DIFENDERE LA VERA FEDE

Cari Sacerdoti...riscoprite il ROSARIO! mons. Piacenza Prefetto della Congregazione per il Clero

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    Caterina63
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    00 29/09/2010 23:59
    La preghiera del rosario nella vita sacerdotale

    Un solo corpo in Cristo
    con Maria



    di Mauro Piacenza
    Arcivescovo titolare di Vittoriana
    Segretario della Congregazione per il Clero


    A coronamento di quel dono di grazia che l'Anno sacerdotale è stato, l'11 giugno scorso, circa diciassettemila sacerdoti provenienti dai cinque continenti, si sono riuniti a Roma, attorno al Papa, per la concelebrazione eucaristica più grande della storia. Al termine, come un padre si assicura che i figli, in procinto di partire per una terra lontana, abbiano gli strumenti necessari per affrontare il viaggio ed evitarne i possibili pericoli, il Santo Padre ha affidato e consacrato tutti i sacerdoti, presenti e del mondo, alla Beata Vergine Maria, venerata con il titolo di Salus populi Romani.

    Dietro questo grande "gesto magisteriale", insieme alla fede salda e coraggiosa di Pietro, risplende la coscienza che la Chiesa ha della propria imprescindibile e sempre nuova dimensione mariana, di quanto sia una cosa sola con la Vergine Santa, "proto-cellula" del Corpo ecclesiale, nella quale l'iniziativa della Grazia divina e la libera accoglienza umana si sono perfettamente coniugate, inaugurando il definitivo inizio della salvezza.

    A sua Madre, Cristo stesso ha affidato tutto il popolo dei credenti nella persona del discepolo prediletto, indicando così la natura della Chiesa che da Lui sarebbe nata:  un solo Corpo, una sola Carne in Lui, con Maria. Nella Beata Vergine, così, la Chiesa contempla il più perfetto modello di fede ed il segno di sicura speranza nella gloria futura.
     
    Secoli e secoli di fede, santità ed insegnamenti magisteriali indicano, nella devozione mariana la "strada-maestra" del cammino di perfezione cristiana. Da oltre un secolo, poi, l'invito alla preghiera del santo rosario, caratterizza il mese di ottobre, che sta per cominciare. A questo proposito, è quanto mai utile considerare le ragioni della profonda ed affettuosa devozione che il popolo cristiano ha sempre nutrito nei confronti di questa preghiera. Non a caso, è bene ricordarlo, la recita del santo rosario, in comunità o nelle proprie case, gode dell'alto riconoscimento ecclesiastico dell'indulgenza plenaria.

    Dal punto di vista storico, il rapido e sorprendente sviluppo di questa splendida preghiera, attribuito dalla tradizione a san Domenico di Guzman, è stato sempre dettato nei secoli da una duplice ragione:  da un lato, la straordinaria fecondità spirituale, sperimentata da quanti vi si affidavano; dall'altro, il suo essersi rivelata come mezzo efficacissimo per ottenere la protezione divina, nelle vicende storiche, che, durante il secondo millennio, hanno minacciato l'Occidente cristiano e la stessa Chiesa (cfr. Leone xiii, Supremi apostolatus officio, 1 settembre 1883).

    Ultima luminosa testimonianza del Rosario quale via ad Iesum per Mariam ci è stata offerta dal servo di Dio Giovanni Paolo ii nella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae. Egli, sulla scorta dei principali insegnamenti di spiritualità mariana, ha indicato, nel proprio motto episcopale, la consacrazione a Maria come la via più sicura ed efficace per la conformazione del discepolo a Cristo Signore:  "Totus tuus".

    Come non riconoscere, soprattutto nella vita ed in ciascuna giornata del sacerdote, la preziosità del rosario, quale memoria della salvezza, o come educazione del cuore all'atto di fede nel definitivo ingresso di Dio nella storia? Come non sentire l'urgenza di praticarne e diffonderne ancor più la recita, di fronte alle insidie dell'epoca contemporanea?

    Tuttavia, prima di ogni altra considerazione, è necessario riconoscere come la preghiera del rosario alimenti la nostra stessa identità sacerdotale.

    Se, infatti, nel renderci partecipi del Suo Sacerdozio - come il Papa ha autorevolmente insegnato (cfr. Veglia in occasione dell'Incontro Internazionale dei Sacerdoti a conclusione dell'Anno Sacerdotale, 10 giugno 2010) - Cristo ci tira dentro di Sé e così ci permette di usare il Suo stesso "io", è nella contemplazione dei Misteri della Sua vita, tramite gli occhi ed il cuore immacolato di Maria, che possiamo conoscerLo di più, apprendere i Suoi sentimenti, accogliere la grazia che ci dona nella quotidiana celebrazione eucaristica e renderci sempre più disponibili a quanto Egli dispone per noi.

    Sarà la Beata Vergine Maria, che ora in corpo ed anima contempla la Gloria del Figlio, a comunicarci, come per osmosi, l'amore per il Figlio. Non stanchiamoci mai di imparare dalla Madre del Bell'Amore, che ha pronunciato, per tutta la Chiesa, il "sì" incondizionato alla volontà di Dio, permettendo così l'Incarnazione del Verbo, l'essere stesso della Chiesa e la Presenza sacramentale, ora, di Cristo nell'Eucaristia.

    A Lei, al suo cuore, siamo misticamente uniti, non solo come membra della Chiesa, ma specialmente, in quanto sacerdoti:  siamo alter Christus, altri suoi figli!

    Essere sacerdoti, quindi, significa anche, per grazia, essere con Maria un solo cuore. Significa poter esultare:  Totus tuus sum Maria et omnia mea tua sunt!


    (©L'Osservatore Romano - 30 settembre 2010)




         


         

          Benedetto XVI su san Pio X

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 10/10/2010 19:40
    All'Angelus di oggi 10 ottobre il Papa è ritornato a ricordarci il mese del Rosario.....ascoltiamolo e mettiamolo in pratica


    Il mese di ottobre è detto il mese del Rosario. Si tratta, per così dire, di un’«intonazione spirituale» data dalla memoria liturgica della Beata Vergine Maria del Rosario, che si celebra il giorno 7.
    Siamo dunque invitati a lasciarci guidare da Maria in questa preghiera antica e sempre nuova, che a Lei è specialmente cara perché ci conduce direttamente a Gesù, contemplato nei suoi misteri di salvezza: gioiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi.
    Sulle orme del Venerabile Giovanni Paolo II (cfr Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae), vorrei ricordare che il Rosario è preghiera biblica, tutta intessuta di Sacra Scrittura.
    E’ preghiera del cuore, in cui la ripetizione dell’"Ave Maria" orienta il pensiero e l’affetto verso Cristo, e quindi si fa supplica fiduciosa alla Madre sua e nostra.
    E’ preghiera che aiuta a meditare la Parola di Dio e ad assimilare la Comunione eucaristica, sul modello di Maria che custodiva nel suo cuore tutto ciò che Gesù faceva e diceva, e la sua stessa presenza
    .



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 11/10/2010 14:22
    [SM=g1740733] Il 30 settembre, sull'Osservatore Romano, compariva un breve messaggio del neo Prefetto della Congregazione per il Clero, mons. Mauro Piacenza, nel quale si richiamava ad una rinnovata scoperta del Rosario e di vero amore per Maria nell'ambito della stessa Vocazione sacerdotale....

    Il Movimento Domenicano ha pensato bene di fare da eco a questo Messaggio auspicando al neo Prefetto per la Congregazione del Clero un portentoso ministero attraverso il Cuore Immacolato di Maria, ed augurando a tutti i Sacerdoti, specialmente i Parroci, una rinnovata adesione del Totus Tuus ego sum Mariae....

    www.sulrosario.org
    info@sulrosario.org

    Il canto che accompagna il video è Sacro Convivium con il Magnificat....

    O sacrum convivium!
    in quo Christus sumitur:
    recolitur memoria passionis ejus:
    mens impletur gratia:
    et futurae gloriae nobis pignus datur.
    Alleluia.

    Magnificat
    anima mea Dominum,

    et exultavit spiritus meus *
    in Deo salutari meo

    quia respexit humilitatem ancillae suae, *
    ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes

    quia fecit mihi magna, qui potens est: *
    et Sanctus nomen eius

    et misericordia eius a progenie in progenies *
    timentibus eum.

    Fecit potentiam in brachio suo, *
    dispersit superbos mente cordis sui,

    deposuit potentes de sede, *
    et exaltavit humiles;

    esurientes implevit bonis, *
    et divites dimisit inanes


    it.gloria.tv/?media=102716




    [SM=g1740717]


    [SM=g1740722]

    [SM=g1740750] [SM=g1740752]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 24/11/2010 17:52

    Il Cardinale Piacenza ai preti: “Temete il giudizio di Dio”. Le foto.


    «Troppo spesso – spiega Piacenza – noi preti siamo specialisti in economia, in politica o in sociologia, ma occorrono piuttosto molti specialisti in sana dottrina che preferiscano le processioni alle marce, le preghiere alle proteste».

    Com’ è che questa identità è andata perduta o attenuata?
     
    «Questa è la diretta conseguenza della “riduzione” sociologica della Chiesa e, diciamolo, dell’ indebolimento della fede». «Purtroppo sì!», risponde il cardinale alla domanda se nella Chiesa abbia preso il sopravvento la tentazione massmediologica (che si è infiltrata nelle omelie, in alcuni aspetti delle celebrazioni liturgiche, fino alla presenza nei talk show) rispetto alla radicalità identitaria.
     
    Parole nette come quest’ altra valutazione: «Chi non ha più chiaro di agire alla Presenza e in Nome di Dio, si riduce a mendicare la visibilità del mondo. A nessuno è lecito utilizzare il Ministero ecclesiale ricevuto per fini diversi da quelli della Chiesa e, laddove i sacerdoti si discostano dal Magistero costante, il loro dire perde di autorevolezza».

    E allora cosa dice ai preti il neocardinale?

    «Ai preti dico: Viene da pensare che proprio a causa della riduzione sociologica denunciata dal porporato, alla fine, il celibato diventa un peso e più predisposto è il terreno anche per la devianza nella pedofilia. Risponde Piacenza: «Pedofilia e celibato non sono mai da mettere in rapporto come effetto e causa: sarebbe un troppo grande errore. Il celibato è una grazia». «Certamente, però – aggiunge -, la confusione dottrinale e la conseguente rilassatezza degli ultimi decenni, diffusa in non pochi ambienti, anche ecclesiali, hanno rappresentato “terreno fertile”, nel quale anche la zizzania ha potuto germinare. Come dice Gesù: certi demoni non si scacciano se non con il digiuno e la preghiera».

    In ogni caso «Il delitto orribile di alcuni, non può delegittimare tutti, e Dio e la Sua Chiesa sono più grandi del peccato degli uomini». Naturalmente «la Chiesa è doverosamente e pastoralmente vicina, nella sua tenerezza di Madre, a tutte le vittime ed implora, su tutti, la Divina Misericordia», ma «le famiglie, però, ben sanno che l’ unica vera loro alleata, in campo educativo, è la Chiesa».


    TESTO DA RIMASCIMENTO SACRO NEL QUALE POTRETE VEDERE ANCHE ALCUNE FOTO DEL CONCISTORO






    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 12/12/2010 17:17

    Dal Cardinal Piacenza meravigliose riflessioni per meditare sulla riforma del Clero

    Da qualche giorno il Cardinal Piacenza ha dato alle stampe quello che potrebbe essere definito il suo programma di lavoro per intraprendere il nuovo incarico di Prefetto della Congregazione del Clero. Scritto con la tenerezza di un vero pastore d’anime ma anche e soprattutto con il realismo cattolico tipico di questo Pontificato – un realismo che finalmente affronta le radici dei problemi – “il Sigillo” si rivela una magnifica opera da regalare a tutti i preti, nessuno escluso.

    I ministri di Dio già sulla via della santità si sentiranno rincuorati da tanta comprensione; quelli precipitati nell’apatia o nella crisi avranno meglio chiare le uniche due Colonne di questa Terra cui attraccare la loro sbandata anima sacerdotale per rimanere saldi. Come il Prelato mostra da sempre perfino nel suo stemma, non possono essere che la devozione all”Eucarestia e alla Beata Vergine Maria. Perchè sia ben inteso: la Quiete è solo nella Verità.(RS)


    Mauro Piacenza

    IL SIGILLO

    Cristo fonte dell’indentità del prete

    Edizioni Cantagalli

    pp. 160

    Euro 13.50

    in tutte le Librerie oppure direttamente qui sul sito Cantagalli

    Chi e’ il Sacerdote? Che ruolo ha nell’attuale societa’ post-moderna?

    Il nuovo Prefetto della Congregazione per il Clero offre alcune preziose riflessioni sull’identita’ sacerdotale. Un testo di scorrevole lettura, che conserva tutta la freschezza e l’immediatezza della comunicazione diretta, ma che, nel contempo, offre un profilo chiaro del prete del XXI secolo, impegnato nella nuova evangelizzazione, nelle difficolta’ della comunicazione di un messaggio che lo supera, talvolta travolto dal dramma dell’infedelta’.

    L’Autore, alieno alla demagogia, non ha paura di andare contro corrente: mette il ”dito sulla piaga” di una certa rilassatezza dottrinale, che diviene anche culturale e morale, ed indica, con serena e motivata fiducia la strada della Riforma del Clero, come necessaria via da percorrere.

    Vedi anche:

    Il Cardinale Piacenza ai preti: “Temete il giudizio di Dio”

    Mons. Piacenza: il sacerdote non funzionario ma “altro Cristo”



    Fraternamente CaterinaLD

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    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 20/01/2011 12:20
    Albino Luciani Giovanni Paolo I il Rosario


    Il Rosario esprime la fede senza falsi problemi

    Miei fratelli e sorelle,
    se invitassi, durante un'adunanza di cattolici, signore e signori a mostrar quel tengono in tasca o nelle borsette, che cosa scoprirei?
    Vedrei certo in quantità pettini, specchietti, tubetti di rossetto, portamonete, accendisigarette ed altre coserelle più o meno utili.
    Ma quante corone del Rosario?
    Anni fa ne avrei viste di più!
    Nella casa del Manzoni a Milano, appesa in capo al letto si vede anche oggi la sua corona: la recitava abitualmente e nei "Promessi Sposi" la sua Lucia tira fuori la corona e recita il Rosario nei momenti più drammatici.
    Windthorst, uomo di stato tedesco, fu invitato una volta da alcuni amici non praticanti a mostrare la sua corona. Era uno scherzo; gli avevano prima sottratta la corona dalla tasca sinistra. Windthorst, non avendola trovata nella sinistra, mise la mano nella tasca destra e fece bella figura. Aveva sempre una corona di ricambio!
    Cristoforo Gluck, grande musicista, durante i ricevimenti alla Corte di Vienna, si appartava alcuni minuti per dire il Rosario.
    Il beato Contardo Ferrini, professore all'Università di Pavia, invitava a recitarlo gli amici, nella cui casa era ospite.
    Santa Bernardetta assicurava che, quando la Madonna le apparve, aveva la corona al braccio, le chiese se essa pure l'avesse, invitandola a recitarla, mentre la Madonna di Fatima raccomandò ai tre pastorelli la recita del Rosario.

    Perchè ho cominciato con questa serie di esempi?

    Perchè il Rosario è da alcuni contestato. Dicono: è preghiera infantilistica, superstiziosa, non degna di cristiani adulti. Oppure: è preghiera che cade all'automatismo, riducendosi ad una ripetizione frettolosa, monotona e stuzzichevole di Ave Maria. Oppure: è roba d'altri tempi; oggi c'è di meglio, c'è la lettura della Bibbia per esempio che sta al Rosario come il fior di farina sta alla crusca! Come a dire che la Bibbia e il Rosario sono così in contraddizione.

    Mi si permetta allora di dire qualche cosa in proposito da pastore d'anime.

    Prima impressione.
    La crisi del Rosario viene in un secondo tempo. Prima viene la crisi della preghiera in generale. La gente è tutta presa dagli interessi materiali, alla propria anima pensa pochissimo. Il fracasso ha poi invaso la nostra esistenza. Macbeth potrebbe ripetere: ho ucciso il sonno! Ho ucciso il silenzio! Per la vita intima e il dolce colloqui con Dio si fa fatica a trovare qualche briciolo di tempo. E' un grave danno!
    Diceva Donoso Cortes: "oggi il mondo va male perchè ci sono più battaglie che preghiere".
    Si sviluppano le liturgie comunitarie, che sono anche un certo bene, si, ma non bastano: occorre anche il colloquio personale con Dio.

    Seconda impressione.
    Quando si parla di "cristiani adulti" in preghiera, si esagera e il termine "adulto", nel rapporto con Dio, non è proprio l'ideale.
    Personalmente, quando parlo da solo con Dio e alla Madonna, non riesco affatto di sentirmi adulto, preferisco sentirmi un vero fanciullo. La mitria, lo zucchetto, l'anello, scompaiono; mando a riposare l'adulto e anche il vescovo, con relativo contegno grave, posato e ponderato, per abbandonarmi alla tenerezza spontanea che solo un bambino può davvero manifestare davanti al papà ed alla mamma. Essere almeno, per qualche mezz'ora, davanti a Dio quello che in realtà sono con la mia miseria e con il meglio di me stesso: sentire affiorare dal fondo del mio essere il fanciullo di una volta che vuol ridere, chiacchierare, amare il Signore e che talora sente anche il bisogno di piangere, perchè gli venga usata misericordia, mi aiuta a pregare davvero.
    Il Rosario è davvero preghiera semplice e facile, ma anche impegnativa per la sua applicazione. Mi aiuta ad essere fanciullo. Mi piace sgranare il rosario e non me ne vergogno affatto!

    Terza impressione.
    Non debbo e non voglio pensare male di nessuno, ma confesso che più volte sono stato tentato di giudicare che il tale o il tal altro che si credeva adulto unicamente perchè sedeva su una scranna a criticare dall'alto. Mi veniva voglia di dirgli: "Macchè maturo! Macchè adulto! Quanto a preghiera sei un adolescente in crisi, un deluso, un ribelle, che non ha ancora smaltito l'aggressività dell'età ingrata!".
    Dio mi perdoni il giudizio temerario! Ma è anche carità portare l'insegnamento corretto.

    E adesso vengo alle altre obiezioni.

    Preghiera a ripetizione il Rosario?
    Diceva padre De Foucauld: "L'amore si esprime con poche parole, sempre le stesse e che sempre si ripetono".
    Una signora che viaggiava in treno, aveva messo a dormire il suo bambino nella rete-portabagagli. Quando il piccolo si risvegliò. vide dall'alto della rete la sua mamma seduta di fronte a vegliarlo. "Mamma"!, fece. E l'altra: "Tesoro!", e per un bel pezzo il dialogo tra i due non cambiò: "Mamma" da lassù, "Tesoro" seguiva la risposta.
    Non c'era bisogno di altre parole.

    C'è la Bibbia?
    Certo che c'è! ed è un quid summus, ma non tutti sono preparati. A quelli stessi che la leggono, sarà poi utile in certi momenti, in viaggio, in strada, in periodi di particolare bisogno, parlare con la Madonna, se si crede che Essa ci sia Madre e sorella.
    Se la lettura della Bibbia non riesce ad essere ben compresa nello studio, i Misteri del Rosario, meditati e assaporati, sono Bibbia dispiegata, che così ben approfondita è fatta succo e sangue spirituale, dono puro dello Spirito Santo, da usare anche nel catechismo.

    Preghiera stucchevole?
    Dipende. Può essere invece preghiera piena di gioia e di letizia. Se uno vuole, il Rosario diventa uno sguardo gettato su Maria, che aumenta d'intensità a mano a mano che si procede. Può anche riuscire un ritornello che sgorga dal cuore e che, ripetuto, addolcisce l'anima come una canzone.

    Preghiera povera il Rosario?
    E quale sarà allora la preghiera ricca?

    Il Rosario è una sfilata di Pater, preghiera insegnata da Gesù; di Ave Maria, il saluto di Dio alla Vergine portato dall'Angelo, di Gloria, elogio alla Santissima Trinità. O vorreste invece, come preghiere, le alte elucubrazioni teologiche? Non si adatterebbero ai veri poveri, agli anziani, agli umili, ai semplici, agli ammalati. Il Rosario esprime la fede senza falsi problemi, senza sotterfugi e giri di parole, aiuta l'abbandono in Dio, l'accettazione dolorosa del dolore.
    Certo, Dio si serve anche dei teologi, ma per distribuire le sue grazie, non per complicarle, e si serve soprattutto della piccolezza degli umili e di quelli che si abbandonano con fiducia alla sua volontà.

    C'è un'altra considerazione da fare.
    La famiglia dovrebbe essere la prima scuola di pietà e di spiritualità religiosa per i figli. L'azione pedagogico-religiosa dei genitori, ha detto Paolo VI, è delicata, autorizzata, insostituibile. Delicata per il clima di permissività e di secolarismo che ci circonda; autorizzata, perchè fa parte della missione affidata da Dio ai genitori; insostituibile, perchè è nell'età più tenera che si forma l'inclinazione e l'abitudine alla pietà religiosa.
    Il Rosario recitato, sia pure in formula breve (ossia senza la meditazione dei Misteri letti ma con una breve pausa), la sera, dai genitori insieme ai figli, è una specie di liturgia domestica.
    Lo scrittore Luigi Veuillot confessava che, all'inizio del suo ritorno a Dio, c'era lo spettacolo del Rosario visto e recitato con fede in una famiglia romana che lo ospitava.

    Con queste convinzioni nel cuore, è stata per me una consolazione sentire dell'iniziativa delle celebrazioni di questi giorni. I Padri Domenicani, già tanto benemeriti della diffusione del Rosario nella nostra città e "I Gesuati", parrocchia del Rosario per eccellenza, si sono proposti il rilancio di questa pia e grande pratica. Auspicando che il loro lavoro sia benedetto da Dio, sono venuto a questa Liturgia come a una lieta festa religiosa. Purtroppo  la letizia viene gravissimamente turbata dal rumore della guerra pazza ed insensata scoppiata ieri nel Medio Oriente.

    Quando dunque gli uomini cesseranno di odiarsi? Quando saranno disposti a sacrificare i loro meschini sogni di una instabile supremazia nazionale al bene supremo e stabile della pace? (...)

    Nel Rosario siamo soliti invocare la Madonna col titolo di Regina della Pace.
    Diciamole con fervore tutti insieme: Regina pacis, ora pro nobis!


    Albino Luciani + Patriarca di Venezia
    Omelia per il IV Centenario della festa del Rosario, chiesa dei Gesuati a Venezia
    7 ottobre 1973

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 06/02/2011 13:07
                                      


    Card. Piacenza parla del Maligno, della crisi di vocazioni e sul sacerdozio ministeriale.

    Il Sito Kath.net ha intervistato il Card. Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero su alcuni argomenti: rinnovamento del sacerdozio; collaborazione tra fedeli laici e clero; crisi delle vocazioni, l’essenza dell’arte sacra e della liturgia.
    Ne riproponiamo alcuni brani. (il sottolineato è nostro).
    Per leggere l'intervista (di Armin Schwibach) per intero in italiano, si veda qui


    *


    Il sacerdozio non deve essere “normalizzato” secondo le rivendicazioni di una “demitizzazione”, ma deve essere riscoperto nella sua origine divina.
    Così afferma il Prefetto della Congregazione per il Clero, S. Em. R. Mauro Cardinale Piacenza, sottolineando al contempo l’importanza di una liturgia “cristocentrica” per una nuova evangelizzazione dei paesi d’occidente. Dopo la notte del calo delle vocazioni sacerdotali, il cardinale vede l’alba di un nuovo tempo, che però necessita principalmente della preghiera – e in particolare dell’adorazione eucaristica – per giungere alla piena luce del giorno. [...]

    Kath.net: Con il Suo libro “Il sigillo - Cristo fonte dell'identità del prete”, pubblicato nel 2010, Lei ha richiamato alla memoria l’identità del sacerdozio, dichiarando che qualunque discorso su una “nuova evangelizzazione”, traguardo principale della Chiesa, resta vano se non si fonda sul rinnovamento spirituale del sacerdote.Concretamente, come potrebbe configurarsi il rinnovamento del sacerdozio? Che cosa significa che il sacerdote è “segno di contraddizione” nella società odierna, come Lei disse una volta? Da cosa deve partire la Chiesa e, in particolare, come dovrebbero intervenire i responsabili dei seminari?

    Cardinale Piacenza: Chi rinnova continuamente la Chiesa e, in essa, il Sacerdozio, è lo Spirito Santo! Al di là di una visione chiaramente pneumatica e, perciò, soprannaturale, è impossibile anche solo pensare ad un rinnovamento. Ritengo che sia proprio questa una delle principali vie da percorrere: quella del recupero chiaro della dimensione verticale, spirituale del Ministero. Nei decenni passati, troppi “riduzionismi”, animati dalla cosiddetta teologia della demitizzazione, hanno avuto come esito quello di trasformare il Sacerdozio semplicemente in un “super-ministero” di animazione e coordinamento ecclesiale. Il Sacerdote è anche colui che anima la vita pastorale di una comunità, ma esercita tale Ministero in forza di una Vocazione soprannaturale e della configurazione a Cristo, determinata dal Sacramento dell’Ordine. Prima di ogni “servizio ministeriale”, egli rappresenta Gesù Buon Pastore nel cuore della Chiesa e, concretamente, nella comunità alla quale è mandato.
    Conseguenza di ciò è che il rinnovamento dovrà necessariamente passare attraverso il primato della preghiera, del rapporto intimo e prolungato con Cristo Risorto, Presente spiritualmente nelle sacre Scritture, realmente nell’Eucaristia, e con il Quale il Sacerdote è perennemente in relazione nel concreto esercizio di ogni gesto ministeriale. Primato della preghiera significa anche primato della fede: la fede schietta e sincera dei santi, quella capace di destrutturare, proprio per la sua semplicità, ogni umano calcolo o ragionamento. [...]
    A tutto ciò devono essenzialmente essere formate le nuove generazioni di sacerdoti, evitando accuratamente di cadere nella tentazione di chi volesse “normalizzare” il Sacerdozio, pensando, in tal modo, di renderlo più accettabile ai giovani e agli uomini del nostro tempo. Ciò, al contrario, porterebbe alla “desertificazione” delle vocazioni. Il futuro del Sacerdozio, che è garantito, a livello soprannaturale, dalla fedeltà di Dio alla Sua Chiesa, sta anche, per quanto ci riguarda, nella motivata promozione della sua reale natura, che è – le Scritture lo testimoniano e la grande Tradizione ecclesiale e magisteriale lo conferma – di origine squisitamente divina.

    Kath.net: Il Santo Padre Benedetto XVI nel suo libro-intervista con Peter Seewald, “Luce del mondo” dice: «E’ immaginabile che il diavolo non riuscisse a sopportare l’anno sacerdotale e allora ci ha scaraventato in faccia il sudiciume. Ha voluto mostrare al mondo quanta sporcizia c’è anche proprio tra i sacerdoti». Lei ritiene sia un caso che proprio durante l’anno sacerdotale in non pochi paesi del mondo sia scoppiato lo scandalo degli abusi sessuali? E alla fine il diavolo ha perso davvero?

    Cardinale Piacenza
    : Lei sa bene che il caso non esiste! Esistono invece le coincidenze e, più spesso, le strategie umane, che si espongono alle strumentalizzazioni del Maligno.
    È doveroso ricordare, innanzitutto, che il Demonio non ha vinto durante l’Anno Sacerdotale, quando, come affermato dal Santo Padre: «Ci ha scaraventato in faccia il sudiciume», ma piuttosto quando alcuni Ministri di Dio, chiamati per Vocazione ad annunciare il Vangelo e ad amministrare i Sacramenti, abusando del proprio compito, hanno ferito in modo mortale giovani vite innocenti. È in questa perversione assoluta la vera vittoria del maligno, ed il fatto che tali terribili ed inqualificabili comportamenti siano emersi durante l’Anno Sacerdotale, non ha diminuito la verità del Sacerdozio, ma, permettendo la doverosa penitenza e riparazione per quanto accaduto, ha favorito una più profonda consapevolezza di quanto lo straordinario Tesoro, donato da Cristo alla Sua Chiesa, sia contenuto in vasi di creta.
    Tale situazione, che è drammaticamente inquietante, potrebbe divenire addirittura disperante, se non fossimo certi che il Diavolo, il quale vince purtroppo molte battaglie, ha già perso definitivamente la sua guerra, poiché è stato sconfitto dalla Morte redentrice di Nostro Signore Gesù Cristo e dalla sua gloriosa risurrezione.

    Spesso, in particolare in paesi di lingua tedesca, molti sacerdoti sono esposti a pressioni da parte di laici e consigli pastorali. Quasi si ha la sensazione che certi laici vogliano farsi largo nello spazio dell’altare per assumere funzioni ministeriali. In non poche diocesi di lingua tedesca, sacerdoti che vogliono essere fedeli alla chiesa, si ritrovano spesso soli. Talvolta neppure i vescovi diocesani offrono ai loro sacerdoti il necessario sostegno. Come è visto questo problema a Roma? Come dovrebbero e potrebbero difendersi i sacerdoti in una tale situazione?

    Cardinale Piacenza
    : Anzitutto intendo affermare con assoluta chiarezza e motivato convincimento che la collaborazione tra sacerdoti e laici è tanto necessaria, quanto sacramentalmente fondata. È necessario viverla all’interno di alcuni parametri irrinunciabili sia dal punto di vista teologico, sia sotto il profilo pastorale. È doveroso ricordare che al ministero della testimonianza sono chiamati tutti i battezzati, e non semplicemente coloro che hanno ricevuto un qualche ministero ecclesiale. I fedeli laici devono essere educati a tale senso permanente dall’apostolato, da vivere soprattutto nel mondo, nelle loro concrete circostanze esistenziali, familiari, affettive, lavorative, professionali, educative e pubbliche. I laici davvero “impegnati” sono quelli che si impegnano a testimoniare Cristo nel mondo, non quelli che suppliscono alla eventuale carenza di Clero, rivendicando fette di visibilità all’interno delle comunità.
    Partendo da questa chiarezza sulla Vocazione universale dei battezzati, nulla esclude che essi possano efficacemente collaborare al Ministero dei Sacerdoti, ricordando sempre, tuttavia, che tra il sacerdozio battesimale e quello ministeriale, esiste, come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, riprendendo il Concilio Vaticano II, una differenza essenziale e non solo di grado. (cfr. CCC, n. 1547).Anche in questo caso, si tratta di riscoprire la fede nella Chiesa, che non è un’organizzazione umana, né tantomeno può essere gestita con criteri “aziendali”, i quali obbediscono a leggi umane, quali la presunta o reale competenza o efficienza e la necessaria spartizione del potere, e che sono quanto di più distante ci possa essere dall’autentico servizio ecclesiale.
    Ritengo che proprio questa “riduzione aziendale” del modo di pensare la Chiesa sia una delle cause sia della cosiddetta crisi del numero delle risposte alle Vocazione, sia delle polemiche che, a ondate successive, talvolta forse anche orchestrate, si scatenano contro il celibato sacerdotale. [...]

    Kath.net: Come si spiega la “crisi delle vocazioni” nelle odierne società occidentali?

    Cardinale Piacenza
    : La cosiddetta crisi vocazionale, dalla quale, in realtà, si sta lentamente uscendo, è legata, fondamentalmente, alla crisi della fede in Occidente. Laddove c’è si deve ammettere che, in realtà, la crisi delle vocazioni è crisi di fede. Dio continua a chiamare ma per rispondere occorre sentire e per sentire occorre il clima adatto e non il baccano assoluto. Negli stessi ambienti è in crisi la santificazione della festa, è in crisi la confessione, è in crisi il matrimonio etc… La secolarizzazione e la conseguente perdita del senso del sacro, della fede e della sua pratica, hanno determinato e determinano un’importante diminuzione del numero dei candidati al Sacerdozio. A queste ragioni squisitamente teologiche ed ecclesiali, se ne aggiungono alcune di carattere sociologico: prima fra tutte, il decremento, unico al mondo, della natalità, con la conseguente diminuzione del numero dei giovani e, quindi, anche delle giovani Vocazioni.
    In questo panorama rappresentano una lodevole eccezione, carica di entusiasmo e di speranza, i Movimenti e le nuove Comunità, nei quali la fede è vissuta in maniera schietta ed immediata, e tradotta in vita concreta e ciò apre il cuore dei giovani alla possibilità di donarsi completamente a Dio nel Sacerdozio ministeriale. Una tale vitalità nella differenza di espressione e di metodi, deve essere di tutta la Chiesa, di ogni parrocchia e di ogni Diocesi, perché solo una fede autentica, significativa per la vita, è l’ambiente nel quale possono essere ascoltate le tante chiamate che Dio rivolge, anche oggi, ai giovani. Il primo ed irrinunciabile rimedio al calo delle Vocazioni, lo ha suggerito Gesù stesso: «Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe» (Mt 9,38). Questo è il realismo della pastorale delle vocazioni. La preghiera per le Vocazioni, un’intensa, universale, dilatata rete di preghiera e di Adorazione Eucaristica che avvolga tutto il mondo, è la sola vera risposta possibile alla crisi delle risposte alla Vocazione. Ma ci vuole fede! Provare per credere [...]


    Kath.net: Dal 2003 sino alla Sua nomina a segretario della Congregazione per il Clero da parte di Papa Benedetto XVI nel 2007 Lei è stato presidente della Pontifica Commissione per i Beni Culturali della Chiesa; dal 2004 anche presidente della Pontificia Commissione per l’Archeologia Sacra.
    Come giudica lo stato attuale della “ars sacra” che spesso viene confusa con l’ “ars religiosa”?

    Cardinale Piacenza
    : [...] La Chiesa non è una realtà sociologica umana, non è una riunione di persone che credono nella stessa cosa! Essa è il Corpo di Cristo, nuovo Popolo sacerdotale, Presenza divina nel mondo.
    [...] Una chiesa, e l’arte sacra tutta, per essere tale, non deve obbedire tanto alla soggettiva originalità del singolo architetto o artista, quanto alla fede schietta e sincera del popolo, che in essa e attraverso di essa pregherà. Non sono “monumenti” alla genialità del singolo, ma luoghi e strumenti di Culto, dedicati a Dio, nei quali e attraverso i quali incontrare Dio e radunarsi come Suo Popolo.

    Kath.net: Secondo Lei, quanto è importante la celebrazione della liturgia per l’essenza della vita della comunità nonché per la missione di una nuova evangelizzazione dei paesi di antica cristianizzazione?

    Cardinale Piacenza
    : Più volte il Santo Padre ha ricordato che, con la Liturgia, vive o muore la fede della Chiesa. Essa è, nel contempo, specchio, nel quale si riflette la fede, ed alimento, che costantemente la nutre, la purifica e la sostiene. L’antico adagio “lex orandi, lex credendi” mantiene ovviamente ancora oggi tutta la propria validità ed efficacia.
    In non pochi casi, il menzionato tentativo di demitizzazione, ha travolto anche la Liturgia, producendo, come unico, devastante effetto, quello di ridurla nuovamente e paradossalmente a “riti pre-cristiani”, simbolicamente interpretabili e quindi esposti ad ogni possibile deriva soggettivistica e relativistica. La Liturgia non è principalmente un agire umano, nel quale i singoli possano liberamente esprimere la propria soggettiva emozionalità, o per partecipare al quale sarebbe necessario fare o dire qualche cosa; essa è principalmente azione di Cristo, il Quale, Vivo e Presente nella Sua Chiesa, rende culto al Padre, attirando, in tale azione divino-umana, noi uomini.
    È Cristo Risorto il vero protagonista della storia e della Liturgia, ed ogni azione umana, che voglia essere realmente liturgica, deve obbedire a questo imprescindibile criterio e deve mirare ad orientare il cuore dei fedeli al riconoscimento del primato assoluto di Dio.
    Aver ridotto o banalizzato la Liturgia è una gravissima responsabilità, non indipendente da quella perdita del senso del sacro, di cui l’Occidente è vittima, e che è, ancora una volta, derivante dalla demitizzazione radicale di cui certa teologia si è fatta promotrice, credendo di essere “scientifica”.La risposta a tutto ciò è rintracciabile, tuttavia, nel cuore dell’uomo, il quale, nonostante tutto, è fatto per Dio ed è costitutivamente religioso, dunque aperto al trascendente ed al senso del sacro. Una Liturgia cristocentrica, correttamente celebrata, ecclesialmente significativa e che sia la realizzazione del «Egli [Cristo] deve crescere e io invece diminuire» (cfr. Gv 3,30) di giovannea memoria, contribuisce certamente alla nuova Evangelizzazione dell’Europa ed al recupero di quel senso del sacro, senza il quale anche il doveroso dialogo con le altre culture e tradizioni religiose sarebbe impossibile.
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 06/10/2011 19:45

    Card. Piacenza: il segreto del sacerdote? Il dono incondizionato [SM=g1740721]


     

    LOS ANGELES, martedì, 4 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato questo martedì a Los Angeles dal Cardinale Mauro Piacenza, Perfetto della Congregazione per il Clero, nell'incontrarsi con i seminaristi.


    * * *

    Venerato Fratello nell'Episcopato,

    Cari Formatori

    Carissimi Seminaristi,

    è per me motivo di profonda gioia potervi incontrare in questo breve soggiorno Nordamericano.

    Il futuro della Chiesa, che è certo, perchésta nella mani del suo Capo e Signore che è Cristo, pulsa nelle vostre esistenze. I Seminaristi di oggi, Sacerdoti di domani, sono la speranza viva del cammino che sempre la Chiesa compie nel mondo.

    Grazie di cuore, a nome della Chiesa, per il vostro sì generoso! Sappiate sin d'ora che il Prefetto della Congregazione per il Clero prega per voi, perché il vostro sì al Signore sia totale ed incondizionato.

    Èquesto il segreto della felicità, il segreto della piena realizzazione della vita Sacerdotale: donare tutto, senza nulla trattenere per se stessi, sull'esempio di Gesù!

    Non intendo in questo incontro proporvi una conferenza, ma semplicemente, un colloquio informale, dando spazio alle vostreeventuali domande spontanee. Alle vostre domande premetto solo alcune brevi riflessioni su quanto ritengo sia fondamentale oggi, e sempre, nella formazione sacerdotale.

    1. Il primato di Dio

    è ormai acquisito dall’esperienza ecclesiale, che la vocazioni nascono, fioriscono, si sviluppano e giungono a maturazione solo laddove è chiaramente riconosciuto il primato di Dio. Ogni altra motivazione, che pure può accompagnare l'inizio della percezione di una chiamata al sacerdozio, confluisce nel moto di totale donazione al Signore e nel riconoscimento del suo primato nella nostra vita, nella vita della Chiesa ed in quella del mondo.

    Primato di Dio significa primato della preghiera, dell'intimità divina; primato della vita spirituale e sacramentale. La Chiesa non ha bisogno di manager ma di uomini di Dio! Non ha bisogno di sociologi, psicologi, antropologi, politologi -e tutte le altre declinazioni che conosciamo e possiamo immaginare-. La Chiesa ha bisogno di uomini credenti e quindi credibili, di uomini che, accolta la chiamata del Signore, siano Suoi motivati testimoni nel mondo!

    Primato di Dio significa primato della vita sacramentale, vissuta oggi ed offerta, a suo tempo, a tutti i nostri fratelli! Molte cose gli uomini possono trovare in altri; nel Sacerdote essiperò cercano ciò che solo lui può dare: la divina Misericordia, il Pane di vita eterna, un nuovo orizzonte di significato che renda più umana la vita presente e possibile quella eterna!

    Vivete, carissimi Seminaristi, questo tempo del seminario -che è transeunte- come la grande occasione che vi è data per fare una straordinaria esperienza di intimità con Dio. Il rapporto che avrete tessuto con Lui in questi anni, certamente nel corso della vita si approfondirà e muterà, ma le fondamenta, il nocciolo di quel rapporto, si costituisce adesso! Il tempo del Seminario è, in tal senso, irripetibile! Nonostante ogni buona esperienza che possa accadere nella vostra vita, prima e dopo questo tempo, la sapienza della Chiesa indica il momento formativo comunitario come necessario per la formazione dei suoi Sacerdoti.

    La Chiesa ha bisogno di uomini forti! Di uomini saldi nella fede, capaci di condurre i fratelli ad un'autentica esperienza di Dio.

    La Chiesa ha bisogno di sacerdoti che, nelle tempeste della cultura dominante, quando "la barca di non pochi fratelli è sbattuta dalle onde del relativismo" (cf. J. Ratzinger, Omelia per la Santa Messa Eligendo Romano Pontifice), sappiano, in effettiva comunione con Pietro, tenere saldo il timone della propria esistenza, delle comunità loro affidate e dei fratelli che domandano luce ed aiuto per il loro cammino di fede.

    2. Le priorità della formazione

    Oltre al primato indiscusso di Dio, è necessario che la formazione umana occupi il fondamentale posto che le spetta. Nessuno può attendere una umanità perfetta per accedere agli ordini sacri, ma è indispensabile, intutta onestà, mettersi in gioco, affidando a Dio per il tramite del Direttore spirituale tutto di se stessi. Non cedete all'illusione per cui le questioni non risolte (o non debitamente affrontate) si potranno improvvisamente sciogliere dopo l'ordinazione. Non è affatto così! E l'esperienza lo dimostra!

    La formazione umana ha certamente bisogno di un giusto grado di auto-conoscenza, ed in questo senso le cosiddette scienze umane possono fornire un valido aiuto, ma ha soprattutto bisogno di "stare a contatto" con la Santa umanità di Cristo!

    è stando con Lui che noi veniamo plasmati progressivamente! è Lui in vero formatore! In tal senso, l'adorazione eucaristica prolungata ricopre un ruolo fondamentale anche e soprattutto nella formazione umana! Lasciarsi "abbronzare" dal Sole eucaristico, significa, nel tempo, limerebbe i propri spigoli, imparare dall'umile per eccellenza, stare alla scuola della Carità fatta carne.

    Accanto alla formazione umana, centrale è quella intellettuale. è indubbio che questa abbia occupato, negli ultimi decenni, una importante parte dell'intera formazione seminaristica. Ora, molto probabilmente, in questo ambito è necessario valutare attentamente le proporzioni e gli equilibri. Pur desiderando per tutti una buona formazione, non tutti i Sacerdoti dovranno fare i teologi.

    La formazione intellettuale deve mirare a trasmettere i contenuti certi della fede, argomentandone ragionevolmente i fondamenti scritturistici, quelli della grande Tradizione ecclesiale e del Magistero nonchè facendosi accompagnare dagli esempi di vita sei Sacerdoti santi. Non dovete smarrirvi nei meandri delle varie opinioni teologiche che non danno certezza e pongono la Verità rivelata alla stregua di ogni altro "pensiero umano". Ci si forma sulle certezze e mirando ad avere nel proprio bagaglio una visione di sintesi con l’entusiasmo della missione.

    Sono personalmente convinto che una buona e solita formazione teologica, che riscopra anche il fondamento filosofico della metafisica e non tema di accogliere tutta intera la Verità, sia anche il miglior antidoto alle tante "crisi di identità" che talunipurtroppo vivono. In tal senso, il Santo Padre Benedetto XVI ha già più volte richiamato all'imprescindibile utilizzo del Catechismo della Chiesa Cattolica come orizzonte a cui guardare e come riferimento certo del nostro attuale pensare teologico.

    Il Catechismo è anche il grande strumento che il Beato Giovanni Paolo II ha donato a tutta la Chiesa, per la corretta ermeneutica del Concilio Vaticano II. Anche su questo aspetto è necessario che la formazione intellettuale non viva equivoci di sorta.

    Voi siete nati nel Post-Concilio (credo quasi tutti) e, forse, siete per ciò stesso sia figli del Concilio, sia più immuni dalle polarizzazioni, talvolta ideologiche, che l'interpretazione di quell'Eventoprovvidenziale ha suscitato.

    Sarete voi, probabilmente, la prima generazione che interpreterà correttamente il Concilio Vaticano II, non secondo lo "spirito" del Concilio, che tanto disorientamento ha portato nella Chiesa, ma secondo quanto realmente l'Evento Conciliare ha detto, nei suoi testi alla Chiesa ed al mondo. [SM=g1740721]

    Non esiste un Concilio Vaticano II diverso da quelloche ha prodotto i testi oggi in nostro possesso! è in quei testi che noi troviamo la volontà di Dio per la sua Chiesa e con essi è necessario misurarsi, accompagnati da duemila anni di Tradizione e di vita cristiana.

    Il rinnovamento è sempre necessario alla Chiesa, perché sempre necessaria è la conversione dei suoi membri, poveri peccatori! Ma non esiste, né potrebbe esistere, una Chiesa pre-Conciliare ed una post-Conciliare! Se così fosse, la seconda -la nostra- sarebbe storicamente e teologicamente illegittima!

    Esiste un unica Chiesa di Cristo, della quale voi siete parte, che va da Nostro Signore agli Apostoli, dalla Beata Vergine Maria ai Padrie ai Dottori della Chiesa, dal Medioevo al Rinascimento, dal Romanico al Gotico al Barocco, e così via fino ai nostri giorni, ininterrottamente, senza alcuna soluzione di continuità, mai!

    E tutto perché la Chiesa è il Corpo di Cristo, è l'unità della Sua Persona che è donata a noi, sue membra!

    Voi, carissimi Seminaristi, sarete sacerdoti della stessa Chiesa di Sant'Agostino, di Sant'Ambrogio, di San Tommaso d'Aquino, di San Carlo Borromeo, di San Giovanni Maria Vianney, di san Giovanni Bosco, di S. Pio X, fino al Santo Padre Pio, a san Josè Maria Escrivá ed al Beato Giovanni Paolo II. Sarete sacerdoti della stessa Chiesa che è fatta di tantissimi santi Sacerdoti che nei secoli hanno reso luminoso, bello, irradiante e perciò facilmente riconoscibile il volto di Cristo Signore nel mondo.

    La vera prioritàe la vera modernità, allora, miei cari, è la santità! L'unica possibile risorsa per una autentica e profonda riforma è la santità e noi abbiamo bisogno di riforma! Per la Santità non c'è un seminario, se non quello della Grazia di Nostro Signore e della libertà che si apre umilmente alla sua azione plasmatrice e rinnovatrice!

    Il Seminario della santità, poi, ha unRettore davvero magnifico ed è una donna: la Beata Vergine Maria. Lei che per tutta la vita ci ripeterà: "Fate ciò che Lui vi dirà", possa accompagnarci in questo arduo, ma affascinante cammino!

    Ecco, vi ho detto parte di quanto desideravo dirvi; il resto ve lo dirò nella preghiera di ogni giorno perché d’ora in poi vi porterò con me ogni giorno all’altare e ricordatevi che essere preti in questi tempi difficili è bello ma preti-preti. Si è felici solo se non si sta alle mezze misure: o tutto o niente!

     

     

    [SM=g1740738] 

     

     

    [SM=g1740733] Il sacerdote nel secolo XXI


     

    LOS ANGELES, lunedì, 3 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato questo lunedì a Los Angeles dal Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero, in occasione di un incontro con i sacerdoti dell’arcidiocesi.

    * * *

    Cara Eccellenza,

    carissimi Sacerdoti,

    Dorothy Thompson, scrittrice americana, decenni addietro, pubblicò in un articolo per una rivista i risultati di un’accurata indagine sul famigerato campo di concentramento di Dachau. Una domanda chiave rivolta ai sopravvissuti era questa: «Chi in mezzo all’inferno di Dachau è rimasto più a lungo in condizioni di equilibrio? Chi ha mantenuto più a lungo il proprio senso di identità?». La risposta è stata corale e sempre la stessa: «i preti cattolici». Sì, i preti cattolici! Essi sono riusciti a mantenersi nel proprio equilibrio, in mezzo a tanta follia, perché erano consapevoli della loro Vocazione. Essi avevano la loro scala gerarchica di valori. La loro dedizione all’ideale era totale. Essi erano consapevoli della loro missione specifica e delle motivazioni profonde che la sorreggevano.

    In mezzo all’inferno terreno, essi portavano la loro testimonianza: quella di Gesù Cristo!

    Viviamo in modo instabile. Esiste una instabilità nella famiglia, nel mondo del lavoro, nella varie aggregazioni sociali e professionali, nelle scuole e nelle istituzioni.

    Il prete, però, deve costituzionalmente essere un modello di stabilità e di maturità, di dedizione piena al suo apostolato.

    Nel cammino inquieto della società, si affaccia sovente un interrogativo alla mente del cristiano: «Chi è il sacerdote nel mondo di oggi? È un marziano? È un alieno? È un fossile? Chi è?».

    La secolarizzazione, lo gnosticismo, l’ateismo nelle sue varie forme, stanno riducendo sempre più lo spazio del sacro, stanno succhiando il sangue ai contenuti del messaggio cristiano.

    Gli uomini delle tecniche e del benessere, la gente caratterizzata dalla febbre dell’apparire, avvertono un’estrema povertà spirituale. Sono vittime di una grave angoscia esistenziale e si rivelano incapace di risolvere i problemi di fondo della vita spirituale, familiare e sociale.

    Se volessimo interrogare la cultura più diffusa, ci accorgeremmo che essa è dominata e impregnata dal dubbio sistematico e dal sospetto verso tutto ciò che riguarda la fede, la ragione, la religione, la legge naturale.

    «Dio è una inutile ipotesi – ha scritto Camus – e sono perfettamente sicuro che non mi interessa».

    Nella migliore delle ipotesi, cala un pesante silenzio su Dio; ma si arriva spesso all’affermazione dell’insanabile conflitto delle due esistenze destinate ad eliminarsi: o Dio, o l’uomo.

    Quando, poi, dovessimo svolgere lo sguardo sul panorama complessivo dei comportamenti morali, non potremmo sfuggire alla constatazione della confusione, del disordine, dell’anarchia che regna in questo campo.

    L’uomo si fa il creatore del bene e del male.

    Concentra egoisticamente l’attenzione su di sé.

    Alla norma morale sostituisce il proprio desiderio e ricerca il proprio interesse.

    In questo contesto, la vita ed il ministero del sacerdote diventa di importanza decisiva e di urgente attualità. Anzi – lasciatemi dire – che più è marginalizzato più è importante, più è considerato superato e più è attuale.

    Il sacerdote deve proclamare al mondo il messaggio eterno di Cristo, nella sua purezza e radicalità; non deve abbassare il messaggio, ma deve piuttosto sollevare la gente; deve dare alla società anestetizzata dai messaggi di taluni registi occulti, deteriori dei poteri che valgono, la forza liberatrice di Cristo.

    Tutti sentono la necessità di riforme in campo sociale, economico, politico; tutti auspicano che, nelle lotte sindacali, e nella proclamazione economica sia riaffermata e osservata la centralità dell’uomo e il perseguimento di obiettivi di giustizia, di solidarietà, di convergenza al bene comune.

    Tutto questo rimarrà soltanto un desiderio, se non si cambierà il cuore dell’uomo, di tanti uomini, che a loro volta rinnovino le strutture.

    Vedete, il vero campo di battaglia della Chiesa è il paesaggio segreto dello spirito dell’uomo e in esso non si entra senza molto tatto, molta compunzione, oltre che con la grazia di stato promessa dal Sacramento dell’Ordine.

    È giusto che il sacerdote si inserisca nella vita, nella vita comune degli uomini, ma non deve cedere ai conformismi e ai compromessi della società.

    La sana dottrina, ma anche la documentazione storica ci dimostrano che la Chiesa è in grado di resistere a tutti gli attacchi, a tutti gli assalti che possono essere sferrati contro di essa dalle potenze politiche, economiche e culturali, ma non resiste al pericolo derivante dal dimenticare questa parola di Gesù: «Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo». Gesù stesso indica la conseguenza di questa dimenticanza: «Se il sale diventa insipido, come si preserverà il mondo dalla corruzione?» (cfr. Mt 5,13-14).

    A che servirebbe un sacerdote così assimilato al mondo, da diventare prete mimetizzato e non più fermento trasformatore? [SM=g1740721]

    Di fronte ad un mondo anemico di preghiera e di adorazione, il sacerdote è, in primo luogo, l’uomo della preghiera, dell’adorazione, del Culto, della celebrazione dei santi Misteri.

    Di fronte ad un mondo sommerso da messaggi consumistici, pansessualistici, assalito dall’errore, presentato negli aspetti più seducenti, il sacerdote deve parlare di Dio e delle realtà eterne e, per poterlo fare credibilmente, deve essere appassionatamente credente, così come deve essere “pulito”!

    Il prete deve accettare l’impressione di essere in mezzo alla gente, come uno che parte da una logica e parla una lingua diversa dagli altri («non conformatevi alla mentalità di questo mondo», Rm 12,12). Egli non è come “gli altri”. Ciò che la gente aspetta da lui è proprio che non sia “come tutti gli altri”. [SM=g1740722]

    Di fronte ad un mondo immerso nella violenza e corroso dall’egoismo, il prete deve essere l’uomo della carità. Dalle vette purissime dell’Amore di Dio, del quale fa una particolarissimi esperienza, scende a valle, dove molti vivono la loro vita di solitudine, di incomucabilità, di violenza, per annunciare loro misericordia, riconciliazione e speranza.

    Il sacerdote risponde alle esigenze della società, facendosi voce di chi non ha voce: i piccoli, i poveri, gli anziani, gli oppressi, gli emarginati.

    Non appartiene a se stesso ma agli altri. Non vive per sé e non cerca ciò che è suo. Cerca ciò che è di Cristo, ciò che è dei suoi fratelli. Condivide le gioie e i dolori di tutti, senza distinzioni di età, di categoria sociale, di estrazione politica, di pratica religiosa.

    Egli è la guida della porzione di Popolo, che gli è affidata. Certamente, non condottiero di un esercito anonimo, ma pastore di una comunità formata da persona, che hanno, ciascuna, il loro nome, la loro storia, il loro destino, il loro segreto.

    Il sacerdote ha il compito difficile, ma esaltante, di guidare queste persone con la più religiosa attenzione e con il più scrupoloso rispetto per la loro dignità umana, il loro lavoro, i loro diritti, con la piena consapevolezza che, alla loro condizione di figli di Dio corrisponde in essi una vocazione eterna, che si realizza nella piena comunione con Dio.

    Il sacerdote non esiterà a dare la vita, o in una breve ma intensa stagione di dedizione generosa e senza limiti, o in una donazione quotidiana, lunga, nello stillicidio di umili gesti di servizio al suo popolo, proteso sempre alla difesa e formazione della grandezza umana e della crescita cristiana di ogni singolo fedele e dell’intero suo popolo.

    Un prete deve essere contemporaneamente piccolo e grande, nobile di spirito come un re, semplice e naturale come un contadino. Un eroe nella conquista di sé, il sovrano dei suoi desideri, un servitore per i piccoli e i deboli; che non si abbassa davanti ai potenti, ma che si curva davanti ai poveri e ai piccoli, discepolo del suo Signore e capo del suo gregge.

    Nessun dono più prezioso può essere elargito ad una comunità di un sacerdote secondo il Cuore di Cristo.

    La speranza del mondo consiste nel poter contare, anche per il futuro, sull’amore di cuori sacerdotali limpidi, forti e misericordiosi, liberi e miti, generosi e fedeli.

    Amici, se gli ideali sono alti, la strada difficile, il terreno forse anche minato, le incomprensioni sono molte, ma tutto possiamo in Colui che ci conforta (cfr. Fil 4,13).

    L’eclisse della Luce di Dio e del Suo Amore non è l’estinguersi della Luce e dell’Amore di Dio. Già domani ciò che si era frapposto, oscurano la fede, cacciando il mondo in un buio spaventoso, potrebbe diradarsi, e dopo la pausa lunga, troppo lunga dell’eclisse, ritornare il sole, pieno e splendido.

    Al di sopra delle inquietudini e contestazioni che agitano il mondo, e si fanno sentire anche dentro la Chiesa, sono in azione forze segrete, nascoste e feconde di santità.

    Al di là dei fiumi di parole e di discorsi, di programmi e di piani, di iniziative e di organizzazioni, ci sono anime sante che pregano, soffrono, espiano adorando il Dio-con-noi.

    Tra esse ci sono bambini e adulti, uomini e donne, giovani e anziani, colti e ignoranti, malati e sani, e ci sono anche tanti sacerdoti, che non solo sono dispensatori dei Misteri di Cristo, ma nella babele odierna rimangono segni sicuri di riferimento e di speranza, per quanti cercano la pienezza, il senso, il fine, la felicità.

    Stiamo uniti, cari amici, nel Cenacolo della Chiesa, attorno a Maria nostra Madre, con Pietro e gli Apostoli, immersi nella comunione dei santi, per essere anche noi, davvero, segni sicuri di riferimento e di speranza per tutti.

    È il mio augurio, che diventa preghiera per voi tutti qui presenti e per tutti i vostri Confratelli, che non sono qui ora. Vi porterò, d’ora in poi, sempre con me.

    [SM=g1740733] 

     

     

    [Modificato da Caterina63 10/10/2011 14:29]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 05/05/2012 10:48

    Lettera ai sacerdoti /1: Documento


    Il testo del messaggio diffuso oggi dalla Congregazione per il Clero


    CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 26 aprile 2012 (ZENIT.org) - Riprendiamo la “Lettera ai sacerdoti”, diffusa oggi dalla Congregazione per il Clero, in preparazione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Santificazione del Clero, in programma il prossimo 15 giugno, solennità del Sacro Cuore di Gesù. Il testo porta le firme del cardinale Mauro Piacenza e di monsignor Celso Morga Iruzubieta, rispettivamente prefetto e segretario del dicastero.

    ***

    Cari Sacerdoti,

    Nella prossima solennità del Sacro Cuore di Gesù (che ricorre il 15 giugno 2012) celebreremo, come di consueto, la “Giornata Mondiale di Preghiera per la Santificazione del Clero”.
    L’espressione della Scrittura «Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione!» (1Tess 4,3), pur essendo rivolta a tutti i cristiani, riguarda in modo particolare noi sacerdoti che abbiamo accolto non solo l’invito a “santificarci”, ma anche quello a diventare ministri di santificazione” per i nostri fratelli.

    Questa “volontà di Dio”, nel nostro caso, si è, per così dire, raddoppiata e moltiplicata all’infinito, tanto che ad essa possiamo e dobbiamo obbedire ad ogni azione ministeriale che compiamo.
    È questo il nostro stupendo desti no: non possiamo santificarci senza lavorare alla santità dei nostri fratelli, e non possiamo lavorare alla santità dei nostri fratelli senza che abbiamo prima lavorato e lavoriamo alla nostra santità.
    Introducendo la Chiesa nel nuovo millennio, il Beato Giovanni Paolo II ci ricordava la normalità di questo “ideale di perfezione”, che deve essere offerto subito a tutti: «Chiedere a un catecumeno: “Vuoi ricevere il Battesimo?” significa al tempo stesso chiedergli: “Vuoi diventare santo?”» 1.
    Certamente, nel giorno della nostra Ordinazione Sacerdotale, questa stessa domanda battesimale è risuonata nuovamente nel nostro cuore, chiedendo ancora la nostra personale risposta; ma essa ci è stata anche affidata, perché sapessimo rivolgerla ai nostri fedeli, custodendone la bellezza e la preziosità.

    Questa persuasione non è contraddetta dalla coscienza delle nostre personali inadempienze, e nemmeno dalle colpe di alcuni che, a volte, hanno umiliato il sacerdozio agli occhi del mondo.
    A distanza di dieci anni – considerando gli ulteriori aggravamenti delle notizie diffuse – dobbiamo far risuonare ancora nel nostro cuore, con più forza ed urgenza, le parole che Giovanni Paolo II ci ha rivolto nel Giovedì Santo dell’anno 2002:
    «In questo momento, inoltre, in quanto sace rdoti, noi siamo personalmente scossi nel profondo dai peccati di alcuni nostri fratelli che hanno tradito la grazia ricevuta con l'Ordinazione, cedendo anche alle peggiori manifestazioni del mysterium iniquitatis che opera nel mondo. Sorgono così scandali gravi, con la conseguenza di gettare una pesante ombra di sospetto su tutti gli altri benemeriti sacerdoti, che svolgono il loro ministero con onestà e coerenza, e talora con eroica carità. Mentre la Chiesa esprime la propria sollecitudine per le vittime e si sforza di rispondere secondo verità e giustizia a ogni penosa situazione, noi tutti – coscienti dell’umana debolezza, ma fidando nella potenza sanatrice della grazia divina – siamo chiamati ad abbracciare il “mysterium Crucis” e a impegnarci ulteriorm ente nella ricerca della santità.Dobbiamo pregare perché Dio, nella sua provvidenza, susciti nei cuori un generoso rilancio di quegli ideali di totale donazione a Cristo che stanno alla base del ministero sacerdotale»2.

    Come ministri della misericordia di Dio, noi sappiamo, dunque, che la ricerca della santità può sempre ricominciare dal pentimento e dal perdono. Ma sentiamo anche il bisogno di chiederlo, come singoli sacerdoti, a nome di tutti i sacerdoti e per tutti i sacerdoti3.

    La nostra fiducia viene poi ulteriormente rafforzata dall’invito che la Chiesa stessa ci rivolge a oltrepassare nuovamente la Porta fidei, accompagnando tutti i nostri fedeli. Sappiamo che questo è il titolo della Lettera Apostolica con la quale il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto l’Anno della Fede che avrà inizio il prossimo 12 ottobre 2012.
    Una riflessione sulle circostanze di questo invito ci può aiutare.
    Esso si colloca nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962) e nel ventesimo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (11 ottobre 1992). Inoltre, per il mese di ottobre 2012, è stata convocata l’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sul tema de La nuova evangelizzazione per la trasmiss ione della fede cristiana.
    Ci sarà chiesto, dunque, di lavorare in profondità su ognuno di questi “capitoli”:
    – sul Concilio Vaticano II, affinché sia nuovamente accolto come «la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX» : “Una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre”, “una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”4;
    – sul Catechismo della Chiesa Cattolica, perché sia davvero accolto e utilizzato «come uno strumento valido e legittimo al serv izio della comunione ecclesiale e come una norma sicura per l’insegnamento della fede»5;
    – sulla preparazione del prossimo Sinodo dei Vescovi perché sia davvero «un’occasione propizia per introdurre l’intera compagine ecclesiale a un tempo di particolare riflessione e riscoperta della fede»6.
    Per ora – come introduzione a tutto il lavoro – possiamo brevemente meditare su questa indicazione del Pontefice, verso la quale tutto converge:
    «È l’amore di Cristo che colma i nostri cuori e ci spinge a evangelizzar e. Egli, oggi come allora, ci invia per le strade del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra (cfr. Mt 28,19). Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni generazione: in ogni tempo Egli convoca la Chiesa affidando le l’annuncio del Vangelo, con un mandato che è sempre nuovo. Per questo anche oggi è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede».7

    Tutti gli uomini di ogni generazione”, “tutti i popoli della terra”, “nuova evangelizzazione”: davanti a questo orizzonte così universale, soprattutto noi sacerdoti dobbiamo chiederci come e dove queste affermazioni possano legarsi e consistere.

    Possiamo allora cominciare ricordando come già il Catechismo della Chiesa Cattolica si apra con un abbraccio universale, riconoscendo che L’uomo è «capace» di Dio8; ma, lo ha fatto scegliendo – come sua prima citazione – questo testo del Concilio Ecumenico Vaticano II:
    «La ragione più alta (eximia ratio”) della dignità umana consiste nella chiamata dell’uomo alla comunione con Dio. L’uomo è invitato al colloquio con Dio, fin dalla sua origine: egli, infatti, non esiste, se non perché, creato da Dio dalle vis cere del Suo amore (ex amore”), viene mantenuto nell’esistenza sempre tratto dal grembo di tale amore (ex amore”); e non vive pienamente secondo verità, se non riconosce liberamente questo amore e se non si affida al suo Creatore. Tuttavia molti nostri contemporanei non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale congiungimento con Dio» (“ hanc intimam ac vitalem coniunctionem cum Deo”)9.

    Come dimenticare che, col testo appena citato – proprio nella ricchezza delle formulazioni scelte – i Padri conciliari intendevano rivolgersi direttamente agli atei, affermando l’immensa dignità della vocazione, da cui si erano estraniati già in quanto uomini? E lo facevano con le stesse parole che servono a descrivere l’esperienza cristiana, al massimo della sua intensità mistica!
    Anche la Lettera Apostolica Porta Fidei inizia affermando che questa «introduce alla vita di comunione con Dio», il che significa che essa ci permette di immergerci direttamente nel mistero centrale della fede che dobb iamo professare: «Professare la fede nella Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo – equivale a credere in un solo Dio che è Amore» (ivi. n. 1).

    Tutto questo deve risuonare particolarmente nel nostro cuore e nella nostra intelligenza, per renderci consapevoli di quale sia oggi il dramma più grave dei nostri tempi.
    Le nazioni già cristianizzate non sono più tentate di cedere a un generico ateismo (come nel passato), ma rischiano di essere vittime di quel particolare ateismo che viene dall’aver dimenticato la bellezza e il calore della Rivelazione Trinitaria. Oggi sono soprattutto i sacerdoti, nella loro quotidiana adorazione e nel loro quotidiano ministero che devono ricondurre tutto alla Comunione Trinitaria: solo a partire da essa e immergendosi in essa, i fedeli possono scoprire davvero il volto del Figlio di Dio e la sua contemporaneità, e possono davvero raggiungere il cuore di ogni uomo e la patria a cui tutti sono chiamati. E solo così noi sacerdoti possiamo offrire di nuovo agli uomini di oggi la dignità dell’essere persona, il senso delle umane relazioni e della vita sociale, e lo scopo dell’intera creazione.
    “Credere in un solo Dio che è Amore” : nessuna nuova evangelizzazione sarà davvero possibile se noi cristiani non saremo in grado di stupire e commuovere nuovamente il mondo con l’annuncio della Natura d’Amore del Nostro Dio, nelle Tre Divine Persone che la esprimono e che ci coinvolgono nella loro stessa vita.

    Il mondo di oggi, con le sue lacerazioni sempre più dolorose e preoccupanti, ha bisogno di Dio-Trinità, e annunciarlo è il compito della Chiesa.
    La Chiesa, per poter adempiere questo compito, deve restare indissolubilmente abbracciata a Cristo e non lasciarsene mai separare: ha bisogno di Santi che abitino “nel cuore di Gesù” e siano testimoni felici dell’Amore Trinitario di Dio.
    E i Sacerdoti, per servire la Chiesa e il Mondo, hanno bisogno di essere Santi!

    Dal Vaticano, 26 marzo 2012
    Solennità dell’Annunciazione della B.V.

    Mauro Card. Piacenza
    Prefetto

    + Celso Morga Iruzubieta
    Arciv. tit. di Alba Marittima
    Segretario

    *

    1 Lettera Apostolica Novo millennio ineunte, n. 31.

    2 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai sacerdoti per il giovedì santo dell’anno 2002.

    3 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il sacerdote ministro della Misericordia Divina. Sussidio per Confessori e Direttori spirituali, 9 marzo 2011, 14-18; 74-76; 110-116 (sacerdote come penitente e discepolo spirituale).

    4 Cfr. Porta fidei, n.5.

    5 Cfr. Ivi, n. 11.

    6 Ivi, n. 5.

    7 Ivi, n. 7.

    8 Sezione Prima. Capitolo I.

    9 Gaudium et Spes, n. 19 e Catechismo della Chiesa Cattolica n. 27.


    [Modificato da Caterina63 05/05/2012 10:53]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 06/11/2012 14:09

    [SM=g1740766] Maria e i sacerdoti
       

    «Sia la Madre di Gesù che il sacerdozio ministeriale portano Cristo nella nostra storia, ma...».
     

    Il prete è uomo dell’essere con Cristo e con i "suoi", avendo Maria come guida e modello.

    Scorrendo i sedici volumi degli Insegnamenti di Paolo VI, si scopre che la tematica Maria e i sacerdoti è molto presente ed articolata, a partire da alcune necessarie chiarificazioni di ordine dottrinale, pastorale, formativo, riguardanti, ad esempio, il rapporto tra Maria e il sacerdozio.

    Nel discorso ai seminaristi romani il Pontefice afferma: «Non già che noi possiamo attribuire alla Madonna le prerogative del sacerdozio, e al sacerdozio quelle proprie della Madonna, ma esistono analogie e rapporti fra l’ineffabile somma di carismi, di cui è ricolma Maria, e l’ufficio sacerdotale, che faremo sempre bene a studiare e a goderne la corrispondenza. È di questa armonia, che può edificarsi la nostra formazione, sempre in via di perfezionamento […]. È questa armonia, innanzitutto, che ci trasporta, per via esistenziale, quasi per incanto, nel quadro evangelico, dove visse la Madonna e da lei Gesù: così ella ci è subito maestra di questo ritorno alle fonti» (8.10.1971).

    Asti, 27.4.2010: 34ª Giornata dei seminaristi del Piemonte e della Valle d'Aosta.
    Asti, 27.4.2010: 34ª Giornata dei seminaristi del Piemonte e della Valle d’Aosta (foto Paolo Siccardi).

    Il Pontefice, approfondendo le relazioni che intercorrono tra la Madre di Gesù e il sacerdozio nella Chiesa, stabilisce un confronto che si giustifica nel fatto che la Vergine è stata da Dio intimamente inserita nel mistero della salvezza, mentre la Chiesa è in Cristo come un sacramento universale di salvezza.

    Infatti il Papa ricerca e segnala «quali relazioni o quali distinzioni vi sono fra la maternità di Maria, resa universale dalla dignità e dalla carità della posizione assegnatale da Dio nel piano della redenzione, e il sacerdozio apostolico, costituito dal Signore per essere strumento di comunicazione salvifica tra Dio e gli uomini» (7.10.1964). Queste relazioni, evidentemente, non sono su un piano di identità, ma di analogia: sia la Madre di Cristo che il sacerdozio ministeriale, nell’economia della salvezza, portano Cristo nella nostra storia, ma diverso è il modo di comunicarlo e di realizzarlo, come diversa è la posizione della Vergine da quella del presbitero nel piano della redenzione.

    Infatti, asserisce Paolo VI: «Maria dà Cristo all’umanità: ed anche il sacerdozio dà Cristo all’umanità, ma in modo diverso, com’è chiaro; Maria mediante l’incarnazione e mediante l’effusione della grazia, di cui Dio l’ha riempita; il sacerdozio mediante i poteri dell’Ordine sacro: ministero che genera Cristo nella carne il primo, e lo comunica poi per le misteriose vie della carità alle anime chiamate alla salvezza; ministero sacramentale il secondo ed esteriore, il quale dispensa quei doni di verità e di grazia, quello Spirito che porta e forma il Cristo mistico nelle anime, che accettano il salutare servizio della gerarchia sacerdotale.

    "Il Sassoferrato", Madonna in preghiera (sec. XVII), Pinacoteca civica, Budrio (Bologna).
    "Il Sassoferrato", Madonna in preghiera (sec. XVII), Pinacoteca civica, Budrio (Bologna – foto Bonotto).

    Maria è, dopo Cristo ed in virtù di Cristo, al vertice di questa economia di salvezza; precede e supera il sacerdozio; ella è ad un piano di eccellenza superiore e di efficacia differente rispetto ad esso; e se il sacerdozio al suo grado sommo possiede le chiavi del Regno dei cieli, la Regina dei cieli è lei, la Madonna, che è perciò, anche rispetto alla gerarchia, la Regina degli apostoli» (ivi).

    Tematica questa che sarà sviluppata ulteriormente dal suo successore Giovanni Paolo II specialmente nella lettera apostolica Mulieris dignitatem, grazie anche agli input teologici di Hans Urs von Balthasar (+1988) col noto tema della dimensione petrino­apostolica e carismatico­mariana dell’unica Chiesa di Cristo.

    Atteggiamento del presbitero nei riguardi di Maria. «Il sacerdote può ricevere molto dal suo contatto con Maria. Non può nemmeno trascurare la risposta alla parola di Gesù che rimane sempre attuale per lui: "Ecco tua madre". Sull’esempio del discepolo prediletto, egli deve prendere Maria con sé, cioè farle un posto nel suo cuore e nella sua esistenza. Pregandola ed offrendole un affetto filiale, egli potrà realizzare maggiormente l’ideale del sacerdozio, essere un sacerdote che assomiglia sempre di più all’unico sommo Sacerdote, nato dalla Vergine Maria» (Jean Galot).

    Salvatore M. Perrella

    Invito all’approfondimento:C.M. Martini­F. Radaelli, Prove e consolazioni del prete, Àncora 2010, pp. 136, € 15,50; A. Amato, Il celibato di Gesù, Lev 2010, pp. 32, €H 5,00; U. Vanni, Il sacerdozio nell’Apocalisse e nella Prima Lettera di Pietro, Adp 2009, pp. 80, € 6,00.
      

    Il sussidio

    UNO SPAZIO PER L’ANIMA. PREGARE
    (V. Morelli, Effatà 2010, pp. 142, € 9,00)
     

    La prima di copertina del volume presentato in questa rubrica.Siamo immersi nel rumore, nel chiasso, nelle parole. Ma nella vita c’è anche bisogno di silenzio. Nel silenzio del cuore che prega o tace, che canta o piange, che teme o spera, puoi incontrare una luce che ti illumina dentro, ti fa capire meglio tante cose, ti fa incontrare Dio.

    È davvero importante per ogni uomo, e ancor più per ogni cristiano, prendersi, di tanto in tanto, un tempo di riflessione, di silenzio e di preghiera. Senza silenzio e senza preghiera è difficile cogliere il senso profondo delle cose, è impossibile scoprire la paternità e bontà di Dio, capire il significato degli eventi della nostra vita.

    Diceva un grande cristiano dei nostri tempi, Giuseppe Lazzati: «Nel mondo della fretta la preghiera esige tempo e calma, nel mondo dei rumori la preghiera domanda silenzio, nel mondo della distrazione la preghiera chiede capacità di raccoglimento».

    «In questo nostro mondo frenetico e liquido – scrive Paolo Curtaz – in cui molte persone consumano tutto il proprio tempo e le proprie energie per sopravvivere, fra lavoro e quotidianità... conservare la fede e la speranza è diventato un compito molto impegnativo e logorante. Eppure il desiderio di Dio rimane, il bisogno di interiorità, di spazi dell’anima si fa impellente» (dalla Presentazione).

    Incisione (di ignoto, sec. XIX) raffigurante Noè inginocchiato in atto di ringraziare Dio, civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli, Milano.
    Incisione (di ignoto, sec. XIX) raffigurante Noè inginocchiato in atto di ringraziare Dio,
    civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli, Milano (foto Saporetti).

    Sicuramente anche tu cerchi Dio e desideri pregarlo. Chi crede, infatti, sente il bisogno di pregare, sente il desiderio di comunicare con Dio. Ma pochi, oggi, sanno pregare perché nessuno li aiuta a farlo. La preghiera è un dialogo con Dio. L’uomo, per stare bene, ha bisogno di Dio come ha bisogno del calore del sole e del profumo dei fiori, del cibo per vivere e dell’aria per respirare. Pregare fa bene. Pregare è un voler capire qualcosa di più del mistero della vita, è il modo più vero e più profondo di vivere e di rapportarsi con gli altri e con il mondo.

    Questo libretto, piccolo vademecum della preghiera, può rivelarsi un prezioso aiuto per ogni cristiano che sente il bisogno di pregare e desidera comunicare con Dio.

    v.m.

    **************************


    Maria e i sacerdoti

    «Il prete ha "bisogno" della Madre del suo Signore; dovrà accoglierla con affetto e gioia».

     

    Il filo biblico conduttore su cui Giovanni Paolo II basa e intesse in modo privilegiato il suo pensiero sul rapporto Maria-sacerdoti, passa dal testamentum Domini trasmessoci da Gv 19,25-27 («Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre,Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé»), invitando a più riprese i presbiteri ad accogliere la Madre del Signore «nella "casa interiore" del nostro sacerdozio». Sostando particolarmente sulle sue tradizionali Lettere ai sacerdoti per il Giovedì santo, l'importanza della Vergine Maria nella vita e nel ministero dei presbiteri è persistente. A lei li affida affinché con la sua intercessione e il suo esempio li aiuti a conformarsi a Cristo sommo sacerdote. Il presbitero deve guardare a Maria, madre dei sacerdoti, e deve aderire profondamente a Cristo e alla Madre sua che ha il compito di maternamente condurlo al Figlio suo. Il prete ha "bisogno" della Madre del suo Signore, per cui egli dovrà accoglierla con affetto e gioia, come fanno peraltro tutti i credenti, nella propria "casa interiore"; tale accorata esortazione la si trova già nella prima Lettera ai sacerdoti scritta nel 1979: «Cari fratelli, al principio del mio ministero tutti vi affido alla Madre di Cristo, che in modo particolare è la nostra Madre: la Madre dei sacerdoti. Difatti il Discepolo prediletto, che essendo uno dei Dodici aveva udito nel Cenacolo le parole: "Fate questo in memoria di me" (Lc 22,19), fu da Cristo, dall'alto della croce, additato a sua Madre con le parole: "Ecco il tuo figlio" (Gv 19,26). L'uomo che il Giovedì santo aveva ricevuto la potestà di celebrare l'Eucaristia, con queste parole del Redentore agonizzante fu donato a sua Madre come "figlio". Noi tutti, quindi, che riceviamo la stessa potestà mediante l'Ordinazione sacerdotale, abbiamo in un certo senso per primi il diritto di vedere in lei la nostra Madre».

     

    Padre Giuseppe Pierantoni, missionario dehoniano nelle Filippine, vittima nel 2001 di un rapimento da parte di un gruppo fondamentalista islamico.
    Padre Giuseppe Pierantoni, missionario dehoniano nelle Filippine,
    vittima nel 2001 di un rapimento da parte di un gruppo fondamentalista islamico.

     

    Mosso da questa riflessione teologico- esistenziale, Papa Wojtyla desidera che il sacerdote ritrovi nella Madre di Gesù la "madre del sacerdozio" ricevuto da Cristo e dalla Chiesa; per cui è importante che il presbitero si affidi a colei che è figura e madre nella Chiesa, e che viva con e come Maria per poter realizzare nella fede e nel servizio il suo essere sacerdote. A tal riguardo ricorda l'insegnamento del Concilio vaticano II: «Il Concilio insegna che Maria, avanzando nella peregrinazione della fede mediante la sua perfetta unione col Figlio alla croce, va innanzi presentandosi in modo eminente e singolare a tutto il popolo di Dio, che procede lungo la stessa via, seguendo il Cristo nello Spirito Santo. Non dovremmo unirci in modo speciale a lei noi sacerdoti, che come pastori della Chiesa, dobbiamo anche condurre le comunità, a noi affidate, sulla via che dal Cenacolo della Pentecoste segue il Cristo lungo tutta la storia dell'uomo?» (Lettera ai sacerdoti per il Giovedì santo, 1988).

     

    Fr. Carlo Carretto (1910-1988), dei Piccoli Fratelli del Vangelo: un innamorato dell'Eucaristia.
    Fr. Carlo Carretto (1910-1988), dei Piccoli Fratelli
    del Vangelo: un innamorato dell'Eucaristia.

     

    Nella penultima lettera scritta ai sacerdoti, con accenti accorati e commoventi il Papa ricorda come essi, oltre ad essere veri «amici di Cristo» e credibili comunicatori ai giovani dello «stupore eucaristico», alla scuola di Maria santissima possono affinare l'arte della contemplazione del volto di Cristo. Inoltre, aggiunge, nella «recita del rosario, il quinto mistero della luce ci conduce a contemplare con gli occhi di Maria il dono dell'Eucaristia, a stupirci per l'amore "sino alla fine" (Gv 13,1) che Gesù ha manifestato nel Cenacolo e per l'umiltà della sua presenza in ogni Tabernacolo. Vi ottenga la Vergine santa di non abituarvi mai al Mistero posto nelle vostre mani» (Lettera ai sacerdoti per il Giovedì santo, 2004). In questa missiva non si può non sottolineare la funzione di Maria nel non rendere i preti asettici burocrati del grande mistero dell'amore di Cristo.

     

    Dal policlinico Gemelli (13.3.2005). «Insistendo, in questi anni, specie nella Novo millennio ineunte e nella Rosarium Virginis Mariae, sulla contemplazione del volto di Cristo, ho additato Maria come la grande maestra. Nell'Enciclica sull'Eucaristia l'ho poi presentata come "Donna eucaristica". Chi più di Maria può farci gustare la grandezza del Mistero eucaristico? Nessuno come lei può insegnarci con quale fervore si debbano celebrare i santi Misteri e ci si debba intrattenere in compagnia del suo Figlio nascosto sotto i veli eucaristici. La imploro, dunque, per tutti voi; le affido specialmente i più anziani, gli ammalati, quanti si trovano in difficoltà. In questa Pasqua dell'Anno dell'Eucaristia mi piace riecheggiare per ciascuno di voi la dolce e rassicurante parola di Gesù: "Ecco tua madre!" » (Lettera ai sacerdoti per il Giovedì santo, 2005).

     

    Invito all'approfondimento: G. Costantini, Sacerdos in aeternum, Ares 2010, pp. 152, € 13,50; G. Scarvaglieri, La fragilità vocazionale. Problemi e prospettive della perseveranza, Ldc 2010, pp. 208, € 14,90.

     

    Salvatore M. Perrella, osm




    [SM=g1740750]

    [Modificato da Caterina63 06/11/2012 15:32]
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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 06/11/2012 21:35

    [SM=g1740766] Maria e i sacerdoti

    «Nel vostro cammino e nel vostro ministero presbiterale fatevi guidare dalla Vergine ad "imparare" Gesù!».

    Joseph Ratzinger, prima e durante il suo ministero di cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, si è intrattenuto più volte sulla "spiritualità sacerdotale"; una spiritualità che consiste da parte del futuro presbitero e dello stesso prete nello stare permanentemente con Gesù. Uno stare che «deve essere sempre la parte centrale del servizio sacerdotale. Ma lo si deve esercitare, imparare, affinché acquisti successivamente una certa facilità e naturalezza, attraverso la quale possa resistere anche in tempi difficili. Perciò vorrei chiedervi cordialmente di considerare come compito fondamentale del vostro tempo di seminario e più tardi della vostra vita sacerdotale lo stare con lui, imparare a tenere lo sguardo su di lui, esercitare l'ascolto di lui, progredire sempre più nella conoscenza del Signore attraverso la preghiera e il prolungato ascolto della Sacra Scrittura» (J. Ratzinger- Benedetto XVI, Servitori della vostra gioia. Meditazioni sulla spiritualità sacerdotale, Àncora 2008, pag. 93).

    Anche da papa Joseph Ratzinger è ritornato su tali pensieri, ricordando a se stesso e a tanti suoi confratelli sacerdoti, per quanto è possibile a un uomo, a divenire icona della visibilità di Dio in mezzo al suo popolo (cf Benedetto XVI, Pensieri sul sacerdozio. Selezione di testi, Lev 2009). Per essere verace icona del suo santo Signore, il sacerdote, comunque, deve intessere strette relazioni con il Padre che lo abbraccia di intenso amore, lo educa, lo performa ad immagine del Figlio nella continua assistenza dello Spirito Santo. È Dio stesso che, chiamando al ministero uomini secondo il suo cuore e volontà, li pone anche a totale servizio degli uomini essendo essi «a disposizione del Signore nella completezza del proprio essere» (Discorso, 6.8.2008). Per questo farsi «tutto per tutti» (1Cor 9,22) sull'esempio di Gesù maestro, il sacerdote, «nella vicinanza quotidiana e nell'attenzione per ogni persona e famiglia» (Discorso, 13.5. 2005), diventa anche il testimone e il ministro che sa efficacemente spingere la gente distratta o disabituata dei nostri giorni a riporre al centro «l'attenzione sulla scelta di Dio […] e insegnare l'amicizia con Gesù» (Discorso, 7.2.2008).

    Giovani preti lombardi ad un corso di perfezionamento.
    Giovani preti lombardi ad un corso di perfezionamento.

    Oggi è molto avvertita la forza e il fascino prorompente del testimone verace, che oltre a rendere onore a Cristo e alla Chiesa, è capace di suscitare l'attenzione- ammirazione di molti, specie di giovani in ricerca; su questo aspetto Papa Ratzinger ha detto: «La testimonianza di un sacerdozio vissuto bene nobilita la Chiesa, suscita ammirazione nei fedeli, è fonte di benedizione per la comunità, è la migliore promozione vocazionale, il più autentico invito perché anche altri giovani rispondano positivamente agli appelli del Signore» (Discorso, 12.5.2007). In questa vera arte di comunicazione essenziale, missionaria, vocazionale e martiriale, la Madre di Gesù, celeste madre dei sacerdoti, è guida insostituibile, cordiale ed efficace. Infatti, afferma Benedetto XVI in un discorso pronunciato a un folto gruppo di seminaristi: «Nel vostro cammino e nel vostro […] ministero sacerdotale fatevi guidare da Maria ad "imparare" Gesù! Fissatelo, lasciate che sia lui a formarvi, per essere in grado un domani, nel vostro ministero, di far vedere lui a quanti si avvicineranno. Quando prenderete nelle vostre mani il Corpo eucaristico di Gesù, per cibare di lui il popolo di Dio, e quando assumerete la responsabilità per quella parte del Corpo mistico che vi verrà affidata, ricordate l'atteggiamento di stupore e di adorazione che caratterizzò la fede di Maria» (Discorso, 26.5.2006).

    Il cuneese don Andrea Gasparino, fondatore del Movimento contemplativo missionario "Padre de Foucauld".
    Il cuneese don Andrea Gasparino, fondatore del Movimento
    contemplativo missionario "Padre de Foucauld".

    Una preghiera. «Abbiamo bisogno di preti, Signore, ma di preti fatti sul tuo stampo; non vogliamo sgorbi, non vogliamo "occasionali", ma preti autentici, che ci trasmettano te senza mezzi termini, senza ristrettezze, senza paure. Vogliamo preti "a tempo pieno", che consacrino ostie, ma soprattutto anime, trasformandole in te; preti che parlino con la vita, più che con la parola e gli scritti; preti che spendano il loro sacerdozio, anziché studiare di salvaguardarne la dignità. Sai bene, Signore, che l'uomo della strada non è molto cambiato da quello dei tuoi tempi; ha ancora fame; ha ancora sete; fame e sete di te, che solo tu puoi appagare. Allora donaci preti stracolmi di te, come un Curato d'Ars. Di questo, solo di questo noi abbiamo bisogno. Perdona la mia impertinenza: tienti i preti dotti, tienti i preti specializzati, i preti eloquenti, i preti che san fare schemi, inchieste, rilievi.A noi, Signore, bastano i preti dal cuore aperto, dalle mani forate, dallo sguardo limpido. Cerchiamo preti che sappiano pregare più che organizzare, preti che sappiano parlare con te, perché quando un prete prega, il popolo è sicuro. Oggi si fanno inchieste, si fanno sondaggi su come sarà, su come la gente vuole il prete. Non ho mai risposto a queste inchieste, ma a te, Signore, posso e voglio dirlo: il prete io lo voglio impastato di preghiera. Donaci, o Signore, preti dalle ginocchia robuste, che sappiano sostare davanti a te, preti che sappiano adorare, impetrare, espiare; preti che non abbiano altro recapito che il tuo tabernacolo. E, dimenticavo, rendici degni di avere tali preti» (don Andrea Gasparino).

    Salvatore M. Perrella, osm




    ***************

    Famiglia Paolina - Don Giacomo Alberione e Maria

       di GIOVANNI PEREGO, ssp


    La vera «Forma Dei»

    «Chi prega la Vergine con la Chiesa, nella Chiesa, per la Chiesa, otterrà fede viva e santità di vita».

    Nella sua riflessione sul ruolo di Maria nell'attuazione del piano eterno di Dio a favore dell'uomo, don Giacomo Alberione pone in relazione questa presenza ed azione con l'annuncio del Vangelo attraverso gli strumenti della comunicazione sociale; ma sottolinea anche la presenza e missione di lei in ordine alla santificazione: «Maria presiedette al Consiglio della SS.ma Trinità: quel Consiglio da cui uscì il decreto di potenza e di amore: "Faciamus hominem ad imaginem et similitudinem nostram". Là, Maria fu veduta, collocata, stabilita con speciale prerogativa Regina, nel piano divino, di ogni creatura; tutte le buone cose sparse nel creato (vegetali, animali, uomini, angeli) sono in lei raccolte; non solo, ma in lei fu dato in grado più alto che a tutte, mentre che in lei l'essere, il vivere, il sentire, il conoscere, il volere, l'amare fu più perfezionato. Ancora: a lei furono date molte cose che non furono elargite alle altre creature, poiché a lei Dio meglio partecipò ciò che egli è, facendola figlia prediletta, madre di Dio, sposa dello Spirito Santo. In modo che: nulla a lei mancasse di quanto piacque a Dio. "Tota pulchra es, Maria". Ella fu quindi dal Padre costituita alla sommità delle creature; dal Figlio preposta all'opera meravigliosa della redenzione; dallo Spirito Santo preordinata madre di ogni santità e sposa di Dio» (cf Apostolato Stampa, pp. 44-45).

    Masaccio, La Trinità (part., 1426-1428), Santa Maria Novella, Firenze.
    Masaccio, La Trinità (part., 1426-1428), Santa Maria Novella, Firenze.

    Esempio di santità

    Nel 1964, in una meditazione alle Pie Discepole del Divin Maestro su Maria esempio di santità e mediatrice dell'umanità, così le esortava: «Pregare Maria per la Chiesa, affinché cresca, viva, porti la salute a tutto il genere umano. Maria è esempio di santità per l'umanità, per tutti i cristiani; è mediatrice della grazia per tutti». Nello stesso anno, in altra occasione, espose loro un pensiero analogo: «Maria mediatrice dell'umanità, per chi è già cristiano e per chi dovrebbe andare alla fede cristiana... Dio l'ha scelta, ha scelto Maria come tesoriera, amministratrice e dispensatrice di tutte le grazie. Ecco la sua posizione in cielo, dopo che è stata compiuta la redenzione e acquistata la grazia per l'umanità». Concetti e riflessioni che trovano nella missione del santuario Regina apostolorum e nella sua espressione artistica la loro concreta realizzazione.

    Ignoto, La Trinità (miniatura francese del sec. XVI), Biblioteca nazionale, Madrid.
    Ignoto, La Trinità (miniatura francese del sec. XVI), Biblioteca nazionale, Madrid.

    «Se metterete...»

    Nel suo libro Grandezze di Maria, don Alberione scrive: «Assecondiamo la santa Chiesa: essa è maestra non solo di fede e di morale, ma ancora di preghiera. Chi prega la Vergine con la Chiesa, nella Chiesa, per la Chiesa, otterrà fede viva e santità di vita». In una meditazione alle Paoline delle case d'America, don Alberione disse: «Ecco quello che dobbiamo fare... Mettere tutto sotto la protezione di Maria. Maria vi imprimerà la sua fisionomia, vi farà entrare in una vita spirituale speciale, che vi dovrà condurre ad una perfezione, ad una santità particolare. Maria vi plasmerà, vi imprimerà quel timbro di santità speciale che per ognuna di voi è nei disegni di Dio, perché voi dovete essere corredentrici. Molte anime non capiscono questo e non vi arrivano mai. Maria conosce bene i gusti del Figlio suo e vi saprà plasmare secondo quelli. Sono poche le anime che arrivano qui, e sono le anime sante. Se metterete la vostra vita spirituale, intima, nelle mani di Maria, vedrete quanto produrrete di più. Ella è la vera "Forma Dei"». E durante il mese di Esercizi spirituali ad Ariccia (1960) incitò con forza: «Veri religiosi e vere religiose! Sull'esempio e con la grazia della "prima religiosa", Maria!».

    R. Taurigny, La Santissima Trinità (1558-1566), coro maggiore della Basilica di santa Giustina, Padova.
    R. Taurigny, La Santissima Trinità (1558-1566), coro maggiore della Basilica di santa Giustina, Padova.

    Devozione a Maria

    In un ritiro predicato alle Figlie di San Paolo sul tema Devozione a Maria, don Alberione disse: «La divozione a Maria è l'aroma della nostra fede, è il sorriso celeste delle anime buone, è il palpito più caro nella nostra vita religiosa. Ma è chiaro che la divozione a Maria ha bisogno di essere ben conosciuta e stimata, perché possa produrre questi buoni frutti. Tante anime non ricavano che una piccola parte del frutto che potrebbero ricavarne dalla divozione a Maria, sia perché non la conoscono bene, sia perché non l'apprezzano, sia perché non la praticano convenientemente». In un corso di Esercizi, sempre alle Figlie di San Paolo, don Alberione introduce l'istruzione sul tema Il Cuore immacolato di Maria con questo pensiero: «Primo segno (infallibile) di salvezza è la vita religiosa ben vissuta; secondo segno è la vita "decisamente" eucaristica; terzo segno è la divozione alla Madonna. Chi è devoto della Vergine si salva; chi è molto devoto si fa santo e chi si adopera per propagare tale divozione avrà un doppio premio, doppio paradiso». E parlando alla Radio San Paolo (aprile 1949): «Chi è di Maria è guidato, sorretto, confortato nella duplice impresa di santificarsi e santificare».

    Giovanni Perego, ssp



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 07/12/2012 14:40
     Testimonianze

     
    di SABINO AMEDEO LATTANZIO

    «Mi ha voluto tanto bene»
       

    «Seminate di Ave Maria le vostre giornate», soleva dire il servo di Dio don Ruggero Caputo. Un amore profondamente filiale verso la Madonna.
      

    Il servo di Dio don Ruggero Caputo (1907-1980), prete diocesano della storica Arcidiocesi nazarena di Barletta, lo possiamo annoverare tra i grandi "innamorati" di Maria. Da sempre si considerò un prediletto di Maria e il primo segno da lui scorto fu proprio il "privilegio" di essere nato il primo giorno del mese a lei dedicato (1° maggio).

    Anche la genesi della sua vocazione sarà attribuita al suo materno intervento; lo ribadirà egli stesso negli appunti personali del 12 gennaio 1979, a poco più di un anno prima della morte, quando, tornando indietro nel tempo, descriverà l’evolversi del suo cammino vocazionale: «La dolce Mamma mi ha voluto tanto bene, mi ha fatto dono della vocazione sacerdotale, perché lei in un mese di maggio disse a Gesù: "Prenditi questo timido, piccolo figlio e rendilo un altro te stesso, un prolungamento di te stesso!". E la mia mamma terrena, ispirata dalla Madonna, mi disse: "Fatti prete, figlio mio". E così altre persone dell’Oratorio mi dicevano lo stesso. Allora andai dal nostro santo Direttore (il servo di Dio don Raffaele Dimiccoli, suo padre spirituale) e gli dissi: "Tutti mi dicono di farmi sacerdote: che devo fare?". E lui: "Lo voglio anch’io". E così con il suo consiglio iniziai il nuovo cammino. Ma tutto è successo perché lei, la Mamma buona, ha voluto che il povero contadino lasciasse la zappa e prendesse penna e libri. Per questo, appena sacerdote, mi sono consacrato sacerdote di Maria».

    Giovanni Paolo II incorona l'immagine della Madonna del rosario venerata nella chiesa di san Giacomo Maggiore di Barletta (12.10.1994).
    Giovanni Paolo II incorona l’immagine della Madonna del rosario venerata
    nella chiesa di san Giacomo Maggiore di Barletta (12.10.1994).

    Fu dunque Maria a prendere per mano questo giovane e vivace contadino che all’età di 19 anni entrerà in Seminario per seguire Gesù, divino agricoltore, nel lavoro sterminato della sua vigna. Per questo, già in prossimità dell’ordinazione sacerdotale, volle aggiungere "Maria" al suo nome: in quella sfumatura mariana era racchiuso tutto un programma di vita.

    Il rosario

    L’amore filiale verso la Madonna don Caputo lo manifestò soprattutto nelle interminabili recite quotidiane del rosario. Anche ai fedeli era solito dire: «Seminate di Ave Maria le vostre giornate». Per lui la preghiera non era un mero flatus vocis; pregare significava imparare a sentire "con Cristo" e "come Cristo", buon samaritano.

    L’Eucaristia

    La sua pietà mariana si fuse con quella eucaristica (non si contano le ore che il Servo di Dio trascorreva quotidianamente ai piedi del Santissimo Sacramento!), divenendo la linfa vitale per sé e per coloro che si ponevano alla sua sequela.

    Don Ruggero Caputo con la pronipotina Regina.
    Don Ruggero Caputo con la pronipotina Regina.

    Nell’ottobre 1976, scrivendo a suor Rosaria Balestrucci, missionaria in Africa, la esortava dicendo: «Siamo nel mese del rosario e tu ti chiami Rosa: snoda le tue rose a Gesù per mezzo della Madonna. Moltiplica con semplicità e amore filiale le tue Ave Maria anche senza la corona, quando non la puoi avere tra le mani. Tu sei Rosa del Santissimo Sacramento e devi come tale profumare la presenza di Gesù nel Santissimo Sacramento. Gesù è sacramentato nell’Ostia santa, ma è sacramentato anche in te, nel tuo piccolo cuore. Egli è sempre lì con te, per amarti, per confortarti, per rallegrarti, e soprattutto per assorbirti tutta in lui. La missionaria è una grande innamorata di Cristo. Non è andata lontana per un certo gusto di avventura. Ha lasciato gli affetti e i legami più cari perché come diceva l’Apostolo "caritas Christi urget nos", la carità, l’amore di Gesù l’ha spinta, la spinge a rendere gli altri partecipi della salvezza e della pace di Cristo».

    Paternità e maternità

    L’esistenza di don Ruggero fu tutta consumata per la diffusione del Regno di Dio in universo mundo. Perché tale slancio avesse un più largo respiro, si dedicò alla cura delle anime attraverso la direzione spirituale e il sacramento della confessione, divenendo padre di una moltitudine di figli. Con fine intuizione, l’artista cosentina Carla Primiceri, in un suo dipinto, ha ripreso la famosa foto di don Ruggero con in braccio la pronipote Regina, affiancandola all’immagine della Madonna dello Sterpeto, patrona di Barletta, di cui egli era molto devoto, collocando in alto un globo infuocato che emana dei raggi di luce, simbolo dello Spirito Santo, continuamente invocato dal nostro santo sacerdote. Tutto ciò per indicare che nella prassi pastorale di don Ruggero si fusero mirabilmente paternità e maternità, vissuti con amore soprannaturale e con purezza di cuore. Per questo il dipinto è attraversato in basso dalla scritta: «Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt» (Mt 5,8).

    Grazie al suo zelo sacerdotale sono scaturite circa 200 religiose e una decina di sacerdoti, oltre che una schiera di fedeli laici impegnati. Nel suo grande spirito di fede, quando disseminava le sue tante vocazioni religiose nei vari istituti di vita consacrata, il Servo di Dio soleva mettere una finalità particolare. Riferisce una sua figlia spirituale, suor Maria Vittorina Corcella, benedettina del Santissimo Sacramento del monastero di Alatri: «Partii per farmi monaca nel 1947; mi sembra ieri! Dopo la mia entrata in monastero ne indirizzò altre 14 delle sue giovani. Quando veniva a trovarci godeva e, tutto contento, diceva che avevamo composto i 15 misteri del rosario di cui ne assegnò uno per ciascuna, cominciando dalle ultime arrivate. A me toccò l’ultimo, il più impegnativo». Tra le Crocifisse adoratrici di San Giorgio a Cremano ne indirizzò altre quattordici: il numero delle stazioni della Via Crucis.

    Madonna dello Sterpeto.
    Madonna dello Sterpeto.

    Da padre Pio

    Soprattutto a causa del suo apostolato vocazionale femminile subì tante prove e incomprensioni. In uno di questi periodi bui e tormentati, bisognoso di luce e conforto, si recò nella vicina San Giovanni Rotondo dal frate cappuccino san Pio da Pietrelcina il quale, dopo averlo ascoltato con tanta benevolenza e comprensione, lo benedisse e lo esortò a continuare l’opera vocazionale che stava portando avanti, rassicurandolo che era voluta da Dio.

    Don Caputo fin da adolescente conservò una grande devozione verso la cara immagine della Madonna del rosario di Pompei, venerata nella parrocchia di san Giacomo Maggiore, prima, e, in seguito, nel "Nuovo Oratorio San Filippo Neri", grazie al fervore mariano del suo padre spirituale.

    Si recava volentieri al Santuario di Pompei per portare ai piedi di Maria le sue intenzioni e quelle dei figli spirituali. Negli anni 1973-1974, nonostante fosse convalescente perché reduce da un delicato intervento chirurgico, affrontò un faticoso viaggio per accompagnare una figliuola nella grazia, bisognosa del suo sostegno e della sua difesa di padre, per una delicata situazione personale. Stralciamo dalla testimonianza processuale dell’interessata: «Ricordo che da poco tempo don Ruggero aveva subìto l’intervento chirurgico di appendice, tanto che la pronipote Vincenza si preoccupava che il viaggio da affrontare potesse creare conseguenze alla sua salute non ancora stabilizzata. Prima di far ritorno a Barletta volle che passassimo per Pompei per presentare la nostra causa nelle mani della Mamma celeste, di cui era tanto devoto».

    L’amore che don Ruggero Caputo ha sempre manifestato per la Madre santissima non è mai stato fine a se stesso: Maria era il prototipo dell’amore da portare a Gesù e ai fratelli. Per questo non si stancò mai di ripetere: «Voglio amare Gesù come lo amava Maria e voglio portarlo agli altri con lo stesso slancio con cui lei lo portò alla cugina Elisabetta». E il rosario fu per lui, come dovrebbe essere anche per noi, «…vincolo spirituale con Maria per rimanere uniti a Gesù, per conformarsi a lui, assimilarne i sentimenti e comportarsi come lui si è comportato», così come ha mirabilmente ribadito Benedetto XVI nell’ottobre 2008, durante la sua visita al Santuario di Pompei.

    Sabino Amedeo Lattanzio




    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 05/01/2013 09:43
    [SM=g1740758] LA LETTERA DEL CARDINAL PIACENZA
    «Madri di preti siete figlie dei vostri figli»
     
     3.1.2013

    Con la stessa gratitudine con cui guarda a Maria, che «ha dato alla luce Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo», la Chiesa oggi continua a guardare «a tutte le mamme dei sacerdoti e di quanti, ricevuta quest’altissima vocazione, hanno intrapreso il cammino di formazione». Ed è proprio per esprimere questo particolare grazie alle madri dei preti e dei seminaristi, che il cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il clero, ha deciso di inviare loro per la prima volta una lettera nella solennità di Maria Santissima Madre Di Dio, celebrata il 1° gennaio.

    I figli, che queste donne «hanno accolto ed educato», sottolinea il porporato nel testo reperibile nel sito internet Clerus.org, «sono stati scelti da Cristo fin dall’eternità, per divenire suoi "amici prediletti" e, così, vivo e indispensabile strumento della sua presenza nel mondo».

    Attraverso l’ordinazione, infatti, «la vita dei sacerdoti viene definitivamente presa da Gesù e immersa in lui, cosicché, in loro, è Gesù stesso che passa e opera tra gli uomini». Il cardinale, quindi, sottolinea l’importanza del compito affidato ai preti e ne rintraccia le radici proprio in quegli affetti e in quelle relazioni familiari di cui le madri sono solitamente le prime testimoni. «La vocazione sacerdotale, normalmente, ha nella famiglia, nell’amore dei genitori e nella prima educazione alla fede, quel terreno fertile nel quale la disponibilità alla volontà di Dio può radicarsi e trarre l’indispensabile nutrimento – sottolinea Piacenza –. Nel contempo, ogni vocazione rappresenta, anche per la stessa famiglia in cui sorge, un’irriducibile novità, che sfugge ai parametri umani e chiama tutti, sempre, a conversione».


    Proprio come successo alla Vergine di Nazareth, quindi, la crescita di una vocazione è prima di tutto opera di una collaborazione tra Dio e l’uomo. In questo terreno fertile, secondo la riflessione del porporato, la scelta della vita sacerdotale porta un’autentica novità, nella quale «tutti i familiari - e le persone più vicine - sono coinvolti».
    Ma «è certamente unica e speciale la partecipazione che è data di vivere alla mamma del sacerdote – ricorda Piacenza –. Uniche e speciali sono, infatti, le consolazioni spirituali, che le derivano dall’aver portato in grembo chi è divenuto ministro di Cristo. Ogni madre, infatti, non può che gioire nel vedere la vita del proprio figlio, non solo compiuta, ma investita di una specialissima predilezione divina che abbraccia e trasforma per l’eternità».


    L’esperienza, poi, insegna che, nonostante la distanza dalla famiglia che la radicale scelta di Cristo produce, «la madre "riceve" il figlio sacerdote in un modo del tutto nuovo e inatteso, tanto da essere chiamata a riconoscere nel frutto del proprio grembo, per volontà di Dio, un "padre", chiamato a generare ed accompagnare alla vita eterna una moltitudine di fratelli. Ogni madre di un sacerdote – sottolinea il prefetto della Congregazione per il clero – è misteriosamente "figlia del suo figlio"». Questa paternità, che è il tratto caratteristico del sacerdozio, ha però bisogno «di essere accompagnata dalla preghiera assidua e dal personale sacrificio». Un sostegno che oggi appare «quanto mai urgente, soprattutto nel nostro Occidente secolarizzato» e «le mamme dei sacerdoti e dei seminaristi rappresentano un vero e proprio "esercito" che, dalla terra innalza al Cielo preghiere e offerte» a favore dei ministri ordinati.

    Per questo il porporato rivolge, a nome di tutta la Chiesa, un ringraziamento e un incoraggiamento a queste madri, estendendolo «a tutte le donne, consacrate e laiche, che hanno accolto il dono della maternità spirituale nei confronti dei chiamati al ministero sacerdotale, offrendo la propria vita, la preghiera, le proprie sofferenze e le fatiche, come pure le proprie gioie, per la fedeltà e santificazione dei ministri di Dio». Così facendo esse sono partecipi della maternità di tutta la Chiesa, «che ha il suo modello e il suo compimento nella divina maternità di Maria».

    Un abbraccio che si estende fino al cielo, a quelle madri «già chiamate da questa vita», che «in modo unico e, misteriosamente, molto più efficace» continuano a intercedere per i loro figli sacerdoti.



     

    Lettera alle Madri dei Sacerdoti e dei Seminaristi

    e a quante esercitano verso di loro il dono della maternità spirituale

    nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

     

     

    «Causa nostrae Letitiae – Causa della nostra Gioia»!

     

    Il Popolo cristiano ha sempre venerato, con profonda gratitudine, la Beata Vergine Maria, contemplando in Lei la Causa di ogni nostra vera Gioia.

    Infatti, accogliendo la Parola Eterna nel suo grembo immacolato, Maria Santissima ha dato alla luce il Sommo ed Eterno Sacerdote, Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo. In Lui, Dio stesso è venuto incontro all’uomo, l’ha sollevato dal peccato e gli ha donato la Vita eterna, cioè la Sua stessa Vita. Aderendo alla Volontà di Dio, perciò, Maria ha partecipato, in modo unico ed irripetibile, al mistero della nostra redenzione, divenendo, in tal modo, Madre di Dio, Porta del Cielo e Causa della nostra Gioia.

    In modo analogo, la Chiesa tutta guarda, con ammirazione e profonda gratitudine, a tutte le mamme dei Sacerdoti e di quanti, ricevuta quest’altissima Vocazione, hanno intrapreso il cammino di formazione, ed è con profonda gioia che mi rivolgo a loro.

    I figli, che esse hanno accolto ed educato, infatti, sono stati scelti da Cristo fin dall’eternità, per divenire Suoi “amici prediletti” e, così, vivo ed indispensabile strumento della Sua Presenza nel mondo. Per mezzo del Sacramento dell’Ordine la vita dei sacerdoti viene definitivamente presa da Gesù e immersa in Lui, cosicché, in loro, è Gesù stesso che passa e opera tra gli uomini.

    Questo mistero è talmente grande, che il sacerdote viene anche chiamato “alter Christus” – “un altro Cristo”. La sua povera umanità, infatti, elevata, per la potenza dello Spirito Santo, ad una nuova e più alta unione con la Persona di Gesù, è ora luogo dell’Incontro con il Figlio di Dio, incarnato, morto e risorto per noi. Quando ogni sacerdote insegna la fede della Chiesa, infatti, è Cristo che, in lui, parla al Popolo; quando, prudentemente, guida i fedeli a lui affidati, è Cristo che pasce le proprie pecorelle; quando celebra i Sacramenti, in modo eminente la Santissima Eucaristia, è Cristo stesso, che, attraverso i suoi ministri, opera la Salvezza dell’uomo e si rende realmente presente nel mondo.

    La vocazione sacerdotale, normalmente, ha nella famiglia, nell’amore dei genitori e nella prima educazione alla fede, quel terreno fertile nel quale la disponibilità alla volontà di Dio può radicarsi e trarre l’indispensabile nutrimento. Nel contempo, ogni vocazione rappresenta, anche per la stessa famiglia in cui sorge, un’irriducibile novità, che sfugge ai parametri umani e chiama tutti, sempre, a conversione.

    In questa novità, che Cristo opera nella vita di coloro che ha scelto e chiamato, tutti i familiari – e le persone più vicine – sono coinvolti, ma è certamente unica e speciale la partecipazione che è data di vivere alla mamma del sacerdote. Uniche e speciali sono, infatti, le consolazioni spirituali, che le derivano dall’aver portato in grembo chi è divenuto ministro di Cristo. Ogni madre, infatti, non può che gioire nel vedere la vita del proprio figlio, non solo compiuta, ma investita di una specialissima predilezione divina che abbraccia e trasforma per l’eternità.

    Se apparentemente, in virtù della vocazione e dell’ordinazione, si produce un’inaspettata “distanza”, rispetto alla vita del figlio, misteriosamente più radicale di ogni altra separazione naturale, in realtà la bimillenaria esperienza della Chiesa insegna che la madre “riceve” il figlio sacerdote in un modo del tutto nuovo e inatteso, tanto da essere chiamata a riconoscere nel frutto del proprio grembo, per volontà di Dio, un “padre”, chiamato a generare ed accompagnare alla vita eterna una moltitudine di fratelli. Ogni madre di un sacerdote è misteriosamente “figlia del suo figlio”. Verso di lui potrà, allora, esercitare anche una nuova “maternità”, nella discreta, ma efficacissima ed inestimabilmente preziosa, vicinanza della preghiera e nell’offerta della propria esistenza per il ministero del figlio.

    Questa nuova “paternità”, alla quale il Seminarista si prepara, che al Sacerdote è donata e della quale tutto il Popolo Santo di Dio beneficia, ha bisogno di essere accompagnata dalla preghiera assidua e dal personale sacrificio, perché la libertà nell’aderire alla volontà divina sia continuamente rinnovata e irrobustita, perché i Sacerdoti non si stanchino mai, nella quotidiana battaglia della fede e uniscano, sempre più totalmente, la propria vita al Sacrificio di Cristo Signore.

    Tale opera di autentico sostegno, sempre necessaria nella vita della Chiesa, appare oggi quanto mai urgente, soprattutto nel nostro Occidente secolarizzato, che attende e domanda un nuovo e radicale annuncio di Cristo e le mamme dei sacerdoti e dei seminaristi rappresentano un vero e proprio “esercito” che, dalla terra innalza al Cielo preghiere ed offerte e, ancor più numeroso, dal Cielo intercede perché ogni grazia sia riversata sulla vita dei sacri pastori.

    Per questa ragione, desidero con tutto il cuore incoraggiare e rivolgere un particolarissimo ringraziamento a tutte le mamme dei sacerdoti e dei seminaristi e - insieme ad esse - a tutte le donne, consacrate e laiche, che hanno accolto, anche per l’invito loro rivolto durante l’Anno Sacerdotale, il dono della Maternità spirituale nei confronti dei chiamati al ministero sacerdotale, offrendo la propria vita, la preghiera, le proprie sofferenze e le fatiche, come pure le proprie gioie, per la fedeltà e santificazione dei ministri di Dio, divenendo così partecipi, a titolo speciale, della maternità della Santa Chiesa, che ha il suo modello ed il suo compimento nella divina maternità di Maria Santissima.

    Uno speciale ringraziamento, infine, si elevi fino al Cielo, a quelle Madri, che, già chiamate da questa vita, contemplano ora pienamente lo splendore del Sacerdozio di Cristo, del quale i loro figli sono divenuti partecipi, e per essi intercedono, in modo unico e, misteriosamente, molto più efficace.

    Unitamente ai più sentiti auguri per un Nuovo Anno di grazia, di cuore imparto a tutte ed a ciascuna la più affettuosa benedizione, implorando per voi dalla Beata Vergine Maria, Madre di Dio e dei Sacerdoti, il dono di una sempre più radicale immedesimazione con Lei, discepola perfetta e Figlia del suo Figlio.

     

     

     

    Mauro Card. Piacenza

    Prefetto della Congregazione per il Clero

    [SM=g1740738]

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    00 09/12/2013 12:14

    Sacerdote e Messa: l'eredità del Cardinal Piacenza

     



    Nominato dal Santo Padre Penitenziere Maggiore della Penitenzieria Apostolica, il Cardinale Piacenza lascia la guida della Congregazione per il Clero chiudendo il suo operato con un interessante documento dedicato al Sacrificio Eucaristico, che vi proponiamo di seguito.

     

    La celebrazione quotidiana della Santa Messa anche in assenza di fedeli

    È noto che, in tempi recenti, alcuni sacerdoti, fortunatamente assai pochi, osservano il cosiddetto «digiuno celebrativo», consistente nella pratica di astenersi di tanto in tanto o persino settimanalmente, in uno dei giorni feriali, dal celebrare la Santa Messa, privandone così anche i fedeli. In altri casi, il sacerdote che non svolge cura pastorale diretta ritiene non essere necessario celebrare ogni giorno, se egli non ha possibilità di farlo per una comunità. Infine, alcuni ritengono che, nel meritato periodo di riposo delle proprie vacanze, abbiano il diritto di «non lavorare», e pertanto sospendono anche la Celebrazione eucaristica quotidiana. Cosa dire di tutto ciò? Riassumiamo la risposta in due punti: l’insegnamento del Magistero e alcune considerazioni teologico-spirituali.
    1. Il Magistero
    È indubbio che nei documenti magisteriali non si trova affermata la stretta obbligatorietà, per il sacerdote, della celebrazione quotidiana della Santa Messa; ma è altrettanto evidente che essa viene non solo suggerita, ma persino raccomandata. Offriamo alcuni esempi. Il Codice di Diritto Canonico del 1983, nel contesto di un canone che indica il dovere dei sacerdoti di tendere alla santità, indica: «I sacerdoti sono caldamente invitati ad offrire ogni giorno il Sacrificio eucaristico» (can. 276, § 2 n. 2 CIC). Alla cadenza quotidiana della celebrazione essi vanno preparati sin dagli anni di formazione: «La Celebrazione eucaristica sia il centro di tutta la vita del seminario, in modo che ogni giorno gli alunni [...] attingano soprattutto a questa fonte ricchissima forza d’animo per il lavoro apostolico e per la propria vita spirituale» (can. 246 § 1 CIC).

    Sulla scorta di quest’ultimo canone, Giovanni Paolo II ha sottolineato: «Converrà pertanto che i seminaristi partecipino ogni giorno alla Celebrazione eucaristica, di modo che, in seguito, assumano come regola della loro vita sacerdotale questa celebrazione quotidiana. Essi saranno inoltre educati a considerare la Celebrazione eucaristica come il momento essenziale della loro giornata» (Angelus, 01.07.1990, n. 3).
    Nell’Esortazione apostolica post-Sinodale Sacramentum Caritatis del 2007, Benedetto XVI ha innanzitutto ricordato che «Vescovi, sacerdoti e diaconi, ciascuno secondo il proprio grado, devono considerare la celebrazione come loro principale dovere» (n. 39). In ragione di ciò, il Sommo Pontefice ha tratto la naturale conseguenza:
    «La spiritualità sacerdotale è intrinsecamente eucaristica. [...] Raccomando ai sacerdoti “la celebrazione quotidiana della santa Messa, anche quando non ci fosse partecipazione di fedeli” (Propositio 38 del Sinodo dei Vescovi). Tale raccomandazione si accorda innanzitutto con il valore oggettivamente infinito di ogni Celebrazione eucaristica; e trae poi motivo dalla sua singolare efficacia spirituale, perché, se vissuta con attenzione e fede, la Santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione» (n. 80).

    Erede di questi ed altri insegnamenti, il Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, curato dalla Congregazione per il Clero in una recentissima nuova edizione (2013), al n. 50 – dedicato ai «Mezzi per la vita spirituale» dei sacerdoti – ricorda: «È necessario che nella vita di preghiera del presbitero non manchi[...] mai la Celebrazione eucaristica quotidiana, con adeguata preparazione e successivo ringraziamento».
    Questi ed altri insegnamenti del Magistero recente radicano, come è naturale, nelle indicazioni del Concilio Vaticano II, che al n. 13 del Decreto Presbyterorum Ordinis dice:«Nel mistero del Sacrificio eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l’opera della nostra redenzione e quindi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli».

    2. Principali motivi

    Sarebbe già sufficiente la citazione di queste indicazioni magisteriali per incoraggiare tutti i sacerdoti alla fedeltà alla celebrazione quotidiana della Santa Messa, con o senza presenza di fedeli. Aggiungiamo tuttavia, nel modo più breve possibile, anche l’esplicitazione dei principali motivi teologico-spirituali che sottostanno alle indicazioni della Chiesa in materia, mantenendo un regime di strettissima brevità.

    a) Mezzo privilegiato di santità del sacerdote. La Santa Messa è «fonte e culmine» di tutta la vita sacerdotale: da essa il sacerdote trae la forza soprannaturale e alimenta lo spirito di fede di cui ha assolutamente bisogno per configurarsi a Cristo e per servirLo degnamente. Al pari della manna dell’Esodo, che andava colta ogni giorno, il sacerdote ha bisogno ogni giorno di abbeverarsi alla fonte della grazia, il sacrificio del Golgota, che si ripresenta sacramentalmente nella Santa Messa. Omettere tale celebrazione quotidiana – fatto salvo il caso di impossibilità – significa privarsi del principale alimento necessario alla propria santificazione ed al ministero apostolico ecclesiale, nonché indulgere al rischio di una sorta di pelagianesimo spirituale, che confida nella forza dell’uomo più che nel dono di Dio.

    b) Principale dovere del sacerdote, corrispondente alla sua identità. Il sacerdote è costituito tale principalmente in ragione della Celebrazione eucaristica, come rivela il fatto che questo ministero ecclesiale fu istituito da Cristo contestualmente all’Eucaristia stessa, durante l’ultima cena. Celebrare la Santa Messa non è l’unica cosa che il sacerdote deve fare, ma certamente è la principale. Lo ricordava poc’anzi Presbyterorum Ordinis: nell’offrire il Sacrificio eucaristico, «i sacerdoti svolgono la loro funzione principale». Riprende questo insegnamento Giovanni Paolo II, nella Pastores Dabo Vobis del 1992: «I sacerdoti, nella loro qualità di ministri delle cose sacre, sono soprattutto i ministri del Sacrificio della Messa» (n. 48).

    c) Atto di carità pastorale più perfetto. Non esiste opera di carità che il sacerdote possa compiere in favore dei fedeli, che sia più grande o abbia più valore della Santa Messa. Il Concilio Vaticano II lo ricorda con le parole: «Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla Sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella Ss.ma Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo [...]. Perciò l’Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione» (Presbyterorum Ordinis, n. 5).

    d) Suffragio dei defunti. La carità pastorale del sacerdote – che di norma può raggiungere solo i fedeli viatores, nella Santa Messa travalica i confini dello spazio e del tempo. Celebrando in persona Christi, il sacerdote compie un’opera che supera le dimensioni dell’efficacia del gesto umano, limitata al suo tempo, al suo spazio ed alla storia dei suoi effetti, e si estende oltre i confini dell’umanamente raggiungibile. Questo vale, in particolare, per il valore dei meriti di Cristo, che nella Santa Messa si offre di nuovo al Padre per noi e per molti. Tra i «molti» per i quali Cristo si è offerto una volta per tutte sulla croce, e continua ad offrirsi su quel Golgota sacramentale che sono gli altari delle nostre chiese, figurano anche i fedeli defunti, che sono in attesa di accedere alla visione eterna di Dio. Da sempre la Chiesa prega per loro nella liturgia, come testimonia la menzione dei defunti nelle preghiere eucaristiche. «Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il Sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1032)

    Quale atto di carità pastorale è pertanto la celebrazione quotidiana dalla S. Messa ed anche in circostanze per le quali fossero assenti i fedeli!





     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)