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DIFENDERE LA VERA FEDE

17-23 Marzo 2009 il Papa in Camerun e in Angola

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    Caterina63
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    00 23/03/2009 18:02
    Dal Blog di Raffaella:

    IL PAPA, SULL'AEREO CHE LO RIPORTA A ROMA, RACCONTA AI GIORNALISTI IL SUO VIAGGIO IN AFRICA: AUDIO INTEGRALE

    CLICCA QUI

    per ascoltare l'audio integrale (finalmente senza mediazioni!) delle parole del Papa sull'aereo che lo sta riportando a Roma.

    Il Papa è dunque in volo verso Roma. A bordo dell’aereo ha parlato con i giornalisti della sua esperienza in Africa.

    Ecco le sue parole:

    “Cari amici …

    vedo che voi lavorate ancora. Il mio lavoro è quasi finito, invece il vostro comincia di nuovo e grazie per questo impegno...

    mi sono rimaste nella memoria soprattutto due impressioni: da una parte l’impressione di questa cordialità quasi esuberante, di questa gioia, di un’Africa in festa, e mi sembra che nel Papa hanno visto, diciamo, la personificazione del fatto che siamo figli e famiglia di Dio. Esiste questa famiglia e noi con tutti i limiti siamo in questa famiglia e Dio è con noi. E così la presenza del Papa ha … aiutato a sentire questo … E dall’altra parte mi ha fatto grande impressione lo spirito di raccoglimento nelle liturgie, il forte senso del sacro: nelle liturgie non c’è autopresentazione dei gruppi, autoanimazione, ma c’è la presenza del sacro, di Dio stesso; anche i movimenti erano sempre movimenti di rispetto e di coscienza della presenza divina. Questo mi ha fatto una grande impressione.

    Poi devo dire che sono stato profondamente colpito dal fatto che sabato nel caos formatosi all’ingresso dello stadio sono morte due ragazze. Ho pregato e prego per loro. Purtroppo una non è stata ancora identificata.
    Il cardinal Bertone e mons. Filoni hanno potuto visitare la mamma dell’altra ragazza: una donna vedova, coraggiosa, con cinque figli. La ragazza deceduta, era la prima dei suoi figli ed era una catechista. E noi tutti preghiamo e speriamo che in futuro le cose possano essere organizzate in modo che questo non succeda più.

    Poi due altri ricordi rimasti nella mia memoria: un ricordo speciale – ci sarebbe tanto da dire – è il Centro Cardinal Léger: mi ha toccato il cuore vedere qui il mondo delle sofferenze molteplici, tutta la sofferenza, la tristezza, la povertà dell’esistenza umana, ma anche vedere come Stato e Chiesa collaborano per aiutare i sofferenti. Da una parte lo Stato gestisce in modo esemplare questo grande Centro, dall’altra, movimenti ecclesiali e realtà della Chiesa collaborano per aiutare realmente queste persone. E si vede, mi sembra, che l’uomo aiutando il sofferente diventa più uomo, il mondo diventa più umano: questo rimane iscritto nella mia memoria.

    Poi abbiamo distribuito l’Instrumentum laboris per il Sinodo e abbiamo anche lavorato per il Sinodo. Nella sera del giorno di San Giuseppe mi sono riunito con i componenti del Consiglio per il Sinodo – 12 vescovi – e ognuno ha parlato della situazione della sua Chiesa locale, delle loro proposte, delle loro aspettative, e così è nata un’idea molto ricca della realtà della Chiesa in Africa, come si muove, come soffre, che cosa fa, quali sono le speranze, i problemi. Potrei raccontare molto, per esempio che la Chiesa del Sudafrica, che ha avuto un’esperienza di riconciliazione difficile, ma sostanzialmente riuscita, aiuta adesso con le sue esperienze il tentativo di riconciliazione in Burundi e cerca di fare qualcosa di simile, anche se con grandissime difficoltà, in Zimbabwe.

    Infine vorrei ancora una volta ringraziare tutti coloro che hanno contribuito per la bella riuscita di questo viaggio: abbiamo visto quali preparativi lo avevano preceduto, come hanno collaborato tutti, vorrei ringraziare le autorità statali, civili, della Chiesa e tutti i singoli che hanno collaborato. Mi sembra che veramente la parola “grazie” dovrebbe concludere questa avventura e grazie ancora una volta anche a voi, giornalisti, per il lavoro che avete fatto e farete. Buon viaggio a voi tutti. Grazie!”

     Radio Vaticana





    Saluto ai giornalisti di ritorno a Roma...


















    [SM=g1740738]




    [Modificato da Caterina63 24/03/2009 00:39]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 24/03/2009 00:34
    I saluti rivolti al Pontefice
    dal vescovo incaricato della pastorale giovanile e da una ragazza

    L'evangelizzazione è inattuabile
    senza l'entusiasmo


    All'inizio dell'incontro di Benedetto XVI con i giovani svoltosi sabato pomeriggio 21 marzo, nello stadio dos Coqueiros di Luanda, monsignor Almeida Kanda, vescovo di Ndalatando, incaricato della pastorale giovanile della Conferenza episcopale nazionale, ha rivolto un saluto che pubblichiamo in una nostra traduzione dal portoghese.


    Santità,
    mi spetta il graditissimo dovere di salutarla a nome di tutti i giovani presenti e di quanti essi rappresentano.
    La sua presenza fra noi rappresenta una gioia e un onore per tutti i giovani. Essi riconoscono quanto sia grande e premurosa l'attenzione con cui Sua Santità accompagna la vita e il lavoro apostolico dei giovani, dato che non c'è un momento - per così dire - del suo magistero in cui i giovani non siano presenti:  basti pensare all'ultima Giornata mondiale della gioventù a Sydney, ai momenti come questo e a tutte le visite che Sua Santità effettua nei diversi Paesi del mondo. Realmente i giovani Le debbono molto.

    Voglia, Santità, accettare la testimonianza del nostro profondo rispetto e il saluto che a nome dei giovani di Angola e São Tomé le rivolgo in un momento di un tanto nobile significato.
    In quest'ora in cui così forte è il desiderio dell'incontro con il Papa, i giovani angolani e di São Tomé vogliono manifestare tutta la loro gratitudine e ribadire il loro proposito di evangelizzare il mondo giovanile, così come hanno fatto tanti giovani nel corso dei secoli.

    I giovani vogliono dire a Sua Santità di essere disposti a far proprie le sfide dell'ultima Giornata mondiale della gioventù, coraggiosi e audaci nello stile di vita di Gesù Cristo e nella proclamazione del suo Vangelo. Vogliono percorrere questo cammino e imparare da san Paolo l'ardore missionario:  "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1 Corinzi, 9, 16) e ripartire con rinnovato slancio e una grande fiducia in Colui che ci chiama e ci invia.

    I giovani, inoltre, vogliono affermare di essere sensibili alla tensione fra il bene e il male presente nel mondo, in particolare nella nostra società angolana. Nel loro intimo, soffrono nell'assistere al trionfo della menzogna, della corruzione, dell'ingiustizia, della droga, della prostituzione giovanile e dell'aborto. Soffrono perché si sentono incapaci di far trionfare la verità, l'onestà, la giustizia sociale, la purezza e il rispetto per la vita.

    Tuttavia, al di là di queste tensioni, i giovani possiedono un'attitudine quasi connaturale all'evangelizzazione. Come è noto, l'evangelizzazione è inattuabile senza l'entusiasmo giovanile, senza la giovinezza del cuore, senza un insieme di qualità di cui la gioventù è prodiga:  gioia, speranza, trasparenza, sincerità, audacia, creatività. Sì, la loro sensibilità e generosità spontanea, il loro tendere a tutto ciò che è bello fanno di ogni giovane dell'Angola e di São Tomé un alleato naturale di Cristo. Tutti sono consapevoli che soltanto in Cristo troveranno una risposta ai propri problemi e inquietudini.

    Infine, i giovani vogliono affermare di avere il cuore aperto al messaggio che Sua Santità trasmetterà loro. Attendono da lei una parola d'orientamento che li confermi nella loro vocazione e li incoraggi nella loro missione, in quest'ora di ricostruzione nazionale.
    Rinnovo a Sua Santità il mio saluto rispettoso che accompagna la testimonianza di gratitudine e di apprezzamento per l'eccelso onore della prova d'affetto e di considerazione che questo incontro rappresenta per tutti i giovani dell'Angola e di São Tomé. A nome loro accolgo e do il benvenuto a Sua Santità augurandole che si senta a suo agio tra di noi.
    Molte grazie, Santo Padre! "Bem haja!".

    Dopo il saluto del presule è stata una ragazza a rivolgersi a Benedetto XVI con un messaggio a nome dei giovani dell'Angola. Questa la nostra traduzione italiana delle sue parole.

    Benedetto colui che viene nel nome del Signore e che ci visita come un sole nascente, colmando di giubilo i nostri cuori!
    Esultammo di gioia quando ci fu comunicata la venuta di Sua Santità nel nostro Paese, nel contesto della sua prima visita in Africa, a distanza di diciassette anni da quella effettuata dal suo predecessore, Giovanni Paolo ii, nel giugno 1992.

    Santo Padre, ci sentiamo onorati per la sua presenza in mezzo a noi nella qualità di Buon Pastore, colui che conosce le sue pecore e dà la vita per loro (Giovanni, 10, 11). È con fede che la accogliamo! È con speranza che la riceviamo!

    Santo Padre, la sua visita va letta nella logica della missione che Gesù le ha affidato, quando disse:  "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Matteo, 16, 18).

    Nostro padre buono, noi giovani angolani, in quanto forza operativa della Chiesa e dell'Angola, risorta dalle macerie della guerra con le sue conseguenze e con le sfide che caratterizzano la pace nascente, siamo disposti a contribuire con la nostra energia, intelligenza e sapienza divina per la crescita armoniosa della Chiesa e del Paese e per mettere in pratica nella nostra vita la fede e i sacramenti. Tuttavia, Santità, siamo consapevoli che il percorso non è facile, perché incontriamo molte difficoltà, soprattutto causate da manifestazioni che vanno in direzione contraria ai valori evangelici, quali la disoccupazione, la sottoccupazione, la corruzione, l'alcolismo, la droga, la prostituzione, l'Hiv-Aids, l'aborto, la disonestà.

    Santo Padre, le chiediamo:  ci illumini, ci aiuti, ci consigli, ci orienti con la sua sapienza affinché riusciamo a superare queste difficoltà. Questa visita, Santo Padre, ci lascia assolutamente estasiati! Non riusciamo a trovare un'espressione di gratitudine che risulti adeguata! Per questo, con Maria ci limitiamo a esclamare:  il Signore ha fatto in noi meraviglie, santo è il suo nome!

    Rivolgiamo a Dio il nostro canto di lode per questo dono d'amore, la sua presenza qui in Angola, e a Lui affidiamo la sua missione. Conti su di noi! Conti sulle nostre preghiere!

    Di lei, Santo Padre, ammiriamo la disponibilità, la semplicità, l'umiltà e la sapienza con cui dirige la Chiesa di Cristo.
    Per questo motivo, dinanzi a cotanta virtù, noi giovani dell'Angola, da Cabínda al Cunene, diciamo:  Santo Padre, grazie!



    (©L'Osservatore Romano - 23-24 marzo 2009)

    I saluti rivolti al Papa
    da un vescovo incaricato della pastorale per i laici e da due donne

    Impegnati a sconfiggere
    diseguaglianze e violenze



    All'inizio dell'incontro, il vescovo vice presidente della commissione per il laicato della Conferenza episcopale angolana ha salutato il Papa sottolineando come la donna in Angola, in un passato recente, abbia subito più di chiunque altro le asprezze di una guerra crudele, divenendo vittima di innumerevoli mali. "La guerra però è finita, per grazia di Dio, e ora - ha commentato - abbiamo di fronte un mondo pieno di sfide e di speranze. Molti compiti ci aspettano, poiché ancora vi sono molte ombre nel mondo".

    Per il presule "la qualità della vita della famiglia, sia nell'aspetto umano sia in quello cristiano, che permette all'essere che nasce di crescere e di svilupparsi in modo sano e di divenire un membro costruttore di una società fraterna, è a sua volta una sfida importante per la donna dell'Angola. Dobbiamo tuttavia riconoscere e rendere omaggio - ha aggiunto - alle molte eroine silenziose che, nei tempi passati di guerra e di difficoltà, seppero essere fedeli alla loro vocazione di madri e di educatrici. La nostra donna angolana è stata forte e ha saputo essere responsabile e restare a capo del focolare domestico quando i mariti o padri, per diversi motivi, erano assenti, anche in condizioni di estrema precarietà".

    Quindi ha sottolineato come ci siano ancora "altre ombre" che sfidano la vita della donna dell'Angola:  "La povertà, in alcune aree molto accentuata, l'analfabetismo, la disuguaglianza fra uomo e donna, la violenza domestica, la mancanza di assistenza durante la maternità e nella cura dei figli. Tuttavia, in questo tempo di pace, un nuovo dinamismo si sente fra le donne angolane, sia nella società sia nella Chiesa". Ecco allora i gruppi di donne molto impegnate nella costruzione del Paese, che si sentono oggi protagoniste di tempi nuovi. Donne impegnate in vari movimenti apostolici che esercitano una grande influenza sociale:  Promaica, Legio Mariae, Apostolato della preghiera, figlie di Maria, carismatiche, che costituiscono una forza molto grande nello sviluppo della Chiesa e della società angolana.

    Successivamente è stata una delle donne presenti a rivolgersi al Papa.

    "In quest'ora di giubilo - ha detto commossa - ci sentiamo amate, ci sentiamo chiamate. Grazie, Santità, per essersi ricordato di noi. Ci troviamo qui - ha proseguito - soprattutto per ascoltare la sua parola di Pastore; essa sarà per noi come il seme gettato nella terra fertile. Che la benedizione di Dio, come pioggia benefica, la faccia nascere, crescere e produrre frutto. Avremo così un'Angola rinnovata, in cui vivremo come membri di un'unica famiglia che ha Dio come Padre e la Vergine Maria, Mamae Muxima, come madre".

    La donna angolana - ha continuato - "sa bene che il Papa è con i più deboli, con i meno favoriti, con i più semplici. D'altra parte, il Papa sa anche che in quasi tutte le società la donna è vittima di violenza, abbandono, ingiustizia e incomprensione".

    Quindi ha auspicato il riconoscimento dell'uguaglianza e la dignità della donna.
    "Ci aiuti, Santo Padre, siamo certe che il suo insegnamento - ha concluso - sarà messo in pratica e il suo esempio sarà seguito. Il suo messaggio di pace, di progresso, di solidarietà darà un grande contributo al miglioramento delle condizioni del nostro popolo e alla costruzione di una società migliore e più felice".

    Infine un'altra delle donne presenti ha parlato al Pontefice del movimento apostolico Promaica, acronimo di Promozione della donna angolana nella Chiesa cattolica, nato in tempi difficili di guerra, nel 1990, su iniziativa del vescovo emerito di Benguela, monsignor Oscar Lino Lopes Fernandes Braga. Oggi conta 71.000 associate presenti in tutte le diocesi dell'Angola.
     
    Esse hanno come missione quella di portare la donna ad assumere il suo vero ruolo nella Chiesa e nella società, attraverso l'evangelizzazione, la catechesi, la formazione ai compiti direttivi. "A tal fine - ha spiegato - Promaica punta all'eliminazione dell'analfabetismo, della discriminazione, dell'alcolismo e della violenza domestica" e per questo promuove progetti di microcredito, produzione agricola, corsi di taglio e cucito, pasticceria, gastronomia, artigianato. Infatti - ha spiegato - "la donna angolana che abbiamo aiutato la troviamo in varie condizioni:  contadina, operaia, venditrice ambulante, politica, domestica, insegnante".

    Per questo il movimento ha acquistato prestigio nella Chiesa e nella società angolana e i suoi risultati positivi sono ben visibili laddove le donne hanno potuto comprendere - ha concluso - "che solo con un'istruzione scolastica e professionale si riesce a migliorarsi nella vita".



    (©L'Osservatore Romano - 23-24 marzo 2009)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 24/03/2009 00:42


    Arrivo a Roma...
























     


    GRAZIE SIGNORE perchè tutto è andato bene....
    [SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740717]
    abbi cura tu stesso, Gesù, di questa semina...
    [SM=g1740738]


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 26/03/2009 19:36
    VATICANO - LE PAROLE DELLA DOTTRINA

    a cura di don Nicola Bux e don Salvatore Vitiello

    Il Papa in Africa: perché e come fare l’evangelizzazione


    Città del Vaticano (Agenzia Fides)

    Il primo viaggio apostolico di Benedetto XVI in Africa si è concluso.
    I media, oltre all’enfasi sulla contrarietà al preservativo e all’aborto come strumenti di controllo delle nascite – poteva andare diversamente? – hanno qua e là sottolineato lo sforzo del Santo Padre nel comprendere il senso religioso degli africani e le antiche culture, nell’esortare alla riconciliazione e alla pace, nel confermare nella fede i cattolici. Tuttavia non è ancora questo il centro del suo viaggio né della missione cristiana.

    Il Pontefice aveva voluto ricordarlo nell’Angelus della domenica precedente la partenza: “Parto per l’Africa con la consapevolezza di non avere altro da proporre e donare a quanti incontrerò se non Cristo e la Buona Novella della sua Croce, mistero di amore supremo, di amore divino che vince ogni umana resistenza e rende possibile persino il perdono e l’amore per i nemici. Questa è la grazia del Vangelo capace di trasformare il mondo; questa è la grazia che può rinnovare anche l’Africa, perché genera una irresistibile forza di pace e di riconciliazione profonda e radicale. La Chiesa non persegue dunque obbiettivi economici, sociali e politici; la Chiesa annuncia Cristo, certa che il Vangelo può toccare i cuori di tutti e trasformarli, rinnovando in tal modo dal di dentro le persona e le società”
    (Angelus, 15 marzo 2009).

    Il decreto del Concilio Vaticano II sulla missione afferma che il fine specifico dell’attività missionaria è l’evangelizzazione e la fondazione della Chiesa, ora “Il mezzo principale per questa fondazione è la predicazione del Vangelo di Gesù Cristo” (Ad gentes, 6).

    Impiantare la Chiesa serve a salvare l’uomo.

    Tutti comprendono come il malato di Aids abbia bisogno di essere salvato dalla malattia, e magari si pensa che le missioni cattoliche – come tante agenzie umanitarie – siano chiamate soprattutto a fare questo.
    Certo, come il Samaritano, si prendono cura dell’uomo ammalato, tuttavia c’è innanzitutto un male più profondo che esse sono chiamate a curare: quel peccato che è la radice ultima di ogni altro male, nel mondo e nella persona. Se si pensasse che la Chiesa, in primis il Papa, è chiamata ad annunciare al mondo la salvezza dal peccato che Cristo ci ha guadagnata, non ci si scandalizzerebbe dell’affermazione che solo la castità prematrimoniale, il dominio delle passioni, in specie con la penitenza, salvano l’uomo dal male fisico e, soprattutto, morale.

    La Chiesa ha a cuore la salvezza di “tutto” l’uomo, corpo e anima, entrambi destinati alla vita eterna ed entrambi, dice Gesù, esposti al rischio di “finire nel fuoco inestinguibile della Geenna” se si cede al peccato e al tentatore.
    Ecco cosa fanno i missionari, cosa devono fare, cosa il Santo Padre è andato a fare: a dire la verità di Dio sull’uomo perché sia salvato. Questa è la volontà di Dio. Verità e salvezza sono il pane che nutre l’uomo, il vino e l’olio che guariscono, sono i sacramenti di Gesù Cristo.

    La Chiesa va in missione perché la missione è necessaria alla salvezza (cfr Lumen gentium 14, citato in Ad gentes 7). I missionari cattolici non sono funzionari di agenzie umanitarie non governative, ma membra del corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, mossi dalla carità divina: “per cui amano Dio e per cui desiderano condividere con tutti gli uomini i beni spirituali della vita presente e della vita futura” (Ivi).

    La missione della Chiesa – si badi che non è mai di un singolo fedele, anche se il missionario è prete o religioso – si svolge tra la prima venuta di Cristo, duemila anni fa, e l’ultima alla fine dei tempi (cfr Ivi 9): pertanto è carica di tale tensione che rende ogni pur giusta preoccupazione umanitaria sempre relativa ad un’altra ben più importante perché definitiva: la santità. Innanzitutto in questa, ha auspicato il Papa, lasciando il Camerun, “la Chiesa qui e dappertutto in Africa possa continuare a crescere”.

     Agenzia Fides 26/3/2009

    Con questo articolo riflessione riteniamo "chiuso" il thread ma NON il continuare a riflettere su questo Magistero di portata davvero universale oltre che rivolto all'Africa...
    Un Magistero dal quale attingere per continuare la vera evangelizzazione....[SM=g1740722]

    Ringraziamo quanto ci hanno seguito e quanti hanno lavorato dietro le quinte affinchè il viaggio apostolico del Papa andasse  bene..... [SM=g1740738]

    [SM=g1740717] [SM=g1740720]


    Fraternamente CaterinaLD
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 01/04/2009 17:40

    Udienza Mercoledì 1.4.2009 Il Papa chiude il suo viaggio in Africa con un bellissimo Diario apostolico[SM=g1740738]

    Cari fratelli e sorelle!

    Come ho preannunciato domenica scorsa all’Angelus, quest’oggi mi soffermo a parlare del recente viaggio apostolico in Africa, il primo del mio pontificato in quel continente. Esso si è limitato al Camerun e all’Angola, ma idealmente con la mia visita ho voluto abbracciare tutti i popoli africani e benedirli nel nome del Signore. Ho sperimentato la tradizionale calorosa accoglienza africana, che mi è stata riservata dappertutto, e colgo volentieri questa occasione per esprimere nuovamente la mia viva gratitudine agli Episcopati dei due Paesi, ai Capi di Stato, a tutte le Autorità e a quanti in vario modo si sono prodigati per la riuscita di questa mia visita pastorale.


    Il mio soggiorno in terra africana è iniziato il 17 marzo a Yaoundé, capitale del Camerun, dove sono venuto a trovarmi immediatamente nel cuore dell’Africa, e non solo geograficamente. Questo Paese infatti riassume molte caratteristiche di quel grande continente, prima fra tutte la sua anima profondamente religiosa, che accomuna tutti i numerosissimi gruppi etnici che lo popolano. In Camerun, oltre un quarto degli abitanti sono cattolici, e convivono pacificamente con le altre comunità religiose. Per questo il mio amato predecessore Giovanni Paolo II, nel 1995, scelse proprio la capitale di questa nazione per promulgare l’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa, dopo la prima Assemblea sinodale dedicata appunto al continente africano. Questa volta, il Papa vi è tornato per consegnare l’Instrumentum laboris della seconda Assemblea sinodale per l’Africa, in programma a Roma per il prossimo ottobre e che avrà per tema: "La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace: «Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13-14)".


    Negli incontri che, a due giorni di distanza, ho avuto con gli Episcopati, rispettivamente del Camerun e dell’Angola e São Tomé e Príncipe, ho voluto – tanto più in questo Anno Paolino – richiamare l’urgenza dell’evangelizzazione, che compete in primo luogo proprio ai Vescovi, sottolineando la dimensione collegiale, fondata sulla comunione sacramentale. Li ho esortati ad essere sempre di esempio per i loro sacerdoti e per tutti i fedeli, e a seguire attentamente la formazione dei seminaristi, che grazie a Dio sono numerosi, e dei catechisti, che diventano sempre più necessari per la vita della Chiesa in Africa. Ho incoraggiato i Vescovi a promuovere la pastorale del matrimonio e della famiglia, della liturgia e della cultura, anche per mettere in grado i laici di resistere all’attacco delle sette e dei gruppi esoterici. Li ho voluti confermare con affetto nell’esercizio della carità e nella difesa dei diritti dei poveri.


    Ripenso poi alla solenne celebrazione dei Vespri che si è tenuta a Yaoundé, nella chiesa di Maria Regina degli Apostoli, Patrona del Camerun, un tempio grande e moderno, che sorge nel luogo in cui operarono i primi evangelizzatori del Camerun, i Missionari Spiritani. Nella vigilia della solennità di san Giuseppe, alla cui custodia premurosa Dio ha affidato i suoi tesori più preziosi, Maria e Gesù, abbiamo reso gloria all’unico Padre che è nei cieli, insieme ai rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. Contemplando la figura spirituale di san Giuseppe, che ha consacrato la sua esistenza a Cristo e alla Vergine Maria, ho invitato i sacerdoti, le persone consacrate e i membri dei movimenti ecclesiali a restare sempre fedeli alla loro vocazione, vivendo alla presenza di Dio e nell’obbedienza gioiosa alla sua Parola.


    Nella Nunziatura Apostolica di Yaoundé ho avuto l’opportunità di incontrare anche i rappresentanti della comunità musulmana in Camerun, ribadendo l’importanza del dialogo inter-religioso e della collaborazione tra cristiani e musulmani per aiutare il mondo ad aprirsi a Dio. E’ stato un incontro veramente molto cordiale.

    Sicuramente uno dei momenti culminanti del viaggio è stata la consegna dell’Instrumentum laboris della II Assemblea sinodale per l’Africa, avvenuta il 19 marzo – giorno di San Giuseppe e mio onomastico - nello stadio di Yaoundé, al termine della solenne Celebrazione eucaristica in onore di san Giuseppe. Ciò è avvenuto nella coralità del popolo di Dio, "tra canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa" – come dice il Salmo (42,5), del quale abbiamo fatto una concreta esperienza.

    L’Assemblea sinodale si svolgerà a Roma, ma essa è in un certo senso già iniziata nel cuore del continente africano, nel cuore della famiglia cristiana che là vive, soffre e spera. Per questo mi è parsa felice la coincidenza della pubblicazione dello "Strumento di lavoro" con la festa di san Giuseppe, modello di fede e di speranza come il primo patriarca Abramo. La fede nel "Dio vicino", che in Gesù ci ha mostrato il suo volto d’amore, è la garanzia di una speranza affidabile, per l’Africa e per il mondo intero, garanzia di un futuro di riconciliazione, di giustizia e di pace.

    Dopo la solenne assemblea liturgica e la festosa presentazione del Documento di lavoro, nella Nunziatura Apostolica di Yaoundé ho potuto intrattenermi con i Membri del Consiglio Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi e vivere con essi un momento di intensa comunione: abbiamo insieme riflettuto sulla storia dell’Africa in una prospettiva teologica e pastorale. Era quasi come una prima riunione del Sinodo stesso, in un dibattito fraterno tra i diversi episcopati e il Papa sulle prospettive del Sinodo della riconciliazione e della pace in Africa.

    Il cristianesimo, infatti, - e questo si poteva vedere - ha affondato fin dalle origini profonde radici nel suolo africano, come attestano i numerosi martiri e santi, pastori, dottori e catechisti fioriti dapprima nel nord e poi, in epoche successive, nel resto del continente: pensiamo a Cipriano, ad Agostino, alla madre Monica, ad Atanasio; e poi ai martiri dell’Uganda, a Giuseppina Bakhita e a tanti altri. Nella stagione attuale, che vede l’Africa impegnata a consolidare l’indipendenza politica e la costruzione delle identità nazionali in un contesto ormai globalizzato, la Chiesa accompagna gli africani richiamando il grande messaggio del Concilio Vaticano II, applicato mediante la prima e, ora, la seconda Assemblea sinodale speciale. In mezzo ai conflitti purtroppo numerosi e drammatici che ancora affliggono diverse regioni di quel continente, la Chiesa sa di dover essere segno e strumento di unità e di riconciliazione, perché tutta l’Africa possa costruire insieme un avvenire di giustizia, di solidarietà e di pace, attuando gli insegnamenti del Vangelo.


    Un segno forte dell’azione umanizzante del messaggio di Cristo è senz’altro il Centro Cardinal Léger di Yaoundé, destinato alla riabilitazione delle persone portatrici di handicap. Ne fu fondatore il Cardinale canadese Paul Émil Léger, che là volle ritirarsi dopo il Concilio, nel 1968, per lavorare tra i poveri. In quel Centro, successivamente ceduto allo Stato, ho incontrato numerosi fratelli e sorelle che versano in situazioni di sofferenza, condividendo con loro – ma anche attingendo da loro – la speranza che proviene dalla fede, anche in situazioni di sofferenza.

    Seconda tappa – e seconda parte del mio viaggio – è stata l’Angola, Paese anch’esso per certi aspetti emblematico: uscito infatti da una lunga guerra interna, è ora impegnato nell’opera di riconciliazione e di ricostruzione nazionale. Ma come potrebbero essere autentiche questa riconciliazione e questa ricostruzione se avvenissero a scapito dei più poveri, che hanno diritto come tutti a partecipare alle risorse della loro terra?

    Ecco perché, con questa mia visita, il cui primo obiettivo è stato ovviamente di confermare nella fede la Chiesa, ho inteso anche incoraggiare il processo sociale in atto. In Angola si tocca veramente con mano quanto più volte i miei venerati Predecessori hanno ripetuto: tutto è perduto con la guerra, tutto può rinascere con la pace. Ma per ricostruire una nazione ci vogliono grandi energie morali. E qui, ancora una volta, risulta importante il ruolo della Chiesa, chiamata a svolgere una funzione educativa, lavorando in profondità per rinnovare e formare le coscienze.

    Il Patrono della città di Luanda, capitale dell’Angola, è san Paolo: per questo ho scelto di celebrare l’Eucaristia con i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi, i catechisti e gli altri operatori pastorali, sabato 21 marzo, nella chiesa dedicata all’Apostolo. Ancora una volta l’esperienza personale di san Paolo ci ha parlato dell’incontro con Cristo Risorto, capace di trasformare le persone e la società. Cambiano i contesti storici – e bisogna tenerne conto –, ma Cristo resta la vera forza di rinnovamento radicale dell’uomo e della comunità umana. Perciò ritornare a Dio, convertirsi a Cristo significa andare avanti, verso la pienezza della vita.


    Per esprimere la vicinanza della Chiesa agli sforzi di ricostruzione dell’Angola e di tante regioni africane, a Luanda ho voluto dedicare due incontri speciali rispettivamente ai giovani e alle donne. Con i giovani, nello stadio, è stata una festa di gioia e di speranza, rattristata purtroppo dalla morte di due ragazze, rimaste schiacciate nella calca dell’ingresso. L’Africa è un continente molto giovane, ma troppi suoi figli, bambini e adolescenti hanno già subito gravi ferite, che solo Gesù Cristo, il Crocifisso-Risorto, può sanare infondendo in loro, con il suo Spirito, la forza di amare e di impegnarsi per la giustizia e la pace. Alle donne, poi, ho reso omaggio per il servizio che tante di loro offrono alla fede, alla dignità umana, alla vita, alla famiglia. Ho ribadito il loro pieno diritto ad impegnarsi nella vita pubblica, tuttavia senza che venga mortificato il loro ruolo nella famiglia, missione questa fondamentale da svolgere sempre in responsabile condivisione con tutti gli altri elementi della società e soprattutto con i mariti e padri.

    Ecco dunque il messaggio che ho lasciato alle nuove generazioni e al mondo femminile, estendendolo poi a tutti nella grande assemblea eucaristica di domenica 22 marzo, concelebrata con i Vescovi dei Paesi dell’Africa Australe, con la partecipazione di un milione di fedeli. Se i popoli africani – ho detto loro –, come l’antico Israele, fondano la loro speranza sulla Parola di Dio, ricchi del loro patrimonio religioso e culturale, possono realmente costruire un futuro di riconciliazione e di stabile pacificazione per tutti.


    Cari fratelli e sorelle, quante altre considerazioni ho nel cuore e quanti ricordi mi riaffiorano alla mente pensando a questo viaggio! Vi chiedo di ringraziare il Signore per le meraviglie che Egli ha compiuto e che continua a compiere in Africa grazie all’azione generosa dei missionari, dei religiosi e delle religiose, dei volontari, dei sacerdoti, dei catechisti, in giovani comunità piene di entusiasmo e di fede.

    Vi domando pure di pregare per le popolazioni africane, a me molto care, perché possano affrontare con coraggio le grandi sfide sociali, economiche e spirituali del momento presente. Tutto e tutti affidiamo alla materna intercessione di Maria Santissima, Regina dell’Africa, e dei Santi e Beati africani.


    [00494-01.01] [Testo originale: Italiano]


    [SM=g1740722]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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