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Siete proprio sicuri che lo SFS non vi impone dei dogmi??

Ultimo Aggiornamento: 20/02/2022 22:25
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31/01/2022 22:35
 
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Re: Re: Re: Re:
Angelo Serafino53, 31/01/2022 20:51:



Verderame

comincia a vedere questa
Domande dai lettori

comunque già da questo verso non si parla di spirituale l'esempio spirituale deve calzare con quello letterale .
“Il salario che il peccato paga è la morte”. (Rom. 6:23) Questo significa che quando una persona è morta la testimonianza dei suoi peccati non è più contro di lei.


● Quelli che saranno destati alla vita sulla terra saranno ancora imperfetti e afflitti dal peccato adamico, giacché Romani 6:7 afferma che chi “è morto è stato assolto dal suo peccato”? — U.S.A.

bit.ly/3HwZfbv



Lo avevo già letto. E comunque come scritto, il significato è quello che ho detto io:

"Per essere unti con lo spirito santo e venire accettati come figli spirituali di Dio, dovevano morire al loro precedente modo di vivere quali uomini imperfetti, farsi perdonare da Dio i peccati e ottenere che fosse loro attribuita la perfezione umana."

Poi il resto dell'articolo, cerca estrapolando, di far dire che il passo riguarderebbe anche chi è morto fisicamente, il che secondo me, è errato. Il malvagio risuscitato conserva la sua personalità, per cui a meno che non muoia per quello che è la sua tendenza peccatrice, e cambi di personalità, anche risuscitato non è assolto dal suo peccato. Rimane afflitto dal peccato.

Romani 6:23 vuole semplicemente dire che è la morte che diventa il salario del peccato. Cioè uno che pecca avrà come salario la morte, come ricompensa. Non il contrario.
[Modificato da verderame.1958 31/01/2022 22:37]



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La vita è piacevole. La morte è pacifica. È la transizione che crea dei problemi.

Isaac Asimov
31/01/2022 23:08
 
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Re: Re: Re:
verderame.1958, 31/01/2022 18:21:




Caro Simon, il contesto di Romani 6:7 mostra che non si tratta di morte fisica, ma nel senso che battezzandosi si rinuncia alla vecchia personalità,...è morto e rinasce come cristiano grazie al sacrificio di Gesù. La morte fisica in se stessa non assolve dai peccati.

"10 La morte che ha subìto, infatti, l’ha subita per il peccato una volta per sempre;n ma la vita che vive, la vive per Dio. 11 E così anche voi consideratevi morti rispetto al peccato, ma vivi per Dio mediante Cristo Gesù.o"

Così Erasmo, Calovius, Homberg, Bengel e altri, tra cui Koppe, Flatt, Glöckler, Olshausen, Tholuck (che considera il peccato come creditore ), de Wette ("chiunque è morto al peccato, lui - solo - è assolto dal peccato"), Rothe, Krehl, Philippi (chiunque sia eticamente morto, per lui il peccato ha perso il diritto di impeachment e di controllo, proprio come spiega Bengel), anche van Hengel, Jatho e Märcker."



Trovo corretta la tua interpretazione sul versetto di Romani 6:7, a meno che non si voglia estrapolarlo dal suo contesto come fanno i tdG. Il Nuovo Grande Commentario Biblico della Queriniana da questa spiegazione a p.1109: " 7. chi è morto, è ormai libero dal peccalo: Due sono le spiegazioni correnti del difficile verbo dedikiwtai. Inteso in un senso giuridico, il verbo significherebbe che, dal punto di vista della legge, una persona morta è assolta o rimessa in libertà, poiché il peccato
non può più avere nessuna pretesa o causa nei suoi confronti. È possibile che Paolo si richiami qui ad una concezione rabbinica: la morte di una persona colpevolepone fine a qualsiasi contestazione (si veda Str-B 3,232; cf. K.G. Kt1HN, ZNW 30 (1931) 305; G. SCHRENK, GLNT 2, 1309-1310). L'altra spiegazione cerca di interpretare il verbo a prescindere da una connotazione giuridica (cosi LYONNET, Romains, 89; CRANFIELD, Romans, 310-311): colui che è morto ha perduto
lo strumento stesso per peccare, «il corpo di peccato»; è, in tal modo, definitivamente liberato dal peccato. In
ambedue i casi è avvenuto un cambiamento di stato; con il battesimo-morte è stato posto un termine alla vecchia condizione, ed ha avuto inizio una nuova situazione".

01/02/2022 00:26
 
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Romani 6:23 vuole semplicemente dire che è la morte che diventa il salario del peccato. Cioè uno che pecca avrà come salario la morte, come ricompensa. Non il contrario.



Verderame

Il tema della discussione sarebbe se i Testimoni di Geova hanno dogmi
comunque non credo che questo lo sia
altrimenti tutte le religioni sarebbero strapiene di dogmi, poichè hanno letture di versetti diverse tra di loro

potremmo nonostante questo continuarla la conversazione nell'interesse di chi ci legge

intanto la nostra bibbia per lo studio ha da dire questo:

Romani 6:7
è stato assolto O “è stato liberato”, “è stato perdonato”. Lett. “è stato giustificato”. Il verbo greco qui usato (dikaiòo) è spesso reso “dichiarare giusto”. Dal contesto si capisce che Paolo parla dei cristiani unti con lo spirito che erano in vita ai suoi giorni.

Quei cristiani erano stati battezzati in Cristo Gesù e avevano ricevuto la prospettiva della vita celeste.

Comunque, per essere unti con lo spirito santo ed essere accettati come figli spirituali di Dio, dovevano simbolicamente morire rispetto al loro precedente modo di vivere quali esseri umani imperfetti e ottenere da Dio il perdono dei peccati.

In questo modo poteva essere attribuita loro la perfezione umana. Nel presentare questa argomentazione riguardo ai cristiani unti, Paolo si rifà a una verità fondamentale.

Dal momento che sa che la pena per il peccato di Adamo è la morte (Gen 2:17), Paolo afferma che “chi è morto è stato assolto dal suo peccato” perché con la morte ha scontato la pena del peccato.

In Ro 6:23 Paolo dice: “Il salario del peccato è la morte”. Questo significa che, quando una persona è morta, i suoi peccati non le vengono più imputati.

Inoltre, se non fosse per il sacrificio di Gesù e per il proposito di Dio di risuscitarla, quella persona non tornerebbe mai più a vivere. Tuttavia, sarebbe comunque stata assolta dai suoi peccati, dato che Dio non riesaminerebbe il suo caso per condannarla a una pena ulteriore.
[Modificato da Angelo Serafino53 01/02/2022 00:53]
01/02/2022 07:27
 
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Silvio.51:

Trovo corretta la tua interpretazione sul versetto di Romani 6:7, a meno che non si voglia estrapolarlo dal suo contesto come fanno i tdG


Io non vedo alcuna decontestualizzazuone, anzi... Il discorso paolino inizia molto prima, e precedentemente afferma:
Ro 5:12: "Ecco perché, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte si è estesa a tutti gli uomini perché tutti hanno peccato."
Ro 5:18: "Perciò, proprio come per una sola colpa uomini di ogni tipo sono stati condannati, così grazie a un solo atto di giustificazione uomini di ogni tipo vengono dichiarati giusti per la vita"

È possibile uscire dalla condizione peccaminosa battezzandosi o smettendo di peccare?
No, perché si è sempre soggetti al peccato adamico e si continua a morire comunque.

È possibile smettere di praticare il peccato, azione sotto il controllo dalla propria volontà, ed è cosa ben diversa.

Sempre Paolo dice infatti in 6:12 "Perciò non lasciate che il peccato continui a regnare nel vostro corpo mortale, così che dobbiate ubbidire ai suoi desideri.

E parlava per esperienza personale, come in 7:23 "nelle mie membra vedo un’altra legge che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra.

verderame.1958:

Romani 6:23 vuole semplicemente dire che è la morte che diventa il salario del peccato. Cioè uno che pecca avrà come salario la morte, come ricompensa. Non il contrario.



La grammatica del testo non permette di inserire "uno" che pecca o "chi" pecca, ma dice chiaramente che il salario (o paga) del peccato è la morte: essendo il peccato imprendiscibile dalla natura umana imperfetta, tutti peccano (e hanno peccato) e tutti riscuotono lo stesso salario, la morte.

Ro 5:12 "la morte si è estesa a tutti gli uomini perché tutti hanno peccato"
e
Ro 6:7 "Infatti chi è morto è stato assolto dal suo peccato"

Non leggo una distinzione tra chi pecca e chi non pecca o tra "unti" e non "unti" : leggo tutti.
01/02/2022 10:50
 
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Re:
M71, 01/02/2022 07:27:



verderame.1958:

Romani 6:23 vuole semplicemente dire che è la morte che diventa il salario del peccato. Cioè uno che pecca avrà come salario la morte, come ricompensa. Non il contrario.



La grammatica del testo non permette di inserire "uno" che pecca o "chi" pecca, ma dice chiaramente che il salario (o paga) del peccato è la morte: essendo il peccato imprendiscibile dalla natura umana imperfetta, tutti peccano (e hanno peccato) e tutti riscuotono lo stesso salario, la morte.

Ro 5:12 "la morte si è estesa a tutti gli uomini perché tutti hanno peccato"
e
Ro 6:7 "Infatti chi è morto è stato assolto dal suo peccato"

Non leggo una distinzione tra chi pecca e chi non pecca o tra "unti" e non "unti" : leggo tutti.



Il "vero" senso di Rom. 6:7 è ("chiunque è morto al peccato, lui - solo - è assolto dal peccato").

Quindi, chi è risuscitato con la stessa personalità e stessa inclinazione al peccato non è morto "al peccato". Solo quando farà morire le sua membra in quanto al peccato, potrà essere assolto dal peccato.
La morte fisica non assolve, a meno che si rimane morti. Ma visto che ci sarà una risurrezione dei Giusti e degli ingiusti, i quali saranno giudicati in base a "se hanno fatto cose buone o cose ignobili" nella vita precedente, questo ci fa pensare che solo i giusti rimangono assolti dal peccato, ma gli ingiusti il loro peccato non è stato assolto. La morte per loro sarà stata come un sonno di una notte, ...e si svegliano tali e quali, (dal punto di vista morale), che erano prima di morire.
[Modificato da verderame.1958 01/02/2022 10:55]



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Isaac Asimov
01/02/2022 11:19
 
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ROMANI 6.7:

«“Infatti colui che è morto è giustificato dal peccato.” È quasi certo che queste parole siano una reminiscenza consapevole di un principio giuridico rabbinico ben noto, ma non è affatto chiaro se Paolo vi si stia richiamando per chiudere definitivamente il suo ragionamento. Nel significato che «la morte estingue tutti i debiti», questo principio è valido soltanto in relazione ai tribunali umani: è certo che Paolo non pensava che la morte di un essere umano espiasse anche i suoi peccati in riferimento a Dio, o che un morto non fosse più responsabile verso Dio dei suoi peccati. Il principio rabbinico, nella fattispecie, è del tutto inadeguato quale conferma di quanto è stato appena detto. Quindi è molto più probabile che Paolo, per quanto consapevole dell'uso rabbinico di un'espressione parallela, stesse utilizzando le parole nel loro significato proprio, e che egli volesse intenderle non come una dichiarazione generale riguardante i morti, ma come una dichiarazione teologica specifica nei confronti di una persona che, morta con Cristo al battesimo, nel senso che nel battesimo essa ha ricevuto il segno e il sigillo del suo essere morta con Cristo per decisione di Dio, sia stata giustificata dal suo peccato. Fare questa dichiarazione significa anche confermare il v. 6; poiché è il fatto che Dio ci ha giustificati che costituisce il fondamento solido di quella nuova libertà di resistere alla schiavitù del peccato nella nostra vita quotidiana, a cui fa riferimento l'ultima frase del v. 6.» [Fonte: C.E.B. CRANFIELD, LA LETTERA DI PAOLO AI ROMANI (Capitoli 1-8), vol. 1; traduzione di Domenico Tomasetto traduzione del testo biblico greco di Bruno Corsani CLAUDIANA- TORINO 1998, pp. 169-170].

«Probabilmente Paolo lascia riecheggiare un principio generale conosciuto nel mondo giudaico-rabbinico, per cui chi è morto è considerato ormai libero dall’osservanza dei comandamenti, e quindi dai peccati; là esso però era applicato alla morte fisica, qui invece si tratta in definitiva di un uso metaforico del verbo «morire», dal momento che si riferisce alla morte di chi partecipa misticamente alla morte di Cristo. In altre parole: unendosi alla morte di Cristo, i credenti condividono il suo stato di separazione dal peccato, per cui vengono giustificati-liberati dal peccato e sottratti alla sua tirannia.» [Fonte: LETTERA AI ROMANI Introduzione, traduzione e commento a cura di Giuseppe Pulcinelli (San Paolo, 2014) p.95].
[Modificato da silvio.51 01/02/2022 11:21]
01/02/2022 11:56
 
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Re: Re:
verderame.1958, 01.02.2022 10:50:



Il "vero" senso di Rom. 6:7 è ("chiunque è morto al peccato, lui - solo - è assolto dal peccato").

Quindi, chi è risuscitato con la stessa personalità e stessa inclinazione al peccato non è morto "al peccato". Solo quando farà morire le sua membra in quanto al peccato, potrà essere assolto dal peccato.
La morte fisica non assolve, a meno che si rimane morti. Ma visto che ci sarà una risurrezione dei Giusti e degli ingiusti, i quali saranno giudicati in base a "se hanno fatto cose buone o cose ignobili" nella vita precedente, questo ci fa pensare che solo i giusti rimangono assolti dal peccato, ma gli ingiusti il loro peccato non è stato assolto. La morte per loro sarà stata come un sonno di una notte, ...e si svegliano tali e quali, (dal punto di vista morale), che erano prima di morire.




La morte fisica non libera da un'imputazione, è il salario del peccato. In questo senso il debito è pagato con la vita.
YHWH ai morti non chiede altro. Non tormenta né con penosi tribunali che non lasciano speranza né con supplizi eterni. I morti stanno in pace. O nelle tombe commemorative (nella memoria di Dio) o nella Geenna (nell'oblio di Dio).

è il sangue di Cristo che assolve dal peccato, e gli ingiusti non hanno avuto modo di esercitare fede in questo.
Perché i giusti sono sono salvati per aver esercitato fede.

Ed è per questo motivo che pure gli ingiusti sono risorti, malgrado le loro opere.

chi è risorto durante il Millennio sarà giudicato in base alle sue opere

ma le cose passate saranno dimenticate, poiché YHWH crea nuovi cieli e una nuova terra; le cose passate non torneranno in mente né saliranno in cuore e ognuno sarà giudicato secondo le cose che ha fatto, cose buone o cose ignobili.

Ma..."nella vita precedente" non si legge da nessuna parte.

per tutti i risorti, il millennio è un giorno di giudizio. In questo tempo sarà dato modo per cambiare personalità e vestire una nuova personalità sul modello del Cristo, il Santo di Dio Gesù, il Figlio Diletto.
[Modificato da I-gua 01/02/2022 12:02]
01/02/2022 13:07
 
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Re: Re: Re:
I-gua, 01/02/2022 11:56:




La morte fisica non libera da un'imputazione, è il salario del peccato. In questo senso il debito è pagato con la vita.




E su questo siamo d'accordo. Ma mi sembra che lo SFS dica diversamente, ...se non sbaglio.




ma le cose passate saranno dimenticate, poiché YHWH crea nuovi cieli e una nuova terra; le cose passate non torneranno in mente né saliranno in cuore e ognuno sarà giudicato secondo le cose che ha fatto, cose buone o cose ignobili.

Ma..."nella vita precedente" non si legge da nessuna parte.



I rotoli che contengono "le opere" dei risuscitati, vengono aperti subito dopo che vengono risuscitati, per cui si basano sulla vita precedente.



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La vita è piacevole. La morte è pacifica. È la transizione che crea dei problemi.

Isaac Asimov
01/02/2022 14:14
 
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Re: Re: Re: Re:
verderame.1958, 01.02.2022 13:07:



E su questo siamo d'accordo. Ma mi sembra che lo SFS dica diversamente, ...se non sbaglio.




ma le cose passate saranno dimenticate, poiché YHWH crea nuovi cieli e una nuova terra; le cose passate non torneranno in mente né saliranno in cuore e ognuno sarà giudicato secondo le cose che ha fatto, cose buone o cose ignobili.

Ma..."nella vita precedente" non si legge da nessuna parte.



I rotoli che contengono "le opere" dei risuscitati, vengono aperti subito dopo che vengono risuscitati, per cui si basano sulla vita precedente.




A me risulta che lo SFS insegni che ciò che assolve dai peccati è esercitare fede nel sacrificio di Gesù, è il suo sangue versato per noi che toglie i peccati.

E che una volta morti, Dio non chiede più altro…

… se non ai risorti.


Mi sbaglio?


I risorti sono risorti per vivere. Quindi il giudizio che ricevono all’inizio è la base sulla quale iniziare a vivere… la vera vita
01/02/2022 14:50
 
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Re: Re:
verderame.1958, 01/02/2022 10:50:


Il "vero" senso di Rom. 6:7 è ("chiunque è morto al peccato, lui - solo - è assolto dal peccato").



Nella CEI leggo che "chi è morto, è ormai libero dal peccato". Chi non è (ancora) morto, in questo sistema, non è libero; chi è morto, è libero. "Libero dal" individua, dal pdv dell'analisi logica, un complemento di separazione: la morte separa chi la subisce dal proprio peccato.

Certamente la morte assolve solo chi muore: non funziona per conto terzi, tranne nel caso eccezionale di Gesù (Mt 20:28).


Quindi, chi è risuscitato con la stessa personalità e stessa inclinazione al peccato non è morto "al peccato".


Qua però fai un'associazione arbitraria: inclinazione al peccato = peccatore. Non sono d'accordo.


Solo quando farà morire le sua membra in quanto al peccato, potrà essere assolto dal peccato.


L'inclinazione al peccato non è l'atto stesso del peccare. Se un risuscitato ha l'inclinazione a peccare, ma non pecca, non puoi considerarlo peccatore potenziale (giacché la macchia della morte adamica è stata cancellata), ma conserva tale stato o fino alla perfezione, o fino al momento in cui pecca.

Personalmente trovo difficile che il risuscitato debba necessariamente essere incline a peccare, non esistendo più Satana e compagnia cantante a far pressioni, ma solo la sua indole imperfetta che si smorza via via che si realizza il processo di perfezione. Intravedo un quadro più roseo del tuo.


La morte fisica non assolve, a meno che si rimane morti.


Ro 6:7 non dice pone condizioni sulla permanenza nello stato di morte; è la morte stessa, quando occorre, che regola il conto: da allora in poi, che il corpo venga risuscitato o meno, è pur sempre assolto dal peccato adamico. La risurrezione non è un diritto, ma un provvedimento amorevole che Dio applica sulla base del sacrificio di Gesù.


Ma visto che ci sarà una risurrezione dei Giusti e degli ingiusti, i quali saranno giudicati in base a "se hanno fatto cose buone o cose ignobili" nella vita precedente, questo ci fa pensare che solo i giusti rimangono assolti dal peccato, ma gli ingiusti il loro peccato non è stato assolto. La morte per loro sarà stata come un sonno di una notte, ...e si svegliano tali e quali, (dal punto di vista morale), che erano prima di morire.


Intanto dobbiamo definire il concetto di giusto/ingiusto e sopratutto rispetto a cosa.

At 24:15, il passo che parla della speranza paolina circa "una risurrezione sia dei giusti che degli ingiusti", non fornisce nessuna definizione di giusto/ingiusto.
Gv 5:29 fa una distinzione tra "quelli che hanno fatto cose buone" e "quelli che hanno praticato cose ignobili" e si riferisce effettivamente alle opere compiute prima della morte. Ma attenzione: la distinzione tra le due risurrezioni, quella di vita e quella di giudizio non è tra la vita e la morte, tra l'assoluzione e la condanna: è in riferimento alla presenza o meno del proprio nome nel libro della vita di Ri 17:8.

Ri 20:12:"Vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono, e furono aperti dei rotoli. Fu aperto anche un altro rotolo: il rotolo della vita. I morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto nei rotoli, secondo le loro opere."
01/02/2022 17:53
 
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Re: Re: Re:
M71, 01/02/2022 14:50:

verderame.1958, 01/02/2022 10:50:


Il "vero" senso di Rom. 6:7 è ("chiunque è morto al peccato, lui - solo - è assolto dal peccato").



Nella CEI leggo che "chi è morto, è ormai libero dal peccato". Chi non è (ancora) morto, in questo sistema, non è libero; chi è morto, è libero. "Libero dal" individua, dal pdv dell'analisi logica, un complemento di separazione: la morte separa chi la subisce dal proprio peccato.

Certamente la morte assolve solo chi muore: non funziona per conto terzi, tranne nel caso eccezionale di Gesù (Mt 20:28).


Quindi, chi è risuscitato con la stessa personalità e stessa inclinazione al peccato non è morto "al peccato".


Qua però fai un'associazione arbitraria: inclinazione al peccato = peccatore. Non sono d'accordo.


Solo quando farà morire le sua membra in quanto al peccato, potrà essere assolto dal peccato.


L'inclinazione al peccato non è l'atto stesso del peccare. Se un risuscitato ha l'inclinazione a peccare, ma non pecca, non puoi considerarlo peccatore potenziale (giacché la macchia della morte adamica è stata cancellata), ma conserva tale stato o fino alla perfezione, o fino al momento in cui pecca.

Personalmente trovo difficile che il risuscitato debba necessariamente essere incline a peccare, non esistendo più Satana e compagnia cantante a far pressioni, ma solo la sua indole imperfetta che si smorza via via che si realizza il processo di perfezione. Intravedo un quadro più roseo del tuo.


La morte fisica non assolve, a meno che si rimane morti.


Ro 6:7 non dice pone condizioni sulla permanenza nello stato di morte; è la morte stessa, quando occorre, che regola il conto: da allora in poi, che il corpo venga risuscitato o meno, è pur sempre assolto dal peccato adamico. La risurrezione non è un diritto, ma un provvedimento amorevole che Dio applica sulla base del sacrificio di Gesù.


Ma visto che ci sarà una risurrezione dei Giusti e degli ingiusti, i quali saranno giudicati in base a "se hanno fatto cose buone o cose ignobili" nella vita precedente, questo ci fa pensare che solo i giusti rimangono assolti dal peccato, ma gli ingiusti il loro peccato non è stato assolto. La morte per loro sarà stata come un sonno di una notte, ...e si svegliano tali e quali, (dal punto di vista morale), che erano prima di morire.


Intanto dobbiamo definire il concetto di giusto/ingiusto e sopratutto rispetto a cosa.

At 24:15, il passo che parla della speranza paolina circa "una risurrezione sia dei giusti che degli ingiusti", non fornisce nessuna definizione di giusto/ingiusto.
Gv 5:29 fa una distinzione tra "quelli che hanno fatto cose buone" e "quelli che hanno praticato cose ignobili" e si riferisce effettivamente alle opere compiute prima della morte. Ma attenzione: la distinzione tra le due risurrezioni, quella di vita e quella di giudizio non è tra la vita e la morte, tra l'assoluzione e la condanna: è in riferimento alla presenza o meno del proprio nome nel libro della vita di Ri 17:8.

Ri 20:12:"Vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono, e furono aperti dei rotoli. Fu aperto anche un altro rotolo: il rotolo della vita. I morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto nei rotoli, secondo le loro opere."



Perché colui che è morto, è liberato dal peccato. Questo non è da intendersi per morte naturale o corporea; poiché questo è l'effetto del peccato, e viene inflitto per punizione a persone senza Cristo; tanto è lontano dall'essere un'espiazione per il peccato, come immaginano gli ebrei (t); inoltre, vi sono molte persone che, come muoiono nei loro peccati, risorgeranno in essi; sebbene si allude a morte naturale, quando le persone sono libere da quelle leggi e obblighi di servizio e dovere a cui sono sottoposte in vita: ma qui si deve intendere di morte spirituale o mistica, e di persone morte alla legge , dal corpo di Cristo; morto al peccato per il sacrificio e la grazia di Cristo; che sono battezzati nella morte di Cristo, ea sua imitazione: tali sono «liberati dal peccato»; non dall'essere di esso; né dal peso di esso; né da una guerra continua con essa; né da scivolamenti e cadute in esso; no, neppure liberato da esso, nei più solenni servizi e atti di religione; ma sono liberati dal suo dominio, dalla servitù ad essa, e anche dalla sua colpa, e dall'obbligo di punizione a causa di essa: sono, come è nel testo greco, e come la Vulgata latina e Le versioni arabe leggono "giustificato dal peccato". https://biblehub.com/commentaries/romans/6-7.htm#:~:text=Perch%C3%A9%20colui%20che%20%C3%A8%20morto%2C%20%C3%A8,versioni%20arabe%20leggono%20%22giustificato%20dal%20peccato%22.

La morte è solo una conseguenza del peccato, la punizione inflitta, ...non assolve. Solo colui che non si sottopone al suo dominio, lottando giorno dopo giorno viene "giustificato".



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Isaac Asimov
01/02/2022 18:13
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
I-gua, 01/02/2022 14:14:




A me risulta che lo SFS insegni che ciò che assolve dai peccati è esercitare fede nel sacrificio di Gesù, è il suo sangue versato per noi che toglie i peccati.

E che una volta morti, Dio non chiede più altro…

… se non ai risorti.


Mi sbaglio?


I risorti sono risorti per vivere. Quindi il giudizio che ricevono all’inizio è la base sulla quale iniziare a vivere… la vera vita



Non so se sbagli, ma tu cosa comprendi da questo: " Nel presentare questa argomentazione riguardo ai cristiani unti, Paolo si rifà a una verità fondamentale. Dal momento che sa che la pena per il peccato di Adamo è la morte (Gen 2:17), Paolo afferma che “chi è morto è stato assolto dal suo peccato” perché con la morte ha scontato la pena del peccato. In Ro 6:23 Paolo dice: “Il salario del peccato è la morte”. Questo significa che, quando una persona è morta, i suoi peccati non le vengono più imputati. Inoltre, se non fosse per il sacrificio di Gesù e per il proposito di Dio di risuscitarla, quella persona non tornerebbe mai più a vivere. Tuttavia, sarebbe comunque stata assolta dai suoi peccati, dato che Dio non riesaminerebbe il suo caso per condannarla a una pena ulteriore." https://wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/1001070723?q=romani+6%3A23&p=par#:~:text=Nel%20presentare%20questa,una%20pena%20ulteriore.


Possiamo dire che Dio ad Harmaghedon "assolverà" dai peccati l'umanità mettendo a morte tutti quelli che continuano a peccare? Se fosse cosi essendo morti e assolti, perché non li risusciterebbe per dare una seconda "chance" come a tutti gli altri assolti?

[Modificato da verderame.1958 01/02/2022 18:13]



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01/02/2022 18:21
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re:
verderame.1958, 01.02.2022 18:13:



Non so se sbagli, ma tu cosa comprendi da questo: " Nel presentare questa argomentazione riguardo ai cristiani unti, Paolo si rifà a una verità fondamentale. Dal momento che sa che la pena per il peccato di Adamo è la morte (Gen 2:17), Paolo afferma che “chi è morto è stato assolto dal suo peccato” perché con la morte ha scontato la pena del peccato. In Ro 6:23 Paolo dice: “Il salario del peccato è la morte”. Questo significa che, quando una persona è morta, i suoi peccati non le vengono più imputati. Inoltre, se non fosse per il sacrificio di Gesù e per il proposito di Dio di risuscitarla, quella persona non tornerebbe mai più a vivere. Tuttavia, sarebbe comunque stata assolta dai suoi peccati, dato che Dio non riesaminerebbe il suo caso per condannarla a una pena ulteriore." https://wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/1001070723?q=romani+6%3A23&p=par#:~:text=Nel%20presentare%20questa,una%20pena%20ulteriore.
(…)




Io da questo capisco che quando una persona è morta, i suoi peccati non le vengono più imputati. Quindi per quanto concerne i risorti (e non tutti saranno risorti) non è più questione di giudicare ciò che è stato compiuto nel vecchio sistema di cose, Dio non riesamina il caso dei risorti per condannarli a una pena ulteriore. Durante il Giorno del Giudizio sarà giudicato ciò che è compiuto nel giorno del giudizio. E saranno le opere, questa volta, ad essere determinanti.



mentre sappiamo che il giudizio che verte sulla risurrezione o meno è subordinata ad una questione di fede, di esercizio della fede. E chi non ha avuto modo di esercitare questa fede per mancanza di conoscenza non ha base per essere giudicato all’inizio del giorno del giudizio, ma solo alla fine del girono del giudizio, a dipendenza dalle azioni nobili o ignobili che ha compiuto potendo esercitare pieno libero arbitrio è piena responsabilità verso le sue scelte, pensieri e azioni.

Giusti e ingiusti alla fine del giorno del giudizio avranno la medesima base per essere giudicati, senza più distinzioni o giustificazioni di nessuna sorta.







[Modificato da I-gua 01/02/2022 18:32]
01/02/2022 18:30
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
I-gua, 01/02/2022 18:21:




Io da questo capisco che quando una persona è morta, i suoi peccati non le vengono più imputati. Quindi per quanto concerne i risorti (e non tutti saranno risorti) non è più questione di giudicare ciò che è stato compiuto nel vecchio sistema di cose, Dio non riesamina il caso dei risorti per condannarli a una pena ulteriore. Durante il Giorno del Giudizio sarà giudicato ciò che è compiuto nel giorno del giudizio. E saranno le opere, questa volta, ad essere determinanti.







Quindi se tutti morendo veniamo assolti o giustificati, alla resurrezione non ci dovrebbe essere differenza tra giusti e ingiusti, perchè l'ingiusto è stato "giustificato" morendo. Andiamo d'incongruenza in incongruenza...



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Isaac Asimov
01/02/2022 18:34
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
verderame.1958, 01.02.2022 18:30:



Quindi se tutti morendo veniamo assolti o giustificati, alla resurrezione non ci dovrebbe essere differenza tra giusti e ingiusti, perchè l'ingiusto è stato "giustificato" morendo. Andiamo d'incongruenza in incongruenza...




Alla rissurrezione non c’è discriminazione, tutti sono in corsa per la vita eterna. Ciò che distingue ancora l’uno dall’altro è il livello di educazione che sarà completato e portato a livello grazie all’opera del Cristo e degli altri Santi di Dio.


L’incongruenza c’è per chi non ha questo intendimento.

Perché la giustizia è divina e si legge attraverso il Sacro Segreto che si compie in Cristo.


[Modificato da I-gua 01/02/2022 18:41]
01/02/2022 18:40
 
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Re:
silvio.51, 2/1/2022 11:19 AM:

ROMANI 6.7:

«“Infatti colui che è morto è giustificato dal peccato.” È quasi certo che queste parole siano una reminiscenza consapevole di un principio giuridico rabbinico ben noto, ma non è affatto chiaro se Paolo vi si stia richiamando per chiudere definitivamente il suo ragionamento. Nel significato che «la morte estingue tutti i debiti», questo principio è valido soltanto in relazione ai tribunali umani: è certo che Paolo non pensava che la morte di un essere umano espiasse anche i suoi peccati in riferimento a Dio, o che un morto non fosse più responsabile verso Dio dei suoi peccati. Il principio rabbinico, nella fattispecie, è del tutto inadeguato quale conferma di quanto è stato appena detto. Quindi è molto più probabile che Paolo, per quanto consapevole dell'uso rabbinico di un'espressione parallela, stesse utilizzando le parole nel loro significato proprio, e che egli volesse intenderle non come una dichiarazione generale riguardante i morti, ma come una dichiarazione teologica specifica nei confronti di una persona che, morta con Cristo al battesimo, nel senso che nel battesimo essa ha ricevuto il segno e il sigillo del suo essere morta con Cristo per decisione di Dio, sia stata giustificata dal suo peccato. Fare questa dichiarazione significa anche confermare il v. 6; poiché è il fatto che Dio ci ha giustificati che costituisce il fondamento solido di quella nuova libertà di resistere alla schiavitù del peccato nella nostra vita quotidiana, a cui fa riferimento l'ultima frase del v. 6.» [Fonte: C.E.B. CRANFIELD, LA LETTERA DI PAOLO AI ROMANI (Capitoli 1-8), vol. 1; traduzione di Domenico Tomasetto traduzione del testo biblico greco di Bruno Corsani CLAUDIANA- TORINO 1998, pp. 169-170].

«Probabilmente Paolo lascia riecheggiare un principio generale conosciuto nel mondo giudaico-rabbinico, per cui chi è morto è considerato ormai libero dall’osservanza dei comandamenti, e quindi dai peccati; là esso però era applicato alla morte fisica, qui invece si tratta in definitiva di un uso metaforico del verbo «morire», dal momento che si riferisce alla morte di chi partecipa misticamente alla morte di Cristo. In altre parole: unendosi alla morte di Cristo, i credenti condividono il suo stato di separazione dal peccato, per cui vengono giustificati-liberati dal peccato e sottratti alla sua tirannia.» [Fonte: LETTERA AI ROMANI Introduzione, traduzione e commento a cura di Giuseppe Pulcinelli (San Paolo, 2014) p.95].



Tra l'altro, bisogna osservare che non è affatto vero dire "«la morte estingue tutti i debiti», questo principio è valido soltanto in relazione ai tribunali umani...": chi ha provato la situazione, sa che i debiti terreni passano agli eredi!

Solo le imputazioni penali decadono, perchè quelle fanno capo proprio alla persona specifica.

Simon
01/02/2022 18:56
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
verderame.1958, 01.02.2022 18:30:



Quindi se tutti morendo veniamo assolti o giustificati, alla resurrezione non ci dovrebbe essere differenza tra giusti e ingiusti, perchè l'ingiusto è stato "giustificato" morendo. Andiamo d'incongruenza in incongruenza...




No, la morte non tutti vengono assolti, perché non tutti saranno risorti. Ci sono coloro che morendo sono condannati alla geenna, questi non usciranno dalle tombe commemorative. Resteranno polvere. Ma hanno pagato con la morte per ciò che hann compiuto a conoscenza di causa, questi sono gli empi. Hanno compiuto la loro scelta, non hanno più nulla da spartire con Dio. Sono dimenticati, la loro prima morte coincide con la seconda.
[Modificato da I-gua 01/02/2022 18:57]
01/02/2022 19:11
 
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Re: Re:
(SimonLeBon), 01/02/2022 18:40:



Tra l'altro, bisogna osservare che non è affatto vero dire "«la morte estingue tutti i debiti», questo principio è valido soltanto in relazione ai tribunali umani...": chi ha provato la situazione, sa che i debiti terreni passano agli eredi!

Solo le imputazioni penali decadono, perchè quelle fanno capo proprio alla persona specifica.

Simon




Ma non è detto che ci siano sempre gli eredi! Può darsi che Cranfield si riferisse ai quei casi in cui gli eredi non sono presenti. Per il resto è chiaro che siete in errore su Romani 6:7. Basta leggere il contesto per comprenderlo.
01/02/2022 19:13
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
I-gua, 01/02/2022 18:56:




No, la morte non tutti vengono assolti, perché non tutti saranno risorti. Ci sono coloro che morendo sono condannati alla geenna, questi non usciranno dalle tombe commemorative. Resteranno polvere. Ma hanno pagato con la morte per ciò che hann compiuto a conoscenza di causa, questi sono gli empi. Hanno compiuto la loro scelta, non hanno più nulla da spartire con Dio. Sono dimenticati, la loro prima morte coincide con la seconda.



Prima di tutto Gesù dice che ci sarà una risurrezione sia dei giusti che degli ingiusti. Tutti compariremo davanti al tribunale di Dio. Non sono io a dirlo, è la Bibbia.

Dalla Treccani: " Nel linguaggio giur. (in questo caso, pass. rem. solo comparsi), presentarsi all’autorità giudiziaria: c. in tribunale; c. davanti al giudice; fu citato a c. per il 3 dicembre; c. come imputato, come teste. "

Quindi la morte non assolve, se no non vedo perché uno sarebbe ancora giudicato dopo aver pagato il debito. Vedi non ne usciamo.
[Modificato da verderame.1958 01/02/2022 19:21]



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Isaac Asimov
01/02/2022 19:15
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
verderame.1958, 01.02.2022 19:13:



Prima di tutto Gesù dice che ci sarà una risurrezione sia dei giusti che degli ingiusti. Tutti compariremo davanti al tribunale di Dio. Non sono io a dirlo, è la Bibbia.

Quindi la morte non assolve, se no non vedo perché uno sarebbe ancora giudicato dopo aver pagato il debito. Vedi non ne usciamo.




Ma tu non ne esci!


Parla per te. Io non vedo incongruenze 😁


È nella tua attuale comprensione delle cose, impregnata di tracce degli insegnamenti dogmatici, inferno purgatorio e paradiso danteschi… retraggio mitologico di antiche religioni pagane….più la tua fantasia personale che il Creatore risuscita i morti per fargli pagare qualche cosa, per fargliela pagare…. [SM=g27987]



[Modificato da I-gua 01/02/2022 19:23]
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