00 05/10/2011 10:08

Don Cantoni muove guerra agli 'anticonciliaristi'

Don Piero Cantoni, timido propugnatore della Messa antica, ora assai più impegnato in una guerra di retroguardia in difesa delle meraviglie della neomessa, ha scritto un libro che, temiamo, non rappresenterà il livre de chevet dei tradizionalisti. Ma nondimeno gli facciamo oggi un po' di pubblicità, dato che l'argomento che tratta ci interessa. Si tratta di una risposta a Gherardini e agli 'anticonciliaristi' (il termine è suo, riportato nel sottotitolo); un libro a tesi, dove il messaggio in essenza è questo: il Concilio Vaticano II non ha cambiato il tradizionale insegnamento della Chiesa, e chi dice il contrario o è un ladro o è una spia. 
E sia. Non avendo letto il testo, non ci dilunghiamo. Lasciamo però la parola, dopo le osservazioni graffianti di Marco Bongi, ad una recensione di segno contrario di Introvigne, apparsa su La Bussola Quotidiana. Il libro è di don Cantoni, ma gli argomenti che Introvigne riporta nella sua recensione a quel libro sono tutti... di Introvigne, quelli consueti che ci ha già ammannito nei mesi scorsi. Anything new?

Enrico


di Massimo Introvigne

 
L'anno prossimo, 2012, si celebrerà il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Si annunciano, in tutto il mondo, decine di convegni e di pubblicazioni, dei più diversi orientamenti. Don Pietro Cantoni, teologo ben noto ai lettori del mensile di apologetica cattolica Il Timone e che da anni riflette sul Concilio, anticipa l'anniversario e arriva tra i primi in libreria con Riforma nella continuità. Riflessioni sul Vaticano II e sull'anti-conciliarismo (Sugarco, Milano 2011).
 
Si tratta di un libro molto importante che, già nel titolo, fa riferimento a due interventi di Benedetto XVI riportati in appendice. Il primo è il discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, in cui il Papa distingue a proposito del Vaticano II una «ermeneutica della discontinuità e della rottura», che legge il Concilio non alla luce del Magistero precedente ma in contrapposizione a esso, e una corretta «ermeneutica della riforma nella continuità», che non nega gli elementi di novità del Concilio - diversamente, non ci sarebbe riforma - ma legge ogni novità in continuità, e non in contraddizione, con gli insegnamenti precedenti della Chiesa. A sua volta, come Benedetto XVI ebbe a spiegare nell'incontro ad Auronzo di Cadore con i sacerdoti delle diocesi di Belluno-Feltre e Treviso  del 24 luglio 2007, l'ermeneutica della discontinuità e della rottura oggi è proposta nella Chiesa da due versanti diversi: da un «progressismo sbagliato», che considera la presunta rottura con il passato una benedizione per la Chiesa, e da un «anti-conciliarismo» per cui la stessa rottura è stata al contrario catastrofica. Le due correnti convergono nell'analisi, anche se divergono nelle opposte valutazioni.
 
Ma le due correnti, come spiega con dovizia di argomenti don Cantoni, sbagliano. La condanna del «progressismo sbagliato» non è, come molti pensano, una novità «restauratrice» di Benedetto XVI. Si ritrova già nel magistero del servo di Dio Paolo VI (1897-1978), il Papa che concluse il Vaticano II, di cui l'autore ricorda alcuni interventi sorprendentemente simili a quello del 2005 di Benedetto XVI. Appena a un anno dalla chiusura del Concilio, nel 1966, il servo di Dio Paolo VI mette in guardia contro l’errore «di supporre che il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo rappresenti una rottura con la tradizione dottrinale e disciplinare che lo precede, quasi ch’esso sia tale novità da doversi paragonare ad una sconvolgente scoperta, ad una soggettiva emancipazione, che autorizzi il distacco, quasi una pseudo-liberazione, da quanto fino a ieri la Chiesa ha con autorità insegnato e professato, e perciò consenta di proporre al dogma cattolico nuove e arbitrarie interpretazioni, spesso mutuate fuori dell’ortodossia irrinunciabile, e di offrire al costume cattolico nuove ed intemperanti espressioni, spesso mutuate dallo spirito del mondo; ciò non sarebbe conforme alla definizione storica e allo spirito autentico del Concilio, quale lo presagì Papa Giovanni XXIII [1881-1963]. Il Concilio tanto vale quanto continua la vita della Chiesa».  E nel discorso al Sacro Collegio dei Cardinali del 23 giugno 1972 lo stesso Pontefice denuncia «una falsa e abusiva interpretazione del Concilio, che vorrebbe una rottura con la tradizione, anche dottrinale, giungendo al ripudio della Chiesa preconciliare, e alla licenza di concepire una Chiesa "nuova", quasi "reinventata" dall’interno, nella costituzione, nel dogma, nel costume, nel diritto».
 
La parte più corposa del volume di don Cantoni è consacrata alla critica dell'anti-conciliarismo, «fuoco amico» - come lo definisce - nei confronti del Magistero, che rischia di comprometterne l'autorità anche presso persone devote e fedeli al Papa. L'autore che don Cantoni assume come più rappresentativo di questa corrente - peraltro, piuttosto un network dove convivono opinioni parzialmente diverse - è il teologo romano mons. Brunero Gherardini che in una sorta di crescendo, passando dai primi agli ultimi dei diversi volumi che ha dedicato negli ultimi anni al Vaticano II, ha finito per sostenere che l'ermeneutica della riforma nella continuità proposta da Benedetto XVI è, almeno con riferimento a diversi documenti conciliari, impossibile. In questi documenti non ci sarebbe continuità, ma rottura con il Magistero precedente della Chiesa. Il Vaticano II andrebbe dunque  sì considerato un autentico e legittimo Concilio cattolico, ma i suoi insegnamenti sarebbero vincolanti per i fedeli solo quando riaffermano il Magistero precedente della Chiesa, mentre potrebbero e dovrebbero essere messi in discussione, e anche francamente rifiutati, se contraddicono la Tradizione: il che, secondo Gherardini, accade certamente per diversi testi cruciali prodotti dall'assise ecumenica.
 
Non è possibile riassumere qui la critica dettagliata di don Cantoni alla posizione anti-conciliarista su singoli documenti del Concilio - in particolare le costituzioni Gaudium et Spes, Lumen Gentium e Dei Verbum e la dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae -, ma è importante fare emergere il tema metodologico di fondo. Nella posizione anti-conciliarista la nozione di Tradizione è ipostatizzata in modo essenzialista e diventa un codice o un libro immaginario sulla cui base giudicare gli atti del Papa e del Concilio, decidendo quali vanno accolti e quali no. Come nota don Cantoni, così l'autorità della Chiesa si sposta dal Papa a chi si auto-nomina custode e interprete della Tradizione, con un processo simile a quello messo in atto dai protestanti con riferimento alla Scrittura. Non si tratta, nota l'autore, di sostenere che il Papa è al di sopra della Tradizione, così come nella controversia con i protestanti non si trattava di sostenere che il Papa fosse al di sopra della Scrittura.
 
L'autore cita Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704), il quale rispondeva ai protestanti che «noi non diciamo che la Chiesa sia giudice della Parola di Dio, ma assicuriamo che è giudice delle interpretazioni che gli uomini danno della santa Parola di Dio».  Analogamente - tanto più che, a differenza della Scrittura, neppure esiste un libro o manuale chiamato "La Tradizione" con cui confrontare le diverse posizioni - don Cantoni afferma che l'alternativa oggi non è se credere a Benedetto XVI o credere alla Tradizione, ma se farsi spiegare che cos'è la Tradizione da Benedetto XVI o da mons. Gherardini, o magari dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da mons. Marcel Lefebvre (1905-1991), sulle  cui posizioni in tema di Vaticano II  il monsignore romano nelle sue opere più recenti sembra andare sempre più convergendo.
 
E don Cantoni fa notare che la divergenza fra i seguaci di mons. Lefebvre e l'insegnamento di Benedetto XVI non sta nella tesi secondo cui dopo il Concilio c'è stata una drammatica crisi nella Chiesa. Che questa crisi ci sia stata è evidente, e lo afferma anche il Pontefice. Ma, a differenza dei "lefebvriani" - e degli anti-conciliaristi - Benedetto XVI attribuisce la crisi al prevalere di una errata ermeneutica dei documenti del Concilio, non ai documenti medesimi nella loro essenza e nel loro insieme, senza escludere che essi contengano qua e là qualche formulazione meno felice o bisognosa di chiarimenti da parte dello stesso Magistero. Che nei documenti del Vaticano II ci siano espressioni da chiarire e su cui si può legittimamente discutere - ma questo, nota don Cantoni, vale anche per tante espressioni di Concili precedenti - non significa che tali testi si possano rifiutare in blocco o nel loro messaggio essenziale, che si tratti di struttura della Chiesa, ecumenismo, esegesi biblica o libertà religiosa.
 
Come ha spiegato Andrea Tornielli su La Bussola Quotidiana, si situa qui l'essenziale del Preambolo dottrinale - il cui testo rimane riservato - proposto dalla Santa Sede alla Fraternità Sacerdotale San Pio X come condizione per un'auspicata riconciliazione.
 
Molto utile - anche per comprendere la posta in gioco proprio del dialogo in corso fra Santa Sede e Fraternità Sacerdotale San Pio X - è un'appendice dove don Cantoni traccia una breve storia della nozione di Magistero ordinario. Gli anti-conciliaristi spesso rappresentano in modo caricaturale la posizione dei loro critici, attribuendo loro la tesi certamente infondata secondo cui tutti gli insegnamenti del Vaticano II sarebbero infallibili o di natura dogmatica. Non è affatto così. I critici dell'anti-conciliarismo - e, cosa assai più importante, Benedetto XVI - sostengono una cosa diversa, e cioè che il buon fedele deve prestare il suo assenso non solo formale ma sostanziale anche al Magistero ordinario, non dogmatico e non infallibile, pure nella sue dimensioni pastorali, che può certo avere espressioni più o meno felici e su cui i teologi possono condurre discussioni, ma che resta la guida normale della Chiesa cui i cattolici possono e devono affidarsi con fiducia. Non è un buon cattolico chi segue il Magistero solo nei suoi rari pronunciamenti infallibili, ignorando invece la sua guida continua e quotidiana che ha spesso appunto natura non dogmatica ma pastorale.
 
Grande merito del libro di don Cantoni è ricordarci che questa posizione non è nuova. Nasce quando - dopo la Rivoluzione Francese - il Magistero inizia a esprimersi in modo molto più frequente, tra l'altro attraverso la moltiplicazione delle encicliche. L'espressione «Magistero ordinario» si deve al teologo gesuita tedesco Joseph Kleutgen (1811-1883), ma passa nel Magistero pontificio con la lettera Tuas libenter, indirizzata dal beato Pio IX (1792-1878) all'arcivescovo di Monaco di Baviera il 21 dicembre 1863. Questo testo, dove si afferma che la «sottomissione» dei buoni cattolici non ha come oggetto solo il Magistero infallibile ma anche  il Magistero ordinario è la premessa della condanna nel Sillabo del 1864 - ironicamente, un testo spesso invocato dagli anti-conciliaristi - della seguente proposizione, denunciata come erronea: «L'obbligazione che vincola i maestri e gli scrittori cattolici, si riduce a quelle cose solamente, che dall’infallibile giudizio della Chiesa sono proposte a credersi da tutti come dommi di fede». «Né si deve ritenere - aggiunge il venerabile Pio XII (1876-1958) nell'enciclica Humani generis del 1950 - che gli insegnamenti delle Encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro Magistero Supremo. Infatti questi insegnamenti sono del Magistero ordinario, per cui valgono pure le parole: "Chi ascolta voi, ascolta me" (Luc. X, 16)». Né, evidentemente, possiamo considerare i testi di un Concilio Ecumenico meno autorevoli delle encicliche.
 
Un'altra utile appendice del libro di don Cantoni riguarda il beato John Henry Newman (1801-1890), citato da alcuni anti-conciliaristi a sostegno delle loro tesi, in quanto avrebbe affermato che durante la crisi ariana diversi concili e l'intero corpo episcopale avrebbero insegnato l'eresia. Queste però, precisa don Cantoni, erano affermazioni attribuite al beato Newman dai suoi critici, che lo denunciarono a Roma come eretico. Rispondendo a tali critici, il beato affermò che se in effetti egli avesse attribuito l'eresia ariana a «concili ecumenici» e al corpo episcopale nel suo insieme - inseparabile dal Papa - allora certamente le sue affermazioni sarebbero state eretiche. Ma in realtà egli aveva parlato di «concili generali» - che sono cosa diversa dai concili ecumenici, e «non ci fu nessun concilio ecumenico tra il 325 e il 381» - e della maggioranza dei vescovi, non del loro corpus o collegio in senso giuridico e teologico. Di fatto nella crisi ariana buona parte dei vescovi non fu fedele alla sua missione. Ma questo, spiegava Newman, non significa che di diritto anche in quella crisi non restasse presente almeno in modo «virtuale» l'insegnamento di verità del Magistero vivente, che rimaneva per così dire presente sullo sfondo anche se di fatto pochi vescovi lo diffondevano.
 
Non si tratta di una sottigliezza storica. Se un concilio ecumenico e l'intero corpo episcopale unito al Papa potessero insegnare l'eresia - che è cosa diversa dall'esprimere la verità in formulazioni che talora possono essere poco felici o poco precise, e richiedere una interpretazione autentica da parte del Magistero successivo - allora le porte dell'inferno avrebbero prevalso sulla Chiesa. Sappiamo per divina rivelazione che questo non può accadere. E di fatto le «portae inferi» non hanno prevalso. La Chiesa, nonostante le tante crisi che la tormentano, c'è ancora, e per sapere dov'è e che cosa insegna, anche a proposito del Vaticano II, non dobbiamo metterci alla ricerca di un immaginario libro che conterrebbe la Tradizione nella sua forma «pura» e neppure rivolgerci ai teologi - o agli storici, o ai giornalisti - che ci sembrano più simpatici o persuasivi. Dobbiamo guardare al Magistero e al Papa. «Ubi Petrus, ibi Ecclesia, ubi Ecclesia, ibi Christus». «Dov'è Pietro, lì è la Chiesa, dov'è la Chiesa, lì è Cristo». Il volume di don Cantoni costituisce un argomentato, puntuale, severo e prezioso richiamo a questo punto cardine della nostra fede.

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[SM=g1740733] due brevi commenti dal blog di messainlatina:

 
Dice Introvigne citando le parole di Paolo VI: 

E nel discorso al Sacro Collegio dei Cardinali del 23 giugno 1972 lo stesso Pontefice denuncia «una falsa e abusiva interpretazione del Concilio, che vorrebbe una rottura con la tradizione, anche dottrinale, giungendo al ripudio della Chiesa preconciliare, e alla licenza di concepire una Chiesa "nuova", quasi "reinventata" dall’interno, nella costituzione, nel dogma, nel costume, nel diritto».  
 
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perfetto! siamo tutti d'accordo ma...ci è lecita una domanda: a chi si riferiva  Benedetto XVI da cardinale-Ratzinger quando diceva che ELIMINARE LA MESSA DI SEMPRE PER SOSTITUIRLA CON QUELLA NUOVA FU UN ABUSO?  
le parole di Ratzinger sono chiare:  
"rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia".  
a qualcuno doveva pur riferirsi, qualcuno, MATERIALMENTE ha compiuto questo abuso altrimenti perchè fare un Motu Proprio per ridare la legittimità di quella Messa VIETATA?  
Poteva un laico VIETARLA? ovvio che no!  
è stato un cardinale?, un prete? NO! fu Paolo VI! è inutile nascondersi dietro un dito rischiando di far passare quel divieto alla Messa nella forma antica come una CONTINUITA'... 

Senza dubbio l'idea di Paolo VI era quella di SOSTITUIRE LA SUA RIFORMA LITURGICA CON LA MESSA DI SEMPRE... ma da subito l'allora Ratzinger riconobbe quel DIVIETO  come un abuso...perchè il Concilio Vaticano II con la Sacrosanctum Concilium non voleva affatto questo, ma, senza dubbio voleva riformare la Liturgia, la Messa...Ratzinger parla di un abuso al DIVIETO E NON ALLA SOSTITUZIONE..... e allora, siamo onesti e sinceri, non si voleva MODIFICARE proprio quella Messa antica, rinnovandola e modificandola nell'aspetto? Embarassed  
 
Lo spiega molto bene anche il card. Ratzinger nella sua autobiografia:  
"rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia. Pio V e non diversamente da lui, anche molti dei suoi successor avevano rielaborato questo messale, in un processo continuativo di crescita storica e di purificazione, in cui, pero', la continuità non veniva mai distrutta. Un messale di Pio V che sia stato creato da lui non esiste. C'è stata la rielaborazione da lui ordinata, come fase di un lungo processo di crescita storica".  
 
Il danno fu il divieto di quella Messa.... per tanto resta legittimo domandarsi: se invece di vietarla fosse stata MODIFICATA e NON SOSTITUITA con la forma voluta da Paolo VI, sarebbe andato bene? Embarassed  
sarebbe stato legittimo? legittimo sembra proprio di si....  
 
ma a questo punto non dobbiamo forse ringraziare la Provvidenza che permettendone il divieto non fece altro che PRESERVARE la Forma antica facendo in modo che ritornasse INTEGRA  a noi per mezzo di una presa di coscienza maturata dalla Chiesa nel constatare i propri errori?   [SM=g1740721]
 
Fino a che si continuerà a fare del Concilio il "super-dogma" continueremo a restare in un vicolo cieco, continueremo ad alimentare i pro e i contro... Benedetto XVI che è consapevole degli errori che sono stati fatti, non si è fermato su questi, ma sta andando avanti cercando di correggerli e cerca un sostegno da parte di chi, non rinnegando il valore  del Concilio in quanto tale, con esso trascina nell'oggi la gloriosa Tradizione della Chiesa viva nei Santi, nel Catechismo, nella Liturgia, nella Carità....  



[SM=g1740738]


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Amministratore Apostolico

Difatti la Messa con l'antico rito rimase in piedi.  
La proposta di abrograzione dell'allora Mons. Bugnini NON passò per merito dei Magistrati supremi della Chiesa !  
Ci fu, però, una specie di abrograzione di immagini e tutto quanto potesse ricordare l'antico rito.  
Abbiamo visto, non senza gridare al "pagliaccio", film di registi famosi che accostavano  scene dei secoli scorsi con le liturgie bugniniane ...  
Solo con la diffusione di Internet la Messa antica ha potuto riavere la giusta rivalutazione.




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LDCaterina63
Smile  e si! "amministratore..." infatti... per chi volesse approfondire l'argomento suggerisco questa lettura....  
 
la Riforma Liturgica fu "contraddittoria" e questo termine risuona nella maggioranza dei critici onesti e sinceri a partire dallo stesso giovane, allora, Ratzinger... e splendidamente descritta, tale contraddizione, con il capolavoro di Tito Casini sulla sua LA TUNICA STRACCIATA...  
 
Tito DIFENDE PAOLO VI dalle accuse dirette, ma non toglie lo sguardo su una devastazione che avviene sotto gli occhi di tutti e negli anni '70, quasi scrivendo un DIARIO IN DIRETTA, egli è "sublime" per le parole usate, ma drammatico al tempo stesso in questo racconto della "prima messa riformata di Paolo VI" intilolato: IL GRANDE SACRIFICIO che vi invito  a meditare:  
 
" Non questo, non così egli, Paolo VI, aveva creduto o mostrato di credere - allorché, parlando dalla finestra quel non limpido mezzogiorno del 7 marzo 1965, aveva detto: «Questa domenica segna una data memorabile nella storia spirituale della Chiesa, perché la lingua parlata entra ufficialmente nel culto liturgico, come avete già visto questa mattina. La Chiesa ha ritenuto doveroso questo provvedimento... Il bene del popolo esige questa premura».  
E quasi dolendosi, quasi rimpiangendo, al contempo, ciò che si è obbligato a immolare (come Iefte l'amata figlia che ignara del voto paterno gli è venuta incontro festosa con cembali e danze e saputolo gli chiede di poter prima andare con le compagne sui monti a piangere la sua giovinezza): «È un sacrificio che la Chiesa ha compiuto della propria lingua, il latino: lingua sacra, grave, bella, estremamente espressiva ed elegante».  
E ancora, ancora e più conscio della gravità di ciò che diceva: «Ha sacrificato, la Chiesa, tradizioni di secoli e soprattutto sacrifica l'unità di linguaggio nei vari popoli...»  
Così aveva parlato e scritto il devoto suo antecessore Giovanni, dimenticando la sua nota mitezza per percuotere con le più dure parole e minacce chi avesse parlato o scritto, o lasciato, da Superiore o da Vescovo, che si dicesse o scrivesse in contrario, «contra linguam Latinam in sacris habendis ritibus»; così il suo ascetico predecessore, Pio XII; così il forte Pio XI; così tutti i sommi Pontefici - nel loro cognome di «romani» - con ragioni e sanzioni come quelle che la Veterum Sapientia confermava poc'anzi nel nome stesso della civiltà universale...  
Tutti, fino a lui, e d'essere stato lui a spezzar la catena, a chiuder la tradizione, a privar la Chiesa di quella sua «propria lingua», pareva non essere interamente tranquillo, come di un cambiamento che i fatti avrebbero potuto giustificare o condannare: «Questo per voi, fedeli... e se saprete davvero...»



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conciliovaticanosecondo.it. Finalmente un bel sito.

Un nuovo Sito Internet
Diamo notizia dell'ingresso in Internet, nel giorno 8 settembre 2012, Natività della Beata Maria Vergine, di un nuovo sito cattolico www.conciliovaticanosecondo.it.
Sito non fazioso ma obiettivo, sull'analisi e sullo studio del Concilio Vaticano II, su sui trovano spazio libri di de Mattei e di p. Serafino Lanzetta F.I., articoli su padre Tyn e convegni su Pio XII.
Di seguito riportiamo le ragioni di questa realtà informativa e di approfondimento, ragioni esposte nello stesso sito.
(C.S.)
 

Dal sito:
Il sito www.conciliovaticanosecondo.it vede la luce in occasione del cinquantenario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962 – 8 dicembre 1965) e si propone l’approfondimento di quell’evento storico, attraverso
a) lo studio delle fasi e dei protagonisti;
b) l’esame dei diversi testi, secondo la loro portata e le loro caratteristiche ;
c) l’analisi delle conseguenze nel campo religioso, morale, del linguaggio e dei comportamenti.
I promotori di questo sito si professano cattolici, apostolici romani e rispettano l’autorità del Papa e dei Pastori, il Magistero perenne e immutabile della Chiesa e le norme del Diritto canonico, che stabiliscono i diritti e i doveri dei battezzati. L’intenzione è quella di offrire un contributo alla discussione storica e teologica sul Vaticano II oggi in corso in tutto il mondo, in spirito di amore alla Chiesa e alla Verità.

Alcuni dei bei ed interessanti post recenti:

- Il Vaticano II, un Concilio pastorale. Prof. Roberto de Mattei
- Amiamo la Chiesa
- Mercoledi 10 ottobre – Trento – Dibattito sul Concilio Vaticano II
- Padre Lanzetta: Vaticano II, un Concilio pastorale
- La Chiesa e i nuovi totem del neomodernismo
- Padre Tyn e il Vaticano II
- La pastorale nel Vaticano II
- Il libro di Padre Serafino Lanzetta – L’ultimo Concilio riletto alla luce della Tradizione
- Padre Roger Thomas Calmel O.P.
- La Tradizione è la risposta, da sempre, ai problemi della Chiesa (de Mattei)

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[Modificato da Caterina63 09/09/2012 22:10]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)