammirabile, quale piacque alla mia bontà, l’odore del Sangue nella bocca e nel gusto del tuo corpo per più giorni, come ben tu sai.
     
    Così vedi, o carissima figliuola, quanto mi sia abominevole quel peccato in ogni creatura; pensa dunque che lo è molto maggiormente in questi ministri, che io ho tratti a vivere nello stato di continenza. E tra questi continenti, che sono levati via dal mondo, chi per essere nella vita religiosa e chi per essere quale pianta nel corpo mistico della santa Chiesa, sono i miei ministri.

    Non potresti mai udire abbastanza quanto in essi mi dispiaccia questo peccato, oltre al dispiacere che io ricevo dagli uomini nel mondo in generale, e a quello di chi dovrebbe essere continente in modo particolare, come t’ho detto
    . Costoro sono lucerne poste sul candelabro, e dovrebbero essere ministri di me, vero Sole, con lume di virtù, di santa e onesta vita; invece ministrano in tenebre. E sono tanto tenebrosi, che per la loro gonfia superbia, e perché sono immondi e lascivi, non vedono né intendono altro che la corteccia della santa Scrittura. Essa è in se stessa luminosa, poiché i miei eletti l’ebbero con lume soprannaturale da me, vero lume, come ti dissi in altro luogo; essi invece la intendono solo letteralmente, e la ricevono senza alcun sapore, perché il gusto dell’anima loro non è ordinato, ma corrotto dall’amor proprio e dalla superbia, avendo ripieno lo stomaco d’immondezza, e desiderando di compiere i loro disordinati diletti. Ripieni di cupidità e di avarizia, cadono pubblicamente e senza vergogna nei loro difetti. E vi sono ancora molti miserabili che commettono l’usura, da me vietata.


    cap. 125
    Come i sudditi non si correggono a causa di questi di/etti. Di/etti dei religiosi. Come dal non correggere quei mali, ne seguano molti altri.

    In che modo possono questi tali, pieni di tanti difetti, correggere, fare giustizia e riprendere i difetti dei loro sudditi? Non lo possono, perché i loro difetti tolgono loro l’ardire e lo zelo della santa giustizia. E se qualche volta lo facessero, sanno dire i sudditi, scellerati come loro: « Medico, medica innanzi te stesso » e poi medica me; allora io piglierò la medicina che tu mi darai; tu sei in maggiore difetto di me, e dici male di me!

    Fa male colui la cui riprensione è fatta solo con la parola, e non con buona e ordinata vita; non quasi che egli non debba riprendere il male (buono o cattivo che egli sia) nel suddito; ma fa male a non correggere con santa e onesta vita. E molto peggio fa colui che, per qualunque modo gli sia fatta la riprensione, o da buono o da cattivo pastore, non la riceve umilmente, correggendo la sua vita scellerata: egli fa male a sé, non ad altri, ed è quello che sosterrà le pene dei suoi difetti.

    Tutti questi mali, carissima figliuola, avvengono per il non correggere con buona e santa vita. Perché non correggono? Perché sono accecati dall’amor proprio di se stessi, nel quale amor proprio son fondate tutte le loro iniquità, e non mirano se non al modo col quale possano compiere i loro disordinati diletti e piaceri: sudditi e pastori, chierici e religiosi. Ohimé! figliuola mia dolce; dove è l’obbedienza dei religiosi, che dovrebbero stare nella santa religione come angeli, e sono peggio dei demoni? Io li ho posti perché annunzino la mia parola con la dottrina e con la vita; ed essi gridano solo col suono della parola, e perciò non fanno frutto nel cuore dell’uditore. Le loro predicazioni sono fatte più per piacere agli uomini e per dilettare le loro orecchie, che ad onore di me; perciò studiano non la vita buona ma il favellare molto pulito.

    Questi tali non seminano il mio seme in verità, perché non attendono a svellere i vizi e a piantare le virtù. Non avendo tolte le spine dal loro orto, non si curano di trarle via dall’orto del loro prossimo. Tutti i loro diletti sono nell’adornare i corpi e le celle loro, e d’andare discorrendo per le città. Avviene loro come al pesce, che, stando fuori dell’acqua, muore. Così questi religiosi dalla vita vana e disonesta, stando fuori della cella, muoiono. Si partono dalla cella, della quale si deve fare un cielo, e vanno per le contrade cercando le case dei parenti e d’altre genti secolari, secondo che piace ai miseri sudditi e ai loro cattivi prelati, che usano legami non stretti, ma larghi.

    Come miserabili pastori, non si curano di vedere il loro frate suddito nelle mani dei demoni, anzi spesse volte essi stessi ve lo mettono; ed altre volte, conoscendo che essi sono demoni incarnati, li mandano per i monasteri, a quelle che sono diavole incarnate insieme ad essi, e così l’uno guasta l’altro con molte e sottili arti ed inganni.

    Il demonio porrà il principio di questa familiarità sotto colore di devozione; ma poiché la loro vita è lasciva e miserabile, non dura molto il colore della devozione; appariscono subito i frutti delle loro devozioni. Prima si vedono i fiori puzzolenti dei pensieri disonesti con le foglie corrotte delle parole; poi con miserabili modi compiono i loro desideri. Quali siano i frutti, che se ne vedono, ben lo sai tu che ne hai veduti: sono i figliuoli. E spesse volte si conducono a tanto, che l’uno e l’altra escono dalla santa religione. Egli diviene un ribaldo, ed ella una pubblica meretrice.

    Di tutti questi mali e di molti altri sono cagione i prelati, perché non ebbero l’occhio sopra il loro suddito, anzi gli facevano largo, lo mandavano essi stessi, e facevano vista di non vedere le sue miserie. E siccome il suddito non si dilettava della cella, così per difetto dell’uno e dell’altro ne è rimasto morto.
    La tua lingua non potrebbe narrare tanti difetti, né in quanti miserabili modi essi mi offendano. Son divenuti arma del diavolo, e coi loro fetori avvelenano dentro e fuori. Di fuori, i secolari; dentro, i religiosi. Sono privi della carità fraterna; ognuno vuole essere il maggiore e ognuno mira a possedere. Vanno contro il comandamento e contro il voto, che hanno fatto.

    Hanno promesso d’osservare le regole dell’Ordine; invece le oltrepassano; poiché non solo non l’osservano per sé, ma fanno come i lupi affamati sopra gli agnelli che volessero osservare le regole dell’Ordine, beffandoli e schernendoli. Credono, i miserabili, con le persecuzioni, beffe e schemi che fanno ai religiosi buoni e osservanti, di ricoprire i loro difetti; essi li scoprono molto di più. Tanto male è venuto nei giardini delle sante Religioni, che sono sante in se stesse, perché sono fatte e fondate dallo Spirito Santo. L’Ordine religioso non può essere guasto in sé, né corrotto per il difetto del suddito o del prelato. Ma colui, che vuole entrare nell’Ordine, non deve mirare a quelli che sono cattivi, ma navigare sopra le braccia dell’Ordine, che non è infermo né può infermare, osservandone le regole fino alla morte.

    Ti dicevo che a tanto male sono giunti, per causa dei cattivi correttori e dei cattivi sudditi, che ai cattivi sembrano trasgressori dell’Ordine quelli che si attengono all’Ordine schiettamente; perché non imitano i loro costumi, né osservano le cerimonie che quegli inosservanti hanno ordinato, e osservano agli occhi dei secolari, per compiacere loro, e mantellare i loro difetti. Sicché tu vedi che non adempiono il primo voto dell’obbedienza, che è di osservare le regole dell’Ordine; e di questa obbedienza ti parlerò in altro luogo.
    Fanno voto ancora d’osservare volontaria povertà e d’essere continenti. Come essi osservano il primo? Mira i possessi e il molto denaro, che tengono in privato, stando separati dalla carità comune, che li obbliga a comunicare ai fratelli le sostanze temporali e le spirituali, come vuole l’ordine della carità e la regola del proprio Ordine.

    Non vogliono ingrassare altro che se stessi e gli animali; una bestia nutre l’altra, mentre il povero confratello muore di freddo e di farne. E siccome egli è bene foderato, ed ha buone vivande, non pensa all’altro, né vuole ritrovarsi con lui alla povera mensa del refettorio. Suo diletto è di potere stare dove possa empirsi di carne, e saziare la sua gola.
    E’ impossibile a costui di osservare il terzo voto della continenza, poiché il ventre pieno non fa la mente casta. Questi tali diventano lascivi per i disordinati riscaldamenti, e così vanno di male in peggio. Avviene ancora loro molto male per il possedere; poiché, se non avessero che cosa spendere, non vivrebbero tanto disordinatamente e non avrebbero le particolari relazioni di amicizia. Infatti, se non si ha che cosa donare, non si mantiene l’amore né l’arnist, che sia fondata sull’amore del dono o su qualche diletto e piacere, che l’uno trae dall’altro, e non sulla perfetta carità.

    Oh miseri che essi sono; posti in tanta miseria per i loro difetti, mentre da me sono posti in tanta dignità! Essi fuggono dal coro, come se fosse un veleno; se vi stanno, gridano con la voce, e il cuore loro è lungi da me. Alla mensa dell’altare si sono presa la consuetudine d’andarvi senza veruna disposizione, come alla mensa del corpo. Tutti questi mali e molti altri, dei quali io non ti voglio dire altro, per non appuzzare le tue orecchie, seguono per il difetto dei cattivi pastori, che non correggono nè puniscono i difetti dei sudditi, nè si curano e zelano che l’Ordine sia osservato, perché essi non sono osservatori dell’Ordine.

    Porranno bene le pietre delle grandi obbedienze in capo a coloro che lo vogliono osservare, punendoli anche delle colpe che non hanno commesse. E tutto questo fanno, perché in essi non riluce la margherita della giustizia, ma quella della ingiustizia; perciò danno ingiustamente penitenza e odio a colui che merita grazia e benevolenza; a quelli invece, che sono membri del diavolo come loro, danno amore, diletto e dignità, affidando loro gli uffici dell’Ordine. Vivono come accecati, e come accecati danno queste cariche e governano i sudditi. Ma se non si correggono, giungono con questa cecità alle tenebre dell’eterna dannazione. Allora converrà loro dare ragione a me, sommo giudice, delle anime dei sudditi; molto male me la potranno rendere, e perciò riceveranno giustamente da me quello che hanno meritato.


    Cap.126


    Come nel suddetti iniqui ministri regna il peccato
    della lussuria.

    Ti ho dato, o carissima figliuola, un accenno intorno alla vita di quelli che vivono nella santa religione, e ti ho detto quanta sia la miseria con cui stanno nell’Ordine con veste di pecora, mentre sono lupi rapaci. Ora ti ritorno ai chierici e ai ministri della santa Chiesa, per lamentarmi con te dei loro difetti, oltre a quelli che io ti ho esposto, mostrandoti nel passato le tre colonne dei vizi e lagnandomi con te di loro; cioè della immondezza, della gonfia superbia, e della cupidigia; poiché per cupidigia vendono la grazia dello Spirito Santo.
    Di questi tre vizi l’uno dipende dall’altro, ccl il fondamento di queste tre colonne è l’amor proprio. Esse, finché stanno ritte (poiché solo la forza dell’amore alla virtù può farle andare a terra), sono sufficienti a tenere l’anima ferma e ostinata in ogni altro vizio. Infatti, come ti ho detto spesso, tutti i vizi nascono dall’amor proprio, perché dall’amor proprio nasce il principale vizio, che è la superbia, e l’uomo superbo è privato della dilezione della carità; dalla superbia poi si giunge alla immondezza e all’avarizia. Così s’incatenano essi stessi con la catena del diavolo.

    Ora, carissima figliuola, guarda con quanta miseria d’immondezza essi lordano il corpo e la mente loro, come te ne ho già detto qualcosa. Ma altro ti voglio aggiungere, perché conosca meglio la fontana della mia misericordia, ed abbia maggiore compassione dei miserabili in colpa.
    Alcuni son tanto demoni, che non solo non hanno riverenza al Sacramento e non tengono cara l’eccellenza, nella quale li ho posti per mia bontà, ma come se fossero del tutto fuori di mente, e per l’amore che hanno ad alcune creature da cui non possono avere quel che desiderano, fanno malìe con incantesimi di demoni e col Sacramento stesso, che vi è dato in cibo di vita, per compiere i loro miserabili e disonesti pensieri, e mandare ad effetto le loro volontà.

    Invece di pascere l’anima e il corpo di quelle pecorelle, delle quali devono aver cura, le tormentano in questi ed altri modi su cui passerò sopra, per non darti più pena. E come hai veduto, le fanno uscire di memoria, venendo loro voglia di fare quello che non vorrebbero, a causa di quanto ha loro fatto quel demonio incarnato; anzi, per la resistenza che fanno a se stesse, ricevono gravissime pene nel corpo. Chi è che ha fatto questo e molti altri miserabili mali, che tu conosci senza che io te li narri? La disonestà e la loro miserabile vita. O carissima figliuola, costoro danno con tanta malvagità quella Carne di Cristo, che è elevata su tutti i cori degli angeli, per l’unione con la mia natura divina.

    O abominevole e miserabile uomo, non uomo ma animale, tu dai alle meretrici, e anche peggio, quella carne che fu unta e consacrata a me! Non pensi che sul legno della santissima croce il Corpo piagato dell’unigenito mio Figlio tolse via alla tua carne, e a quella di tutto il genere umano, quella piaga clic Adamo aveva fatto col suo peccato? O misero! Egli ha fatto onore a te, e tu gli fai vergogna! Egli t’ha sanate le piaghe col suo sangue, e ancora di più, facendoti suo ministro, e tu lo percuoti con lascivi e disonesti peccati! Il pastore buono ha lavato le pecorelle nel suo sangue. e tu gli lordi quelle che sono pure, fai il possibile di metterle Hai indirizzate tutte le membra del tuo corpo a opere miserabili, e fai il contrario di quello che ha fatto per te la mia Verità.
     
    Io sopportai che gli fossero fasciati gli occhi, per illuminare te; e tu con gli occhi tuoi lascivi getti saette avvelenate nell’anima tua e nel cuore di coloro che guardi con tanta miseria. Io sopportai che egli fosse abbeverato di fiele e di aceto, e tu, come animale disordinato, ti diletti di cibi delicati, facendoti dio del tuo ventre. Nella tua lingua stanno disoneste e vane parole; invece tu sei tenuto con questa lingua ad ammonire il prossimo, ad annunziare la mia parola e a dire l’Uffizio col cuore e con la lingua tua. Io non sento altro che fetore, poiché tu giuri e spergiuri come se fossi un barattiere, e spesse volte tu mi bestemmi. Io volli che gli fossero confitti i piedi, facendoti scala del suo Corpo; e quel costato, che fu aperto perché vedeste il segreto del cuore, io ve l’ho dato come una cantina aperta, in cui voi possiate vedere e gustare l’amore ineffabile che ho per voi, trovando e vedendo la mia natura divina unita con la vostra natura umana, ivi tu vedi che del Sangue che tu ministri e dispensi io ho fatto un bagno per lavare le vostre iniquità; e tu del tuo cuore hai fatto tempio del demonio.

    Il tuo affetto, che è significato dai piedi, non contiene né offre a me altro che puzza e vituperio; i piedi del tuo affetto non portano l’anima tua che nei luoghi del demonio. Sicché, con tutto il tuo corpo tu percuoti il Corpo del Figliuolo mio, facendo il contrario di quello che Egli ha fatto, e di quello che tu ed ogni altra creatura siete tenuti ed obbligati a fare, Gli strumenti del tuo corpo hanno ricevuto in male il suono, perché le tre potenze della tua anima sono raccolte nel nome del demonio, mentre dovresti raccoglierle nel nome mio.La tua memoria dovrebbe essere piena dei benefizi che hai ricevuto da me; mentre ella è piena di disonestà e di molti altri mali.

    L’occhio dell’intelletto dovresti porlo col lume della fede in Cristo crocifisso, unigenito mio Figliuolo, di cui tu sei ministro; e tu gli hai posto dinanzi delizie, dignità e ricchezza di mondo, con misera vanità. L’affetto tuo dovrebbe amare solo me, senza intermediari; e tu l’hai posto miseramente nell’amare le creature ed il tuo corpo; anzi ami i tuoi animali più di me. E chi è che me lo mostra? L’impazienza che hai verso di me, quando io ti togliessi la cosa che molto ami, e il dispiacere che provi verso il prossimo, quando ti paresse di ricevere qualche danno temporale da lui. Odiandolo e bestemmiandolo, tu ti parti dalla carità mia e sua. O sventurato! Sei stato fatto ministro del fuoco della mia divina carità, e tu, per i tuoi disordinati diletti e per il piccolo danno che ricevi dal tuo prossimo, la perdi.

    O figliuola carissima, questa è una di quelle tre miserabili colonne, di cui ti parlai.


    CAPITOLO 127

    Come nei cattivi ministri regni l’avarizia. col prestare ad usura, ma specialmente vendendo e comprando i benefizi e le prelazioni. Mali che per questa cupidigia sono venuti alla santa Chiesa.

    Ora ti dirò della seconda, cioè dell’avarizia, poiché tu, o mio ministro. divieni miserabile proprio a causa di quello che il mio Figlio ha dato con tanta larghezza, per la qual cosa tu vedi che sul legno della croce il suo Corpo versa sangue da ogni parte. Non ha ricomprato con oro o argento, ma col sangue. per larghezza di amore, una metà del mondo, ma tutto il genere umano, passato, presente e futuro.

    Non vi è amministrato Sangue, senza avervi insieme amministrato e dato il fuoco, perché vi ha dato il sangue per fuoco d’amore. Né vi ha dato il fuoco o il Sangue senza la mia natura divina, perché perfettamente unì in sé la natura divina con la natura umana; e di questo Sangue. unito alla Divinità per larghezza d’amore, io ho fatto ministro te misero. E tu, o misero, per la tua avarizia e cupidigia, ti sei ridotto in tanta strettezza verso quello che il mio Figliuolo ha acquistato sulla croce, cioè le anime ricomprate con tanto amore, e verso quello che Egli ti ha dato col farti nel letame! Tu devi essere specchio d’onestà, e tu sei specchio di disonestà. lo sopportai che gli fossero legate le mani, per sciogliere te e tutto il genere umano dal legame della colpa, invece tu laidamente eserciti in miserabili toccamenti le tue mani, unte e consacrate per amministrare il santissimo Sacramento. Tutte le tue operazioni, che sono significate dalle mani, sono corrotte e indirizzate a servizio del demonio. O misero! E dire che io t’ho posto in tanta dignità, perché tu serva solamente a me, tu ed ogni altra creatura ragionevole! ministro del Sangue, che ti metti a vendere la grazia dello Spirito Santo, volendo che i tuoi sudditi ricomprino da te quello che tu hai ricevuto in dono.

    Non hai disposta la tua gola a mangiare anime per il mio onore, ma a divorare denaro. E ti sei fatto tanto stretto nella carità per quello che hai ricevuto con tanta larghezza, che io non entro in te con la grazia, nè ci entra il tuo prossimo con l’amore. Le sostanze temporali che tu ricevi in virtù di questo Sangue, le ricevi largamente; ma tu, misero avaro, non sei buono altro che con te, e come ladro, degno della morte eterna, involi quello che è dei poveri e della santa Chiesa, spendendolo lussuriosamente con femmine, con uomini disonesti e con i tuoi parenti: lo spendi in delizie e ci mantieni i tuoi figliuoli.

    O miserabile, dove sono i figliuoli delle vere e dolci virtù, che dovresti avere? Dove è l’infuocata carità con la quale dovresti amministrare? Dove è il desiderio ansioso del mio onore e della salute delle anime? Dove è il profondo dolore che dovresti sentire nel vedere il lupo infernale portar via le tue pecorelle? Non vi è in te, perché nel tuo cuore stretto non c’è more nè di me, né di loro: tu ami solamente te stesso d’amore sensitivo, e con questo amore avveleni te e gli altri.

    Tu sei quel demonio infernale che le inghiottisci con disordinato amore; altro non brama la tua gola, e perciò non ti curi che il demonio invisibile se le porti via; tu, vero demonio visibile, ti sei fatto strumento per mandarle all’inferno.

    Chi vesti e ingrassi con quello che è della Chiesa? Te e gli altri demoni insieme con te, e gli animali, cioè i grossi cavalli che tu tieni per il tuo diletto disordinato e non per necessità. Dovresti invece tenerli per necessità, non per diletto. Questi piaceri sono degli uomini del mondo, ma i tuoi diletti devono essere i poveri e il visitare gli infermi, sovvenendo loro nei bisogni spirituali e temporali, poiché per altro non ti ho fatto ministro e data tanta dignità. Ma perché ti sei fatto animale bruto, perciò ti diletti in questi animali. Tu non vedi; poiché, se tu vedessi i supplizi che ti sono apparecchiati se non ti correggi, non faresti così, ma ti pentiresti di quello che hai fatto nel tempo passato, e ti correggeresti del presente. Vedi, carissima figliuola, quanto io abbia ragione di lagnarmi di questi miseri, quanta larghezza io abbia usata in loro, mentre essi usano tanta strettezza verso di me. Che più? Come io ti dissi, vi sono alcuni che prestano a usura, ma in molti modi sottili vendono il tempo al loro prossimo per cupidigia; la qual cosa non è lecita per in alcun modo del mondo.

    Anche se fosse un dono da poco, ed egli con la sua intenzione lo ricevesse come prezzo per il servizio fatto all’altro col prestargli del suo, questa sarebbe usura, come lo è ogni altra cosa che ricevesse per il tempo che gli ha fatto prestito. Mentre io ho incaricato il misero di vietano ai secolari, egli fa lo stesso e più. Poiché, se uno gli va a chiedere consiglio sopra questa materia, siccome egli è nel medesimo difetto ed ha perduto il lume della ragione, gli dà un consiglio tenebroso e passionale, per quella passione che è dentro l’anima sua.
    Questo e molti altri difetti nascono dal suo cuore stretto, cupido e avaro. Si può dire a lui la parola pronunziata dalla mia Verità, quando entrò nel tempio e vi trovò coloro che vendevano e compravano, cacciandoli fuori colla sferza di fune: « La casa del Padre mio è casa d’orazione, e voi n’avete fatta spelonca di ladroni ».

    Tu vedi bene, dolcissima figliuola, che è proprio così: della Chiesa mia, che è luogo d’orazione, se n’è fatta spelonca di ladroni; essi vendono e comprano, e fanno mercanzia della grazia dello Spirito Santo. Onde tu vedi che quelli che vogliono le prelazioni e i benefizi della santa Chiesa, li comprano con molti doni, offrendo derrate e denari a chi sta dintorno; e i miserabili superiori non guardano se egli sia più buono che cattivo, ma per compiacergli e per amore del dono che hanno ricevuto, s’ingegnano di mettere questa pianta putrida nel giardino della santa Chiesa; e, miseri come sono, faranno per questo buona relazione di lui a Cristo in terra .
    Così l’uno e l’altro usano la falsità e T’inganno verso Cristo in terra, laddove dovrebbero andare avanti schiettamente e con ogni verità. Ma se il Vicario del mio Figlio s’avvede dei difetti dell’uno e dell’altro, li deve punire: tolga all’uno il suo ufficio, se non si corregge e non emenda la sua mala vita; e a colui che compra. sarebbe bene clic gli desse in cambio la prigione, cosicché egli sia corretto del suo difetto, gli altri ne prendano esempio e temano, e nessuno si metta più a farlo. Se Cristo in terra fa questo, fa il suo dovere; e se non lo fa, non resterà impunito questo peccato.

    Quando gli converrà rendere ragione dinanzi a me delle sue pecorelle.
    Credimi, figliuola mia, oggi non si fa così; perciò è caduta la mia Chiesa in tanti difetti e abominazioni. prelati non cercano nè vanno investigando sulla loro vita, quando danno le prelazioni, se sono buoni o cattivi. Se qualche cosa cercano, ne domandano e cercano da coloro che sono cattivi insieme a loro; essi non renderanno buona testimonianza, perché hanno in sé stessi quei medesimi difetti.

    Non guardano ad altro che a grandezza di stato, a gentilezza. ricchezza, e che sappiano parlare molto elegante. E, peggio ancora, talvolta si allegherà in concistoro che egli ha bella persona. Odi cose di demoni! Mentre essi dovrebbero cercare l’adornamento e la bellezza delle virtù, guardano piuttosto alla bellezza del corpo! Devono cercare gli umili poverelli, che per umiltà fuggono le prelazioni, invece di prendere coloro che le cercano con vanità e gonfia superbia.

    Mirano alla scienza. La scienza in sé è buona e perfetta, quando lo scienziato ha la scienza insieme con la buona e onesta vita e con vera umiltà. Ma se la scienza è nel superbo, in chi è disonesto
    e scellerato nella vita, essa è un veleno, e della Scrittura egli non
    intende che il senso letterale; l’intende in tenebre, perché ha perduto il lume della ragione ed ha offuscato l’occhio dell’intelletto.

    Con questo lume, e con la luce soprannaturale, fu chiarita e intesa la santa Scrittura, come ti dissi più a lungo in altro luogo. Sicché tu vedi come la scienza sia buona in sé, ma non in colui che non l’usa come la dovrebbe usare; anzi gli sarà come un fuoco vendicatore, se non correggerà la sua vita. E perciò i superiori devono guardare più alla santa e buona vita, che allo scienziato il quale guidi male la sua vita. Purtroppo essi fanno il contrario; anzi reputano matti e spregiano i buoni e virtuosi, che siano grandi nella scienza; e schivano i poverelli, perché questi non hanno niente da donare loro.

    Così tu vedi come abbondi la menzogna nella mia casa, che deve essere casa d’orazione, in cui ha da rilucere la margherita della giustizia, il lume della scienza con vita onesta e santa, e con l’odore della verità. I miei ministri devono possedere la povertà volontaria, conservare con vera sollecitudine le anime, e trarle dalle mani dei demoni; invece appetiscono le ricchezze. E si sono presa tanta cura delle cose temporali, che hanno abbandonato del tutto la cura delle spirituali, e non attendono altro che al giuoco, al ridere, ad accrescere e moltiplicare le sostanze temporali.

    I miseri non si avvedono che questo è il modo di perderle, poiché se abbondassero in virtù e pigliassero la cura delle spirituali, come devono, abbonderebbero anche nelle temporali. E molte ribellioni ha avute per questo la Sposa mia, che ella non avrebbe avute. Essi « lascino i morti seppellire i morti » , seguano la dottrina della mia Verità e compiano in se stessi la mia volontà, facendo quello per cui li ho posti in dignità. Ma fanno tutto il contrario, mettendosi a seppellire le cose morte e transitorie con disordinato affetto e sollecitudine, strappando di mano quest’ufficio agli uomini del mondo. Questo è spiacevole a me e di danno alla santa Chiesa. Tali cose devono lasciarle ai mondani; cosicché un morto seppellisca l’altro, cioè, che coloro che sono posti a governare le cose temporali, le governino loro.

    Perché ti dissi « l’un morto seppellisca l’altro? ». Ti rispondo che « morto » s’intende in due modi: l’uno è quando l’uomo amministra e governa le cose temporali con colpa di peccato mortale, per disordinato affetto e sollecitudine; l’altro modo significa che questo è un ufficio del corpo, trattandosi di cose manuali. Ora il corpo è cosa morta, non ha vita in sé, se non in quanto la riceve dall’anima, e ne partecipa finché l’anima sta in lui, non più.

    Dunque questi miei unti, che devono vivere come angeli, hanno da lasciare le cose morte ai morti, ed essi governare le anime, che sono cosa viva e non muoiono mai quanto all’essere, governandole e amministrando loro i sacramenti, i doni e le grazie dello Spirito Santo, pascendole del cibo spirituale con buona e santa vita, A questo modo la mia casa sarebbe veramente casa d’orazione, abbondando delle loro grazie e virtù. E poiché essi non lo fanno, ma fanno il contrario, posso dire che essa è divenuta spelonca di ladroni, perché si sono fatti mercanti per avarizia, vendendo e comprando, come ho detto. Ed è divenuta ricettacolo d’animali, perché essi vivono disonestamente come animali bruti. Ne hanno fatto una stalla, giacendovi nel fango della disonestà; e così tengono le loro diavole nella chiesa, come lo sposo tiene la sposa nella sua casa.

    Sicché vedi quanto male, anzi molto più, e quasi senza paragone maggiore di quello che ti ho narrato, nasca da queste due colonne fetide e puzzolenti, cioè l’immondezza e la cupidigia con l’avarizia.

    Caterina Da Siena

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 15/09/2010 15:04

    15 settembre 2010.
    diciassettesimo compleanno al cielo di don Pino Puglisi, un sacerdote e martire

     Nell’anniversario della sua nascita al cielo vogliamo ricordare almeno oggi Don Pino con questo semplice thread e con una preghiera spontanea per lui e per le vocazioni sacerdotali, a cui invitiamo tutti, nel giorno, che la Chiesa, non a caso, dedica alla festa di Maria SS. ma Addolorata.

    Nato nella borgata palermitana di Brancaccio il 15 settembre 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta, viene ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno.
    Entra nel seminario diocesano di Palermo nel 1953 e viene ordinato sacerdote il 2 luglio 1960. Nel 1961 viene nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del SS.mo Salvatore nella borgata di Settecannoli, limitrofa a Brancaccio, e rettore della chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi.
    Nel 1967 è nominato cappellano presso l’Istituto per orfani di lavoratori «Roosevelt» e vicario presso la parrocchia Maria SS.ma Assunta Valdesi. Sin da questi primi anni segue con attenzione i giovani e si interessa delle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città.
    Il primo ottobre 1970 viene nominato parroco di Godrano, un piccolo paese in provincia di Palermo - segnato da una sanguinosa faida - dove rimane fino al 31 luglio 1978 riuscendo a riconciliare le famiglie con la forza del perdono.

    In questi anni segue anche le battaglie socia­li di un’altra zona della periferia orientale della città, lo «Scaricatore». Il 9 agosto 1978 è nominato pro-rettore del Seminano minore di Palermo e il 24 novembre dell’anno seguente direttore del Centro Diocesano Vocazioni. Nel 1983 diventa responsabile del Centro Regionale Vocazioni e membro del Consiglio nazionale. Agli studenti e ai giovani del Centro Diocesano Vocazioni ha dedicato con passione lunghi anni realizzando, attraverso una serie di “campi scuola”, un percorso formativo esemplare dal punto di vista pedagogico e cristiano. Don Giuseppe Puglisi è stato docente di matematica e poi di religione presso varie scuole.

    Ha insegnato al liceo classico Vittorio Emanuele II a Palermo dal 78 al 93. Dal 23 aprile 1989 sino alla morte svolse il suo ministero sacerdotale presso la Casa Madonna dell’accoglienza dell’Opera Pia Card. E. Ruffini in favore di giovani donne e ragazze in difficoltà. Nel 1992 assume l’incarico di direttore spirituale nel Seminario Arcivescovile di Palermo. A Palermo e in Sicilia è stato tra gli animatori di numerosi movimenti tra cui Presenza del Vangelo, Azione Cattolica, Fuci, Equipe Notre Dame.

    Il 29 settembre 1990 è nominato parroco della Parrocchia S. Gaetano di Brancaccio. L’annunzio di Gesù Cristo desiderava incarnarlo nel territorio, assumendone quindi tutti i problemi per farli propri della comunità cristiana. La sua attenzione si rivolse al recupero degli adolescenti già reclutati dalla criminalità mafiosa, riaffermando nel quartiere una cultura della legalità illuminata dalla fede. Questa sua attività pastorale come è stato ricostruito dalle inchieste giudiziarie ha costituito un movente dell’omicidio, i cui esecutori e mandanti sono stati arrestati e condannati. Nel ricordo del suo impegno, scuole, centri sociali, strutture sportive, strade e piazze a lui sono state intitolate a Palermo e in tutta la Sicilia.

    A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario della sua morte, segna l’apertura dell’anno pastorale della diocesi di Palermo. Il 15 settembre 1999 il Cardinale Salvatore De Giorgi ha insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il riconoscimento del martirio di don Giuseppe Puglisi, presbitero della Chiesa Palermitana.

    La sua vita e la sua morte sono state testimonianze della sua fedeltà all’unico Signore e hanno disvelato la malvagità e l’assoluta incompatibilità della mafia con il messaggio evangelico.



    PENSIERI DI DON PINO PUGLISI

    Il Signore sa aspettare
    «Nessun uomo è lontano dal Signore. Il Signore ama la libertà, non impone il suo amore.
    Non forza il cuore di nessuno di noi. Ogni cuore ha i suoi tempi, che neppure noi riusciamo a comprendere. Lui bussa e sta alla porta. Quando il cuore è pronto si aprirà».

    Il senso della vita
    «Ognuno di noi sente dentro di se un'inclinazione, un carisma.
    Un progetto che rende ogni uomo unico e irripetibile. Questa chiamata, questa vocazione, è il segno dello Spirito Santo in noi. Solo ascoltare questa voce può dare senso alla nostra vita».
     

    Ho fatto del mio meglio
    «Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione, il nostro progetto d'amore.
    Ma non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati.
    Si riparte ogni volta.Dobbiamo avere, coscienza di avere accolto l'invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito per poter dire: sì, ho fatto del mio meglio».
     

    Come le tessere del mosaico
    «Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale.
    Ciascuno di noi come le tessere di questo grande mosaico.
    Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual'è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual'è il proprio, perchè si formi l'unico volto di Cristo».

    Dio ci dà la forza
    «L'amore per Dio purifica e libera.
    Ciò non significa che veniamo spersonalizzati ma, anzi, la nostra personalità viene esaltata e potenziata, cioè viene data una nuova potenzialità alle nostre facoltà naturali, alla nostra intelligenza. Viene data una luce nuova alla nostra volontà».

    Le porole e i fatti
    «E' importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell'uomo per i soldi.
    Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste.
    Tutte queste iniziative hanno valore, ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti».

    Se ognuno fa qualcosa
    «Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno
    Non è qualcosa che può trasformare Brancaccio. Questa è un'illusione che non possiamo permetterci.
    E' soltanto un segno per fornirci altri modelli, soprattutto ai giovani. lo facciamo per poter dire: dato che non c'è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa.
    E se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto...»

    La testimonianza che diventa martirio
    «Il discepolo di Cristo è un testimone. La testimonianza cristiana va incontro a difficoltà, può diventare martirio.
    Il passo è breve, anzi è proprio il martirio che dà valore alla testimonianza.
    Ricordate S. Paolo: "Desidero ardentemente persino morire per essere con Cristo". Ecco, questo desiderio diventa desiderio di comunione che trascende persino la vita»




    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)