Ciao a tutti
Stando al problema, l'ideale sarebbe leggere il testo in lingua originale, cioé il greco, ma non tutti lo conoscono e allora esistono versioni nelle lingue moderne. Sebbene la mia area di specializzazione non sia quella biblica, mi sembra di ricordare che la genesi del testo CEI sia stata un tantino articolata. Ci avrebbe messo mano, nella stesura finale, anche un nucleo di letterati italiani per rendere agevole e comprensibile alla massa quello che risultava essere un linguaggio, a tratti, poco comprensibile.
Insomma, la Bibbia CEI non è il massimo della fedeltà, filologicamente parlando.
Un ulteriore limite, viene dalla mancata conoscenza del contesto: spesso si ignora quello che è il mondo in cui gravita il testo sacro, quali le usanze del tempo, quali i modi di dire. Per esempio, alcune lettere paoline sono di difficile interpretazione, vuoi perché opera di un redattore diverso da Paolo, vuoi perché la teologia di Paolo si arricchisce man mano che penetra il mistero. Alcune epistole, come quella ai Colossesi, rivelano dei problemi in seno alla comunità, ma non è chiaro quali siano effettivamente. Gli esegeti, allora, usano il metodo del mirror reading, o lettura allo specchio, per tentare di ricostruire le cause che hanno indotto l'autore a scrivere la lettera, in un tentativo di risalirne alle origini, ricostruendo cioé una possibile ambientazione della comunità e dei suoi problemi. In Col., per esempio, mi sembra al cap. 2, l'autore dice più o meno "...nessuno vi costringa.......etc....per seguire le sue "pretese visioni". Queste "pretese visioni" sono quello che il testo CEI traduce dal greco che, invece dice " ciò che ha visto entrando dentro". Entrando dentro dove?
Qui entra in gioco l'esegeta, il biblista che conosce quel mondo meglio di noi lettori: "entrar dentro" sarebbe un rito iniziatico. Si entra in un luogo nel quale si riceve una rivelazione privata: questo muoversi all'interno del primo cristianesimo comportava tali rischi. Qualcuno poteva sentirsi più illuminato di altri e pretendeva di ricevere da "angeli" una nuova visione cristologica, tesa al Cristo glorioso, quello assiso alla destra del Padre.
Paolo (o il redattore della lettera) dice: alt! Non dovete perdere di vista il Cristo crocefisso! Cioé, i Colossesi presi dalla foga di esaltare il Messia glorioso dimenticavano il senso della croce. E anche gli "angeli" non sono gli angeli buoni che conosciamo, ma le potenze celesti che, secondo la credenza dell'epoca, reggevano il cosmo. Bisognava ingraziarseli con riti, adulazioni, celebrazioni liturgiche, preghiere...
Come si può vedere, dietro un semplice verbo tradotto, naviga un oceano di complicazioni. Ora, a parer mio, sarebbe opportuna una più adeguata preparazione biblica di molti sacerdoti che, spesso, preferiscono un'omelia ad effetto ad una che spieghi al popolo di Dio i tesori della Parola. Credo che una bella spiegazione degli usi, dei costumi, delle vicende storiche ai fedeli, possa essere di giovamento per la successiva fase: cioé calare la Parola nel nostro essere qui, ora.
Far capire, insomma, che il problema dei Colossesi è vicenda ripetibile anche al nostro tempo: pensate alle maghe in tv, che tra crocefissi e tarocchi confondono il semplice. Mi direte: basta cambiar canale! Si può fare, certo. Ma una bella omelia, ricca di spunti biblici, sarebbe di notevole aiuto per il popolo della messa domenicale.
Saluti,
Chisolm.