È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

DIFENDERE LA VERA FEDE

Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 29/09/2009 19:38

    TEMA DELLA GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI 2010

    Viene reso pubblico oggi, Festa degli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, il tema che il Santo Padre Benedetto XVI ha scelto per la 44a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2010:

    Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale:
    i nuovi media al servizio della Parola






    COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
     


    Il compito principale del sacerdote è annunciare la Parola di Dio fatta carne, uomo, storia, diventando in tal modo segno di quella comunione che Dio realizza con l’uomo. L’efficacia di questo ministero richiede quindi che il sacerdote viva un rapporto intimo con Dio, radicato in un amore profondo e in una conoscenza viva delle Scritture Sacre, "testimonianza" in forma scritta della Parola divina.

    Il Messaggio per la 44ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali vuol invitare in modo particolare i sacerdoti, nel corso di quest’Anno Sacerdotale e dopo la celebrazione della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, a considerare i nuovi media come una possibile grande risorsa per il loro ministero al servizio della Parola e vuole dire una parola di incoraggiamento affinché affrontino le sfide che nascono dalla nuova cultura digitale.

    I nuovi media, infatti, se conosciuti e valorizzati adeguatamente, possono offrire ai sacerdoti e a tutti gli operatori pastorali una ricchezza di dati e di contenuti che prima erano di difficile accesso, e facilitano forme di collaborazione e di crescita di comunione impensabili nel passato. Grazie ai nuovi media, chi predica e fa conoscere il Verbo della vita può raggiungere con parole suoni e immagini – vera e specifica grammatica espressiva della cultura digitale – persone singole e intere comunità in ogni continente, per creare nuovi spazi di conoscenza e di dialogo giungendo a proporre e a realizzare itinerari di comunione.

    Se usati saggiamente, con l’aiuto di esperti in tecnologia e cultura delle comunicazioni, i nuovi media possono così diventare per i sacerdoti e per tutti gli operatori pastorali un valido ed efficace strumento di vera e profonda evangelizzazione e comunione. Saranno una nuova forma di evangelizzazione perché Cristo avanzi lungo le vie delle nostre città e davanti alle soglie delle nostre case dica nuovamente: "Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (Ap 3, 20).

    www.vatican.va

    In attesa del testo ufficiale vi ricordiamo che CLICCANDO QUI troverete in elenco tutti i Messaggi degli anni precedenti....

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 19/02/2010 21:19
    XLIV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2010 - Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola
    [Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]


    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
    BENEDETTO XVI
    PER LA XLIV GIORNATA MONDIALE
    DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

    “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale:
    i nuovi media al servizio della Parola”

    [Domenica, 16 maggio 2010]

      

    Cari fratelli e sorelle,

    il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali – “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola” –, si inserisce felicemente nel cammino dell’Anno sacerdotale, e pone in primo piano la riflessione su un ambito pastorale vasto e delicato come quello della comunicazione e del mondo digitale, nel quale vengono offerte al Sacerdote nuove possibilità di esercitare il proprio servizio alla Parola e della Parola. I moderni mezzi di comunicazione sono entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, entrando in contatto con il proprio territorio ed instaurando, molto spesso, forme di dialogo a più vasto raggio, ma la loro recente e pervasiva diffusione e il loro notevole influsso ne rendono sempre più importante ed utile l’uso nel ministero sacerdotale.

    Compito primario del Sacerdote è quello di annunciare Cristo, la Parola di Dio fatta carne, e comunicare la multiforme grazia divina apportatrice di salvezza mediante i Sacramenti. Convocata dalla Parola, la Chiesa si pone come segno e strumento della comunione che Dio realizza con l’uomo e che ogni Sacerdote è chiamato a edificare in Lui e con Lui. Sta qui l’altissima dignità e bellezza della missione sacerdotale, in cui viene ad attuarsi in maniera privilegiata quanto afferma l’apostolo Paolo: “Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso… Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati?” (Rm 10,11.13-15).

    Per dare risposte adeguate a queste domande all’interno dei grandi cambiamenti culturali, particolarmente avvertiti nel mondo giovanile, le vie di comunicazione aperte dalle conquiste tecnologiche sono ormai uno strumento indispensabile. Infatti, il mondo digitale, ponendo a disposizione mezzi che consentono una capacità di espressione pressoché illimitata, apre notevoli prospettive ed attualizzazioni all’esortazione paolina: “Guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor 9,16). Con la loro diffusione, pertanto, la responsabilità dell’annuncio non solo aumenta, ma si fa più impellente e reclama un impegno più motivato ed efficace. Al riguardo, il Sacerdote viene a trovarsi come all’inizio di una “storia nuova”, perché, quanto più le moderne tecnologie creeranno relazioni sempre più intense e il mondo digitale amplierà i suoi confini, tanto più egli sarà chiamato a occuparsene pastoralmente, moltiplicando il proprio impegno, per porre i media al servizio della Parola.

    Tuttavia, la diffusa multimedialità e la variegata “tastiera di funzioni” della medesima comunicazione possono comportare il rischio di un’utilizzazione dettata principalmente dalla mera esigenza di rendersi presente, e di considerare erroneamente il web solo come uno spazio da occupare. Ai Presbiteri, invece, è richiesta la capacità di essere presenti nel mondo digitale nella costante fedeltà al messaggio evangelico, per esercitare il proprio ruolo di animatori di comunità che si esprimono ormai, sempre più spesso, attraverso le tante “voci” scaturite dal mondo digitale, ed annunciare il Vangelo avvalendosi, accanto agli strumenti tradizionali, dell’apporto di quella nuova generazione di audiovisivi (foto, video, animazioni, blog, siti web), che rappresentano inedite occasioni di dialogo e utili mezzi anche per l’evangelizzazione e la catechesi.



    Attraverso i moderni mezzi di comunicazione, il Sacerdote potrà far conoscere la vita della Chiesa e aiutare gli uomini di oggi a scoprire il volto di Cristo, coniugando l’uso opportuno e competente di tali strumenti, acquisito anche nel periodo di formazione, con una solida preparazione teologica e una spiccata spiritualità sacerdotale, alimentata dal continuo colloquio con il Signore. Più che la mano dell’operatore dei media, il Presbitero nell’impatto con il mondo digitale deve far trasparire il suo cuore di consacrato, per dare un’anima non solo al proprio impegno pastorale, ma anche all’ininterrotto flusso comunicativo della “rete”.

    Anche nel mondo digitale deve emergere che l’attenzione amorevole di Dio in Cristo per noi non è una cosa del passato e neppure una teoria erudita, ma una realtà del tutto concreta e attuale. La pastorale nel mondo digitale, infatti, deve poter mostrare agli uomini del nostro tempo, e all’umanità smarrita di oggi, che “Dio è vicino; che in Cristo tutti ci apparteniamo a vicenda” (Benedetto XVI, Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi: L’Osservatore Romano, 21-22 dicembre 2009, p. 6).
     

    Chi meglio di un uomo di Dio può sviluppare e mettere in pratica, attraverso le proprie competenze nell’ambito dei nuovi mezzi digitali, una pastorale che renda vivo e attuale Dio nella realtà di oggi e presenti la sapienza religiosa del passato come ricchezza cui attingere per vivere degnamente l’oggi e costruire adeguatamente il futuro? Compito di chi, da consacrato, opera nei media è quello di spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali; offrendo agli uomini che vivono questo nostro tempo “digitale” i segni necessari per riconoscere il Signore; donando l’opportunità di educarsi all’attesa e alla speranza e di accostarsi alla Parola di Dio, che salva e favorisce lo sviluppo umano integrale. Questa potrà così prendere il largo tra gli innumerevoli crocevia creati dal fitto intreccio delle autostrade che solcano il cyberspazio e affermare il diritto di cittadinanza di Dio in ogni epoca, affinché, attraverso le nuove forme di comunicazione, Egli possa avanzare lungo le vie delle città e fermarsi davanti alle soglie delle case e dei cuori per dire ancora: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).

    Nel Messaggio dello scorso anno ho incoraggiato i responsabili dei processi comunicativi a promuovere una cultura di rispetto per la dignità e il valore della persona umana. E’ questa una delle strade nelle quali la Chiesa è chiamata ad esercitare una “diaconia della cultura” nell’odierno “continente digitale”. Con il Vangelo nelle mani e nel cuore, occorre ribadire che è tempo anche di continuare a preparare cammini che conducono alla Parola di Dio, senza trascurare di dedicare un’attenzione particolare a chi si trova nella condizione di ricerca, anzi procurando di tenerla desta come primo passo dell’evangelizzazione.

    Una pastorale nel mondo digitale, infatti, è chiamata a tener conto anche di quanti non credono, sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche, dal momento che i nuovi mezzi consentono di entrare in contatto con credenti di ogni religione, con non credenti e persone di ogni cultura. Come il profeta Isaia arrivò a immaginare una casa di preghiera per tutti i popoli (cfr Is 56,7), è forse possibile ipotizzare che il web possa fare spazio - come il “cortile dei gentili” del Tempio di Gerusalemme - anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto?

    Lo sviluppo delle nuove tecnologie e, nella sua dimensione complessiva, tutto il mondo digitale rappresentano una grande risorsa per l’umanità nel suo insieme e per l’uomo nella singolarità del suo essere e uno stimolo per il confronto e il dialogo. Ma essi si pongono, altresì, come una grande opportunità per i credenti. Nessuna strada, infatti, può e deve essere preclusa a chi, nel nome del Cristo risorto, si impegna a farsi sempre più prossimo all’uomo. I nuovi media, pertanto, offrono innanzitutto ai Presbiteri prospettive sempre nuove e pastoralmente sconfinate, che li sollecitano a valorizzare la dimensione universale della Chiesa, per una comunione vasta e concreta; ad essere testimoni, nel mondo d’oggi, della vita sempre nuova, generata dall’ascolto del Vangelo di Gesù, il Figlio eterno venuto fra noi per salvarci. Non bisogna dimenticare, però, che la fecondità del ministero sacerdotale deriva innanzitutto dal Cristo incontrato e ascoltato nella preghiera; annunciato con la predicazione e la testimonianza della vita; conosciuto, amato e celebrato nei Sacramenti, soprattutto della Santissima Eucaristia e della Riconciliazione.

    A voi, carissimi Sacerdoti, rinnovo l’invito a cogliere con saggezza le singolari opportunità offerte dalla moderna comunicazione. Il Signore vi renda annunciatori appassionati della buona novella anche nella nuova “agorà” posta in essere dagli attuali mezzi di comunicazione.

    Con tali voti, invoco su di voi la protezione della Madre di Dio e del Santo Curato d’Ars e con affetto imparto a ciascuno la Benedizione Apostolica.

    Dal Vaticano, 24 gennaio 2010, Festa di San Francesco di Sales.

    BENEDICTUS PP. XVI



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 19/02/2010 21:20

    Il segreto della comunicazione cattolica: la persona dietro lo schermo


    L'Arcivescovo di Rio de Janeiro sul Messaggio del Papa sulle comunicazioni


    di Alexandre Ribeiro

    RIO DE JANEIRO, venerdì, 19 febbraio 2010 (ZENIT.org).- L'Arcivescovo di Rio de Janeiro, monsignor Orani João Tempesta, sostiene che “il grande segreto di ogni comunicazione cattolica è la persona che sta dietro allo schermo, alla telecamera, al microfono, alla direzione”.

    Se questa persona “ha principi cristiani, tutto il lavoro sarà utile alla vita umana con dignità”, ha dichiarato in un articolo inviato a ZENIT.

    Monsignor Tempesta ha commentato il Messaggio di Benedetto XVI per la 44ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (il 16 maggio), sul tema “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”.

    “Benedetto XVI chiede ai sacerdoti di mettere mano ai moderni mezzi di comunicazione, soprattutto a quelli che negli ultimi anni hanno conosciuto un'ampia diffusione, come Internet, perché il messaggio di Gesù Cristo possa diffondersi in modo efficace nel mondo contemporaneo”, ricorda l'Arcivescovo.

    A suo avviso, gli uomini, “che si avvalgono sempre più dei nuovi mezzi di comunicazione, devono ascoltare, attraverso questi, anche l'annuncio di Dio e del suo amato Figlio, il nostro Redentore”.

    Il presule cita il Papa dicendo che la pastorale nel mondo digitale “deve poter mostrare agli uomini del nostro tempo, e all’umanità smarrita di oggi, che Dio è vicino; che in Cristo tutti ci apparteniamo a vicenda”.

    Allo stesso modo, ricorda la sfida lanciata dal Pontefice a che gli uomini di Dio sviluppino e mettano in pratica “una pastorale che renda Dio vivo e attuale nella realtà odierna e presenti la saggezza religiosa del passato come ricchezza a cui attingere per vivere degnamente il tempo presente e costruire adeguatamente il futuro”.

    La Chiesa, ha affermato l'Arcivescovo, “con i suoi sacerdoti, deve prendere sul serio le parole del Santo Padre”. “Il successo della sua missione evangelizzatrice dipende, in parte, dal suo impegno effettivo nel campo dei mezzi di comunicazione moderni, questo vasto orizzonte missionario che ci è stato aperto”.

    Il presule avverte anche del fatto che i sacerdoti sono consapevoli che l'annuncio attraverso i nuovi media “non sostituisce in alcun modo il contatto personale e la vita comunitaria del Popolo di Dio”.

    Quando la Chiesa annuncia la Parola di Dio, presta un “grandissimo servizio alla cultura”. I sacerdoti, “avvalendosi della nuova 'agorà' dei tempi attuali, i nuovi media, contribuiranno in modo decisivo all'incremento della cultura e all'arricchimento dell'uomo di oggi”.

    “I nuovi mezzi di comunicazione rappresentano, come ha detto giustamente Benedetto XVI, un 'continente digitale', un ampio continente che reclama la presenza dell'annuncio salvifico. Procediamo in acque più profonde”, ha esortato.

    [Traduzione dal portoghese di Roberta Sciamplicotti]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 27/02/2010 19:48
    Conferenza dell'arcivescovo Claudio Maria Celli in Bangladesh

    La comunicazione del Vangelo ai tempi di Internet


    Insistere sulla priorità della comunicazione nella vita della Chiesa, soprattutto nel mondo dei nuovi media, rivelatisi terreno fertile per la diffusione del messaggio cristiano. È quanto auspicato dall'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, durante un incontro svoltosi nei giorni scorsi a Dhaka su iniziativa della Conferenza episcopale del Bangladesh.

    Nel suo intervento il presule ha evidenziato in particolare come le nuove tecnologie offrano l'opportunità di accrescere le relazioni, il dialogo, la preghiera e la testimonianza del Vangelo. Come dimostrato dal locale centro di telecomunicazioni, che monsignor Celli ha visitato e lodato quale realtà in cui "musulmani, indù e cristiani lavorano fianco a fianco" all'insegna dello spirito di "solidarietà, pace e giustizia", in contrasto con la logica del fondamentalismo a sfondo confessionale
    .
    Il Bangladesh è uno dei Paesi a più alta densità demografica del mondo:  su 144.000 chilometri quadrati di territorio vivono 156 milioni persone, tra le quali oltre dieci milioni di internauti. Di conseguenza l'arena digitale è anche qui una realtà fondamentale per l'annuncio evangelico. Per questo, rivolgendosi ai numerosi vescovi, giovani sacerdoti e seminaristi presenti, il relatore ha ricordato che la sua visita nel Paese asiatico ha avuto come obiettivo anche quello di "spingere" la Chiesa locale "nell'immenso mondo virtuale" secondo quanto indicato da Benedetto XVI. Per questo il suo discorso ha mirato a fare luce sulle sfide poste da Internet alla comunicazione del Vangelo.

    La prima sfida è quella di "non pensare solo agli sforzi individuali delle persone", ma di "pensare a come la Chiesa, in quanto unità, sta comunicando".

    Una seconda sfida è quella della velocità. "Dobbiamo essere in grado - ha detto l'arcivescovo - di rispondere rapidamente. E dobbiamo riuscire a farlo nelle varie lingue in cui i dibattiti si stanno svolgendo".

    C'è poi l'aspetto dell'interattività. "Bisogna stare attenti - ha messo in guardia - al fatto che, nelle risposte individuali a questioni specifiche, non venga investita tutta l'autorità della Chiesa. Non possiamo permettere che ogni risposta a una domanda su Internet venga intesa come una posizione ufficiale della Chiesa. Bisogna sviluppare buone strutture delegate, che permettano di rispondere a livello locale con un linguaggio appropriato".

    Un'altra delle sfide della cultura digitale riguarda il linguaggio. "Nella Chiesa siamo abituati - ha proseguito - all'uso di testi come nostro primo strumento di comunicazione. Molti dei siti creati da istituzioni ecclesiali continuano a utilizzare tale linguaggio. Nella rete si possono trovare omelie, discorsi e articoli meravigliosi". Ma - ha avvertito - il pubblico giovane della rete è abituato a un linguaggio differente, più visivo, radicato nella convergenza di testi, suoni e immagini. "Molti dei testi sono creati pensando a un particolare tipo di utenza, desiderosa di studiare e analizzare, ma il loro fascino può essere limitato per quanti navigano sul web e si spostano molto velocemente. Le difficoltà aumentano quando i testi utilizzano una terminologia e forme di espressione percepiti come incomprensibili".

    Nell'affrontare questa sfida il modello per i cattolici è sempre Cristo, che ha parlato ai propri contemporanei con parole, storie e parabole, ma anche con atti e azioni. "Proprio come le vetrate delle cattedrali medievali parlavano agli analfabeti - ha proseguito monsignor Celli - dobbiamo trovare forme di espressione che siano appropriate per una generazione descritta come "post-alfabeta"".

    Del resto, nel corso della storia la Chiesa ha imparato a proclamare il messaggio immutabile di Cristo con nuovi idiomi e modi adeguati a differenti contesti, anche se "il nuovo linguaggio resterà accanto ad altri linguaggi della tradizione". E a chi si preoccupa della banalità del linguaggio digitale per poter esprimere la profondità del messaggio cristiano, il presidente del Pontificio Consiglio ha risposto che "non si tratta di un linguaggio che sostituirà quello preciso del dogma e della teologia né quello ricco dell'omiletica e delle Scritture o della liturgia, ma servirà da punto di partenza per un contatto con quanti sono lontani dalla fede".

    Un'ultima sfida evocata da monsignor Celli attiene alla democraticità del panorama della rete. "Una grande enfasi - ha detto - è posta sul fatto che la rete è aperta, libera e egualitaria. La Chiesa cattolica ha molti di questi valori, ma è anche un'organizzazione fortemente gerarchica, che valuta correttamente le idee della sua tradizione. Ciò significa che dobbiamo pensare a come impegnarci con il dialogo che fluisce più liberamente su Internet, dove molto spesso le persone vengono giudicate in base alla novità, all'originalità e al linguaggio dell'esposizione e non in base ai contenuti".

    Infine un riferimento a un tema molto attuale, con l'esortazione a "prestare attenzione a sapere cosa è vero nella rete", con la richiesta di una "presenza ecclesiale autenticata. Se le persone sono presenti e pretendono di parlare a nome della Chiesa e in fedeltà alla fede, devono averne licenza".


    (©L'Osservatore Romano - 28 febbraio 2010)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 03/03/2010 17:55

    Il sacerdote e il mondo digitale: echi del messaggio di Benedetto XVI


    Un sacerdote e “blogger” commenta il testo papale sulle Comunicazioni Sociali


    di Carmen Elena Villa

    LIMA, mercoledì, 3 marzo 2010 (ZENIT.org).- Padre Manuel Tamayo, sacerdote ed evangelizzatore attraverso il web, ricorda sempre che San Josemaría Escrivá parlava costantemente della necessità della Chiesa e del mondo di giornalisti cattolici.

    Il fondatore dell'Opus Dei esortava sempre i giovani cristiani che avevano scoperto un talento per il giornalismo a portare avanti questa carriera per diffondere in tutti i mezzi di comunicazione la dottrina cristiana.

    Per questo, il sacerdote peruviano considera che il Messaggio di Papa Benedetto XVI per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2010, pubblicato il 25 gennaio scorso e intitolato “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”, è in perfetta sintonia con l'invito che rivolgeva il Santo Escrivá de Balaguer.

    “La Chiesa non può rimanere indietro e deve utilizzare questi mezzi per arrivare alla gente. Da ciò deriva la preoccupazione del Santo Padre nell'animare i sacerdoti”, ha detto padre Tamayo in un testo inviato a ZENIT dall'Ufficio Comunicazioni dell'Arcidiocesi di Lima.

    Il Pontefice afferma nel suo Messaggio che il sacerdote “viene a trovarsi come all’inizio di una storia nuova”, ed è quindi sempre più chiamato ad occuparsi di questo nuovo aeropago dell'informazione, “moltiplicando il proprio impegno, per porre i media al servizio della Parola”.

    Padre Tamayo è sempre stato un appassionato dei mezzi di comunicazione. I doni che riceveva da bambino erano in genere una macchina fotografica o un videoregistratore. “Mi piaceva anche scrivere articoli sul bollettino della mia scuola”, ricorda.

    Ha studiato Lettere, Filosofia e Teologia e ha scritto in vari mezzi di comunicazione del suo Paese. Il sacerdote ricorda che quando Giovanni Paolo II ha visitato il Perù “abbiamo fatto vari programmi televisivi preparando la sua visita, e poi sono stato impegnato per qualche anno con un programma dal titolo 'Consiglio spirituale'”.

    La Parola in rete

    Padre Tamayo spiega perché ha visto la necessità di evangelizzare nel mondo digitale: “Mi preoccupa molto la mancanza di formazione cristiana che c'è nella maggior parte delle reti sociali e constatare che la società diventa sempre più pagana e materialista”.

    “Qualche giorno fa consultavo delle statistiche che affermavano che un adolescente parla con suo padre una media di un'ora al mese, mentre sta davanti al computer 3-4 ore al giorno. Negli ultimi anni, in questo XXI secolo ho verificato una decadenza dei programmi e dei valori, e vedo la necessità di un recupero urgente”, ha commentato.

    Per questo, da tre anni ha due blog: uno con temi educativi, un altro in cui commenta film con valori.

    Gli piace anche evangelizzare attraverso Facebook, dove ha diffuso i suoi blog e ha potuto conoscere di più le abitudini dei giovani e i loro temi di conversazione.

    “Si nota una certa povertà di argomenti e un disinteresse quasi globale per i temi trascendenti, ma stando lì – tra loro – ho l'opportunità di essere ascoltato e letto, anche se qualche volta sono stato etichettato e ho subito qualche scherzo un po' irriverente”.

    Amante del cinema, il sacerdote organizza spesso cineforum educativi. “Non è un'attività per vedere film, ma per conversare su temi rilevanti e di attualità. Sono convinto che il cinema sia un mezzo importante per l'educazione e la formazione delle persone, e raccomando alle scuole di non trascurare questa attività nei loro programmi”.

    Padre Manuel avverte tuttavia dei rischi che può avere un uso inadeguato dei nuovi media, sottolineando che “bisogna fare attenzione a non perdere tempo davanti al computer”. Per evitare questo, il sacerdote segnala una chiave: la disciplina: “Elaboro mentalmente gli articoli dei blog in vari momenti della giornata”, ha detto. “So già quello che scriverò e annoto le idee in un quaderno”.

    “Gli articoli che elaboro mi aiutano molto per le mie omelie sacerdotali e per consigliare la gente”, testimonia. “Cerco di far sì che tutto sia unito. Quando scrivo prego, e nel momento della preghiera chiedo che gli scritti possano arrivare a molte persone”.

    Padre Tamayo è soddisfatto dei frutti del suo lavoro: “Sono molto contento quando una persona mi dice che qualcuno si è convertito o che una persona ha trovato un po' più di chiarezza per risolvere un problema”, dice. Per questo, raccomanda sempre ai sacerdoti di “farsi spazio nel mondo delle comunicazioni con una merce sana e pulita che è la dottrina cristiana”.

    Padre Manuel Tamayo può essere seguito sul blog www.adeamus.blogspot.com.

    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 03/03/2010 18:43
    Verso la Giornata mondiale per le comunicazioni sociali

    Presenti nel mondo digitale
    e fedeli al Vangelo


    Dopo l'articolo pubblicato nell'edizione di ieri a firma dell'arcivescovo di São Sebastião  do  Rio de Janeiro, Orani João Tempesta, continua la riflessione in vista della 44ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 16 maggio. Proponiamo $\oggi  l'intervento  del  vescovo  di  Cuautitlán, in Messico, responsabile  della  sezione Comunicazione digitale e Rete informatica della Chiesa  in America Latina  nel  Consiglio episcopale latinoamericano.

    di Guillermo Rodrigo Teodoro Ortiz Mondragón


    Fra le caratteristiche di Benedetto XVI che più richiamano l'attenzione, oltre al chiaro significato pedagogico d'ogni suo intervento, è la sua assertività nel riferirsi a persone concrete e settori della Chiesa ai quali rivolge un messaggio. Forse è una lettura personale, ma si nota in lui una grande preoccupazione di parlare sempre in modo chiaro, soprattutto ai sacerdoti. Non fa eccezione il suo messaggio per la xliv Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che ha per tema "Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale:  i nuovi media al servizio della Parola".

    Dopo una breve introduzione, il Papa ricorda, nel secondo paragrafo, gli aspetti fondamentali del ministero sacerdotale. È un modo d'incentrare il sacerdote su ciò che è la fonte della sua identità, della sua spiritualità, l'esercizio della predicazione della Parola che s'incarna, e comunicare la grazia che ci salva mediante i sacramenti. Unisce i due aspetti che per alcuni sacerdoti sono ancora occasione di conflitto, e di confusione, e, a volte, di fuga dall'impegno d'andare incontro a quanti si sono allontanati.

    Il punto d'arrivo è la comunione con Dio, da parte sia del sacerdote sia dei fedeli che egli assiste. "Guai a me se non annuncio il Vangelo" è il testo paolino con cui il Papa descrive, come conseguenza di questa comunione con Dio, la preoccupazione che deve esistere nel cuore del sacerdote per realizzare la sua missione attraverso i mezzi digitali, "all'interno dei grandi cambiamenti culturali, particolarmente avvertiti nel mondo giovanile".

    Richiama l'attenzione il fatto che il Santo Padre colleghi realtà che esprimono una preoccupazione della Chiesa nelle diverse latitudini. Egli, infatti, ha già esternato il suo interesse per tre ambiti:  il cambiamento culturale, la realtà digitale e la situazione giovanile. A ciò si aggiunge la preoccupazione per i sacerdoti, perché raggiungano la felicità comprendendo la loro identità, la loro esistenza nel ministero.

    Facendo eco a un clamore che nasce dalla realtà, il Papa segnala:  "Ai presbiteri è richiesta la capacità di essere presenti nel mondo digitale nella costante fedeltà al messaggio evangelico". Questa frase è forte. A noi sacerdoti viene chiesta una capacità specifica. L'abbiamo? Bisogna dire subito che tale capacità deve essere unita a un atteggiamento. La capacità di partecipare al mondo digitale è qualcosa di molto pratico. È ammirevole vedere sacerdoti in età avanzata che sono riusciti a entrare in questo mondo tecnologico. Sembra che sia ancora basso il numero di sacerdoti "nativi digitali", se consideriamo che l'età minima per l'ordinazione è di 25 anni e che, attualmente, la maggior parte di quanti ricevono l'ordinazione supera questa età. Nel 1985 l'impatto digitale ancora non era forte, era solo incipiente; certamente molti sacerdoti giovani di oggi erano adolescenti quando il mondo ha iniziato a camminare nell'"era digitale". La maggior parte d'essi non dovrebbero essere considerati "nativi", ma "migranti digitali".

    L'altro aspetto, l'atteggiamento che si chiede al sacerdote, è valido da sempre, è permanente, per tutti, giovani, adulti, anziani, poiché si tratta della costante fedeltà al messaggio del Vangelo. A sostegno di tale atteggiamento ci sono tre elementi:  una salda formazione teologica, una profonda spiritualità sacerdotale, e il constante dialogo con il Signore, e, ciò perché "deve far trasparire il suo cuore di consacrato, per dare un'anima non solo al proprio impegno pastorale, ma anche all'ininterrotto flusso comunicativo della rete". A sostenere la comunicazione digitale, l'uso della rete, è la carità sacerdotale che è il sostegno di qualsiasi comunicazione.

    Per la sua formazione permanente integrale il presbitero può fare ricorso a una seria antropologia e a una profonda teologia della comunicazione. Può cominciare da qui per passare all'uso dei media prima e poi alla traduzione del messaggio del Vangelo nel linguaggio nuovo che tali media offrono.
    La Chiesa è, prima di tutto, un evento comunicativo. Il suo asse vitale, il suo linguaggio, è la Parola di Dio. Per questo non può essere un semplice utente dei media. Una delle sfide che, senza citarla direttamente, il Papa segnala, è quella della disumanizzazione causata dell'uso dei media. Il sacerdote, infatti, deve assicurare sempre la qualità del contatto umano e l'attenzione alle persone e ai loro autentici bisogni spirituali.

    "Nessuna strada può e deve essere preclusa a chi, nel nome del Cristo risorto, si impegna a farsi sempre più prossimo all'uomo". È una frase che rivela fermezza, convinzione, chiarezza per la vita sacerdotale in questo messaggio per la xliv Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Per noi, diaconi, presbiteri e vescovi, è un'ulteriore chiamata alla conversione pastorale nel quadro della missione della Chiesa.

    Nel contesto dell'esperienza del tempo quaresimale, parlando della conversione nella giustizia, è importante accogliere questo messaggio come una chiamata ad agire con giustizia di fronte al Padre e ai fedeli presso i quali la Chiesa ci ha inviato per annunciare Gesù Cristo con un nuovo linguaggio; l'uomo di oggi ne ha bisogno per trovare il proprio significato, la propria missione, la propria vocazione:  "Il Signore vi renda annunciatori appassionati della buona novella anche nella nuova "agorà" posta in essere dagli attuali mezzi di comunicazione".


    (©L'Osservatore Romano - 4 marzo 2010)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 05/03/2010 15:04

    Padre Loring, a 89 anni, fa di Internet il suo pulpito


    Pubblica un nuovo libro di risposte a domande su fede e vita


    di Sara Martín

    MADRID, giovedì, 4 marzo 2010 (ZENIT.org).- Padre Jorge Loring S.I. è instancabile. A quasi 89 anni ha fatto di Internet il suo pulpito. Lavora 12 ore al giorno. Quest'ultimo anno è stato sei mesi in America pronunciando conferenze in mezzo continente, oltre a partecipare a programmi radiofonici e televisivi.

    Ha appena pubblicato "Più di 200 risposte a domande che ti sei posto sulla fede, la morale e la Dottrina cattolica" (Vozdepapel), in cui raccoglie i dubbi e le inquietudini più importanti e frequenti e le risposte alle oltre 50.000 domande che gli sono state poste su Internet negli ultimi anni. E non ha smesso di rispondere a tutti coloro che inviano quesiti a jorgeloring@gmail.com.

    Quando e perché ha visto la necessità di utilizzare le nuove tecnologie per l'evangelizzazione?

    Padre Loring: Perché penso che dobbiamo approfittare dei progressi della tecnologia per evangelizzare. Per questo mi sono avventurato su Internet quando è nato, una decina di anni fa. Quando, ai Giochi Olimpici di Atlanta (Stati Uniti), un terrorista ha piazzato una bomba, mi sono reso conto che aveva imparato a confezionare bombe su Internet e mi sono detto: "Internet serve per diventare terroristi, perché non potrebbe servire per diventare cattolici? Il mio libro su Internet". E così è stato. Ho ricevuto e-mail di atei e protestanti che hanno abbracciato la fede cattolica dopo aver letto il mio libro. Con l'aiuto di Dio!!!

    Si potrebbe dire allora che lei è stato uno dei primi sacerdoti a utilizzare Internet?

    Padre Loring: E' possibile, ma non penso di essere stato il primo.

    A quante domande e quanti dubbi ha risposto in questi anni?

    Padre Loring: Più di cinquantamila.

    Quante ore al giorno dedica alle risposte?

    Padre Loring: Quando non sono in viaggio circa dieci ore al giorno. Molte volte rispondo subito, in altri casi devo pensarci mentre vado a celebrare la Messa, perché nel mio studio non smetto di scrivere. Non so tutto: a volte consulto i fratelli gesuiti della mia comunità o chiedo a un esperto sul tema. Molte volte ho già le risposte pronte perché le domande si ripetono: faccio copia e incolla e invio. Sono soprattutto i protestanti a chiedere le stesse cose, perché non si rendono conto delle soluzioni che sono già state offerte.

    Quali sono i dubbi più comuni: fede, morale o dottrina?

    Padre Loring: Le questioni che riguardano la morale. Molte persone hanno inquietudini a livello di coscienza. Forse l'anonimato di Internet le aiuta. Sono frequenti anche le domande sui testi biblici. Per questo ho pubblicato un libro intitolato "I Vangeli con 2.000 dubbi risolti" (Planeta+Testimonio), perché pongo duemila note scelte da venti Bibbie.

    Qual è l'inquietudine più comune tra quelle che le sono state proposte?

    Padre Loring: Le più comuni sono relative alle cose di cui i protestanti accusano la Chiesa cattolica. Molti internauti sono dell'America Latina, e lì sono invasi da sette che li ingannano con menzogne e sofismi.

    E la risposta più difficile da dare?

    Padre Loring: A chi si è sposato per la Chiesa, ha divorziato e si è risposato e vuole fare la Comunione. Si vorrebbe essere amabili con tutti, ma non sempre si può dire quello che le persone vorrebbero sentire.

    Un altro tema poco gradevole è il controllo delle nascite. Ci sono molte coppie che non vogliono più figli, e quando si dice loro che la soluzione è il metodo Billings non si fidano. Ad ogni modo, è dimostrato che il metodo Billings è il più sicuro, il più sano, il più economico, il più semplice e il più morale.

    Lei ha 88 anni, e in estate ne compirà 89. Alla sua età non le piacerebbe essere felicemente in pensione?

    Padre Loring: Assolutamente no. Quello che chiedo a Dio è essere utile fino alla fine. Quando non riuscirò più ad esserlo, voglio morire rapidamente.

    Che cosa le dà questa vitalità?

    Padre Loring: Credo che il sacerdote debba evangelizzare fin quando non è impossibilitato a farlo. Ora ho tra le mani vari progetti apostolici che credo diano molta gloria a Dio. Chiedo al Signore di mantenermi in vita un altro po' per poterli realizzare.

    Tra le altre cose, sto seguendo la traduzione in cinese da parte di un cattedratico di Shanghai di "Para Salvarte". Quando sarà terminata penso di metterla su Internet perché tutti i cinesi possano leggerla gratuitamente. Sono sicuro che alcuni, conoscendo meglio la religione cattolica, abbracceranno la nostra fede.

    Quando ha capito chiaramente che nella sua vocazione sacerdotale era impressa una vocazione di divulgatore?

    Padre Loring: Quando ero un giovane studente gesuita ho iniziato a parlare nelle caserme e nelle carceri. Quando ero gesuita da un mese mi mandarono a parlare a quindici soldati. Mi tremavano le gambe sotto la tonaca. Oggi mi trovo davanti a 3.000 uomini o alle telecamere e sono tranquillo come ora.

    Quante copie ha venduto del suo famoso "Para Salvarte"?

    Padre Loring: In Spagna più di 1.300.000. Ci sono state edizioni anche in Messico, Ecuador, Perù e Cile, ed è stato tradotto in inglese a Los Angeles, in arabo al Cairo e in ebraico a Gerusalemme. Oggi si sta traducendo in russo a Mosca e in cinese a Shanghai.

    Continuano a invitarla in America per pronunciare conferenze?

    Padre Loring: Da tempo ci vado ormai tutti gli anni. Nel 2009 ho dedicato sei mesi all'America, e tra due mesi tornerò ancora. Sarà il mio 77° attraversamento dell'Atlantico. L'anno scorso ho pronunciato conferenze a Miami, San Diego, in dodici città del Messico, a Bogotà, Medellín e Lima.

    A quanta gente pensa di aver parlato direttamente nella sua vita?

    Padre Loring: Credo che siano varie centinaia di migliaia, visto che ho pronunciato molte migliaia di conferenze e in tante di queste c'erano più di mille persone. Conservo le fotografie di un pubblico enorme in teatri, università, centri sportivi, plazas de toros e fabbriche. Per 25 anni ho pronunciato conferenze ogni mese in tre grandi cantieri navali della baia di Cadice con 3.000-4.000 operai ogni volta, con una presenza del 90% degli operai.

    Cosa sottolineerebbe del suo ultimo libro "Più di 200 risposte a domande..."?

    Padre Loring: Che rispondo a ciò che la gente chiede. Sono temi comuni e non sempre ricevono le risposte corrette.

    Quale utilità può avere per i suoi lettori?

    Padre Loring: Può chiarire dubbi presenti o futuri. A volte la gente mi dice che ho anticipato il suo dubbio, perché non le era venuto, ma gradisce la mia risposta.

    Qual è, a suo avviso, l'attività apostolica più importante che ha mai svolto?

    Padre Loring: I miei interventi alla televisione nordamericana EWTN, di Madre Angelica, dove ho registrato quaranta temi di mezz'ora che vengono trasmessi e replicati ogni settimana da anni e, secondo quanto mi hanno detto, sono visti tutte le settimane da 80 milioni di famiglie in tutta l'America Latina.

    Nei miei viaggi aerei ho sperimentato che moltissima gente mi conosce: la coppia che è al mio fianco nella fila al check in, l'impiegata del check in, il poliziotto della dogana, varie persone nella sala in cui si attende l'imbarco, il pilota, la hostess e la persona che è seduta accanto a me sull'aereo. Naturalmente non tutti sullo stesso volo, ma sono tutti casi reali di vari viaggi. E questi casi si sono ripetuti. 80 milioni sono molte persone.

    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 16/04/2010 19:45
    Presentato il convegno della Cei dedicato ai nuovi linguaggi del web

    Chiesa e tecnologie digitali


    Roma, 16. La sfida è nella crescita della responsabilità e nella capacità di discernimento, di giudizio e di decisione nell'utilizzo di internet e delle nuove tecnologie digitali. "Ciò vale per tutti, e in special modo per i preti, perché ha a che fare con l'autoeducazione e la responsabilità educativa. È necessario quindi impegnarsi sempre di più per vivere questo mondo in modo costruttivo e per umanizzarlo". Lo ha detto ieri il vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), alla presentazione del convegno nazionale "Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell'era crossmediale", che si svolgerà a Roma dal 22 al 24 aprile.

    L'incontro, promosso dalla Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali e organizzato dall'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio nazionale per il progetto culturale, è l'ideale prosecuzione di "Parabole mediatiche. Fare cultura nel tempo della comunicazione" (Roma, 7-9 novembre 2002). L'intervento di monsignor Crociata, che giovedì 22 aprirà il convegno, si intitola proprio "Da "Parabole mediatiche" a "Testimoni digitali":  l'impegno della Chiesa italiana".

    Non esiste da parte della Chiesa - sottolinea il segretario della Cei - "una pregiudiziale paura o messa in guardia" a vivere le nuove tecnologie digitali ma da essa viene "l'invito a tutti a utilizzarle in maniera consapevole, critica e responsabile". Per questo motivo dal convegno non dovranno venire norme o indicazioni concrete ma piuttosto una crescita di consapevolezza. "Rispetto ai nuovi linguaggi - ha aggiunto monsignor Domenico Pompili, sottosegretario della Cei e direttore dell'Ufficio per le comunicazioni sociali - la Chiesa non ha assunto atteggiamenti preconcetti. Non ci si nasconde le ambiguità della rete ma l'atteggiamento è di comprensione e di apertura". Anche perché sono tanti i sacerdoti che usano le nuove tecnologie digitali:  uno su due - secondo i dati della ricerca "Il prete e internet" coordinata da Lorenzo Cantoni, docente di comunicazione on line all'Università della Svizzera italiana di Lugano - consulta internet per preparare le omelie, nove su dieci vi navigano tutti i giorni e uno su cinque utilizza il web per pregare.

    "I vescovi italiani - ha detto al riguardo il vescovo Crociata - vogliono capire meglio la nuova condizione mediatica, crossmediale, del mondo odierno, in cui la connessione è sempre aperta e continua, per poter creare una mentalità nuova alla luce del Vangelo e condurre la propria missione in maniera attuale. È importante entrare in questo nuovo ambiente digitale ed è auspicabile la crescita dell'utilizzo di tali mezzi".

    Il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, tuttavia, non nasconde le insidie del web e del social network e, riferendosi in particolare alla condanna di dirigenti di "Google" per la diffusione di un video nel quale un disabile veniva picchiato da alcuni coetanei, ha osservato che in questo caso "entra in gioco il rispetto della dignità della persona, che è un limite universalmente riconosciuto al di là delle personali convinzioni. La protezione e la salvaguardia delle persone, soprattutto di quelle più deboli, credo debba avere priorità su tutto il resto ed essere un impegno. Va perseguito - secondo monsignor Crociata - il giusto equilibrio tra la libertà di espressione e il rispetto di esigenze fondamentali per una convivenza rispettosa delle persone e della società". All'esercizio della libertà va pertanto affiancata una responsabilità educativa comprensiva del rispetto delle persone.

    Per Chiara Giaccardi, docente di sociologia e antropologia dei media all'Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, anch'ella presente alla conferenza stampa, "occorre recuperare la capacità di essere testimoni in questo ambiente digitale che ci sfida, ci interpella ma ci offre anche tante opportunità". La Chiesa, in tale direzione, "ha delle indicazioni, delle vie e delle risposte da suggerire, proponendone una condivisione".

    Il convegno che, sabato 24, si concluderà con un incontro dei partecipanti con Benedetto XVI, ha tra i relatori il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, il vescovo Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, e Nicholas Negroponte, tra i massimi esperti mondiali di nuovi media, fondatore e direttore del MediaLab del MIT (Massachusetts Institute of Technology). Tutte le sessioni del convegno saranno trasmesse in diretta on line sul sito www.testimonidigitali.it.
     


    (©L'Osservatore Romano - 17 aprile 2010)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 22/04/2010 18:22
    Intervento del segretario generale della Cei al convegno sull'uso dei nuovi strumenti tecnologici

    Una pastorale ripensata
    per la comunicazione digitale


    Pubblichiamo ampi stralci dell'intervento del segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei) in apertura del convegno "Testimoni digitali", che si tiene a Roma fino al 24 aprile 2010, organizzato dalla Commissione episcopale per la Cultura e le Comunicazioni Sociali, dall'Ufficio nazionale per le Comunicazioni Sociali e dal Servizio nazionale per il Progetto culturale.


    di mons. Mariano Crociata
     

    "La scrittura mi evoca in primo luogo/non i romanzi, la poesia, la tradizione letteraria/ ma l'uomo [...]/ Scrivo perché non posso sopportare la realtà/se non trasformandola [...]./ Scrivo non per raccontare una storia/bensì per costruirla".

    Sono, queste, parole pronunciate tre anni fa dallo scrittore turco Orhan Pamuk a Stoccolma, quando gli venne conferito il Premio Nobel per la Letteratura. Vorrei farle mie per darvi il benvenuto più cordiale e per dirvi da subito perché la Chiesa italiana - otto anni dopo "Parabole mediatiche" - ha promosso "Testimoni digitali":  più che le nuove tecnologie, ci sta a cuore l'uomo, la persona umana nella sua interezza e nel dipanarsi della sua storia; e se ci misuriamo con esse, lo facciamo nella consapevolezza di quanto concorrano a tratteggiare le coordinate della storia e della cultura, fino a diventare l'ambiente in cui ci muoviamo e come l'aria che respiriamo.

    Ancora una volta - sulla scorta dell'esperienza maturata nel iv Convegno ecclesiale nazionale di Verona - con questo appuntamento intendiamo portare l'attenzione sulla vita quotidiana del nostro popolo, quale "luogo di ascolto, di condivisione, di annuncio, di carità e di servizio" (Cei, Rigenerati per una speranza viva:  testimoni del grande "sì" di Dio all'uomo, 2007, n. 12).

    Nell'intervento al quale ho fatto riferimento in apertura, il Premio Nobel racconta di quando suo padre gli affidò una valigetta piena di scritti e taccuini, chiedendogli di leggerli soltanto una volta che lui fosse scomparso, per verificare se vi fosse stato qualcosa degno di essere pubblicato. A quella valigia Pamuk trova con difficoltà un posto nel suo studio:  lo scrittore ammette di aver provato risentimento, invidia e paura davanti all'eventualità che essa avesse potuto realmente contenere qualcosa di buono:  troppa era la distanza che avvertiva tra l'esperienza di navigante e girovago del padre e invece la propria fatica a scrivere, che gli aveva richiesto tante privazioni, a partire dalla solitudine di chi si vede costretto a "restare in disparte e ben lontano da ogni centro", nel chiuso di una stanza, dove i testi nascono dalla ricerca interiore e paziente, pari a quando "si scava un pozzo con un ago".

    Mi è piaciuta questa sincerità disarmante. Mi è piaciuta e nel contempo mi ha portato a chiedermi:  come evitare di incappare nello stesso rischio a fronte dei naviganti di oggi, la cui valigetta - dal contenuto ricco e misterioso - è "zippata" in un palmare, in un iPad, in un cellulare che è ormai ben altro da un semplice telefono portatile? Cosa fare, dunque, per capire che non si tratta di demonizzare il nuovo, né al contrario di considerare obsoleto o inutile il patrimonio di cultura che ci portiamo sulle spalle, bensì di valorizzare lo straordinario potenziale costituito dalle nuove tecnologie, impegnandoci a "introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo ed informativo i valori su cui poggia la nostra vita" (Benedetto XVI, Messaggio per la xliii Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2009)?

    Nel rispondere a questa sfida è necessario innanzitutto riconoscere quanto è stato fatto nel decennio appena concluso, i cui Orientamenti pastorali - non a caso incentrati sul Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia - sottolineavano proprio le "nuove opportunità di conoscenza, scambio e partecipazione", che "accompagnano le innovazioni tecnologiche nell'ambito delle comunicazioni sociali". La cultura nella quale siamo immersi - osserva il documento, riprendendo l'enciclica Redemptoris missio - "nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare, con nuovi linguaggi, nuove tecniche, nuovi atteggiamenti psicologici" (Cei, Comunicare il vangelo in un mondo che cambia, 2001, n. 39).

    Nel quadro di questa rinnovata attenzione formativa ha trovato collocazione la stessa pubblicazione del Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa. Fin dalle prime righe, il direttorio si proponeva di "aiutare le comunità ecclesiali a prendere coscienza del ruolo dei media nella nostra società; far maturare una competenza relativa alla conoscenza, al giudizio, alla utilizzazione dei media per la missione della Chiesa; sviluppare alcune idee circa i punti nevralgici della pastorale delle comunicazioni sociali (comprensione dei media come cultura e non solo come mezzi, ecc.); offrire una piattaforma comune per i piani pastorali che ciascuna diocesi è chiamata a realizzare".

    Quelle intenzioni hanno saputo declinarsi in scelte precise. Il decennio che ci lasciamo alle spalle, infatti, è stato per la Chiesa italiana il primo del circuito radiofonico "InBlu", pensato nella prospettiva di garantire sul territorio una voce di ispirazione cattolica, che abbia la forza e la visibilità del nazionale, senza dissipare la vitalità e le risorse delle comunità locali. È un ambito che chiede di attuare una sinergia sempre più concreta "per una maggiore qualità dei programmi e con una consistente economia di scala" (ivi). Accanto all'esperienza radiofonica, si colloca quella dell'emittente televisiva "TV2000", oggi così denominata con il passaggio al digitale terrestre, svolta che tra l'altro porta il segnale nelle case di tutti gli italiani.

    Ancora, è stato il decennio che ha visto il quotidiano "Avvenire" compiere quarant'anni e consolidarsi quale strumento culturale decisivo per i cattolici e punto di riferimento nel panorama informativo del Paese. Discorso analogo può essere fatto per il Sir, l'agenzia di Servizio informativo religioso, che non solo ha tagliato in buona salute i suoi primi vent'anni - gli ultimi quindici dei quali on line - ma ha saputo evolversi, affiancando alle notizie nazionali una duplice attenzione:  per la realtà regionale e per quella europea.

    È il decennio che - pur in mezzo alle crescenti difficoltà che hanno colpito il mondo dell'editoria (l'ultima delle quali conseguente al decreto ministeriale che ha abolito le tariffe postali agevolate) - ha visto la Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici (Fisc) superare le 180 testate aderenti:  circa un milione di copie entrano, così, ogni sette giorni nelle nostre famiglie, con la cronaca del territorio letta ed approfondita alla luce dell'appartenenza ecclesiale. Molti di questi giornali hanno sviluppato anche una versione online, quale logico e coerente sviluppo del giornale cartaceo:  l'edizione web consente loro di raggiungere nuovi lettori, di offrire materiali di documentazione e di avere maggiore rilevanza nel panorama mediatico.

    Questo è stato anche il decennio delle migliaia di siti internet di ispirazione cattolica, che costituiscono ormai una presenza qualificata e matura:  penso a tutti i sussidi pastorali che veicolano, ma anche alla forza propositiva che esprimono, a partire dalla loro capacità di intessere nuove relazioni. Va qui riconosciuta la lungimiranza con la quale la Chiesa italiana ha saputo offrire alle diocesi un servizio di gestione dei contenuti web, mettendole in condizione di realizzare e di amministrare il proprio sito (è l'esperienza assicurata dal servizio internet della Cei). Va quindi incoraggiato il ruolo svolto dall'associazione dei Webmaster cattolici italiani (WeCa) quale punto di riferimento di chi opera nel web con ispirazione cattolica.

    Alla preziosa azione formativa assicurata dalle università cattoliche e pontificie, si è aggiunta quella del progetto Anicec, specifico per animatori della cultura e della comunicazione, dove i percorsi di e-learning si completano con momenti residenziali. L'animazione della comunicazione in chiave di evangelizzazione e di dialogo con la cultura ha trovato inoltre espressione - oltre che nel lavoro svolto dalle associazioni e dalle aggregazioni cattoliche - anche nei forum e nei convegni promossi dal Servizio per il progetto culturale:  basti qui ricordare l'ultimo evento internazionale, "Dio Oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto", svoltosi lo scorso dicembre, come anche proposte quali la Settimana interdisciplinare su Bibbia e comunicazione o la Settimana della comunicazione, nata dall'impegno della famiglia Paolina, che rinnova il suo appuntamento a metà del prossimo mese di maggio.

    Se queste iniziative sono rilevanti, l'ambito che ci sta maggiormente a cuore rimane comunque quello locale. È sul territorio che le nostre comunità si sono attivate - e voi ne siete espressione viva - per valorizzare la figura dell'animatore della cultura e della comunicazione, chiamato a muoversi da un lato verso chi è già impegnato nella pastorale, al fine di aiutarlo ad inquadrare meglio il suo operato nel nuovo contesto socio-culturale dominato dai media, dall'altro nell'aprire nuovi percorsi, attraverso i quali raggiungere persone ed ambiti spesso periferici, quando non addirittura estranei alla vita della Chiesa e alla sua missione. La presenza di mezzi di comunicazione promossi esplicitamente dalla comunità ecclesiale non deve, infatti, essere intesa in alternativa ad un impegno negli altri media, con i quali, anzi, si avverte l'esigenza di intensificare il dialogo e la collaborazione.

    È proprio su quest'ultimo versante che le tecnologie digitali rappresentano una nuova opportunità, che intendiamo abitare con la nostra testimonianza.
    "Conoscevo dalla mia infanzia quella valigetta di pelle nera - riconosce Pamuk, quasi con nostalgia -, la sua serratura, i suoi rinforzi ammaccati... Quella valigetta rappresentava per me molte cose familiari o affascinanti". E se a volte stentiamo ad aprirla, questa valigetta, se a nostra volta l'avvertiamo anche "pesante ed ingombrante" e quindi, con lo scrittore, ci ritroviamo tentati di metterla "con discrezione, senza far rumore, in un angolo", è a causa di alcuni ritardi che ci proponiamo di superare insieme. In conclusione voglio, allora, accennare emblematicamente a un paio di essi.

    Il primo ritardo è legato a un linguaggio che a volte rimane ancora autoreferenziale, quasi di nicchia, in un contesto culturale che nel frattempo è cambiato profondamente e che ci porta a confrontarci con una generazione che - quanto a formazione religiosa - non possiede ormai più il nostro vocabolario:  "Una generazione che non si pone contro Dio o contro la Chiesa, ma una generazione che sta imparando a vivere senza Dio e senza la Chiesa" (A. Matteo, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2010, 16).

    I "nativi digitali" - ossia le generazioni cresciute connesse alle nuove tecnologie - ne hanno assunto il linguaggio veloce, essenziale e pervasivo; nuotano in una comunicazione orizzontale, decentrata e interattiva; si muovono in una geografia che conosce la trasversalità dei saperi ed espone a una pluralità di prospettive. L'ambiente digitale - con il suo linguaggio ludico, fatto di suoni, immagini e interattività - è emotivamente e affettivamente coinvolgente.

    A tale riguardo, il nostro impegno di coltivare una nuova alfabetizzazione va portato avanti di pari passo con la consapevolezza che non si tratta semplicemente di sviluppare una vicinanza empatica alle tecnologie digitali, quanto di essere presenti anche in questo ambiente con modalità che non disperdano l'identità cristiana, l'eccedenza rappresentata dal Vangelo.

    Accanto ai problemi di linguaggio e di identità, l'altro punto al quale volevo accennare riguarda la difficoltà di mettere a fuoco, all'interno dei piani pastorali delle nostre diocesi, un progetto organico per le comunicazioni sociali, che integri queste ultime negli altri ambiti. Dobbiamo smetterla di considerare la comunicazione come "un ulteriore segmento della pastorale o un settore dedicato ai media", per intenderla invece come "lo sfondo per una pastorale interamente e integralmente ripensata a partire da ciò che la cultura mediale è e determina nelle coscienze e nella società" (Benedetto XVI, Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale).

    Si tratta, dunque, di "scongelare" veramente la figura dell'animatore della cultura e della comunicazione, figura sulla quale finora si è investito ancora troppo poco o comunque con scarsa convinzione.

    In sintesi:  un linguaggio credente ed un progetto organico per le comunicazioni sociali sono "il compito per casa" sul quale applicarsi fin dal nostro ritorno; sono le condizioni per elaborare una strategia comunicativa missionaria, che sia capace di coinvolgere tutti gli ambiti pastorali e di incidere sulla cultura della società. Sarà la sfida del decennio che inauguriamo, non a caso incentrato sull'educazione.


    (©L'Osservatore Romano - 23 aprile 2010)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 24/04/2010 21:12
    Il ruolo della Chiesa ai tempi della rete

    Comunione e connessione


    Dal 22 al 24 aprile a Roma la Conferenza episcopale italiana ha organizzato un convegno sul tema "Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell'era crossmediale". Pubblichiamo uno stralcio dell'intervento di uno dei relatori.

    di Antonio Spadaro

    L'avvento di internet è stato, certo, una rivoluzione. E tuttavia è necessario subito sfatare un mito:  che la rete sia un'assoluta novità del tempo moderno. Essa è una rivoluzione, certo, ma che potremmo definire "antica", cioè con salde radici nel passato. Internet replica antiche forme di trasmissione del sapere e del vivere comune, ostenta nostalgie, dà forma a desideri e valori antichi quanto l'essere umano.

    Quando si guarda alla rete occorre non solo vedere le prospettive di futuro che offre, ma anche i desideri e le attese che l'uomo ha sempre avuto e alle quali prova a rispondere, e cioè:  connessione, relazione, comunicazione e conoscenza. Sappiamo bene come da sempre la Chiesa abbia nell'annuncio di un messaggio e nelle relazioni di comunione due pilastri fondanti del suo essere. Internet non è, come spesso si legge, un semplice "strumento" di comunicazione che si può usare o meno, ma un "ambiente" culturale, che determina uno stile di pensiero e contribuisce a definire anche un modo nuovo di stringere le relazioni. E la Chiesa è naturalmente presente lì dove l'uomo sviluppa la sua capacità di conoscenza e di relazione.

    Essere "in rete" è un modo di abitare il mondo e di organizzarlo. La sfida della Chiesa non deve essere quella di come "usare" bene la rete, come spesso si crede, ma come "vivere" bene al tempo della rete. Internet è una realtà destinata a essere sempre più trasparente e integrata rispetto alla vita, diciamo così, "reale". Questa è la vera sfida:  imparare a essere wired, connessi, in maniera fluida, naturale, etica e perfino spirituale; a vivere la rete come uno degli ambienti di vita.

    È evidente, dunque, come la rete con tutte le sue "innovazioni dalle radici antiche" ponga alla Chiesa una serie di questioni rilevanti di ordine educativo e pastorale. Tuttavia vi sono alcuni punti critici che riguardano la stessa comprensione della fede e della Chiesa. La logica del web ha un impatto sulla logica teologica? Certamente internet comincia a porre delle sfide alla comprensione stessa del cristianesimo. Quali sono i punti di maggiore contatto dialettico tra la fede e la rete? Proverò quindi a individuare questi punti critici per avviare una loro discussione alla luce anche di palesi connaturalità come anche di evidenti incompatibilità.

    La "navigazione", in generale, è oggi una via ordinaria per la conoscenza. Capita sempre più spesso che, quando si necessita di una informazione, si interroghi la rete per avere la risposta da motori di ricerca quali "Google", "Bing" o altri ancora. Internet sembra essere il luogo delle risposte. Esse però raramente sono univoche:  la risposta è un insieme di link che rinviano a testi, immagini e video. Ogni ricerca può implicare un'esplorazione di territori differenti e complessi dando persino l'impressione di una certa esaustività.

    Digitando in un motore di ricerca la parola God oppure anche religion, spirituality, otteniamo liste di centinaia di milioni di pagine. Nella rete si avverte una crescita di bisogni religiosi che la "tradizione" religiosa soddisfa a fatica. L'uomo alla ricerca di Dio oggi avvia una navigazione. Quali sono le conseguenze? Si può cadere nell'illusione che il sacro e il religioso siano a portata di mouse. La rete, proprio grazie al fatto che è in grado di contenere tutto, può essere facilmente paragonata a una sorta di grande supermarket del religioso. Ci si illude dunque che il sacro resti "a disposizione" di un "consumatore" nel momento del bisogno.

    In questo contesto occorre però considerare qualcosa di estremamente interessante:  il possibile cambiamento radicale nella percezione della domanda religiosa. Una volta l'uomo era saldamente attratto dal religioso come da una fonte di senso fondamentale. L'uomo era una bussola, e la bussola implica un riferimento unico e preciso:  il Nord. Poi l'uomo ha sostituito nella propria esistenza la bussola con il radar che implica un'apertura indiscriminata anche al più blando segnale e questo, a volte, non senza la percezione di "girare a vuoto". L'uomo però era inteso comunque come un "uditore della parola", alla ricerca di un messaggio del quale sentiva il bisogno profondo. Oggi queste immagini, sebbene sempre vive e vere, "reggono" meno. L'uomo da bussola prima e radar poi, si sta trasformando in un decoder, cioè in un sistema di decodificazione delle domande sulla base delle molteplici risposte che lo raggiungono.

    Viviamo bombardati dai messaggi, subiamo una sovrainformazione, la cosiddetta information overload. Si può evitare, certo, ma occorre ormai molta "buona educazione", capacità di selezione che non è per nulla scontata. Il problema oggi non è più quello di reperire il messaggio di senso ma di decodificarlo, di riconoscerlo sulla base delle molteplici risposte che si ricevono.
     
    La grande parola da riscoprire, allora, è una vecchia conoscenza del vocabolario cristiano:  il "discernimento".

    Le domande radicali non mancheranno mai, ma oggi sono mediate dalle risposte che si ricevono e che richiedono il filtro del riconoscimento. La risposta è il luogo di emersione della domanda. Tocca all'uomo d'oggi, dunque, e soprattutto al formatore, all'educatore, dedurre e riconoscere le domande religiose vere a partire dalle molte risposte che lui si vede offrire continuamente. È un lavoro complesso, che richiede una grande preparazione e una grande sensibilità spirituale.

    È dunque necessario oggi educare le persone al fatto che ci sono realtà e domande che sfuggono sempre e comunque alla logica del "motore di ricerca", e che la "googlizzazione" della fede è impossibile perché falsa. È certamente da privilegiare invece la logica propria dei motori semantici verso i quali ci stiamo muovendo e che aiutano l'uomo a porre domande. È il caso di Wolfram|Alpha, un "motore computazionale di conoscenza", cioè un motore che interpreta le parole della domanda, e propone direttamente una sola risposta.

    Visto che, al momento, l'unica lingua che comprende è l'inglese, è interessante notare che la risposta alla domanda Does God exist? (Dio esiste?) sia:  "Mi dispiace, ma un povero motore computazionale di conoscenza, non importa quanto potente possa essere, non è in grado di fornire una risposta semplice a questa domanda". Lì dove "Google" va a colpo sicuro fornendo centinaia di migliaia di risposte indirette, Wolfram|Alpha fa un passo indietro. Ovviamente la sua è una risposta scritta da una persona, che avrebbe potuto scrivere anche semplicemente "sì" o "no".

    Qual è il migliore, dunque? Difficile da dire. Forse una via di mezzo. La differenza chiara però è che un motore "sintattico", quale è "Google", analizza le parole al di fuori del contesto nel quale vengono utilizzate. La ricerca semantica tenta invece di interpretare il significato logico delle frasi, analizzando il contesto. Il modo in cui si pone la domanda può influenzare l'efficacia della risposta, e dunque essa deve essere ben posta. La ricerca di Dio è sempre semantica e il suo significato nasce e dipende sempre da un contesto.

    Cominciamo a comprendere come la rete "sfidi" la fede nella sua comprensione grazie a una "logica" che sempre di più segna il modo di pensare degli uomini. Esploriamo alcuni territori facendo alcuni esempi.

    Il primo potrebbe essere quello dell'Ecclesiologia, visto che la rete crea communities. Non è possibile immaginare una vita ecclesiale essenzialmente di rete:  una "Chiesa di rete" in sé e per sé è una comunità priva di qualunque riferimento territoriale e di concreto riferimento reale di vita. L'"appartenenza" ecclesiale rischierebbe di essere considerata il frutto di un "consenso", e dunque "prodotto" della comunicazione. In questo contesto i passi dell'iniziazione cristiana rischiano di risolversi in una sorta di "procedura di accesso" (login) all'informazione, forse anche sulla base di un "contratto", che permette anche una rapida disconnessione (logoff).

    Il primo ordine di interrogativi nasce dal fatto che internet permette il collegamento diretto col centro delle informazioni, saltando ogni forma di mediazione visibile. Qualcuno, per fare un esempio concreto, potrebbe chiedersi:  perché devo leggere la lettera del parroco se posso realizzare la mia formazione attingendo materiali direttamente dal sito della Santa Sede? Molti, del resto già, grazie alla televisione, ben conoscono il volto del Santo Padre, ma non riconoscerebbero il vescovo della propria diocesi.

    Ma esiste una problematica più profonda di questa, legata al riconoscimento dell'autorità "gerarchica". La rete, di sua natura, è fondata sui link, cioè sui collegamenti reticolari, orizzontali, L'unica gerarchia è data dalla popolarità del page rank. La Chiesa vive di un'altra logica, differente da questa, e cioè quella di un messaggio donato, cioè ricevuto, che "buca" la dimensione orizzontale.

    Non solo:  una volta bucata la dimensione orizzontale, essa vive di testimonianza autorevole, di tradizione, di Magistero:  sono tutte parole queste che sembrano fare a pugni con una logica di rete. In fondo potremmo dire che sembra prevalere nel web la logica dell'algoritmo page rank di "Google". Sebbene in fase di superamento, esso ancora oggi determina per molti l'accesso alla conoscenza.

    Esso si fonda sulla popolarità:  in "Google" è più accessibile ciò che è maggiormente linkato, quindi le pagine web sulle quali c'è più accordo. Il suo fondamento è nel fatto che le conoscenze sono, dunque, modi concordati di vedere le cose.
    Questa a molti sembra la logica migliore per affrontare la complessità. Ma la Chiesa non può sposare questa logica, che nei suoi ultimi risultati, è esposta al dominio di chi sa manipolare l'opinione pubblica.

     L'autorità non è sparita in rete, e anzi rischia di essere ancora più occulta. E infatti la ricerca oggi si sta muovendo nella direzione di trovare altre metriche per i motori di ricerca, che siano più di "qualità" che di "popolarità".

    Ma il terzo e più decisivo e generale momento critico di questa orizzontalità è l'abitudine a fare a meno di una trascendenza. Il punto di riferimento delle dinamiche simboliche dello spazio digitale non è più un'alterità trascendente, ma sono io. Io sono al centro del mio mondo virtuale che diventa l'unico spazio di realtà, pur non essendo in grado di soddisfare la mia ricerca di verità.

    Tuttavia, nonostante i tre ordini di problemi qui illustrati, esiste anche un aspetto importante sul quale riflettere, e che appare oggi di grande importanza:  la società digitale non è pensabile e comprensibile solamente attraverso i contenuti trasmessi, ma soprattutto attraverso le relazioni:  lo scambio dei contenuti avviene all'interno delle relazioni. È necessario dunque non confondere "nuova complessità" con "disordine", e "aggregazione spontanea" con "anarchia". La Chiesa è chiamata ad approfondire maggiormente l'esercizio dell'autorità in un contesto fondamentalmente reticolare e dunque orizzontale. Appare chiaro che la carta da giocare è la testimonianza autorevole.

    Oggi l'uomo della rete si fida delle opinioni in forma di testimonianza. Facciamo un esempio:  se oggi voglio comprare un libro o farmi un'opinione sulla sua validità vado su un social network come aNobii o visito una libreria on line come Amazon o Internetbookshop e leggo le opinioni di altri lettori. Questi pareri hanno più il taglio delle testimonianze che delle classiche recensioni:  spesso fanno appello al personale processo di lettura e alle reazioni che ha suscitate. E lo stesso accade se voglio comprare una applicazione o un brano musicale su iTunes. Esistono anche testimonianze sulla affidabilità delle persone nel caso in cui esse sono venditrici di oggetti su eBay. Ma gli esempi si possono moltiplicare:  si tratta sempre e comunque di quegli user generated content che hanno fatto la "fortuna" e il significato dei social network. La "testimonianza" è da considerare dunque, all'interno della logica delle reti partecipative, un "contenuto generato dall'utente".

    La Chiesa in rete è chiamata dunque non solamente a una "emittenza" di contenuti, ma soprattutto a una "testimonianza" in un contesto di relazioni ampie composto da credenti di ogni religione, non credenti e persone di ogni cultura. È chiamata dunque - scrive Benedetto XVI - a "tener conto anche di quanti non credono, sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche".

    È su questo terreno che si impone l'autorità della testimonianza. Non si può più scindere il messaggio dalle relazioni "virtuose" che esso è in grado di creare. Si comprende bene che uno dei punti critici della nostra riflessione è in realtà il concetto di "dono", di un fondamento esterno. La rete per la Chiesa è sempre e comunque "bucata":  la Rivelazione è un dono indeducibile e l'agire ecclesiale ha in questo dono il suo fondamento e la sua origine. Ma è il concetto stesso di "dono" che oggi sta mutando. La rete è il luogo del dono, infatti. Concetti come file sharing, freeware, open source, creative commons, user generated content, social network hanno tutti al loro interno, anche se in maniera differente, il concetto di "dono", di abbattimento dell'idea di "profitto".


    (©L'Osservatore Romano - 25 aprile 2010)


    CLICCARE QUI PER IL TESTO DEL PAPA SU INTERNET, PRONUNCIATO STAMANI ALLA CEI

    Il Papa ed internt: ATTENTI AL RELATIVISMO INTELLETTUALE e al gioco delle opinioni

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 24/01/2011 12:29
    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 45a GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, 24.01.2011

    "Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale" è il tema scelto dal Santo Padre Benedetto XVI per la 45a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Di seguito pubblichiamo il Messaggio del Papa per la Giornata, che quest’anno si celebra domenica 5 giugno:


    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

                                         

    Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale

    Cari fratelli e sorelle,

    in occasione della XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, desidero condividere alcune riflessioni, motivate da un fenomeno caratteristico del nostro tempo: il diffondersi della comunicazione attraverso la rete internet.

    È sempre più comune la convinzione che, come la rivoluzione industriale produsse un profondo cambiamento nella società attraverso le novità introdotte nel ciclo produttivo e nella vita dei lavoratori, così oggi la profonda trasformazione in atto nel campo delle comunicazioni guida il flusso di grandi mutamenti culturali e sociali. Le nuove tecnologie non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa, per cui si può affermare che si è di fronte ad una vasta trasformazione culturale. Con tale modo di diffondere informazioni e conoscenze, sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione.

    Si prospettano traguardi fino a qualche tempo fa impensabili, che suscitano stupore per le possibilità offerte dai nuovi mezzi e, al tempo stesso, impongono in modo sempre più pressante una seria riflessione sul senso della comunicazione nell’era digitale. Ciò è particolarmente evidente quando ci si confronta con le straordinarie potenzialità della rete internet e con la complessità delle sue applicazioni. Come ogni altro frutto dell’ingegno umano, le nuove tecnologie della comunicazione chiedono di essere poste al servizio del bene integrale della persona e dell’umanità intera. Se usate saggiamente, esse possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità e di unità che rimane l’aspirazione più profonda dell’essere umano.

    Nel mondo digitale, trasmettere informazioni significa sempre più spesso immetterle in una rete sociale, dove la conoscenza viene condivisa nell’ambito di scambi personali. La chiara distinzione tra il produttore e il consumatore dell’informazione viene relativizzata e la comunicazione vorrebbe essere non solo uno scambio di dati, ma sempre più anche condivisione. Questa dinamica ha contribuito ad una rinnovata valutazione del comunicare, considerato anzitutto come dialogo, scambio, solidarietà e creazione di relazioni positive. D’altro canto, ciò si scontra con alcuni limiti tipici della comunicazione digitale: la parzialità dell’interazione, la tendenza a comunicare solo alcune parti del proprio mondo interiore, il rischio di cadere in una sorta di costruzione dell’immagine di sé, che può indulgere all’autocompiacimento.

    Soprattutto i giovani stanno vivendo questo cambiamento della comunicazione, con tutte le ansie, le contraddizioni e la creatività proprie di coloro che si aprono con entusiasmo e curiosità alle nuove esperienze della vita.

    Il coinvolgimento sempre maggiore nella pubblica arena digitale, quella creata dai cosiddetti social network, conduce a stabilire nuove forme di relazione interpersonale, influisce sulla percezione di sé e pone quindi, inevitabilmente, la questione non solo della correttezza del proprio agire, ma anche dell’autenticità del proprio essere. La presenza in questi spazi virtuali può essere il segno di una ricerca autentica di incontro personale con l’altro se si fa attenzione ad evitarne i pericoli, quali il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo, o l’eccessiva esposizione al mondo virtuale. Nella ricerca di condivisione, di "amicizie", ci si trova di fronte alla sfida dell’essere autentici, fedeli a se stessi, senza cedere all’illusione di costruire artificialmente il proprio "profilo" pubblico.

    Le nuove tecnologie permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie. Questa è una grande opportunità, ma comporta anche una maggiore attenzione e una presa di coscienza rispetto ai possibili rischi.

    Chi è il mio "prossimo" in questo nuovo mondo? Esiste il pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella nostra vita quotidiana ordinaria? Esiste il rischio di essere più distratti, perché la nostra attenzione è frammentata e assorta in un mondo "differente" rispetto a quello in cui viviamo? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare rapporti umani che siano veramente profondi e duraturi? E’ importante ricordare sempre che il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita.

    Anche nell’era digitale, ciascuno è posto di fronte alla necessità di essere persona autentica e riflessiva. Del resto, le dinamiche proprie dei social network mostrano che una persona è sempre coinvolta in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali. Ne consegue che esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro.

    Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita. Del resto, anche nel mondo digitale non vi può essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia. Nei nuovi contesti e con le nuove forme di espressione, il cristiano è ancora una volta chiamato ad offrire una risposta a chiunque domandi ragione della speranza che è in lui (cfr 1Pt 3,15).

    L’impegno per una testimonianza al Vangelo nell’era digitale richiede a tutti di essere particolarmente attenti agli aspetti di questo messaggio che possono sfidare alcune delle logiche tipiche del web. Anzitutto dobbiamo essere consapevoli che la verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla sua "popolarità" o dalla quantità di attenzione che riceve. Dobbiamo farla conoscere nella sua integrità, piuttosto che cercare di renderla accettabile, magari "annacquandola". Deve diventare alimento quotidiano e non attrazione di un momento.

    La verità del Vangelo non è qualcosa che possa essere oggetto di consumo, o di fruizione superficiale, ma è un dono che chiede una libera risposta. Essa, pur proclamata nello spazio virtuale della rete, esige sempre di incarnarsi nel mondo reale e in rapporto ai volti concreti dei fratelli e delle sorelle con cui condividiamo la vita quotidiana. Per questo rimangono sempre fondamentali le relazioni umane dirette nella trasmissione della fede!

    Vorrei invitare, comunque, i cristiani ad unirsi con fiducia e con consapevole e responsabile creatività nella rete di rapporti che l’era digitale ha reso possibile. Non semplicemente per soddisfare il desiderio di essere presenti, ma perché questa rete è parte integrante della vita umana. II web sta contribuendo allo sviluppo di nuove e più complesse forme di coscienza intellettuale e spirituale, di consapevolezza condivisa. Anche in questo campo siamo chiamati ad annunciare la nostra fede che Cristo è Dio, il Salvatore dell’uomo e della storia, Colui nel quale tutte le cose raggiungono il loro compimento (cfr Ef 1,10). La proclamazione del Vangelo richiede una forma rispettosa e discreta di comunicazione, che stimola il cuore e muove la coscienza; una forma che richiama lo stile di Gesù risorto quando si fece compagno nel cammino dei discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35), i quali furono condotti gradualmente alla comprensione del mistero mediante il suo farsi vicino, il suo dialogare con loro, il far emergere con delicatezza ciò che c’era nel loro cuore.

    La verità che è Cristo, in ultima analisi, è la risposta piena e autentica a quel desiderio umano di relazione, di comunione e di senso che emerge anche nella partecipazione massiccia ai vari social network. I credenti, testimoniando le loro più profonde convinzioni, offrono un prezioso contributo affinché il web non diventi uno strumento che riduce le persone a categorie, che cerca di manipolarle emotivamente o che permette a chi è potente di monopolizzare le opinioni altrui. Al contrario, i credenti incoraggiano tutti a mantenere vive le eterne domande dell'uomo, che testimoniano il suo desiderio di trascendenza e la nostalgia per forme di vita autentica, degna di essere vissuta. È proprio questa tensione spirituale propriamente umana che sta dietro la nostra sete di verità e di comunione e che ci spinge a comunicare con integrità e onestà.

    Invito soprattutto i giovani a fare buon uso della loro presenza nell’arena digitale. Rinnovo loro il mio appuntamento alla prossima
    Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, la cui preparazione deve molto ai vantaggi delle nuove tecnologie. Per gli operatori della comunicazione invoco da Dio, per intercessione del Patrono san Francesco di Sales, la capacità di svolgere sempre il loro lavoro con grande coscienza e con scrupolosa professionalità, mentre a tutti invio la mia Apostolica Benedizione.

    Dal Vaticano, 24 gennaio 2011, Festa di san Francesco di Sales

    BENEDICTUS PP XVI



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)