| | | Post: 9.872 | Registrato il: 03/10/2008 Registrato il: 01/11/2008 | Età: 30 | Sesso: Maschile |
| 17/09/2009 17.46 | |
Personalmente credo alla storicità dell'evento narrato da Luca, nulla comunque toglie che può darsi, come avveniva comunemente nelle narrazioni antiche, che Luca abbia potuto trasformare questo evento, come dice Mons. Ravasi, impregnandolo di un significato spirituale più ampio e più forte nei contenuti, questo non credo possa inficiare la credibilità sia degli Atti sia dell'intero testo Sacro, l'A.T. ad esempio ampiamente narra degli eventi che con molta probabilità sono molto enfatizzati, se non adirittura, non sono mai avvenuti. Ciò che mi lascia dubbioso è questa idea comune che la Chiesa Gerosolimitana in un certo qual modo operasse un comunismo sociale tra gli adepti, forzando questa idea si potrebbe contestare il possedere la proprietà privata da parte dei singoli credenti, ma ritornando sul testo, ciò che obietto al Ravasi è che il testo biblico non mi pare dica che la condanna è dovuta alla violazione di quella norma, la piena comunione dei beni, che reggeva la Chiesa gerosolimitana. In primis c'è da chiedersi se era una norma o una comune abitudine della maggior parte dei credenti gerosolomitani, dal testo sembra che era una buona abitudine ma non una norma particolare di quella chiesa, difatti nessuno obbliga Anania e consorte ne a vendere il proprio terreno ne a donarlo agli apostoli, costoro lo fecero di propria volontà. Quindi, secondo me, la condanna per la violazione di questa norma non regge. Se leggiamo gli interrogativi di Pietro (vv. 3-4) fanno comprendere che il vendere i propri beni e donarne il suo ricavato era un azione libera del singolo, non una richiesta da parte della comunità, quindi nessuno chiese nulla a Anania, il testo purtroppo tace sugli eventi precedenti, quindi dobbiamo dedurne che Anania pubblicamente promise alla comunità di vendere i propri possedimenti e di donare l'intero importo alla comunità, evidentemente fece una promessa a nome di Dio. Promessa che non mantenne imbrogliando sulla somma del ricavato, Pietro, o illuminato dal Signore o per vie traverse, venne a conoscenza dell'esatta somma ricavata dalla vendita dei possedimenti di Anania, Pietro rimarca che, non ha mentito agli uomini, ma a Dio (vv. 4), evidentemente perchè Anania fece una promessa a nome di Dio. Il suo comportamente introduceva la menzogna all'interno della comunità, lo spergiuro, un peccato mortale, ora è di difficile accettazione la condanna a morte subita dai due coniugi, è molto più veterotestamentaria che neotestamentaria, d'altronde Gesù proprio a Pietro disse di perdonare settantasette volte, qui invece i coniugi non hanno nemmeno la facoltà di spiegare il perchè del loro gesto. Ecco perchè non escludo che in realtà i due non morirono in quella occasione ma che furono solo scomunicati, Luca quindi, in base anche a ciò che ha ricavato da testimonianze posteriori di decenni, ha probabilmente enfatizzato l'evento con caratteri che contraddistinguono la lotta tra il bene e il male, tra lo Spirito Santo e Satana, dandone un insegnamento spirituale. Concludendo, il testo secondo me palesa una condanna severa verso l'egoismo e la menzogna. |